Tutto sommato fu un ottimo olocausto
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Book preview
Tutto sommato fu un ottimo olocausto - Alec Bogdanovic
PREFAZIONE
A cura del Prof. Alberto Zaniprea
(Ph.D - Research Associate Literary Studies,
New Daloney University )
Che dire? Nella vita di un lettore succede poche volte di ritrovarsi di fronte a un’opera scontando il costante dubbio di non esserne all’altezza. È questo il complesso di inferiorità con cui ho convissuto durante la lettura del nuovo straordinario lavoro di Alec Bogdanovic.
Già dai primi capitoli, il romanzo che andrete a leggere si presenta come un piccolo instant cult, destinato a riempire pagine e pagine di recensioni, fare incetta di premi, e rivendicare con forza il proprio posto nelle antologie letterarie.
Inutile soffermarsi sulla trama, così semplice, eppure talmente netta e potente da trascendere quasi nel sadismo. Inutile anche parlare dello stile: intellettuali e scrittori molto più in vista del sottoscritto hanno definito Alec Bogdanovic, forse in maniera limitativa, «il più abile linguista italiano».
E allora si riconfigura prepotente il quesito iniziale: che dire?
Forse non bisogna dire niente, star zitti e lasciar parlare i grandi. E Bogdanovic, da oggi, appartiene di diritto alla categoria.
Quindi spegnete le luci, silenzio in sala, e lasciamo la parola ad Alec Bogdanovic, a mani basse il più grande scrittore italiano contemporaneo.
PUZZA DI CAPOLAVORO
«Tutti dicono che fare Gli Ansiosi parte 2 è un’autentica pazzia. Dice: Ma il primo libro non l’ha comprato manco tua madre e che fai? Scrivi il seguito? Ma cosa sei scemo? Sei cretino?
»
Taglio su Itala, la segretaria d’edizione, che ride in sottofondo, Diego si rivolge a lei infastidito.
«Ah, allora è cretino l’editore Simone Luciani, che ci crede così tanto…». Diego prende una pausa drammatica. «Allora sono cretini i greci, che intanto stanno comprando il format…»
Taglio su dei pastori greci che leggono e baciano il mio vecchio libro, sfondo sonoro di pizzica greca e belare di pecore.
«Però, vi avverto, qui bisogna cambiare mentalità. E io mi domando: ma voi siete in grado di cambiare mentalità?»
Diego Lopez, Boris [1]
Stagione 1 Episodio 1
[1] Come la maggior parte della mia generazione, oramai tendo a relazionarmi alle altre persone usando esclusivamente citazioni di Boris. Ben sapendo che magari la cosa può non piacere a tutti, ho deciso di metterne solo una qui all’inizio, e prometto di non usarne altre per tutto l’arco del libro. Spero che il lettore apprezzi il mio sacrificio.
SUL PERCHÉ DI UN LIBRO
Non è che in questo momento abbia molte alternative.
Marina se n’è andata a vivere a Milano col ragazzo, non so dove di preciso, sto cercando di carpire qualcosa dai social, ma si è cancellata dappertutto e ha pure cambiato cellulare e numero.
Inizialmente ho supposto che si fosse accorta del mio stalking, però non penso di aver fatto grossi passi falsi per farmi sgamare, quindi sono abbastanza sicuro che si tratti più di una semplice coincidenza.
Inoltre, da quando il livello dei contagi si è abbassato, i miei amici mi hanno, com’era prevedibile, rimandato a fare in culo. Contate che mentre scrivo queste parole è estate e, per quando verrà pubblicato questo libro, non ho idea se il Covid sarà completamente debellato o sarà ritornato più forte di prima.
Per carità, io ho sempre puntato tutto sulla seconda ipotesi. Come sapete, sputavo sulle maniglie delle porte e leccavo le cassette della frutta, ultimamente però ho smesso di farlo. Ho capito che se la gente deve scegliere fra il rischio d’estinzione e la fine del capitalismo opta per la prima senza battere ciglio.
E, a proposito di fine del capitalismo, il Covid mi ha fottuto il lavoro. Purtroppo molta gente che lavorava nel privato, a causa della pandemia, si è ritrovata col cerino in mano. Questa massa critica di lavoristi si è rifugiata nel pubblico, andando a raccomandarsi a destra e a sinistra. Nel frattempo, alle regionali in Abruzzo ha vinto il centrodestra, quindi sono finito giù nella gerarchia delle raccomandazioni, visto che mio padre è protetto da un assessore di centrosinistra. Ho anche provato a chiedere il reddito di cittadinanza, solo che non guadagno abbastanza per arrivare a un ISEE tale da risultare fuori dal mio nucleo familiare. D’altra parte, se ci arrivassi non avrei certo bisogno del reddito di cittadinanza.
Ed è così che l’equilibrio che mi ero creato a fatica in tutto l’arco del libro precedente si è sfaldato con due colpi di sfiga che non dipendono in alcun modo da me. Questo dovrebbe dare al lettore la dimensione di quanto quell’equilibrio fosse precario e di quanto il libro in questione fosse inutile.
In questo momento sono di nuovo solo e senza soldi, però mentalmente sto alla grande. Mai stato così lucido, nonostante venga ancora trattato un po’ come un disabile. Del resto sono pur sempre un trentenne che vive coi suoi, mutilato e sotto psicofarmaci. Che poi ho scoperto che in paese nessuno sa della mutilazione, tutti però sanno che ho provato ad ammazzarmi, non so se sia meglio o peggio così.
In ogni caso, pur non avendo alcuna voglia di scrivere ‒ vorrei più farmi fare un massaggio da un’asiatica ad esempio ‒ ho capito che l’unica maniera che ho per riprendermi il rispetto di amici, famiglia e di una ragazza presentabile è riguadagnare status sociale. E l’unica via che ho per diventare famoso, o almeno importante per una nicchia, è la scrittura. Sì, in questo momento è la mia unica chance.
Ho pensato che la cosa più facile da fare fosse crearmi una pagina su Wikipedia, così poi rivelo di essere uno scrittore e bam: non sono più un fallito, ma un genio schivo, tormentato e sensibile.
Così però si creano due problemi di differente natura:
1. Il primo, e più facilmente risolvibile, problema è che dovrei prima far sparire i miei libri dalla circolazione, altrimenti mi sputtanerei troppo. Alla fine per avere status mi basta si sappia che i miei libri esistono, non c’è alcun bisogno che vengano letti. Tanto il contratto con la Rogas mi scade fra due anni e poi, alla scadenza, nessuno può più venderli, stamparli o sapere cosa c’era scritto dentro.
2. Il secondo problema, di ben più complessa soluzione, è che ho scoperto che Wikipedia, per tutelarsi dai tentativi di autopromozione, ha messo in piedi una roba fascistissima che si chiama «criteri di enciclopedicità».
Praticamente, non è che chiunque può scriversi la pagina da solo, ma per essere uno scrittore degno di enciclopedia devi rientrare nei seguenti paletti, che copincollo fedelmente da Wikipedia:
1. ha pubblicato almeno tre libri con case editrici che non producano prevalentemente scritti di esordienti o pagati dagli autori stessi;
2. è presente con i suoi scritti sui principali circuiti distributivi e in almeno una catena di librerie;
3. un suo testo ha vinto premi di rilievo nazionale o internazionale, oppure ha ricevuto autorevoli recensioni da parte di critici su periodici a diffusione nazionale.
Poi ce ne sono anche altri, relativi solo al libro (tipo farsi tradurre in quattro lingue, o che il libro sia legato a un importante fatto di cronaca), ma che sono abbastanza improbabili e che quindi non ho neanche preso in considerazione.
Tornando a quelli di prima, non penso di essere messo poi così male: il punto 2 va bene, perché il libro è distribuito più o meno dappertutto. Il punto 3 posso risolverlo in fretta, perché conosco un tizio che scrive per «Il Foglio» che mi deve un favore. Alla fine fa solo lo stagista ma sta ben intrecciato con quel mondo lì, quindi uno stronzo che mi scrive una recensione, anche dietro pagamento, riesce a trovarmelo. [1]
L’unica cosa che mi manca è il punto 1: con un solo libro non si va da nessuna parte. Devo scriverne almeno tre, e questo libro è fondamentale. Per carità, non che debba essere un capolavoro, mi tocca giusto riempire un centinaio di cartelle, sperare che Simone (l’editore della Rogas) se la beva, e poi via col prossimo. Magari faccio un saggio o un pamphlet, così sono ancora meno pagine.
«Alec Bogdanovic(????-????) è uno scrittore e saggista italiano»
Sì, il prossimo deve essere un saggio. «Scrittore e saggista» suona meglio che soltanto «scrittore».
In ogni caso, se tutto va secondo i piani, entro fine 2022 dovrei avere tre libri all’attivo, una o due recensioni su periodici rilevanti, e una succosa voce su Wikipedia da sbattere in faccia ai miei affetti, in modo che mi riaccolgano finalmente nel loro circolo dei normali.
E non faccio nemmeno la figura dello sborone, perché alla fine ho scritto tutto sotto pseudonimo. Sarà una roba del tipo «No vabbè, è che volevo tenere separata la vita privata da quella lavorativa… Cioè, lo sai che sono un introverso, non vivrei bene con la popolarità…», come se poi gli scrittori di nicchia se li inculasse qualcuno.
Riassumendo, in questo momento la mia vita è tutta qui: chino sulle sudate carte, atto a far decollare la mia carriera da scrittore. Al che un lettore disattento potrebbe farsi pervadere da un dubbio: «meh, ma se ti ci stai dedicando anima e corpo potevi pure tirare fuori qualcosa di meglio di una cacatina autoreferenziale come questa».
Ecco, la tua ignoranza, lettore disattento,