Sosteniamo la natura. I servizi ecosistemici della posidonia oceanica (praterie e spiaggiamenti) nel contrasto all’erosione costiera e ai cambiamenti climatici. Tutele e criticità gestionali.
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Sosteniamo la natura. I servizi ecosistemici della posidonia oceanica (praterie e spiaggiamenti) nel contrasto all’erosione costiera e ai cambiamenti climatici. Tutele e criticità gestionali. - Elisabetta Sanna
1
Dalla natura del valore al valore della Natura
⁴⁴.
Il capitale naturale e i servizi ecosistemici
Nonostante il processo di integrazione delle politiche di tutela ambientale in tutti i settori di governo sia inarrestabile, anche stimolato da riflessioni importanti a livello transfrontaliero, emerge con evidenza sia la lentezza con la quale si sta procedendo rispetto alle emergenze da risolvere, sia la persistente difficoltà di coniugare crescita economica⁴⁵ e tutela ecosistemica. Da più parti, anzi, si sottolinea addirittura l’impossibilità per la finanza e l’economia classica
di addivenire ad una misurazione della crescita economica che tenga conto anche della misura del benessere, intendendo per benessere, nel caso specifico di nostro interesse, la buona salute degli ecosistemi. Chi scrive è concorde nel ritenere che, una volta acquisita la consapevolezza della stretta relazione che lega la salute degli ecosistemi naturali con quella dell’uomo, sia basilare utilizzare parametri di misurazione dei valori (socio-economici) rispettosi di questo legame e non sacrificanti di esso in nome di una generica crescita di grandezze tutta da verificare, anche in relazione ai costi che, in modo esponenziale, iniquo e dannoso questa crescita crea.
Anche alla conferenza di Rio+20⁴⁶ è stata auspicata una transizione verso quella che viene genericamente definita Green Economy quale modello di sviluppo economico⁴⁷ che appunto si ripropone di valutare un’attività produttiva non solo in base ai benefici derivanti dalla crescita di grandezze stimate di importanza, ma anche dal suo impatto sull’ambiente, in termini di costi che ne derivano, in larga misura non compensabili (in termini di perdita di salute e degrado). In estrema sintesi, l’ economia in questo senso verde avrebbe come obiettivo quello di ridurre l’inquinamento, aumentare l’efficienza di energia e risorse attraverso l’utilizzo di energie pulite e rinnovabili, preservando la biodiversità; di conseguenza, anche i finanziamenti di attività pubbliche e private dovranno essere in linea con detti obbiettivi.
All’interno, quindi, di un discorso sulla conservazione della biodiversità, della natura e dei suoi ecosistemi in generale e di posidonia oceanica nello specifico, si collocano anche quei filoni di studi economici che pongono come base per lo sviluppo il mantenimento e/o la ricostituzione del c.d. Capitale Naturale . Nel 1989 è nata l’International Society for Ecological Economics ⁴⁸, incentrata sul legame fra il benessere umano e quello degli ecosistemi. La sfida dell’economia ecologica sembrerebbe quella di trovare una metodologia che possa accomunare, far dialogare queste due discipline verso la loro radice comune l’oikos. Il concetto di casa ci richiama quello del soggiornare, dell’occupare un posto, dell’abitare e allora l’auspico è che questo dialogo fra economia ed ecologia avvenga in modo che il soggiornare dell’uomo sulla terra, il vero abitare sia quello che: «salva la terra, non la padroneggia né l’assoggetta. Abitare significa essere nella Quadratura, aver cura dell’unità originaria di terra e cielo, di mortali e divini. Se la Quadratura è l’essere delle cose, allora si abita veramente solo se si intrattiene con il mondo, con le cose, un rapporto essenziale, in quanto contrapposto al rapporto strumentale che usa e manipola il mondo. Chi abita nel senso essenziale salva e non sfrutta la propria dimora. Lascia che l’essenza della natura si dispieghi»⁴⁹.
Lo studio dell’essenza della natura, del suo funzionamento per gli ecologi è l’ecosistema; sembrerebbe possibile anche per gli economisti operare delle stime delle valutazioni economiche attraverso l’approccio sugli ecosistemi. L’ecosistema si presenta come un’unità complessa a causa del numero di interazioni esistenti al suo interno tra le sue diverse componenti. Se tuttavia non è facile valutare e prevedere il comportamento di un ecosistema nel suo complesso, sembrerebbe possibile quantificare i servizi resi con sistemi di misurazione compatibili con quelli economici.
Non è questa la sede per comprendere se questa esigenza di paradigmi differenti sui quali poggiare l’analisi e le scelte politico-economiche sia dettata da motivazioni etiche, di equità sociale, di democrazia nell’utilizzo delle diverse risorse naturali (beni comuni, beni pubblici) o da ragioni che stanno esse stesse dentro una logica economica secondo un generico schema costi-benefici nella consapevolezza che la distruzione di risorse cui stiamo assistendo avrà effetti anche sull’economia e sulla finanza e, dunque, prevederli e quantificarli diventa basilare, una questione di sopravvivenza dello stesso sistema economico che le ha originate⁵⁰. In questa sede si vuole semplicemente notare che il risultato in termini di sostenibilità effettiva (o forte , come si usa dire)⁵¹ dipenderà dall’importanza che assumerà la conservazione della natura all’interno delle scelte politiche, economiche e sociali. Le risorse naturali, i servizi ecosistemici che gratuitamente la natura ci offre e che sono di vitale importanza per la nostra sopravvivenza, si possono così anche riassumere nel concetto di Capitale Naturale⁵². A lungo non considerato ed anzi sacrificato in nome di processi c.d. produttivi, oggi si cerca di misurarne il valore anche in termini economici con l’obbiettivo di predisporre un sistema di contabilità capace di integrare i valori degli ecosistemi e della biodiversità nelle pianificazioni nazionali e locali e nei processi di sviluppo. In Italia, nell’ambito della Legge 221/2015 recante Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali , all’articolo 67, è istituito il Comitato per il Capitale Naturale, un organo composto da membri istituzionali, integrato con esperti nominati dal Ministro dell’Ambiente, responsabile dell’introduzione del valore del capitale naturale nelle politiche pubbliche del Paese⁵³.
Alla luce di queste considerazioni il discorso allora inizia a ribaltarsi: non quanta Natura si debba sacrificare per ottenere un rendimento economico (con alti costi in termini di perdita di salute per l’uomo e per l’ambiente); bensì quanto valga anche in termini economici conservarla in considerazione anche dei servizi ecosistemici (SE) che essa offre.
La ricerca scientifica li ha definiti come quei contributi, diretti o indiretti, che gli ecosistemi offrono al benessere umano⁵⁴, al fine di comprendere la relazione tra struttura, processi e funzioni ecosistemiche e fornitura di SE, con lo scopo di integrare tali concetti e informazioni all’interno delle politiche ambientali e di pianificazione territoriale. Un punto di partenza importante per l’implementazione del concetto di valutazione del capitale naturale e dei servizi ecosistemici è rappresentato da uno studio scientifico pubblicato del 1997 (Costanza et al.)⁵⁵ in cui è stato attribuito un valore economico ai SE globali⁵⁶. Robert Costanza pone l’accento sul fatto che la sistematica sottovalutazione della dimensione ambientale nei processi decisionali può essere in parte spiegata con il fatto che i beni ed i servizi forniti dal capitale naturale non sono quantificati in termini comparabili con altri servizi e altre forme di capitale. Più recentemente un altro studio The cost of policy inaction ⁵⁷, ha analizzato i costi espliciti ed impliciti che si devono sostenere a causa della perdita di SE favorita dall’immobilismo delle politiche ambientali, stimando una perdita di biodiversità e relativi servizi quantificata in 50 miliardi di euro all’anno, e una perdita pari al 7% del PIL globale secondo le previsioni per il 2050, se la situazione dovesse restare invariata.
Un altro studio importante dal quale si possono trarre cifre utili per comprendere i costi che la perdita di biodiversità comporta comparati anche con i costi per la sua conservazione è l’ Economia degli ecosistemi e della biodiversità del maggio 2008, che contiene raccomandazioni quali l'adozione di misure per porre termine alle sovvenzioni dannose per l'ambiente e la creazione di «mercati» per i servizi ecosistemici⁵⁸. La crescita del PIL non è in grado di cogliere molti aspetti vitali della ricchezza e del benessere delle nazioni, quali il cambiamento nella qualità della salute, l’accesso all’istruzione e i mutamenti nella qualità e nella quantità delle risorse naturali. Continuando ad utilizzare un tale indicatore, come affermato da Pavan Sukhdev⁵⁹ responsabile dello studio nella prefazione allo studio TEEB in sede di COP 10: «Stiamo tentando di navigare in acque perigliose e sconosciute, con una bussola dell'economia vecchia e difettosa. Abbiamo notevoli problemi di criteri di misurazione del nostro progresso e del nostro benessere che affligge tutti gli strati della società, dal governo alle imprese ai singoli individui e influisce sulla nostra capacità di impostare un'economia sostenibile in armonia con la natura ».
Nel contesto giuridico internazionale la definizione di biodiversità si rinviene all’interno della Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD)⁶⁰. La diversità biologica nell’art. 2 della Convenzione è definita come «la variabilità degli organismi viventi di tutte le fonti, incluse, tra l’altro, quelle terrestri, marine ed altri ecosistemi acquatici, nonché i complessi ecologici dei quali essi fanno parte, tra cui la diversità all’interno di ogni specie, tra le specie e degli ecosistemi». Uno dei principali obiettivi della Convenzione attiene all’uso sostenibile delle componenti della biodiversità. Per uso sostenibile si intende «l’uso delle componenti della diversità biologica in un modo e ad una velocità tale da non condurre ad un declino della diversità biologica nel lungo termine, così mantenendo il suo potenziale di incontrare i bisogni e le aspirazioni delle generazioni presenti e future». L’attuazione della Convenzione si basa sull’approccio ecosistemico definito nel corso della quinta conferenza delle parti⁶¹ come «una strategia per la gestione integrata della terra, dell’acqua e delle risorse viventi che promuove la conservazione e l’uso sostenibile in modo giusto ed equo»⁶². Tuttavia, è stato sottolineato come vi sia ancora confusione sul preciso significato da attribuire a questo concetto: «Yet there is still substantial confusion and misunderstanding as to the precise meaning of the term and underlying concept. The scientific debate has been examined recently by Yaffee (1999) who considered that the confusion arose in part because people interpret it from at least three different perspectives: an anthropocentric perspective, a resource management or biocentric perspective and an ecoregional or ecocentric perspective