68: Moventi, speranze, sogni ed effetti del Sessantotto in Italia
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Un processo storico-politico di non comune complessità, come quello culminante nel convulso anno 1968, rifugge da qualsiasi ricostruzione o valutazione che presumano d'essere esaustive. Nelle pagine qui presentate viene semplicemente tracciato un quadro di sintesi in cui confluiscono sia una diretta esperienza personale di eventi rilevanti e significativi di quel periodo nevralgico, sia una professionale competenza storica e psico-sociale riferita alle problematiche prese in esame.
In altre parole, si intende contribuire ad un dibattito tuttora vivo su un momento storico denso di accadimenti incisivi e di decisive conseguenze, con un approccio che da un lato non può non rivelare l'assetto valoriale dell'estensore, ma che dall'altro si propone di evitare ogni posizione pregiudiziale ed ogni unilaterale formulazione di giudizi, impegnandosi invece a capire le ragioni e le speranze, fondate o infondate, di protagonisti e comprimari delle vicende relative al Sessantotto.
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68 - Gaetano Arezzo
Gaetano Arezzo
TUTTO DA BUTTARE
RICREIAMO IL MONDO
Moventi, speranze, sogni
ed effetti del Sessantotto in Italia
Elison Publishing
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© 2021 Elison Publishing
Tutti i diritti sono riservati
www.elisonpublishing.com
ISBN 9788869632822
Soltanto attraverso un’esperienza diretta e una fondata conoscenza oggettiva delle premesse politiche, economiche ed etiche, dei mutamenti in itinere e dei risultati culturali e politici di quel momento storico contraddistinto da un intricato combinarsi di idee, azioni e reazioni e da grandi fenomeni di massa, si può tracciare un bilancio degli aspetti rilevanti di un processo che ha manifestato tendenze comuni e ben identificabili, come pure marcate differenze teoriche e pratiche, ed anche sorprendenti contraddizioni.
Al chiarimento di questa complessità la presente sintesi derivante sia da significative esperienze personali, sia da una documentata analisi, si propone di fornire un modesto contributo.
Nota dell’autore
Nelle interviste citate letteralmente sono state lasciate come erano molte trasandatezze di stesura e di impaginazione imputabili agli intervistatori.
Idee generatrici e contesto socio-culturale di preparazione del ‘68
Il ‘68 non è stato il ‘68. Ciò che viene rappresentato da quel semplice numero intende riferirsi ad un complesso intreccio di eventi non circoscrivibili al 1968 o a sue immediate prossimità temporali, antecedenti o successive. L’insorgenza dei fenomeni sessantotteschi ha in realtà una genesi multidimensionale e temporalmente prolungata, soprattutto sotto il profilo delle elaborazioni e rielaborazioni teoriche. La gestione pragmatica delle attività politiche si è invece addensata in non più di una decina di anni includente il ‘68 ed ha messo in opera non poche azioni ingenue, improvvide, equivoche e violente, alternate ad iniziative realisticamente finalizzate ad una positiva evoluzione democratica della società.
Per quanto riguarda i Paesi e le situazioni in cui si sono verificati i tipici fenomeni sessantotteschi, si constata che:
– si tratta quasi esclusivamente di Paesi culturalmente ed economicamente evoluti, con presenza di vaste masse di studenti ed operai democraticamente legittimati ad adunarsi, costituire movimenti e partiti, manifestare e compiere azioni politicamente significative;
– la guerra fredda
suscita soprattutto in tali Paesi opposizioni e rivolte da parte di chi rifiuta scelte ideologiche o geopolitiche forzate tra capitalismo e socialismo reale
;
– sono principalmente le giovani generazioni quelle che si propongono di abbattere istituzioni, valori e principi considerati inaccettabili impedimenti all’evolversi culturale e civile dell’attuale e della futura società, da ricostruire ex fundamentis.
Le tendenze politiche innovatrici o rivoluzionarie prendono di mira una pluralità di istituzioni e di assetti politici, economici e sociali. Tra questi:
– i poteri economici monopolistici e oligopolistici, ma soprattutto quelli in grado di condizionare il mercato globale perché fortemente influenti in un contesto multinazionale;
– gli apparati statali ritenuti succubi di poteri economici condizionanti;
– le chiese mondanizzate o moralmente degradate o complici di regimi oppressivi;
– le oligarchie politiche e militari dei Paesi (come gli U.S.A.) più direttamente impegnati nella guerra fredda
, accusate di mandare allo sbaraglio (quasi sempre in appoggio a regimi dittatoriali o totalitari o neocolonialisti) grandi masse di giovani e meno giovani coinvolgendoli in locali guerre sanguinose rientranti nella logica perversa della cosiddetta guerra fredda
planetaria;
– i sistemi e i criteri di istruzione e di educazione (pubblici, privati e familiari) ancorati ad obsoleti nodelli culturali e confessionali, atti a perpetuare appartenenze di classe e ideologie superate e insostenibili.
Un fattore critico e dirimente, protrattosi dai primi anni ‘60 al 1975, è rappresentato dalla guerra del Vietnam: scelta costosa e disastrosa determinata da interessi economici e sterile puntiglio ideologico da parte degli U.S.A. Gli Stati Uniti appoggiano il governo militare post-coloniale, autoritario e corrotto, insediatosi nel Vietnam del Sud, contro il pericolo dell’instaurarsi di un regime comunista dopo l’eventuale vittoria degli agguerriti partigiani sud-vietnamiti (I Vietcong) sostenuti militarmente dal Vietnam del Nord, a sua volta sostenuto dai Paesi comunisti più politicamente importanti sulla scena internazionale. Contro questa guerra a rischio di espansione planetaria, gradita solo a certi gruppi politici di destra, a certi poteri economici e a nevrotici militaristi, si schiera la quasi totalità dei giovani americani, che reagiscono attuando renitenze alla leva, latitanze, diserzioni ed ammutinamenti. Alla fine la storia darà loro piena ragione, perché dopo l’inutile sacrificio di centinaia di migliaia di vittime e infami crimini di guerra perpetrati da ambo le parti, gli Americani si ritireranno dal Vietnam in tutta fretta, scazzottandosi fra di loro per assicurarsi un posto in aereo e fuggire quanto prima possibile.
Proprio in questi anni si registra una prima rivolta studentesca all’Università di Berkeley, in California, contraddistinta da provocatorie esibizioni nudistiche e sessualmente trasgressive, slogans antiautoritari e anti-obbedienza, nonché grandi manifestazioni poi seguite, ovunque, da altre sempre più numerose, cui prendono parte persone d’ogni ceto ed età e noti intellettuali come il linguista Noam Chomsky. Il rito della manifestazione a prevalente partecipazione giovanile contagerà anche il Vecchio Continente, Italia compresa, soprattutto a partire dal 1966.
Fonti teoriche dei movimenti
Le componenti di pensiero e di analisi filosofica cui si ispirano i movimenti di contestazione sfocianti nella culminante stagione sessantottesca sono plurime e diversificate; ma se si considerano i movimenti più rilevanti ed attivi fino al ‘68 compreso (poi prevarrà pressoché incontrastata una tentacolare e variegata marxistizzazione
) le fonti ispiratrici sono rappresentate non soltanto dalle opere di Marx ed Engels, ma anche da quelle di altri maestri del sospetto
come Nietzsche e Freud.
Una delle opere stranamente sottovalutate o incomprese dalle precedenti generazioni è il disinibito saggio antropologico di Friedrich Engels, L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato (Der Ursprung der Familie, des Privateigenthums und des Staats, Zurigo, 1884) là