Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Il nuovo ruolo dell'Educatore di Plesso: Ricerca sul campo e indicazioni operative
Il nuovo ruolo dell'Educatore di Plesso: Ricerca sul campo e indicazioni operative
Il nuovo ruolo dell'Educatore di Plesso: Ricerca sul campo e indicazioni operative
Ebook289 pages2 hours

Il nuovo ruolo dell'Educatore di Plesso: Ricerca sul campo e indicazioni operative

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

È ormai riconosciuta l’importanza di interventi educativi personalizzati per rafforzare i processi di integrazione e inclusione sociale, facilitare gli apprendimenti, migliorare il sostegno ai minori in varie condizioni di difficoltà. In tutto questo l’Educatore assume naturalmente un ruolo centrale.
Questo libro intende esplorare una peculiare modalità di organizzazione del lavoro educativo focalizzata sull’Educatore di Plesso/Istituto. Sulla base del coinvolgimento diretto di educatori e personale scolastico viene effettuata una analisi di questa funzione professionale, ancora poco conosciuta, che si concretizza nel mettere insieme le azioni educative a sostegno dei singoli con attività laboratoriali e di piccolo gruppo in favore di tutta la classe e del contesto scolastico. Tramite il confronto con esperti e studiosi dei processi educativi vengono esplicitati i pregi ma anche le criticità da superare per rendere tale modalità organizzativa efficace e realmente generalizzabile.
LanguageItaliano
PublisherHomeless Book
Release dateMay 28, 2021
ISBN9788832762105
Il nuovo ruolo dell'Educatore di Plesso: Ricerca sul campo e indicazioni operative

Related to Il nuovo ruolo dell'Educatore di Plesso

Titles in the series (7)

View More

Related ebooks

Teaching Methods & Materials For You

View More

Related articles

Reviews for Il nuovo ruolo dell'Educatore di Plesso

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Il nuovo ruolo dell'Educatore di Plesso - Dina Guglielmi

    Allegati

    Presentazione

    Il presente volume riguarda la ricerca «Il nuovo ruolo dell’Educatore di Plesso» promossa dalle cooperative sociali CADIAI e Libertas Assistenza di Bologna nell’ambito delle loro iniziative di Ricerca & Sviluppo, con il supporto di ASC InSieme¹ e commissionata al Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna.

    Il testo inizia col richiamare i nuclei concettuali che aiutano a comprendere le complesse caratteristiche della professionalità degli Educatori e le differenti sfaccettature della loro importante funzione nell’ambito dei servizi educativi per la Scuola. Si sofferma poi ad illustrare la natura della ricerca, svolta in modo partecipativo, che è servita per esplorare alcune esperienze significative di Educatore di Plesso/Istituto realizzate in area bolognese e per riconoscere in tal modo le peculiarità di questa figura professionale operante secondo un modello organizzativo che, qualora esistano le condizioni ottimali per metterlo in pratica, potrebbe avere un rilevante impatto sulla scuola e sui servizi.

    La parte centrale del volume valorizza il contributo degli Educatori all’analisi del loro ruolo organizzativo e si concentra: a) sulla presentazione di sei casi di attuazione riuscita del modello di Educatore di Plesso/Istituto; b) sui punti di vista manifestati su questo tema da dirigenti e insegnanti; c) sulle riflessioni di un gruppo di esperti di ambito educativo/pedagogico mirate a cogliere pregi e criticità di queste esperienze e ad ampliare il loro significato.

    Le conclusioni sintetizzano suggerimenti e indicazioni operative tese al miglioramento delle pratiche e ad una più adeguata comprensione della funzione di Educatore di Plesso/Istituto sulla base delle argomentazioni espresse nei capitoli precedenti. Abbiamo poi ritenuto utile riportare in allegato gli strumenti di indagine usati, anche per stimolare analoghe ricerche sull’Educatore di Plesso in differenti contesti operativi.

    Lo svolgimento della ricerca è stato reso possibile dal costante e fruttuoso collegamento con le responsabili di CADIAI (Dott. ssa Elisabetta Benfenati e successivamente Dott. ssa Grazia Mazzoli) che qui ringraziamo unitamente al gruppo di Educatori che hanno partecipato alla progettazione operativa della ricerca e alla identificazione dei casi analizzati (Silvia Carboni, Enzo Orlando, Martina Rossi, Elena Roversi, Fabio Tafone, Laura Villani).

    Un particolare ringraziamento al personale delle Scuole interessate dall’indagine sul campo e agli esperti per la loro disponibilità e fattiva collaborazione alla ricerca (i loro nominativi vengono indicati in nota all’inizio dei capitoli che riportano i loro contributi).

    Per la realizzazione delle varie fasi della ricerca, progettata da Dina Guglielmi e Guido Sarchielli, ci si è avvalsi della collaborazione del Dott. Pietro Emilio Zanol, psicologo in formazione (Interviste agli Educatori insieme a G. Sarchielli) e del valido apporto della Dott. ssa Agnese Zambelli, psicologa e borsista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna (che in particolare ha curato le interviste al personale della Scuola e l’elaborazione dei dati dell’intervista/questionario agli esperti).

    Dina Guglielmi, Guido Sarchielli, Agnese Zambelli


    1 Azienda Servizi per la Cittadinanza - Azienda speciale Interventi Sociali Valli del Reno Lavino e Samoggia

    1 - Introduzione: lo sfondo concettuale della ricerca

    In questi ultimi anni di profonde incertezze sul mantenimento e la sostenibilità del social welfare, le professioni sociali ed educative, risultano interessate da forti pressioni esterne che tendono a mettere in discussione i loro assetti consolidati, le rappresentazioni sociali della loro funzione e i modi di affrontare i nuovi bisogni sociali emergenti.

    Basterà solo accennare ad alcuni dei principali fenomeni che stanno scuotendo il nostro sistema sociale e rischiano di renderlo un terreno di assai probabile diseguaglianza di opportunità e occasione di differenti forme di esclusione sociale per molte categorie di persone nelle diverse fasi del loro ciclo di vita. L’incisiva crisi socio- economica ormai più che decennale (che è all’origine anche di nuove forme di povertà economica e socio- culturale), la crescente fragilità dell’istituzione famiglia nel provvedere allo sviluppo dei bambini, le persistenti insufficienze del sistema di istruzione formale (con la nota piaga dei ritardi e degli abbandoni nella fascia dell’obbligo scolastico), il crescente numero di minori in situazione di disagio sin dalla scuola primaria (per problemi comportamentali, di apprendimento, di disabilità psicofisica, di inadeguatezze familiari, ecc. ), i flussi migratori mal regolati (con effetti anche sulla scuola per la forte crescita di alunni stranieri con carenze socio- culturali e linguistiche, di nomadi, ecc. ), l’aumento esponenziale della non autosufficienza (non solo per gli anziani), la condizione giovanile sempre più precaria rispetto agli inserimentI sociali e lavorativi … sono solo esempi di tali fattori esterni che stanno interpellando le professioni sociali ed educative lasciando intravedere nuovi bisogni e stimolando cambiamenti nel loro modo di essere e di presentarsi per poter rispondere con efficacia alle esigenze di sostegno, accompagnamento e inclusione sociale.

    In particolare, gli Educatori sono quotidianamente messi alla prova di fronte alla necessità non solo di gestire una crescente quantità di richieste di aiuto in ambito socio- assistenziale, socio- sanitario, riabilitativo, scolastico - si pensi, ad esempio, alla crescita esponenziale delle certificazioni scolastiche² - ed extrascolastico, ma di affrontare esigenze di sviluppo e bisogni personali non standard (cioè non facilmente classificabili con le tradizionali tassonomie anche perché i confini tra disabilità e disagio spesso sono molto labili) e anzi resi assai variabili in relazione alle caratteristiche delle persone (minori e adulti), ai loro differenti contesti sociali di provenienza, alle loro diverse culture e appartenenze familiari, alle assai diversificate autobiografie psicosociali e storie di vita.

    1.1 Educatore: una professionalità riconfigurata di continuo, in situazione

    In questo quadro gli Educatori difficilmente possono essere sostenuti da protocolli e schematiche linee guida su come lavorare, da applicare poi a tutti i potenziali utenti e allo stesso modo. Essi invece operano in una "situazione di frontiera" e di forte esposizione personale per il contatto diretto e continuativo con le persone richiedenti aiuto e i loro familiari e si trovano costantemente nella condizione di dovere "aggiustare il tiro" ovvero ridefinire e verificare sul campo e con immediatezza i propri orientamenti e comportamenti professionali per decifrare e poi accogliere e affrontare i bisogni e le eterogenee esigenze emergenti.

    Dunque, questi operatori appaiono in possesso di una «professionalità liquida» che, al di là delle prescrizioni formali del profilo professionale, tende a riconfigurarsi concretamente sul campo in relazione:

    al tipo di persone che richiedono aiuto (differenti per età, fasi e compiti di sviluppo, attributi personali, livelli motivazionali, ecc. );

    ai contesti attuali della loro esperienza (ambiti scolastico/formativi, familiari, lavorativi, di cura e riabilitazione, ecc. );

    agli scambi e accordi con altri professionisti coinvolti nell’intervento (ovvero con i diversi partner che cooperano allo svolgimento del ruolo educativo);

    alle risorse organizzative (spazi, tempi, strumenti, attrezzature, ausili e sussidi didattici ecc. ) presenti nel servizio e finalizzabili all’azione educativa;

    alle metodologie e agli strumenti scelti per realizzare interventi migliorativi efficaci.

    Cornacchia e Madriz³ approfondiscono questa nozione di professione liquida sostenendo che: «esistono professioni che alla liquidità strutturale estrinseca del sistema, associano una liquidità intrinseca, costitutiva, cioè, della loro identità e connaturata al loro agire; riteniamo di poter far rientrare in questa particolare cerchia la figura dell’educatore, cui la letteratura pedagogica (e non solo pedagogica) ha dedicato numerose pagine nel tentativo di tracciarne un profilo che è risultato, appunto, estremamente fluido nei suoi contorni».

    Gli educatori sono pertanto sempre più frequentemente sollecitati a lavorare, da un lato, tenendo aggiornate le loro conoscenze sulla base delle evidenze scientifiche e sviluppando proprie competenze specifiche calibrate sulle esigenze dei destinatari dell’aiuto e, dall’altro lato, mettendo a disposizione le proprie abilità e competenze in sinergia con altre professionalità e organizzazioni nella logica collaborativa del lavoro di rete⁴ e nella prospettiva di costruire interventi più adeguati e ben riconoscibili dalle famiglie e dalla comunità sociale per la loro efficacia.

    Si tratta di un lavoro complesso ma necessario per contrastare sia le frequenti impressioni di instabilità, volatilità e inconcludenza dell’agire professionale (che abbiamo definito come liquido) di questi operatori che possono minare la loro l’identità professionale (Vedi: Quadro 1.1), sia il rischio di confondersi con le numerose professionalità presenti nei servizi educativi.

    Ci si riferisce a un impegno di autoregolazione professionale che presuppone due condizioni facilitanti: una inerente la qualità e lo spessore professionale e l’altra relativa alla chiarezza e comprensibilità delle funzioni svolte.

    La prima concerne la consapevolezza della propria professionalità (e del valore del proprio sé professionale nella realizzazione delle prestazioni) nonché l’affinamento e la condivisione di approcci, paradigmi educativi, strumenti che richiedono continui adattamenti alle mutevoli esigenze sociali nonché la riserva di spazi di riflessione e rielaborazione critica sulle modalità di intervento adottate⁵.

    La seconda riguarda la consapevolezza degli operatori non solo del valore generale e intrinseco delle attività educative da loro promosse, ma soprattutto dell’esigenza di far corrispondere le pratiche svolte alle aspettative sociali che si manifestano negli specifici contesti organizzativi (sistema socio- sanitario o scolastico) attraverso i ruoli professionali concretamente assegnati.

    A tale proposito va segnalato che ciò che ci si aspetta da un educatore è fortemente legato alla rappresentazione sociale della sua funzione e delle attività tipiche che svolge. Tale rappresentazione in molti casi risulta ancora frammentata, diversificata all’interno di vari gruppi sociali e in generale poco chiara. Dunque, tende a sostenere richieste di intervento assai eterogenee, talora eccessive sul piano quantitativo, non sempre coerenti tra loro e corrispondenti con un profilo professionale ben definito e ben distinguibile nell’insieme delle professioni sociali che offrono servizi alle persone in ambito sanitario, assistenziale, educativo.

    Da ciò può giustificarsi un deciso interesse a:

    potenziare la plasticità del modus operandi dei vari operatori dell’educazione per intercettare e rispondere con efficacia alle esigenze delle persone (che non sono definibili in anticipo ma anzi risultano assai variabili in funzione delle situazioni di vita e delle fasi del loro sviluppo);

    valorizzare le esperienze riuscite e le migliori pratiche educative per rendere visibili e ben comprensibili i loro profili professionali che, pur avendo notevole rilevanza per la comunità, spesso non godono di uno status sociale coerente con le importanti funzioni educative svolte nei servizi alla persona⁶.

    1.2 L’importanza della pratica e della riflessività

    In altri termini, per comprendere meglio il profilo reale di un educatore occorre una focalizzazione sull’effettivo lavoro svolto in situazione e non limitarsi semplicemente alla presa d’atto delle descrizioni formali delle sue attività presenti nelle declaratorie normative di riferimento o alla ricognizione preventiva di una lista ampia e dettagliata di conoscenze e di competenze acquisibili con la formazione universitaria di base.

    L’«analisi del lavoro»⁷ svolto permette infatti di considerare con attenzione le azioni e le strategie professionali realmente adottate e gli adattamenti situazionali nel modo di operare attuati dagli educatori per renderle incisive e tarate sui bisogni dei destinatari. Al riguardo potremmo usare la metafora della sartoria su misura rispetto al comune prêt à porter: l’educatore non offre risposte confezionate e della stessa taglia per tutti ma confeziona un abito su misura, ovvero un intervento che, pur essendo giustificabile in base alle teorie ed evidenze scientifiche, prevede una serie di prove e affinamenti progressivi che lo rendano il più adatto possibile a rispondere ai bisogni del destinatario. Di ciò spesso non ci si rende conto; pertanto, un’accurata analisi del lavoro può rendere più chiaro e accessibile ai vari interlocutori (destinatari diretti degli interventi, familiari, colleghi, altri professionisti, ecc. ) il modo effettivo di operare, il significato e la funzione delle azioni educative attuate e il loro stretto legame con il contesto in cui si realizzano.

    Infatti, le azioni educative si costruiscono, prendono forma e diventano efficaci nell’interazione con il concreto contesto sociale ove si compiono (fatto di persone, relazioni, obiettivi e regole sociali, valori di riferimento, ecc. ) e possono risultare trasferibili anche ad altri contesti e comunità per migliorare il grado di riuscita personale e la coesione sociale solo quando sono presenti analoghe condizioni facilitanti un esito positivo.

    In sostanza, anche in campo educativo, il concetto di "best practices" implica una prospettiva contestualista che nega la possibilità di generalizzare in modo automatico una certa soluzione ai problemi educativi e sociali per il solo fatto che sia stata di successo in qualche precedente occasione. Così, se si resta solo sul piano della riproduzione meccanica di esperienze positive svolte in differenti contesti⁸, spesso alle persone vulnerabili e a rischio di fallimento personale o scolastico e alle comunità emarginate viene negata ogni concreta aspettativa di miglioramento, nonostante gli sforzi e le risorse investite.

    Viceversa, gli interventi educativi più o meno innovativi basati sul richiamo alle migliori pratiche (persino quando non derivano da sistematiche considerazioni teoriche fatte preventivamente) ma che si sforzano di evidenziare e tener conto delle variabili contestuali che hanno concorso alla riuscita di una data azione possono essere riprodotti in altri contesti per realizzare miglioramenti o facilitare la soluzione di problemi simili.

    In tal senso si potrebbe sostenere che la professionalità dell’educatore è costruita e affinata in itinere sulla base di una riflessione effettuata dal professionista già nel corso dell’esperienza (Schön, 1993; 2006)⁹ che

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1