Ecco il Sol che ritorna, ecco risplende: La prossima normalità dopo la pandemia
()
Info su questo ebook
Scritti di:
Rodolfo Corsato, Nebojsa Despotović, Fabrizio Dughiero, Paolo Feltrin, Riccardo Giumelli, Giovanni Lanzone, Giancarlo Marinelli, Federico Menetto, Valentina Noce, Stefano Parisi, Alessandra Penna, Giuliano Ramazzina, Marco Savini.
Leggi altro di Giuliano Ramazzina
I Dorostellati: Psicopolitica all’italiana: dalla DC a Grillo Valutazione: 0 su 5 stelle0 valutazioniMuoia Sansone, ma non i dorotei: L’Italia degli irrottamabili Valutazione: 3 su 5 stelle3/5
Correlato a Ecco il Sol che ritorna, ecco risplende
Categorie correlate
Recensioni su Ecco il Sol che ritorna, ecco risplende
0 valutazioni0 recensioni
Anteprima del libro
Ecco il Sol che ritorna, ecco risplende - Giuliano Ramazzina
Giuliano Ramazzina
ECCO IL SOL CHE RITORNA, ECCO SORRIDE
La prossima normalità dopo la pandemia
© 2021, Marcianum Press, Venezia
Marcianum Press
Edizioni Studium S.r.l.
Dorsoduro 1 - 30123 Venezia
Tel. 041 27.43.914
marcianumpress@edizionistudium.it
www.marcianumpress.it
In copertina: disegno dell’artista John Volpato
Impaginazione e grafica: Massimiliano Vio
ISBN 978-88-6512-778-0
ISBN: 9788865127780
Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
https://writeapp.io
Indice dei contenuti
Introduzione
ARTE E CULTURA
Nessun dorma, visionari e sognatori a voi. La creazione di vere e proprie industrie della cultura sarà il centro portante di uno sviluppo economico e sociale
La vita subito
Post. Il teatro sarà la prima arma di riconciliazione, di riavvicinamento sociale di massa
Ripensare all’inesistente
I buoni narratori della diversa umanità. Tornati alla normalità, chi scrive e chi legge dovrà confrontarsi con il tema pandemia
La sindrome di Picasso. L’arte sarà la prima a cambiare l’angolo per contemplare la propria immagine nella percezione del mondo
L’arte mai cambiata
L’espressività genuina
Quel fantasma del palcoscenico e del set. Avremo bisogno di ritornare in sala per ritrovare la giusta leggerezza attraverso le belle storie
POLITICA
(Non) come prima, più di prima. Come approfittare di questo straordinario momento per ricostruire una società nuova, coesa, forte e solidale
La fiducia
La salute
Lo Stato
La scuola
Pubblico e privato
Debito e bonus
L’Europa
Conclusioni
L’Italia alla rovescia. Perché dobbiamo seriamente e fatalmente cominciare a pensare ad un’Italia senza Berlusconi e Renzi
La democrazia padronale
Il gregge intelligente
Io e noi
Il Gattopardo rallentato. Ritorna per il potere l’idea del kathecon sulla velocità del cambiamento: strategie eccezionali per situazioni eccezionali
Premesse di metodo
Cosa sta accadendo
Attori politici e sociali
I livelli territoriali
Ritorno dello Stato
Alla ricerca dell’armonia perduta. Un altro scenario per il fiume irrevocabile delle cose guaste
ECONOMIA E SOCIETÀ
Cari amici vicini anche se lontani. Per un futuro con la tecnologia sviluppata durante la pandemia
Sotto il vestito pasta. La nuova frontiere dell’alimentare che sposa la moda per ripartire col miglior grano duro italiano
Recanati, terra di Leopardi? No di Messi. ll turismo delle radici idea vincente per il rilancio italiano post-Covid
Tutti casa e bottega rinascimentale. Innovazione come distruzione creativa: la priorità è l’educazione alla cultura del digitale e della sostenibilità
Profili degli autori
ECCO IL SOL CHE RITORNA, ECCO SORRIDE
La prossima normalità dopo la pandemia
a cura di Giuliano Ramazzina e Valentina Noce
Quando il sole della cultura è basso,
i nani hanno l’aspetto di giganti.
(Karl Kraus)
Introduzione
Se fosse un’opera lirica potremmo dire che il coro prevale sui solisti. Meno acuti e più armonia. In tempo di epidemia da covid-19, va così. Deve andare così. Papa Francesco è il direttore d’orchestra ideale nella terribile stagione sanitaria che stiamo vivendo: prima viene il noi e poi l’io. Un inciso religioso, ma forse anche freudiano, innesca il significato di questa antologia. Col virus, nemico irriducibile, contano solidarietà, inclusione, empatia, coesione. Per debellarlo, meglio non uscire del gruppo. Questa iniziativa editoriale si propone di raccogliere e confrontare alcune voci eccellenti su un tema di prospettiva finalmente solo propositivo: la prossima normalità. Perché, dopo mesi tra lockdown e fasce restrittive, torneremo a una normalità. Ma quale? Su questa domanda, centrale per il futuro dell’Italia, si cimentano manager, imprenditori, artisti, scrittori, giornalisti, filosofi e politologi. L’antologia è divisa per macro-temi: arte e cultura, politica ed infine economia e società. Ciascuno degli autori vede un nuovo inizio dal proprio perimetro professionale, un focus legato a competenze e talento individuale, ma il risultato ci pare una visione trasversale collettiva caratterizzata da un vaccino salvifico: la cultura. In questo senso, il contributo di Valentina Noce, vicepresidente del Teatro Stabile del Veneto, rappresenta il perno culturale attorno al quale ruotano tutti gli altri interventi, un sole attorno al quale girano vari preziosi pianeti. Ecco il sole che ritorna, evocando il verso della poesia La quiete dopo la tempesta di Giacomo Leopardi. Ecco il sole che sorride, dopo l’ossessione di dolori, pianti e lutti. E che, al netto della retorica, ci proietta verso la speranza di un nuovo inizio, una nuova normalità dopo la pandemia.
Giuliano Ramazzina
ARTE E CULTURA
Nessun dorma, visionari e sognatori a voi. La creazione di vere e proprie industrie della cultura sarà il centro portante di uno sviluppo economico e sociale
di Valentina Noce, avvocata e vicepresidente del Teatro Stabile del Veneto
Piazza San Marco, pomeriggio inoltrato.
È l’ora in cui Venezia si indora. Uno dei segreti di Venezia è racchiuso in quel particolare momento, verso il tramonto, in cui i raggi del sole la trasfigurano, la sfumano e scontornano fino a renderla una visione sospesa tra acqua e cielo. Questione di secondi e mi ritrovo in un quadro di Turner.
Sono la sola persona presente in una piazza di 180 metri per 70. L’unica affacciata su una meraviglia che, fino a un anno fa, gremiva di vita.
In quella luce di fine febbraio che accende i mosaici della basilica e li amplifica tutt’attorno come piccoli riflettori di un palcoscenico aleggia l’eco irriverente di un carnevale fantasma. Rievoco immagini vaganti e vagheggianti di maschere fantastiche, miniature d’ombra che si rincorrono mentre risuonano voci inesistenti che il sordo rumore dei miei passi, in quel deserto, cancellano. Nell’aria freme il ritorno di una primavera che promette ancora chiusura. Ancora lockdown.
Questo dannato lockdown. Rallento, mi fermo. Guardo.
Il sipario che si apre tra le Procuratie, gli occhi che si riempiono di bellezza, l’attesa emozionata del primo passante/attore che entrerà in scena. Venezia è uno spettacolo che non insinua tristezza, non declina in tiepida accoglienza, né procura lamenti. È un trionfo, Venezia.
Magnanimamente, dolorosamente, bella. La sua personalità di potenza secolare fa da contrappunto al silenzio straziante delle serrande abbassate, la sua vocazione al sublime sembra temperare di grandezza anche le umane sventure. Fummo forse felici
...
Sono dodici mesi che conviviamo con il covid-19, oggi è un anno esatto dalla chiusura dei teatri. Forse felici lo eravamo, nell’illusione di un tempo in cui ci credevamo liberi. È trascorso un anno che ha ci ridotto ad una privazione pressoché totale di contatti e di relazioni in presenza, con costi altissimi, non solo in termini di vite umane, ma della stessa condizione dell’uomo. Un anno di pandemia che ha disvelato anche la debolezza di un sistema che non conosce a fondo i propri elementi e non ne sa regolare i rapporti. Così, il settore cultura con la sua lunghissima filiera è stato relegato ad un limbo. Assistere a professionalità del mondo dell’arte e dello spettacolo lasciate sole a se stesse ha mostrato la voragine di un vuoto normativo per il mondo della cultura, oltre che l’incapacità di apprestare tutele adeguate e strutturate a tutti i livelli.
Eppure, nello sconcerto di ciò che stiamo attraversando, continua a germogliare la voglia di guardare con fiducia al futuro.
Disordini e sventure si rincorrono nella storia dell’uomo, ma la vocazione della sua mente e del suo cuore hanno sempre aperto l’animo ad una speranza intima, e collettiva, di rinascita e prosperità. È qui che irrompe la forza creativa che prima o poi ci conduce a un approdo.
La quiete dopo la tempesta.
Passata non è ancora, la tempesta, e chiuderci in casa, chiudere le attività economiche, chiudere le scuole, i teatri, i luoghi della cultura e della convivialità, è stata, lo è tuttora, una sofferenza. Previsioni realistiche di quando torneremo ad una sorta di normalità, non pervenute. Una normalità che comunque non sarà più quella conosciuta, sarà nuova e diversa e dovrà imporre seri e importanti investimenti dalla sanità, alla scuola, all’economia, a tutti i settori che richiedono di essere rivisti su nuovi modelli organizzativi.
Oggi, però, mi trovo a Venezia, un teatro all’aperto in cui i desideri prendono forma; la bellezza è sovrana, ogni preoccupazione si dissolve nell’atmosfera di una luce che si fa polvere d’oro e ammanta le acque della laguna. Sono di ritorno da un incontro con la nuova direzione artistica del Teatro Stabile del Veneto che l’indomani sveleremo in conferenza stampa. Mesi e mesi a ripensare alla conduzione di tre teatri con anime e vocazioni differenti, che dialogano con pubblici differenti, per fonderne le singolarità in un unico coro d’orchestra.
Ed ora ci siamo. Stiamo per lanciare la sfida che proietterà il Teatro Goldoni di Venezia, il Teatro Verdi di Padova e il Teatro Mario del Monaco di Treviso verso nuovi orizzonti nel panorama teatrale nazionale e internazionale. È un nuovo inizio che permetterà di scrivere nuove pagine nella storia del nostro teatro, dopo un lungo lavoro alla ricerca della chiave di volta per ripensare il presente ed il futuro del mondo della cultura e del teatro. Ce lo siamo chiesti in tutto questo tempo. Quale fosse la chiave per sopravvivere, per dare un senso ad una vita che improvvisamente non era più quella che conoscevamo. Avevamo da subito sentito l’urgenza di dover fare qualcosa in cui riconoscerci, in cui rivendicare i nostri diritti