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Credi davvero (che sia sincero)
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Credi davvero (che sia sincero)

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About this ebook

Martina, solare e piena di vita, incontra, durante un’uscita con amici comuni, Antonio, che si sente soffocare dalle responsabilità familiari, e che, col tempo, si è isolato dal mondo. I due sperimentano fin dai primi istanti un feeling spontaneo. La coppia ben presto inizia una relazione, finché il ragazzo si trasferisce da lei in modo stabile, nonostante le ritrosie delle amiche e della madre della giovane. Il rapporto sembra crescere di giorno in giorno, Antonio copre di attenzioni Martina che spera di aver finalmente trovato la persona giusta per lei, così gentile, dolce e premurosa, nonostante alcune reazioni non la convincano fino in fondo. I capitoli si alternano in soggettiva, dal punto di vista della ragazza, al presente, e del suo compagno, sotto forma di lontani ricordi. Antonio, per la paura di rovinare tutto, cela, in alcuni frangenti, i suoi moti di rabbia, i suoi pensieri più profondi e istintivi. Cresce prepotente l’idea di aver incontrato la donna della sua vita e si convince che debba essere lei o nessun’altra…
LanguageItaliano
Release dateMay 4, 2021
ISBN9791220800037
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    Credi davvero (che sia sincero) - Roberto Ottonelli

    casuale.

    La morte

    ​Qoelet - Capitolo 3

    1Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo.

    2C’è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante.

    3Un tempo per uccidere e un tempo per guarire, un tempo per demolire e un tempo per costruire.

    4Un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per gemere e un tempo per ballare.

    5Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli, un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci.

    6Un tempo per cercare e un tempo per perdere, un tempo per serbare e un tempo per buttar via.

    7Un tempo per stracciare e un tempo per cucire, un tempo per tacere e un tempo per parlare.

    8Un tempo per amare e un tempo per odiare, un tempo per la guerra e un tempo per la pace.

    ​Martina

    Mia madre continua a insistere che devo rimettermi con Gabriele. Ma che palle! Cosa ne vuole sapere lei, cosa ne possono sapere tutti. La vita è una ed è mia. Mi spacco la schiena dalla mattina alla sera, secondo lei dovrei tornare a casa e rimettermi con uno che mentre diceva di amarmi se le faceva tutte.

    «Amore, non è come credi, posso spiegare.» Era un po’ il suo cavallo di battaglia. Finché mi sono stancata delle sue bugie e delle sue promesse.

    Sono ancora giovane, c’è tutto il tempo per sistemarmi e mettere su famiglia.

    Ma poi perché non posso decidere io per me stessa? Vivo da sola da quasi dieci anni e me la sono sempre cavata senza chiedere niente a nessuno. Le mie amiche pensavano solo a divertirsi, io facevo tre lavori per pagare l’affitto di un mo nolocale. Che però è la mia casa. L’ho arredata come piace a me, senza che nessuno ci mettesse becco. Una cucina, in realtà più una striscia dove si passa solo se non superi la 48, intesa proprio in senso stretto con i fuochi, un frigo, il forno e un lavello. In sala ci ho piazzato un divano sgangherato, che quando ci si alza bisogna stare attenti a non sbattere la testa contro il soppalco Ikea dove ho sistemato il letto, e un mobile con una televisione anni venti. Il bagno è la parte dove d’inverno si sta meglio perché ci passano i tubi del riscaldamento di tutto il condominio. Fa tanto piccola fiammiferaia, ma è la verità. E mi sta bene.

    Lavoravo anche in discoteca nel fine settimana, dopo aver staccato dal centro estetico in cui facevo pratica. Mi caricavo in testa il secchiello con la bottiglia di spumante, ghiaccio e bicchieri. Un po’ perché avevo qualche possibilità in più di essere vista, considerato che non è che proprio svettassi, poi per evitare di congelarmi le mani. Mi è capitato anche di prendere a calci qualcuno per farmi spazio, quando non arrivavano i buttafuori ad aprire le acque. Rientravo all’alba. Una volta mi ricordo di essermi messa a piangere per il nervoso davanti al vigile perché non trovavo dove parcheggiare a causa del lavaggio delle strade.

    «Senta, mi dia la multa, faccia come le pare, ma sono venti minuti che giro a vuoto e devo andare a dormire. Oggi ho lavorato quattordici ore, mi perdo tutta la paga della serata se non chiude un occhio, ma la macchina la lascio qui e basta.»

    Dovevo avergli fatto pena perché si impietosì: «Signorina, non faccia così su. La può mettere, qui hanno già pulito. Mi sembra che abbia molto bisogno di riposare.»

    «Grazie, lei è un angelo. Non sa quanto le sono grata. Scusi se sono stata un po’ scorbutica, ma lo apprezzo molto! Le darei un bacio, ma non vorrei esagerare!»

    «Vada, vada. Buona notte signorina.»

    Da quando Marco mi ha assunta fissa al centro estetico è cambiato tutto. Non prendo chissà quale cifra, ma ci riesco a campare bene, senza più dover ricorrere a scuse perché non ho i soldi per uscire a mangiare una pizza. Certo, arrivata a sera avrei bisogno io di qualcuno che mi faccia rilassare, ma ho imparato ormai da tempo che la vita non regala niente. In fondo chi se ne frega, non mi lamento, ci metto sempre il massimo dell’impegno e dove non basta un bel sorriso aiuta.

    Vado a ballare. Ho i piedi che mi esplodono, ho mal di schiena, ma non voglio pensare. Oggi ho fatto il massaggio a un ragazzo che non conoscevo e l’ho visto molto contento nei micro slip, pure troppo. Mi ha fatto tenerezza il suo imbarazzo, ancora di più lo sguardo dolce che ci siamo scambiati. Non mi dispiacerebbe per niente se dovesse ritornare…

    Meglio non fantasticare troppo e che mi sbrighi a finire di prepararmi se no le ragazze chi le sente.

    «Sì Luna, sto finendo di sistemarmi e arrivo.»

    «Quantifica, perché di solito quando dici così sei appena uscita dalla doccia.»

    «Scema! Devo giusto recuperare il reggiseno dal freezer, una ripassata al trucco e sono da te.»

    «Ancora con sta storia del freezer? Guarda che è una cazzata.»

    «Non lo è per niente! Stanno su che non hai idea. Anzi sei tu che dovresti ascoltarmi una buona volta!»

    «Se se, vedi di darti una mossa che sono qui con Sole e Alice che ti aspettiamo!»

    Malfidente di un’amica. La sensazione sulla pelle è unica e te le tiene su per davvero, altro che. Devo aver letto da qualche parte che lo faceva anche Marilyn. Che poi potrò fare quello che mi pare!

    «Oh, chi si vede! Stavamo per andarcene!»

    «Dai su, come la fai lunga, e fattela una risata ogni tanto!»

    «No davvero Marti, la prossima volta ti diciamo un’ora prima così forse rischi di arrivare in orario!»

    «Ah, ma allora vedi che sei una comica anche tu?»

    «Eh, Thelma e Louise, cosa ne dite se invece che stare qui a raccontarvela su ci avviamo?»

    In radio continuano a passare la canzone di Irene Grandi e la cantiamo a squarciagola.

    Non è facile però, è tutto qui.

    Non è facile però, è tutto qui.

    Non è facile però, è tutto qui.

    Siamo delle casiniste, ma ci butteremmo nel fuoco l’una per l’altra. Mi fido di Sole, Luna, Alice e Alessia ciecamente. Ale non esce mai con noi perché è l’unica sposata, poi ha da stare dietro all’agenzia e al bar del marito, ma con loro sto bene, mi sento al sicuro. So che non mi giudicano e sono sempre dalla mia parte. Alice si è separata da poco e mi fa concorrenza a chi fa più casino, basta che senta una qualsiasi musica e inizia a ballare, mentre Sole e Luna sono le mie amiche del cuore, che fa tanto medie, ma è così. Con due nomi del genere non potevano che essere complementari come sono e si dovevano trovare per forza. Oddio, ogni tanto si insultano, ma si vogliono un gran bene e non riescono a restare troppo lontane.

    Nella nostra discoteca preferita c’è sempre il delirio, ma quando veniamo ci fanno passare subito. E che ne dicano le altre, la mia scollatura aiuta!

    Saltiamo in cerchio finché mi reggono le gambe, poi mi accascio sul divanetto, seguita a ruota da Luna.

    Mi si incolla all’orecchio per riuscire a parlare «Certo che dopo una giornata in piedi è un miracolo che riusciamo a ballare.» fa un sorso al suo Daiquiri e prosegue «Ah, domani esco ancora con Filippo. Alla fine mi devo decidere. Cioè, mi piace, ma non sono del tutto convinta.»

    «Io invece devo uscire con degli amici di mia cugina. Mi sa che mi vuole combinare qualche incontro, ma le ho detto che sto bene come sto.»

    «Ma sì, che sarà mai. Metti che conosci uno che ti piace, cosa ne sai. Meglio della nostra compagnia non puoi trovare, mi rendo conto, ma chi può saperlo!» «Prendi, prendi per il culo. Te l’ho detto che non me la sento di impegnarmi, non ho voglia di avere storie serie.»

    «E chi ha parlato di storie serie? Non mi fare proprio tu la bacchettona!»

    «Scema. Mia cugina vuole vedermi morta! Avrò diritto a un po’ di riposo. Per domani avevo in mente di non muovermi dal letto. Volevo montare una carrucola per non dover neanche scendere dal soppalco!»

    «Simpatica proprio! Vedrai che ti divertirai!» Da inizio serata ho fatto caso a un tipo che mi gira intorno, ma non si decide. Non che mi interessi, ma bello mio, se vuoi concludere qualcosa nella vita ti devi dare una svegliata. Continua a parlottare con i suoi amici che mi guardano e con gesti non proprio discreti lo invitano a farsi avanti. Devo aver sorriso, non con l’intenzione di invitarlo, quanto anzi per la goffaggine del tutt’altro che prode. Eccolo, quasi buttato a forza da un biondino, mi finisce spalmato a fianco. Io fingo la più totale indifferenza, sono solo curiosa di capire fin dove può arrivare, ora che è solo. Magari gli servirà per la prossima conquista. Insomma, svolgo un po’ un ruolo sociale.

    «Ehm, scusa, ti disturbo?» Fingo di non sentirlo anche se mi sta urlando in un timpano. Mi tocca la spalla, per essere gentile, perché sarebbe più giusto dire che me la sfiora. Mi giro.

    «Sì, ecco, scusa, ma....»

    «Piacere, Martina, tu come ti chiami?»

    «Roberto, piacere mio!» Si illumina, gli si apre un sorriso di gioia, come un bambino che scarta un regalo a Natale. Non mi dispiace fargli un simile effetto.

    «Ti posso dare un consiglio?»

    «Certo che puoi!»

    «La prossima volta che adocchi una, cerca di essere un po’ più tranquillo e sicuro di te, funziona. Almeno credo.»

    «Ti ringrazio del consiglio, ma vedi, io non vengo quasi mai a ballare e non sono riuscito a toglierti gli occhi di dosso.»

    «Ah, ma allora non sei così timido come mi eri sembrato!»

    « Tu non hai idea quanto, ma quello che mi ha colpito di te sono stati i tuoi occhi.»

    «Frena, frena! Lo sai che è il grande classico degli approcci? Potresti prepararti una frase a effetto più efficace!»

    «No, non lo so perché è la prima volta che mi capita e non potrei dire altro perché è solo la verità.» Gli sorrido di nuovo, stavolta però in modo volontario e consapevole. Mi sembra dolce e gentile, qualità piuttosto rare. Chissà, forse è di questo che ho bisogno. Lo vedo avvicinarsi ancora un po’, mi scosta i capelli dall’orecchio e, nonostante il frastuono, lo sento in un sussurro.

    «Grazie, me lo hai fatto davvero un regalo.»

    Si alza e torna dai suoi amici. Vorrei fermarlo per chiedergli se gli ho parlato io del regalo o, come sono certa, l’ho solo pensato. Se me lo avesse chiesto, gli avrei lasciato il numero. Così, senza un vero motivo. Ma alle volte non serve.

    Non ho più forze e le ragazze si sono già avviate al guardaroba. Mi stanno aspettando. Mi alzo e mi dirigo verso l’uscita. Quando sono quasi alla porta mi giro verso di lui che mi sta guardando e mi saluta con la mano. Leggo un ciao sulle sue labbra. Ricambio ed esco.

    Rientriamo che è quasi mattino, mi trascino a casa e l’idea di salire gli scalini per raggiungere il letto è troppo. Preferisco svenire sul divano vestita. Il mio ultimo pensiero, prima di perdere i sensi, è rivolto a un ragazzo che senza fare niente di clamoroso è riuscito a colpirmi.

    ​Antonio

    Cambiò tutto dalla morte di mio padre. Non mi spiegavo perché ogni responsabilità dovesse ricadere sulle mie spalle. Già quando c’era lui, la persona più inaffidabile che conoscessi, avevo assunto tante volte il suo ruolo. Mi sentivo di non aver scelto nulla, ma che fosse scontato. Sono il primogenito, ma non significava che ogni decisione dovesse passare da me. Io non ce la facevo, non ne avevo le forze, forse la capacità. A mio fratello e mia sorella andava bene, perché mai avrebbero dovuto farsi carico loro di una qualsiasi incombenza?

    Abbandonai gli studi in psicologia, dopo aver superato brillantemente i primi due anni a suon di trenta, per trovare un lavoro. Mi

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