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L'empatia di Armand
L'empatia di Armand
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L'empatia di Armand

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Claudio Ferazzani L' EMPATIA DI ARMAND Romanzo - Sinossi - L' empatia è l' attitudine di comprendere gli stati d' animo e le emozioni altrui, connettersi alle abitudini degli altri, sia che incontriamo occasionalmente, sia che facciano parte stabile nella nostra vita. La capacilità ad immedesimarsi, sapersi includere in una rete di amicizie, indossare i panni altrui. Abilità cognitive che alcuni hanno, ma anche una ginnastica mentale che tutti possiamo esercitare. Ne abbiamo necessità, perchè ognuno di noi cessa, a un bel momento, di focalizzare l' interesse solo su di sè. E finalmente ci incuriosisce una relazione vicendevole di scambio con gli altri, mettendo in secondo piano, o trattenendola tra le parentesi, la nostra propria percezione. Ma il nostro tentativo deve essere ricambiato, perchè il processo sia compiuto. Il nostro protagonista, di empatia non ha traccia. (Il titolo dovrebbe essere: la mancanza di empatia di Armand, ma sarebbe troppo lungo). La sua intelligenza si ferma a fredde considerazioni razionali, utilitaristiche: e intendiamo utili a lui. Il mondo gli gira attorno senza arricchire la sua sensibilità. Negli anni, la sua conoscenza esperita quando, in una data contingenza, scolastica o militare per esempio, ha vissuto in un collettivo, perde rapidamente la sua efficacia, in quanto le novità si ramificano, con nuovi particolari, alterando il proprio corso casualmente. E lui, stoico, immobile, sganciato dalla collettività, non è inserito al passo coi tempi. Armand, senza averne l' esclusivo carattere, nè l' esclusiva della colpa (perchè l' emarginazione anche solo emotiva, è responsabilità di altri che gli non fanno sponda), quindi senza volerlo, finisce per essere un emarginato. In questa storia, tenta di approcciarsi, si sforza di provare nuove curiosità, di mettersi in gioco con gli altri. Ma senza un minimo di empatia, è dura.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateJul 28, 2021
ISBN9791220348461
L'empatia di Armand

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    L'empatia di Armand - Claudio Ferazzani

    Capitolo primo

    Il primo invito

    Una giovane coppia passeggia rilassata verso casa di Armand (il nostro protagonista!), quando si avvede di un’autoambulanza e due auto della polizia, con la solita folla di curiosi. E’stato trovato un morto, poco prima, e il cadavere è ancora nell’auto: un foro di proiettile trapassa le sue tempie. Dunque, é stato un omicidio. Proprio a pochi metri da casa di Armand.

    Sheila, che lo accompagna, gli si fa più vicino, guardandolo come a chiedere se quelli fossero episodi abituali sotto casa sua. Ma era una totale sorpresa per tutti, perchè il quartiere è il dormitorio dei docenti universitari, uno tra quelli più controllati dalle ronde di polizia, essendo l’università l’orgoglio della città. Un morto però è lì, seduto compostamente sul sedile della propria auto. Una signora ha dichiarato alla polizia di averlo visto scendere (da vivo, ovviamente) e avvicinarsi ai citofoni, ma non ricorda bene di quale palazzina, per poi tornare all’auto. Per aspettare il ritorno a casa di qualcuno, pensa l’ispettore arrivato lì, ma deve aver aspettato troppo poco per incontrare il suo obiettivo, perché qualcun’altro, qualcuno che la vittima non si aspettava di incontrare, non gli ha lasciato altro tempo.

    I due giovani non si turbano più di tanto, non attraversano la strada per avvicinarsi al delitto, abituati come tutti alle più tragiche immagini che passano continuamente in televisione. E raggiungono l’appartamento del giovane.

    Armand entra per primo, temendo di aver lasciato sporcizia in giro.

    - Scusa le spalle, ma do una controllatina.

    - Che hai, tieni il cane? Se devi mettere in ordine la casa prima di farmi entrare, allora non ti fidi di te.

    Entrando Sheila nota, invece, un arredo ben scelto, anche se con un accettabile disordine. Armand apre il frigo dove tiene il caffè della mattina, e ne versa due tazzine fino all’orlo, la ragazza lo ringrazia con il suo simpatico sorriso. Non hanno molta confidenza, sono quasi due estranei: solo qualche ora prima hanno immaginato fosse il caso di conoscersi meglio.

    Sheila si sorprende: le tazzine del caffè sono rotte, andate in frantumi, e ricomposte fondendo tanti fili d’oro.

    - Mai viste prima, frantumi di tazzine incollate con l’oro! Dove le hai trovate?

    - In Cina, qualche anno fa sono stato ad un convegno lì, e ho fatto un po’di shopping.

    - Ti sono costate molto?

    - E si, per via dell’oro.

    - Però, hai saputo portare a casa qualcosa di assolutamente originale, guadagni punti.

    Come di solito, indovina le cose più interessanti, se deve svolgere il compito da solo, e per lui solo. Altrimenti, Armand, se non in una particolare contingenza, con una motivazione, non è la compagnia che intuisce cos’e più divertente o interessante fare. Non che sia timido con le donne, o con i conoscenti, è che non suscita confidenza né simpatia in generale; verso di lui tutti sono educati, ma nessuno lo cerca. Lui si è costruito un comportamento quantomeno negli standards per apparire vitale. Ma giocare in sicurezza, giocare da solo, è un giocare da pazzi: così, qualche mese prima era stato in grande intimità con una ragazza bionda e vivace, una certa Laurie. Il futuro, però, era qualcosa che la signorina non intendeva condividere con lui.

    Quando si incontrarono per un drink, lui le chiese per l’ultima volta: - A te semplicemente non importa di noi? Perché non ti importa? Voglio solo che ti importi! Quale futuro per noi due, leggi nel cielo di stasera?

    Laurie si trattenne dal ridere, ma si alzò, lo salutò e lasciò il locale. Lui si convinse di non parlare più di futuro, cielo e stelle (a proposito, se sarà prolisso nel parlare d’amore e di stelle, vi prego, sparategli).

    I due sono nell’appartamento perché il giovane, per avvicinarla con cosa senza pretese, le ha proposto, in regalo, particolari piantine di more che crescono senza spine. Lui le tiene in quantità ingombranti nei punti più luminosi della casa, che è spoglia di inutile mobilio, e nel giardino. Non che ami il giardinaggio, ma le more crescono senza cure, e sono ricche di antiossidanti, sono antitumorali. Armand non era interessato a tanto, quando ha comperato la prima pianta, piuttosto è goloso di more, quando prive di antiparassitari, e gli piacciono quei punti di verde e rosso nel marrone chiaro dei mobili di faggio.

    Quando un ramo di una pianta si allunga di mezzo metro, lo lascia crescere nella terra di un vasetto accanto. Da questo nasce una nuova pianta buona per l’anno dopo. Per concime usa i fondi di caffè, che lasciano un buon odore, e foglie di lattuga e altre verdure che marciscono nel vaso.

    Sheila ne ha assaggiate quattro o cinque.

    - Sono queste? - chiede - Dopo il caffè che sapore avranno?... Ancora più dolce! Ma le fai crescere nello zucchero?

    Lui le risponde: - L’idea dello zucchero è originale, ma io uso solo i fondi del caffè… e i lombrichi per fertilizzare la terra.

    Lei alza un poco di terra: - Ci sono i vermi, mi sono mangiata le more con i vermi! La pianta per me ha i vermi?

    - Si, ma tranquilla: i lombrichi concimano, producendo potassio, fosfati e azoto dalle foglie di insalate e verdura macerate nel vaso. Sono anche nel vaso tuo, ma non salgono sulla pianta…Ho anche la panna in frigo: proviamo le more coperte di panna?

    - Scherzi, vero? Non hai un limone?

    - Certo.

    Lei prende il limone e spruzzatele di quello, ne prova un’altra decina.

    - Così fanno pure meglio: la vitamina C è meglio dei grassi saturi della panna.

    Lei ha preso le more solo sulle piante qua e là in casa, la sua è intatta. Si affaccia al giardino: - Non hanno neanche una spina! Le togli tu?

    - No, è un’evoluzione voluta, ho comprato così la prima, e poi le altre…tutte così. Certo, le mutazioni casuali vengono assimilate dopo un periodo di prova, di trial, perché le novità introducono un vettore di turbolenza nei paradigmi della replicazione genetica, e un’anomalia può portare alla sovraordinazione di organizzazione gerarchica, frutto dell’aumento della complicazione in un quantum progressivo di acquisizione di novità. Di disordine. Per la pianta.

    - Si, capisco…Posso scegliere il vaso? Perché quello di plastica è miserello.

    - Però ha anche il sottovaso. Il vaso ha i fori che scaricano l’acqua in più, che finisce nel sottovaso. Anzi è nel sottovaso che devi versare l’acqua. Poca, comunque.

    - In casa mia, la pianta starebbe bene in quella damigiana, quella grossa e panciuta: è vuota, ci travasiamo la terra? Le more che escono dalla damigiana, solo io ho queste idee…

    - Solo tu. Devi lavorarci sopra, però: alla damigiana taglia il collo stretto, anzi taglia appena si restringe, per lasciare che la terra abbia un contatto maggiore con l’aria.

    - Così diventa un vaso di vetro! E come dovrei fare per tagliarla?

    - Un qualunque vetraio avrà un archetto con una corda particolare per tagliate il vetro.

    - Speriamo.

    - Ricordagli di fare quattro fori sul fondo con una fresa a tazza, di un paio di centimetri. E poi trova una vaschetta che ci stia sotto, con un bordo di 2 o 3 centimetri, per versarci l’acqua.

    - Senti, allora prendo tutte e due, anche il vaso di plastica, nel frattempo che lavorano il vetro.

    - La pianta te ne sarà grata. Se cambi la terra, 50 centimetri vanno bene, ma tieni il ph sotto controllo, tra il 6,2 e il 6,5. Tienila pure in casa, altrimenti te la ripuliscono gli uccellini. Ma tienila assolata, anche dentro, dietro una vetrata. Via via che cresce, raccogli i frutti. Ma pota i rami secondari più bassi: prediligi in base al tipo di ispessimento delle pareti, i vasi anulati, spiralati, reticolati, scalariformi e punteggiati.

    - Questo lo farò mentre faccio pratica, preferisco imparare facendo.

    - Attenta che i tessuti dello xilema sembrano cellule morte, ma sono altrettanto importanti del floema!

    - Tranquillo: non mi abbandono mai alle apparenze.

    Ai paroloni troppo tecnici, Sheila non sa replicare: hanno una pausa di silenzio, che lui teme sia troppo lunga.

    Fortuna che Sheila, posata la borsetta sul tavolo, sistematasi su una poltroncina, stende dei foglietti con le date possibili per un’uscita dedicata all’equitazione. Il suo ònere inevitabile è arrovellarsi per arrivare al numero di persone per cui valga la pena fare un breve viaggio, e poi essere abbastanza numerosi per raccontarselo in seguito. Si attacca al telefonino per cinque minuti, senza riuscire a convincere abbastanza amici. Armand, invece, per quel prossimo sabato sarebbe libero, così lui le chiede se si sarebbe accontentata della sua compagnia, per la cena o un cinema. Il film deve sceglierlo lei, lui non segue le critiche. Sheila accetta volentieri: ha risolto per il sabato, la deprimerebbe passarlo da sola.

    Ma tornando al presente, per cenare quella sera Armand non ha che del prosciutto, pane integrale, legumi in scatola, una mozzarella e una birra. Sulla busta del prosciutto, il norcino ci ha scritto una lezione sull’importanza della carnitina, e ha incluso una lista di alimenti da abbinarci, con le ricette ideali.

    Sfinita dall’ascoltare teorie, Sheila lo interrompe: - Ah, non sarà il solito panino al prosciutto!

    Armand invece continua: - Perchè la carnitina va presa con la vitamina C per essere assimilata. Con i broccoli, non con i glucidi del pane, dato che è un carbossilico a catena corta, sintetizzato nel fegato e nei reni a partire da due amminoacidi, lisina e mietonina, in presenza di vitamina B6, vitamina C e ferro. E i broccoli appartengono alla famiglia delle crocifere, che hanno parecchia C.

    Sheila: - Così il caro, vecchio panino di pane e prosciutto, è una errore nutrizionale.

    - Almeno scegli pane integrale.

    Ovunque, sparsa nel piccolo appartamento, per gli spuntini, c’è una tale varietà di frutta secca e fresca, che non si rischia la fame.

    Pensando di dover tornare lì sabato, dubitando se farsi venire a prendere, aspettarlo al portone o salire su in casa, la signorina non si nega qualche occhiata per le poche stanze. Discretamente, educatamente, le sarebbe bastato captare alcuni segnali. Con la scusa di cercare il bagno, si inoltra nel corridoio: inoltrarsi è il termine giusto, perché a impedirne il disinvolto accesso, è piazzata una pianta che cerca di sfondare il soffitto: una kentia (pronuncia: kenzia), con foglie verdi, lunghissime, piatte, sottili che pavimentano il corridoio per tre metri. Fortuna che le fogli sono morbidissime e si lasciano scansare, ma Sheila è sorpresa ugualmente: - Armand, hai voluto ricostruire il sentiero i Ho-Chi-Minh in casa tua? Sembra un pezzo di Laos! La devi tenere qui?

    Armand: - Scansa, e vai avanti. Quella pianta, al sole si brucia, al freddo muore. Ho provato a piazzarla nel pianerottolo e all’ingresso del palazzo, ma è ingombrante anche lì: i condòmini, prima mi hanno fatto i complimenti per una così bella pianta, poi si sono preoccupati un po’perchè può crescere fino a venti metri, alla fine mi hanno convinto che sta molto meglio dentro un appartamento: la kentia è definita pianta da appartamento. Io aspetto un’occasione per regalarla, intanto scanso le foglie e passo.

    E anche Sheila, scansa e va oltre. In fondo al corridoio sta il bagno, ma a metà corridoio scopre la camera da letto di Armand, con la porta semi-aperta. Siccome è tutto disordinatamente lasciato in giro, da un’anta aperta dell’armadio, Sheila non fatica a sbirciare: cinque o sei camicie bianche nelle stampelle; apre l’altra anta, ancora camicie bianche. Fa caso che c’è una ripetizione anche degli stessi jeans, delle stesse giacche, degli stessi maglioni. Nota anche che lui non tiene un oggetto inutile in tutta casa. Questo non le piace: gli spazi abitativi privi di oggetti particolari evocano un territorio vitale neutro, che rimanda ad una condizione umana ambivalente e irrisolta.

    Lui non sa cosa indossare, come qualificarsi?, si chiede la giovane donna. La risposta semplice sarebbe stata che a lui non piace giocare con i vestiti, trova che quella combinazione di bianco e blu gli stia bene, e gli piacciono quelle giacche con le spalle cadenti.

    Il giovanotto dopo un po’capita nella stanza, non se la prende se Sheila gli chiede con meraviglia se ha solo quel tipo di roba da mettere: non gli capita mai di doversi vestire per una particolare occasione, o per sporcarsi, o per giocare?

    Armand spiega: - No, non ne ho occasione. Poi, non badarci: la fisiognomica è un’illusione. È una percezione che elaboriamo noi, senza indovinarci mai. Così io non ci provo, a mascherarmi per un ruolo.

    Allora lei pensa che si sarebbe accompagnata con un specie di manichino senza personalità.

    Insomma, questo tipo le sembra carino o no, simpatico o noiosetto, interessante o banale? Se lo chiede appena e senza decidersi, perché l’avrebbe verificato in pochi giorni.

    In sua compagnia, immemore di alcune azzardi affrontati con incoscienza, lei si sarebbe sentita abbastanza sicura.

    Per sapere di più, su di lui: - Oltre alla coltivazione delle more, di cosa ti occupi. Per i corridoi della tua università ti si vede che cammini a passi lunghi, con le maniche della camicia tirate su, a testa alta e con gli occhi spalancati. Avrai fretta di riportare osservazioni urgenti: di cosa?

    - Delle more...no, di biologia. E tu?

    - Da un po', voglio dare valore al significato delle azioni semplici. E dei gattini, dei supermercati, delle partite a carte, delle ordinarie tappe della vita. Perchè ho intenzione di liberare il lavoro critico e interpretativo della comunità dall’ambito delle accademie e delle università. Dai circoli chiusi delle teste d’uovo, dei cervelloni.

    - Sarebbe, come dire, fai studi di comunicazione sociale?

    - Si potrebbero definire così. Per darli in uso ad una compagnia d’assicurazioni, così che possa quantificare per benino le polizze. Tu cosa studi della biologia, in particolare?

    - La confutazione della falsificazione di una teoria concernente la fisica quantistica. Fallendo la falsificazione, si accetterebbe la teoria.

    - C’é un detective dietro le provette!

    - Vorrei farlo, ma quando cominciai a studiarci, sentii un boomerang di ostilità. Si, insomma, delle resistenze, bastoni tra le ruote. I conflitti o le comunioni di interessi sono le battaglie più costanti dell’umanità.

    - Io sono per le comunioni di interessi.

    - Sono quasi sempre irraggiungibili.

    Sheila: - Quasi è già qualcosa. Come si svolgono i conflitti, in concreto?

    Armand le spiega: - Pensa a una coppa del mondo di ricerca biochimica: ogni due anni, centinaia di scienziati partecipano a una competizione globale, affrontando un tema biologico chiamato. per esempio. problema del ripiegamento delle proteine, e varie èquipes cerchiamo di prevedere la forma tridimensionale delle proteine nel corpo umano. Nell'ultimo progetto, ho ipotizzato previsioni usando reti neurali in grado di apprendere comportamenti, analizzando enormi quantità di dati. Analizzando migliaia di abitudini, ho rilevato come una rete neurale può imparare a prevedere la forma delle altre.

    - Questa è stata un’idea tua?

    - Si...del mio staff. Lo era già del mio primo professore. Però, per quanto si creda di restarne fuori, riceviamo tutti, dall’esterno,

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