Dente per dente
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William Shakespeare
William Shakespeare was an English poet, playwright, and actor. He is widely regarded as the greatest dramatist in the English language. Shakespeare is often called England’s national poet and the “Bard of Avon.”
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Book preview
Dente per dente - William Shakespeare
Dente per dente
Translated by Diego Angeli
Original title: Measure for Measure
Original language: English
Immagine di copertina: Shutterstock
Copyright © 1604, 2021 SAGA Egmont
All rights reserved
ISBN: 9788726900514
1st ebook edition
Format: EPUB 3.0
No part of this publication may be reproduced, stored in a retrievial system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.
This work is republished as a historical document. It contains contemporary use of language.
www.sagaegmont.com
Saga Egmont - a part of Egmont, www.egmont.com
DRAMATIS PERSONAE.
VICENZO, duca di Vienna.
ANGELO, reggente nell’assenza del duca.
ESCALO, aggiunto ad Angelo nella reggenza.
CLAUDIO.
LUCIO.
DUE ALTRI GENTILUOMINI.
IL PREVOSTO.
TOMASO monaci.
PIETRO monaci.
UN GIUDICE.
VARRIO.
ELBOW, constabile.
FROTH.
POMPEO, servo di madonna Soprafatta.
ABHORSON, carnefice.
BERNARDINO, prigioniero.
ISABELLA, sorella di Claudio.
MARIANA, fidanzata di Angelo.
GIULIETTA, amante di Claudio.
FRANCESCA, nutrice.
MADONNA SOPRAFFATTA, ruffiana.
Signori, Ufficiali, Cittadini, un Paggio e personaggi del seguito.
Scena: Vienna.
ATTO PRIMO.
SCENA PRIMA.
Un appartamento nel palazzo del Duca.
Entrano Il Duca, Escalo , e seguito.
Il duca.
Escalo?
Escalo.
Monsignore?
Il duca.
Svelare a voi le regole di Stato
sembrar potrebbe una ostentazione
di parole e di frasi, poi che noto
m’è, quanto passi la scienza vostra
quel che potrebbe dirvi il mio sapere
a tal riguardo. Non mi resta dunque
che aggiungere il potere a questa vostra
capacità, per poi lasciarlo agire.
La natura del popolo, i decreti
della vostra città, le leggi fisse
del diritto comune vi son noti
quanto ad ognun più ricco di scienza
e di pratica ch’io mi sappia. Questa
è la nomina vostra.
Porgendo il decreto.
E noi bramiamo
che non l’abbandoniate. Olà! qualcuno,
dico! Fate venire Angelo innanzi
a noi.
Exit uno del seguito.
Quale figura supponete
che farà al nostro posto? Già, sappiate,
che noi lo abbiamo scelto a rimpiazzarci
mentre saremo assenti, per un nostro
special divisamento. Noi gli abbiamo
prestato il terror nostro e dato tutto
il nostro affetto, e abbiam vestito questa
sua deputazion, con l’apparenza
di nostra autorità. Che ne pensate?
Escalo.
Se poteva qualcuno essere in Vienna
degno di ritenere un così grande
favore e un tale onor, questo era certo
messer Angelo.
Il duca.
Attento: ecco che viene.
Entra Angelo .
Angelo.
Obbediente sempre al buon volere
di Vostra Grazia, vengo per conoscere
quel che bramate.
Il duca.
Ha l’esistenza tua,
Angelo, un lato che all’osservatore
la sua storia rivela pienamente.
Le tue cose e te stesso non son tue
in così fatto modo, che tu possa
scoprir le tue virtù, spender te stesso
e quelle in te. Fa di noi tutti il cielo
quel che facciamo con le torce. Noi
non le accendiam per loro stesse. Tali
son le nostre virtù. Se non risplendono
fuori di noi, sarà lo stesso come
non le avessimo. L’anima ha la grazia
della Bellezza solo per produrla.
Nè la natura presta il più meschino
scrupolo della sua perfezione
senza esiger per sè le glorie tutte
del creditore: grazie ed interessi
come Dea dell’usura. Ma rivolgo
il mio discorso ad un che può supplirmi.
Angelo, prendi dunque e nella nostra
assenza, sii come noi stesso. In Vienna,
vivano sulla tua bocca, la grazia
e la morte: ed il vecchio Escalo, primo
nominato, non sia che tuo secondo.
Prendi il decreto.
Gli porge il decreto.
Angelo
Ora, o mio buon signore,
lasciate che un po’ più si sia provato
il mio metallo, per coniarvi dentro
una sì grande e nobile figura.
Il duca.
Non più scuse: a traverso ponderata
e riflettuta scelta, siamo giunti
a voi. Prendete dunque un tale onore.
La nostra brama di partire è tanto
grande che non pensiam più ad altro e lascia
insoluti problemi di più urgente
importanza. Vi scriverem se il tempo
e gl’interessi ci consiglieranno
di farlo. Ed ora addio. Spero che i vostri
impegni eseguirete.
Angelo.
Monsignore,
permettetemi almen di accompagnarvi
per un poco.
Il duca.
La fretta no’l consente
nè è dover vostro ad onor mio di farlo
menomamente. È scopo vostro ormai
— come era il mio — di render più leggere
o più gravi le leggi, a quel che stimi
la vostra anima buona. Ora porgetemi
la mano. Vo’ partir segretamente.
Amo il popolo, ma non mi compiaccio
di far mostra di me. Per quanto fatto
con sincero fervor, non so apprezzare
il rumoroso applauso e gli evviva
veementi, e colui che li ricerca
non stimo saggio. Un’altra volta, addio!
Angelo.
Protegga il cielo i propositi vostri!
Escalo.
E vi faccia partire e ritornare
felicemente.
Il duca.
Vi ringrazio: addio!
Exit.
Escalo.
Desidero signor che mi accordiate
un libero colloquio: m’interessa
di potere scrutar fin nel profondo
la mia posizione. Ecco: ho il potere,
ma qual sia la sua essenza e dove giunga
io non conosco.
Angelo.
Tale è di me; ma andiamo un poco insieme
e finiremo per aver su questo
punto, ogni lume.
Escalo.
Seguo Vostro Onore.
Exeunt.
SCENA II.
Una strada.
Entra Lucio con due Gentiluomini .
Lucio .
Se il duca, insieme con gli altri duchi, non si mettono d’accordo col re d’Ungheria, ebbene, allora tutti i duchi salteranno addosso al re.
Il primo gentiluomo.
Che il cielo ci accordi la sua pace, ma non quella del Re d’Ungheria.
Il secondo gentiluomo.
Amen!
Lucio.
Tu concludi come quel santocchio di pirata che si mise in mare coi Dieci Comandamenti, ma che ne aveva cancellato uno dalla tavola.
Il secondo gentiluomo.
Non rubare.
Lucio.
Già: proprio quello.
Il primo gentiluomo.
In fatti, era un comandamento che comandava al capitano e a tutti gli altri di lasciar le loro funzioni: salpavano per rubare. Non c’è soldato, fra tutti noi, che nella sua preghiera, prima del rancio, abbia molto cara la formula che invoca la pace.
Il secondo gentiluomo.
Non ho mai sentito un soldato che la disapprovasse.
Lucio.
Lo credo: perchè m’immagino che tu non sia mai stato dove si dicano le grazie.
Il secondo gentiluomo.
No! Una dozzina di volte, per lo meno.
Il primo gentiluomo.
E in che misura?
Lucio.
Sopra ogni misura e in ogni lingua.
Il primo gentiluomo.
Lo credo: e in ogni religione, anche.
Lucio.
E perchè no. La grazia è la grazia all’infuori d’ogni controversia. Per esempio: tu stesso sei un perfetto furfante non ostante tutte le grazie.
Il primo gentiluomo.
Già: siamo tutti e due di una stessa lana.
Lucio.
Te lo concedo: con la differenza che passa fra la cimosa e il velluto. Tu sei la cimosa.
Il primo gentiluomo
E tu il velluto: tu sei un buon velluto, un velluto a tre ritagli. Te lo assicuro io: per conto mio preferisco essere una cimosa di drappo inglese, che essere tosato al pari di te, come un velluto francese. Parlo per esperienza, hai capito?
Lucio.
Credo di sì: e l’esperienza deve esserti stata assai penosa. Veggo, per