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Il tocco della notte. Il rito
Il tocco della notte. Il rito
Il tocco della notte. Il rito
Ebook357 pages4 hours

Il tocco della notte. Il rito

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About this ebook

Celeste, per tutti Ste, sembra una sedicenne come tante altre: la scuola, gli amici, qualche ragazzo carino intorno, un carattere estroverso per nascondere le insicurezze, la difficoltà di crescere solo con la sua mamma, tanti dubbi sul futuro e la paura di non fare le scelte giuste.
Ma come tutte le altre non è, perché Celeste è una strega.
Celate agli occhi dei normali, nel nostro mondo si muovono un gran numero di esseri magici, creature della luce e della notte, ognuna con proprie caratteristiche. Streghe, fate, vampiri, mannari, tanti altri, e poi i cacciatori, destinati a salvaguardare con le buone o con le cattive il fragile equilibrio tra le razze.
In mezzo agli ordinari pensieri di adolescente qualsiasi, Ste si trova a dover fare i conti con la propria natura e con i poteri ancora da sviluppare che essa le dà, nonché con la storia segreta della propria famiglia, che scopre essere coinvolta in un misterioso e complicato progetto riguardante le relazioni tra le diverse fazioni magiche.
È l’inizio di un’avventura dalle mille sfaccettature, che la porterà a scoprire verità sorprendenti, conoscere nuovi amici molto particolari, affrontare situazioni spericolate. Ma soprattutto intraprenderà un viaggio alla ricerca di se stessa e della chiarezza dei propri desideri, per capire quali siano davvero le sue aspirazioni e che cosa può invece lasciarsi alle spalle.
Una storia fantasy vibrante di scoperta, di amicizia e di magia.
LanguageItaliano
Release dateMay 10, 2021
ISBN9788832928730
Il tocco della notte. Il rito

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    Il tocco della notte. Il rito - Jessica Bellina

    possibile!

    1

    Celeste! Dove credi di andare? chiese Caterina a sua figlia.

    Ste era quasi riuscita a farcela. Per una volta era entrata in casa normalmente, usando il paio di chiavi che perdeva un paio di volte al mese.

    A dormire, rispose lei sbattendo la porta. È tardi, domani c’è la scuola.

    Mi fa piacere che te lo ricordi.

    Visto? Sono una figlia modello. Ora vado. La ragazza era pronta a correre verso la sua stanza.

    E visto che io sono la madre modello, vorrei sapere dove sei stata fino all’una di notte.

    Un po’ qua, un po’ là, rispose vagamente la ragazza. A una festa.

    Che tipo di festa?

    Mamma! Non mi dirai che certe cose non le hai fatte. Eri peggio di me alla mia età.

    Credi che non possa arrivare a ciò che voglio sapere? chiese Caterina con un sorriso sornione.

    È ciò che spero.

    Un mese di punizione, tesoro, e ne riparliamo domani.

    La ragazza si arrese scuotendo la testa e avviandosi verso la sua camera. Lì si gettò direttamente sul letto e iniziò a guardare il soffitto rigirandosi fra le dita il ciondolo con la lettera E. La E di Emiliano: era stato il suo ragazzo fino a qualche tempo prima. Prima della promessa, prima di stare male.

    Ste era sempre stata una persona razionale, forse un po’ strana, introversa magari, ma razionale, era una sua grande dote.

    Emiliano aveva un anno in più di lei, era giovane, era bello, non il più bello in assoluto, ma era dotato di un certo fascino nel suo sguardo serio che non faceva trasparire i suoi veri sentimenti, di cui solo lei era riuscita a venire a conoscenza. Ma con lui ormai era tutto finito.

    Con un gesto della mano, Ste fece partire una canzone che le aveva dedicato Emiliano.

    Non ce la faremo mai, si disse la ragazza coprendosi gli occhi con il braccio piegato, cercavamo cose troppo grandi e abbiamo pagato un prezzo troppo alto. Nemmeno terminato quel pensiero, si addormentò.

    Svegliati, o farai tardi a scuola! gridò Caterina irrompendo nella stanza della ragazza, allegra come solo lei poteva esserlo al mattino. Ancora a letto? si lamentò quando la vide che si muoveva pigramente sotto le coperte. Forza! esclamò andandole vicino e togliendole il cuscino da sotto la testa. È una bellissima giornata, e aprì la finestra facendo entrare nella stanza un soffio di aria fresca che fece rabbrividire Ste.

    Va bene, mi alzo, basta che te ne vai, si lamentò la ragazza, ancora con gli occhi chiusi.

    In effetti, le sveglie al mattino non erano proprio una cosa che Ste amava. Le ci volevano sempre diversi minuti prima di essere pronta ad alzarsi, ma in quella giornata non li aveva. Alla fine, riuscì a buttarsi fuori dal letto, e senza staccare mai i piedi da terra andò verso l’armadio per prendersi dei vestiti, poi andò in bagno e aprì l’acqua della doccia.

    Tesoro, non c’è tempo! esclamò la madre fuori dalla porta. Lei fece finta di nulla, accese la radio e iniziò a cantare. Un pari madre e figlia: forse la giornata iniziava a volgere al meglio.

    Dopo la doccia la ragazza andò a fare colazione. In cucina Caterina stava sfogliando certe carte per l’ufficio mentre sorseggiava il caffè.

    Direi che non ti è andata bene ieri sera, esordì.

    Perché?

    Se la festa fosse andata bene, ora ti staresti lamentando per il mal di testa, invece non sento nulla.

    La ragazza abbassò il braccio che teneva pane e marmellata e guardò la madre. Oh, che male, ahia, disse senza il minimo entusiasmo, poi tornò a mangiare e a guardare verso la televisione, in attesa delle notizie del telegiornale e ovviamente dell’oroscopo.

    Lo sai che mi puoi parlare di tutto, insisté Caterina, senza ottenere risposta. Okay, ho capito. Se hai bisogno di qualche cosa, io sono qui. Lo so che Emi ti manca, lo so che non è più lo stesso per te stare con i tuoi amici.

    La ragazza sentì gli occhi bruciarle e in più arrossì. Guardò per un attimo la madre rivolgendole un debole sorriso, poi tornò a guardare la televisione. Ecco che arrivavano le previsioni per la sua giornata.

    Non mi dirai che credi a quelle cose? chiese Caterina.

    Ovviamente.

    Non credi che un grande bacio portafortuna da parte della tua mamma ti possa aiutare di più? chiese facendo un sorriso sincero.

    No.

    Allora datti alla divinazione che è meglio, concluse la madre alzandosi da tavola risentita.

    Troppo impegno.

    Che sfaticata sei.

    Sono tua figlia, ribatté la ragazza, iniziando a mettere a posto il tavolo.

    Ma io ti ho fatta bene, non è colpa mia se ora sei così!

    Finalmente Celeste sorrise, anche se si era ripromessa di non farlo per non dare soddisfazione alla madre.

    La giacca nera è mia, disse Caterina.

    Scordatelo, l’ho pagata io con i miei soldi, rispose l’altra, rimarcando la parola miei.

    Ma tu non devi prendere freddo, metti il piumino… E va bene, è tua, si arrese subito la donna. Effettivamente madre e figlia si scambiavano spesso i vestiti, Caterina aveva avuto sua figlia a poco più di vent’anni, era ancora molto giovane e dotata di un bel fisico, del resto come Ste.

    Le due sembravano sorelle, ma Caterina ci teneva a sottolineare che Celeste era sua figlia, la sua bella e diligente figlia.

    Dopo il piccolo dibattito sui vestiti uscirono. Pochi minuti dopo, Caterina salutò Ste lasciandola a poca distanza dall’ingresso della scuola, avviandosi al lavoro.

    Smettetela di salutare mia madre, disse Ste stizzita ai suoi due amici, Simo e Dan. Non crederete di avere qualche possibilità con lei, vero?

    La scorsa settimana ha detto che siamo due bravi ragazzi, disse Simo.

    Due bei bravi ragazzi, volle precisare Dan.

    Deve essere perché non vi conosce, rise lei. Bravi ragazzi, e poi belli? commentò iniziando a guardarli dall’alto al basso. Non avrà avuto le lenti a contatto, glielo renderò presente.

    Certo che sei proprio acida al mattino, brontolò Dan.

    Ma sempre bella, esclamò lei senza falsa modestia.

    E per essersi svegliata da poco, è di buon umore, rise Simo.

    Ammettilo, per te siamo come due raggi di sole che annunciano l’arrivo del bel tempo dopo il temporale, proclamò Dan con tono ironicamente solenne.

    Come mai così allegri di primo mattino? Avete bevuto di nuovo prima di scuola? chiese Alessandro arrivando sulla scena. Avevamo detto che la smettevamo. Solo a pensarci mi sento ancora male.

    Immagino che tu stia cercando un altro modo per dimenticare i tuoi problemi, vero? domandò Ste.

    Se hai qualche suggerimento, lo terrò presente. Che volete, non è colpa mia se sono un uomo pieno di tormenti esistenziali, spiegò accendendosi una sigaretta dal pacchetto che aveva preso dalla tasca.

    Ma che uomo e uomo! esclamò Veronica avvicinandosi ridendo. Sei a dir tanto un ragazzino! Squadrò Alessandro da capo a piedi e poi si mise a ridere di nuovo. Ma proprio ino, precisò, non sei grande in tutto.

    Davvero, Ale? domandò Ste maliziosamente all’amico. Ma che delusione.

    Ma chi le ha chiamate queste? chiese Ale agli altri ragazzi.

    Noi andiamo dentro, disse Veronica continuando a ridere. Celeste, col suo sorriso sornione stampato in faccia, non si mosse. Piantala, Ste! esclamò verso l’amica. Ti assicuro che non c’è proprio niente. Poi la prese sottobraccio e insieme andarono verso la scuola.

    E dai, per una volta che potevamo divertirci a prenderlo in giro! A me capita spesso, ma potevamo comunque divertirci ancora un po’, si lamentò Ste.

    Non fa niente, piuttosto ora ascoltami, ho una notizia magnifica, esclamò Veronica entusiasta.

    Fammi indovinare, c’è una festa, tu hai trovato due ragazzi e noi dobbiamo andare con loro? domandò Ste annoiata. No, lascia stare, lo sai che non sono di compagnia e che non voglio nessuno, concluse a bassa voce.

    Lo so, disse Veronica dandole una carezza sulla spalla, ma per una volta non è nulla di tutto ciò. Lui ti manca, vero? Vedrai che troverai qualcun altro.

    Ste sospirò, non voleva qualcun altro.

    Però la parte della festa, in fondo… sospirò facendo un lieve sorriso. Aveva bisogno di rilassarsi almeno per un po’.

    Ne farò una a casa mia, nessun problema, disse Veronica con entusiasmo. Tu lo sai vero che sono una strega straordinaria, magnifica e fantastica, giusto?

    Se tu sei quella che una settimana fa stava per bruciarci tutti vivi, no, non lo so.

    Sono incidenti di percorso che capitano anche ai migliori, replicò Veronica senza dare troppa importanza a quelle parole. Si dà il caso che proprio grazie a quel piccolo intoppo abbia scoperto un paio di cose molto utili.

    La prossima volta ci arrostirai meglio?

    Vuoi essere seria per un attimo, per favore? Ogni tanto ne faccio una giusta anch’io.

    Capita, dovette ammettere Ste. Dai, dimmi.

    Ieri sera, quando stavo tornando a casa, ho trovato Ettore per strada. Era insieme ad altra gente del suo gruppo.

    Quell’Ettore? domandò Ste allarmandosi. Ma sei pazza? E te ne sei andata, vero? Stai bene? iniziò a chiedere freneticamente, squadrando l’amica dalla testa ai piedi.

    Ma sì, sono qui tutta intera, rispose Veronica. In quel momento la campanella suonò. La ragazza prese di nuovo a braccetto la sua amica, iniziando a camminare senza troppa fretta per il corridoio. Ho solo ascoltato i suoi discorsi, spiegò.

    Sei pazza, ribadì Ste. Se ti avessero vista? Hai idea di cosa sarebbe potuto accadere? Non sei per nulla prudente, Vero! Tu lo sai come potrebbe finire. È un miracolo che noi cinque siamo ancora insieme, cerca di non rovinare tutto!

    L’ho fatto per il nostro gruppo, disse Vero. Sono venuta a conoscenza di un paio di cose interessanti. Ho ascoltato fino a quando Ettore e gli altri non si sono allontanati. La novità è che sta arrivando qualcun altro ad aiutarli.

    Come qualcun altro? chiese Ste a bocca aperta. Come se il gruppo di Ettore non fosse già abbastanza numeroso.

    Non dirlo a me. Trovarsi sempre in mezzo ad almeno dieci di loro non è una bella cosa. Ma per ora ha chiamato solamente due persone.

    E che se ne fa?

    Non lo so, ma chiunque siano devono essere veramente forti.

    Non sai chi sono? Ste era visibilmente preoccupata.

    Non sono riuscita a sentirlo.

    E per te questa è una notizia magnifica? domandò la ragazza con un tono cupo.

    Sì, perché l’ho scoperta io ed è molto utile, rispose Vero dandole un bacio sulla guancia.

    Cosa ci fai qui, Ste? chiese un professore affacciandosi dalla porta di un’aula. La tua classe è dall’altra parte della scuola.

    Sono venuta a salutarla, sapevo che lei era qui, rispose la ragazza con un finto sorriso. Dopodiché salutò sbrigativamente la sua amica, scambiando con lei un bacio sulla guancia, e si avviò dall’altra parte della scuola, senza passare inosservata per i corridoi, fino a irrompere nella sua classe. Lì nessuno arrivava mai in ritardo, tranne lei, che invece lo faceva sempre. Buongiorno! salutò con entusiasmo dopo aver spalancato la porta.

    La professoressa alzò lo sguardo dal registro e guardò la ragazza senza dire nulla.

    Scusi il ritardo, prof, cercò di giustificarsi con un sorriso lei.

    Vedo che sei di buonumore, notò serenamente l’insegnante.

    Sono sicura che sarà un’ottima giornata, disse la ragazza.

    Anche per le interrogazioni?

    Ecco, quelle rischierebbero di rovinare tutto il resto. Non è che ha intenzione di interrogarmi, vero? chiosò con uno sguardo di supplica.

    Fu la professoressa a sorridere. Vai a sederti, consigliò bonaria.

    Il banco di Ste era sulla terza fila, accanto alla finestra, così lei poteva guardare fuori la gente che passava, cercando soprattutto di scorgere Emi, che usciva sempre prima di lei e la aspettava giusto sotto alle finestre.

    Lo farei volentieri, ma il mio posto è occupato, rispose Ste interdetta.

    Giusto. Allora vieni qui in prima fila, concluse la prof prima di tornare al suo registro.

    Ste sgranò gli occhi e fece un sospiro: non era mai stata in prima fila e se lo sarebbe risparmiato volentieri. Guardò il banco, almeno non era distante alla finestra. La compagna seduta al posto vicino le fece un cenno con la testa. Ste diede un ultimo sguardo al suo vecchio posto, e poi al suo compagno abituale, Roberto, che le fece un sorriso divertito nel vederla lassù in prima fila.

    Ti picchierò lo stesso, mormorò verso di lui.

    Mi mancherai, ribatté lui salutandola con la mano.

    Ovvio che ti mancherò. Ste si sedette, sistemò le sue cose e si guardò attorno. La finestra non era poi così lontana. Non era lo stesso, ma poteva andare bene comunque. Si può sapere chi è quel tipo che mi ha preso il posto? chiese stizzita a Margherita, la nuova compagna di banco.

    È quello nuovo, è da una settimana che ne parliamo.

    E perché io non ne so niente?

    Perché in questi ultimi giorni tu sei stata assente.

    Ah, già, ricordò lei. Però ho saltato solo pochi giorni, mica un mese, potevate dirmelo.

    Roberto voleva vedere la tua reazione e farti finire in prima fila, spiegò Margherita.

    La vedrà la mia reazione, brontolò Ste, minacciosa.

    Lui si chiama Riccardo. Bello, eh?

    Sinceramente ho sentito nomi migliori.

    E dai, Ste, non il nome, lui! esclamò Margherita, lanciando una veloce occhiata indietro.

    Allora anche lei si voltò e guardò indietro: il ragazzo che aveva occupato il suo posto era appoggiato con la schiena alla sedia, sembrava alto, aveva i capelli castani pettinati in avanti che ricadevano sugli occhi blu e splendenti. Ste poté osservare poi un bel fisico che veniva valorizzato dalla maglietta aderente che il ragazzo indossava, e uno sguardo serio e un po’ triste. Nonostante osservasse la professoressa, sembrava trovarsi in un altro mondo.

    Allora? Mica male! esclamò Margherita eccitata.

    No, borbottò Ste. Dopodiché si voltò verso la cattedra, e sbirciando fuori dalla finestra si preparò a sopportare la lezione.

    2

    I dieci ragazzi erano uniti da sempre, anche se erano persone molto diverse, che in una situazione normale non si sarebbero mai avvicinate le une alle altre. Erano state le loro famiglie, che si conoscevano da tempo, a fare sì che ciò accadesse.

    Erano quattro ragazze e sei ragazzi. I loro nomi erano Alessandro, Daniele, Simone, Emiliano, Celeste, Veronica, Ettore, Valeria, Michael e Giuditta. Erano un bel gruppo, in cui proprio le reciproche diversità facevano apparire ognuno straordinario.

    Quando tutto ebbe inizio, i più giovani avevano quattordici anni, i più grandi diciassette. In genere una strega sviluppava i suoi poteri nell’adolescenza, e tutti i ragazzi erano in quel periodo. In quel momento di grandi cambiamenti fisici e caratteriali, anche il rapporto con la magia poteva mutare, secondo le idee, i sentimenti e le relazioni di ciascuno.

    C’è una cosa che devo proprio ammettere: tu e la magia non andate d’accordo, disse Simo a Ettore.

    Quel giorno d’estate si trovavano tutti insieme da Veronica, lei aveva una grande casa in campagna, con un bel parco attorno, in cui stavano tutti comodamente.

    Sulle rive del fiume, tutti si divertivano a fare il bagno e a prendere il sole, o meglio, tutti tranne Ste. Gli altri entravano e uscivano all’acqua, in costume, esibendo il loro fisico risplendente di gioventù; ma Ste era ancora piccola, e non voleva togliersi la camicia e i jeans, oltre al cappello con la visiera che teneva ben schiacciato sul viso.

    Che cosa vorresti dire? domandò Ettore offeso, fronteggiando Simo. Loro due erano i più grandi del gruppo.

    Ti fai superare anche da Michael, che è il più piccolo! Andiamo, datti un po’ da fare, no?

    Non mi starai mica dando dell’incapace?

    Meglio di no, col caratterino che hai…

    Io sono forte, e tu lo sai, disse Ettore deciso.

    Io sì, ma tu no, replicò Simo facendosi improvvisamente serio. Tu non sai di quale forza sei dotato, usi la tua magia solo per fare idiozie e divertirti. Non si fa così. I tuoi poteri potrebbero consumarti, e tu lo sai.

    Lascia che io usi la mia magia come voglio, disse Ettore, facendosi molto vicino all’altro. I due avevano circa la stessa altezza e lo stesso fisico magro e slanciato. La differenza più evidente era che Simo aveva i capelli corti e biondi, mentre Ettore aveva dei ricci mori che gli cadevano sul viso, e se non si fosse costantemente impegnato per sembrare insopportabile, avrebbe potuto esibire un vero e proprio viso da angelo.

    Certo, è roba tua. Però dal momento che siamo un gruppo, ti volevo dare un consiglio, nient’altro, si arrese Simo.

    Vedrai che il modo migliore di usare la mia magia lo scoprirò presto.

    Un piano di conquista per il mondo? domandò sarcasticamente Simo.

    Smettila, idiota! Ettore gli dette una spinta, quello reagì subito allo stesso modo e così i due iniziarono ad azzuffarsi.

    Emiliano allora uscì dall’acqua e con la magia li separò, mandando uno da una parte e uno dall’altra.

    Se volevate attirare la nostra attenzione ci siete riusciti, commentò.

    Volevamo attirare quella delle ragazze, precisò Simo.

    Anche, punzecchiò Valeria. E tu dove vai? chiese a Emiliano vedendolo allontanarsi.

    Lui non rispose, semplicemente si staccò dal gruppetto e raggiunse Ste, che se ne stava per conto suo.

    Che cosa ci fai qui? gli chiese lei. Torna con gli altri.

    Cosa ci fai tu, replicò lui, andando a sedersi accanto a lei. Si passò una mano sui capelli per far gocciolare via l’acqua, poi guardò a terra, con gli occhi vuoti e tristi come al solito, quegli occhi da cui Ste era parecchio incuriosita.

    Io non posso stare al sole, lo sai, sottolineò. Il ragazzo si voltò a guardarla negli occhi, facendola arrossire. Ste aveva sempre avuto problemi con il sole, ogni volta che ci si esponeva si rovinava la pelle. Questo la faceva sentire molto a disagio, e quando il gruppo di amici passava le giornate al fiume, lei se ne stava tutto il tempo immobile nel suo solito angolino all’ombra. Dai, torna dagli altri, che ci fai qui, disse.

    Non vuoi che io stia con te?

    Sì, ma tu adori l’acqua, lo so.

    Lui la guardò, restando in silenzio.

    So molte cose di te, aggiunse lei.

    Mi spii?

    Ti osservo, è diverso.

    E perché mi osservi?

    Sei diverso dagli altri. Non parli, ma credo che tu abbia tante cose da dire.

    E se non fosse?

    Ma è così, ti si legge negli occhi.

    Il ragazzo rimase di nuovo in silenzio a fissare negli occhi Ste.

    Sei imbarazzato, sorrise lei.

    Non è vero.

    Sei arrossito.

    Mi piace parlare con te, disse lui guardando verso il fiume gli altri che si divertivano rumorosamente.

    Noi non abbiamo mai parlato sul serio, al più ci siamo scambiati qualche parola.

    È capitato che parlassimo. Anche qualche settimana fa, abbiamo parlato di scuola.

    Ah, commentò lei, ma quello era uno scambio di idee, non un discorso. Beh, uno scambio… Io ero arrabbiata per quell’insufficiente. E tu come mai te lo ricordi? domandò.

    Il ragazzo socchiuse gli occhi, lo scintillio della luce sull’acqua lo accecava. Si girò verso Celeste, poi abbassò lo sguardo, osservando le sue labbra come se non le avesse mai viste. Dopodiché si sporse su di lei e le diede un piccolo bacio.

    Perché mi piace stare con te, rispose lui semplicemente. Anche con loro, certo, ma tu sei diversa.

    Cosa hai fatto? chiese la ragazza rimanendo bloccata con gli occhi aperti.

    Era un bacio, le spiegò lui, un metodo per dimostrare il proprio affetto.

    Lo so cos’è un bacio! replicò lei offesa. Mi domando se lo fai con tutte, disse dopo un po’.

    No, era la prima volta.

    Non è vero.

    Era troppo carino perché fosse vero, si disse Ste. Emiliano era sempre stato bello, soprattutto per via del suo sguardo. Lei invece era semplicemente Celeste, e non era di certo al livello delle sue amiche, tutte più belle di lei.

    Come faccio a farmi credere?

    Sorprendimi, sospirò la ragazza. Caspita, quello era stato il suo primo bacio e non se ne era nemmeno accorta! Così Emiliano si avvicinò di nuovo e la baciò ancora, un po’ impacciato ma con più trasporto. Okay, mi hai sorpresa, si arrese.

    Parliamo un po’? le chiese prendendole la mano.

    E parlarono, eccome se parlarono. Passarono tutto quel pomeriggio a chiacchierare, seduti all’ombra lì in disparte. Stavano ancora parlando quando gli altri quasi al tramonto cominciarono a raccogliere le loro cose preparandosi a lasciare il fiume.

    Non starete mica insieme? chiese Dan, incuriosito dalla loro prolungata vicinanza.

    Non ti deve interessare, replicò Emiliano, molto geloso dei fatti suoi. Comunque, quando lei vorrà, sì.

    Tutti esplosero in esclamazioni di sorpresa, e alcuni fecero dei commenti per prenderli amichevolmente in giro.

    Quello fu il giorno in cui tutto ebbe inizio.

    3

    Questa è una giornata magnifica! esclamò Vero a ricreazione. Si era precipitata davanti alla classe di Ste. E non appena la ragazza si fece vedere sulla porta, venne assalita dall’amica.

    È una giornata da schifo, disse invece Ste, contando le monetine per prendersi qualche cosa alle macchinette.

    Perché?

    Sono in prima fila, capisci? Prima! brontolò Ste indicando in direzione del suo posto.

    E come mai?

    Per quello, rispose semplicemente la ragazza, facendo un cenno verso il nuovo arrivato.

    Vero si affacciò dentro la classe per poter guardare il misterioso compagno, che era ancora seduto al suo posto. Quando tirò indietro la testa, il suo sorriso era ancora più accentuato. Che carino, ci hai parlato?

    No, e non voglio farlo, rispose Ste.

    Non è colpa sua se ti ha preso il posto, insisté Vero seguendo l’amica nel corridoio. E poi non hai notato qualche cosa?

    In lui? Sta molto sulle sue, così mi va molto bene, anzi è meglio per lui. Oh no, lo sapevo! si lamentò Ste quando vide la fila che si era creata davanti alle macchinette.

    Ci toccherà aspettare, commentò Vero.

    Non necessariamente, rispose Ste, iniziando a farsi largo in mezzo agli studenti. Scusate, disse a tutti quelli che la guardavano male. Ecco, ho trovato i soldi, spiegò a Roberto, il suo vecchio compagno di banco, ti ringrazio di avermi tenuto il posto. E si mise proprio davanti a lui, in cima alla fila.

    Almeno quelli li hai trovati. Peccato che tu abbia perso il tuo banco.

    Lo vuoi sapere cosa stai per perdere tu? Quella piccola cosa che ti dà un minimo di virilità.

    Mi piace quando sei così aggressiva!

    Non toccarmi, disse lei con espressione disgustata. Prese la sua cioccolata bollente dalla macchinetta e si sfilò dal nugolo di ragazzi in attesa. Grazie, disse a Roberto prima di andarsene.

    Tu non passi mai inosservata, ammise Vero, sconsolata.

    Perché, che ho fatto? domandò Ste senza capire. Prese una sorsata della sua bevanda, poi con un sorriso innocente offrì il bicchiere all’amica: Avanti, per addolcirti la vita.

    Venite fuori? Vi stiamo aspettando, disse Ale, passando accanto alle due ragazze.

    Chissà come vi siamo mancate, commentò Vero. Poi prese a braccetto Ste, rischiando di farle rovesciare la cioccolata, e la trascinò fuori, nel cortile. Ma qui fa freddo! esclamò appena venne presa da un colpo di vento gelido.

    Vestiti di più, rispose seccamente Dan.

    Ma se lo faccio poi non ti piaccio, ribatté Vero, andandogli accanto e aggrappandosi al suo braccio. Ascoltatemi tutti, ora vi devo dare una notizia!

    Ancora? chiese Ste. Roteò impaziente gli occhi e buttò giù un altro sorso alla sua cioccolata.

    Vero la guardò male, e subito si gettò a narrare con passione e con dovizia di particolari del suo recente incontro con Ettore e delle nuove informazioni che era riuscita a carpire.

    Andrà male se continui così, la biasimò Ste scuotendo la testa, e io non voglio che vada male.

    Anche io ti voglio bene! esclamò piccata lei, mettendole un braccio intorno alle spalle.

    Non è solo questo. Non scherzare, la ammonì Simo. Allora ci troviamo stasera, da te Vero?

    La ragazza fece cenno di sì. In quel momento suonò la campana, la prima a scappare fu proprio lei, seguirono poi Simo e Ale che si allontanarono lungo il corridoio in direzione opposta.

    Ste e Dan rimasero da soli. Lei continuò a bere la sua cioccolata lentamente, senza preoccuparsi del tempo, tanto anche alla fine della ricreazione rientrava sempre in ritardo.

    Non ti preoccupare, le disse Dan.

    Non ti preoccupare? ripeté lei, evidentemente nervosa. Come puoi dirlo? Si è avvicinata a Ettore! Lo ha fatto e sapeva di non doverlo fare. Sappiamo tutti che lo ha fatto apposta.

    Lo ha fatto per Giuditta, era una delle vostre migliori amiche.

    Di quattro ragazze che eravamo siamo rimaste solo noi due, due, lo capisci? Di dieci che eravamo siamo cinque. Ettore, Michael, Valeria, Giù, Emi: li abbiamo persi tutti, in un modo o nell’altro, e non voglio che tocchi ancora a qualcun altro. Ne dobbiamo uscire, Dan, disse tristemente.

    Ma potremmo farcela.

    Come potremmo non farcela. Tutti ci hanno consigliato di lasciare stare.

    E tu ascolti gli altri? Da quando in qua?

    Sì che li ascolto, replicò lei stizzita. Io non voglio che…

    Ma non succederà più niente a nessuno, la interruppe lui, mettendole

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