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Il volo del cuculo
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Il volo del cuculo

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Fantascienza - romanzo breve (62 pagine) - Un dono dalle stelle trasformato in arma dagli uomini

I Manaef scesero sulla Terra e resero gravide almeno centomila donne senza rapporti sessuali, prima di andare via. Quelle donne furono maltrattate, isolate, nessuno credeva loro e lo stesso successe ai loro figli, i Cuculo, simili agli alieni, diversi, da emarginare. Cosa sono questi esseri che vivono tra noi? Cosa vogliono? Si espanderanno? Prenderanno la nostra Terra?
Si devono difendere, i Cuculo, devono creare un’associazione che li protegga. Angelo Musaio è il loro presidente ed è sfuggito a un attentato come mai nessuno aveva fatto prima, nessun essere umano, almeno.
I Cuculo stanno crescendo, stanno cambiando, nemmeno loro sanno come o che cosa accadrà alla fine del cambiamento. La paura è tanta, e la rabbia è l’antidoto più antico che si conosca per sconfiggerla, qui sulla Terra così come in qualsiasi parte dell’Universo.

Lorenzo Iacobellis vive a Bari. Attualmente in pensione, ha lavorato nel settore della riabilitazione psichiatrica dei malati di mente. Scrive i suoi primi racconti oltre quattro decenni orsono, pubblicando su Galassia, Nova SF* e altre riviste, professionali e amatoriali (tra queste ultime si  ricorda la mitica The Time Machine di Padova). Nel 1981 vince il premio Tolkien con il racconto Mondo incompleto e collabora con le pubblicazioni dell’editore Solfanelli. Collabora per una decina di anni con il quotidiano di Bari La Gazzetta del Mezzogiorno, con articoli di attualità e cultura e numerosi racconti. Dopo il ‘90 abbandona quasi completamente le collaborazioni letterarie e giornalistiche fino a quando, su richiesta di un racconto da parte di Gianfranco De Turris ricomincia a interessarsi alla realtà fantascientifica. Negli ultimi anni ha pubblicato parecchi racconti su Elara ed è apparso anche su Fantascienza.com, in una rubrica curata da Vittorio Catani, in cui si ripubblicavano racconti di autori italiani storici. Insomma, un’autentica certificazione di antichità!
LanguageItaliano
PublisherDelos Digital
Release dateMay 4, 2021
ISBN9788825416152
Il volo del cuculo

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    Il volo del cuculo - Lorenzo Iacobellis

    9788825408379

    1.

    Angelo Musaio era furibondo.

    Era la quarta volta in due mesi che veniva convocato alla Sezione Stranieri Irregolari.

    Nonostante le sue proteste, nonostante gli esposti alla magistratura, quelli della S.S.I. lo tallonavano senza tregua.

    Eppure c’erano montagne di documenti e di testimoni in carne ed ossa che potevano dimostrare che lui era cittadino euro-italiano fin dalla nascita e per niente irregolare. Semmai irregolari, anzi illegali erano le pratiche persecutorie messe in atto dalla Sezione ai suoi danni.

    Quella mattina era stato tentato di ignorare la convocazione ma gli avvocati dell’Associazione lo avevano sconsigliato. Fosse stato un comune cittadino, poteva comportarsi come gli pareva, a suo personale ed esclusivo rischio e pericolo. Ma lui era Presidente dell’Associazione Uguali Doveri Uguali Diritti. Non poteva permettersi di ignorare la formale convocazione di un’istituzione statale e adottare comportamenti che potevano essere tacciati di disobbedienza civile o addirittura di eversione. Non nel clima sociale e politico che stavano attraversando.

    Raggiunse in macchina, da solo, la sede della S.S.I.

    Era uno sporco palazzone di plastica e di vetro, alto una decina di piani. A quegli uffici facevano capo tutte le procedure e le pratiche inerenti l’immigrazione, sia regolare che clandestina.

    Superò l’ampio portone spalancato e prese a salire le scale. Evitò l’ascensore. Voleva ancora qualche minuto per sé, prima del molesto incontro che lo attendeva.

    Ormai sapeva dove doveva andare. Quarto piano, stanza ventuno, dottor Gaetano Oscuro.

    Salì fino al quarto piano e affrontò il lungo corridoio, alla cui estremità si trovava la stanza ventuno.

    Si sentiva la gola secca. L’irritazione e l’ansia gli disidratavano le bocca.

    Percepiva su di sé gli sguardi delle persone che incrociava nel lungo corridoio.

    Dipendenti della S.S.I., ma anche semplici cittadini o immigrati, che erano lì per sbrigare le loro pratiche, tutti gli lanciavano sguardi malevoli, astiosi, in qualche caso ferocemente ostili.

    Notò che al suo avanzare la gente si scostava, aprendogli un passaggio che significava distanza e rifiuto.

    Vide un distributore di bevande all’angolo del corridoio. Decise di farsi un caffé.

    Individuò nella tasca una moneta e si avvicinò alla macchina.

    – Signore! – disse una voce irritata alle sue spalle.

    Musaio si girò, con la moneta ancora tra il pollice e l’indice.

    Era uno dei custodi. Costoro, seduti dietro piccole scrivanie, erano piazzati in quattro lungo lo sterminato corridoio. Avevano il compito di dirigere il traffico dei clienti, ma Musaio li aveva visti parecchie volte impegnarsi con durezza anche per mantenere l’ordine. Accadeva spesso che certi immigrati, esasperati da lungaggini burocratiche o da veri e propri soprusi si abbandonassero ad atti di violenza verbale e fisica.

    – Mi scusi, ma l’uso del distributore è riservato ai dipendenti. Non è consentito al pubblico. – disse l’uomo, con fare aggressivo.

    Mentiva. Musaio ne era sicuro. L’avrebbe volentieri preso a cazzotti.

    Era indeciso sul da farsi. Poi vide che un altro custode si stava avvicinando a passi veloci, chiaramente intenzionato a dare manforte al collega.

    Assentì con rabbia e si rimise la moneta in tasca.

    Il volto incupito, riprese la sua marcia verso la stanza ventuno.

    Alle sue spalle, sentì che l’uomo che lo aveva bloccato diceva all’altro custode che lo aveva appena raggiunto:– Sporco cuculo! Voleva mettere le mani sulla nostra macchinetta del caffé.

    – Ho visto, ho visto. – disse l’altro. – Avesse reagito…

    Musaio fece uno sforzo per mantenersi calmo. Si concentrò sull’incontro che lo attendeva.

    Conosceva il dottor Oscuro da almeno una decina di anni. Ormai era sicuro che quell’uomo non fosse un funzionario civile, ma un ufficiale di qualche Servizio Segreto. Controspionaggio, Affari riservati o qualcos’altro con analoga denominazione.

    Dalle informazioni che lui stesso e i suoi associati faticosamente avevano messo insieme negli anni risultava che il dottor Oscuro non si occupava degli immigrati in generale, ma solo di un certo tipo di persone: gli iscritti all’associazione di cui lui era Presidente.

    Raggiunse la sua destinazione. La porta della stanza era spalancata.

    Il dottor Oscuro era seduto dietro la scrivania.

    Lo vide e gli fece cenno di entrare.

    – Si accomodi, Presidente. – disse. – La stavo aspettando. A quanto pare, brutte novità in vista. Entri e chiuda la porta.

    Gli indicò la sedia di fronte a lui dall’altra parte della scrivania.

    Quell’esordio non piacque affatto a Musaio.

    Il dottor Oscuro era un soggetto dal fisico imponente e piuttosto florido. Aveva capelli nerissimi, sicuramente tinti, e un neo sullo zigomo destro. Quando parlava sembrava che partorisse ogni singola parola.

    – Così, Presidente – disse il dottor Oscuro. – come era prevedibile, piano piano, dalle parole siamo passati ai fatti. Fatti dirompenti ovvero attentati esplosivi. E se quando è esplosa la bomba si fossero trovati a passare per strada persone innocenti? Che so, donne e bambini?

    Musaio si sentì rimescolare dentro. I suoi peggiori timori si stavano realizzando. Come avevano fatto a mettere in rapporto l’attentato con la sua persona?

    Sapeva che era inutile, ma fece finta di non aver capito dove volesse andare a parare il dottor Oscuro.

    – Attentato? Ma di cosa parla? L’associazione, di cui mi onoro di essere Presidente – disse, simulando una paziente indignazione. – si ispira inderogabilmente agli ideali della non violenza e della tolleranza umana.

    – L’associazione, forse. – ridacchiò offensivo il funzionario. – Ma quelli che hanno messo la bomba al suo Presidente, no di certo. Sarebbe stato un vero peccato morire così giovane.

    Tacque.

    – Ah, a proposito. Mi ricorda quanti anni ha?

    – Ventisette. Lo sa benissimo. – disse a denti stretti Musaio, sempre più irritato. – Ventisette!

    – Già, è vero. Dimentico sempre. Voi… voi dell’Associazione Uguali Doveri Uguali Diritti avete tutti ventisette anni.

    Appoggiò i gomiti sulla scrivania, congiunse le mani e tacque per qualche attimo.

    – Mi può dire, signor Musaio, perché non ha denunciato alle Forze dell’ordine di essere stato oggetto di un attentato? Un cittadino normale correrebbe a denunciare un fatto del genere. Ripeto, lei è stato vittima non di una semplice aggressione verbale o fisica, ma di un

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