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Sacramento di sangue
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Sacramento di sangue

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Fantasy - racconto lungo (46 pagine) - Tradimento, vendetta e un patto senza ritorno. Il sigillo della morte infranto dal potere delle tenebre. Il sangue è vita.


Ha combattuto e ha ucciso. Si è umiliato e ha tradito. Lungo la strada per riprendere e tenere il trono di Valacchia, Vlad Draculesti, il voivoda dallo stemma di Drago, non ha esitato a versare sia il sangue dei secolari nemici turchi che il suo. Ma non è stato sufficiente.

Circondato da pretendenti dichiarati e boiardi ambiziosi, il principe dei Carpazi vacilla come una preda assalita dai lupi: non può fidarsi di nessuno. Così, quando la mano assassina di un traditore lo raggiunge persino all’interno delle sue stesse mura, Vlad comprende come l’unica via per ottenere il potere supremo sia lasciarsi marchiare dal sigillo dell’inferno. Una donna dagli occhi di demone sarà la sua guida ai misteri della non morte, una prigioniera nei cui occhi brillano fuochi antichi come i deserti dell’Asia.

Ambientato nei travagliati Balcani del XV secolo, dove Turchi, Valacchi e Ungheresi si spartiscono terre perennemente funestate dalla guerra, Sacramento di sangue ricostruisce l’ultimo atto della vita storica del voivoda Vlad, accompagnando il lettore oltre la soglia tenebrosa dove nasce il mito immortale del vampiro, tra atmosfere gotiche e orrori che giungono dalle grandi steppe.


Andrea Gualchierotti (Roma, 1978) vive e lavora in provincia di Roma.

Dopo la laurea in Sociologia ha conseguito il master in Marketing management, specializzandosi poi nella gestione dei Sistemi di Qualità.

Ispirato dai numi tutelari del Fantastico d’oltreoceano come R. E. Howard, H. P. Lovecraft e C. A.  Smith, ama miscelare nei suoi lavori il gusto per gli scenari esotici con il fascino dei misteri del mondo antico.

Per le Edizioni Il Ciliegio è autore, assieme a Lorenzo Camerini, dei due volumi della saga di Atlantide (Gli Eredi di Atlantide e Le guerre delle Piramidi), e in solitaria del romanzo di fantasia eroica mediterranea La stirpe di Herakles.

Ha pubblicato inoltre numerosi racconti e romanzi brevi a tema fantastico per altri editori, fra cui Watson Edizioni, Ailus, Delos Digital, Psiche & Aurora e Idrovolante Edizioni.

Recensisce novità e classici della letteratura fantasy sulla rivista Hyperborea, di cui è direttore editoriale e suoi contributi appaiono anche sul quadrimestrale Dimensione Cosmica, diretto da Gianfranco De Turris (Solfanelli), su Il Giornale OFF, LabParlamento e L’Intellettuale Dissidente.

È ospite abituale di presentazioni, fiere e convegni, tra cui Più Libri Più Liberi e il recente Fantastico Mediterraneo, presso la Biblioteca della Camera dei Deputati. Di lui hanno parlato la rubrica Achab Libri del Tg2 , il quotidiano Il Tempo, oltre a riviste e numerosi siti on line.

Quando non scrive, si dedica alle sue passioni per la numismatica, i viaggi e al mai dimenticato amore per i romanzi d’avventura.

LanguageItaliano
PublisherDelos Digital
Release dateApr 20, 2021
ISBN9788825415841
Sacramento di sangue

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    Sacramento di sangue - Andrea Gualchierotti

    d’avventura.

    Prologo I – La morte arriva dal Vuoto

    Il disco bianco della luna riempiva il cielo buio senza illuminarlo, simile all’occhieggiare cieco del volto di un annegato affiorante da acque nere.

    Leghe e leghe separavano Azadeh dal ventre vuoto della steppa, e ancor più lontani erano i picchi scabri degli Altai, dove fra le vette scolpite dai fulmini si udivano nella bufera le voci degli dèi.

    Le sue mani avevano raccolto il sangue delle vittime sacre sulle rive del Katun, il suo spirito aveva viaggiato coperto di pelli nei mondi inferiori celati sotto il Gobi, dove regnano i Maestri Velati. In questa vita come nelle altre, in quella forma come nelle altre.

    Anche ora, errante e in catene lungo il corso del Danubio, sapeva come il destino che l’aveva voluta prigioniera fosse solo un’altra tappa da consumare sulla via inesplicabile che sta in bilico fra il mondo dell’uomo e quello della notte.

    Senza fare rumore, i piedi nudi che calcavano l’erba, si allungò appena fuori dalla tenda dove giaceva assieme alle sue compagne dormienti, concubine di un uomo ignaro di amoreggiare con la morte. Placidi, i flutti del fiume procedevano verso il delta non lontano, simili nel loro incedere al fato ineluttabile che Azadeh sapeva di essere chiamata a compiere.

    Scrutò il buio, sollevando il mento e ponendosi in ascolto della notte, le caviglie incatenate che si incrociavano come quelle dei sapienti dell’Hindukush, o delle città sacre del Gange. Sì, senza che alcuno potesse udirlo fuorché lei, già il vento cantava il nome di colui che – senza saperlo – la attendeva. E lei gli andava incontro ridendo.

    Prologo II – Il calice dell’Eternità

    Il riverbero dorato del sole si spense sui calici abbandonati.

    Mossi appena dal soffio di un vento lieve come il sospiro di un moribondo, gli stendardi degli invitati al banchetto pendevano simili a sudari dalle pareti, le bifore del loggiato che vi disegnavano sopra intrecci di luce come tetri stemmi.

    Un uomo e una donna si affacciavano dal loggiato, le sagome scure stagliate contro il cielo illuminato di bagliori vermigli e rosati.

    – Le ombre si allungano, mio Drago! – esclamò la donna; l’ovale del viso era velato dalla caligine del vespro, ma Vlad poteva scorgere le labbra curvarsi in un sorriso: – Giunge l’ora dell’ultima coppa! Bevi, sigilla il battesimo che hai ricevuto nel sangue!

    Il voivoda non parve ascoltarla. Fece pochi passi, sporgendosi verso il cortile del palazzo.

    Lance e pale svettavano simili a macabri alberi, ciascuno carico del suo terribile frutto.

    Il nobile si soffermò per qualche minuto in contemplazione di quello scempio, per poi ritrarsi; né gemiti né rimorsi sembravano turbarlo: il festino dei corvi sarebbe iniziato presto.

    Finalmente pago di ciò che aveva visto, egli si riavvicinò invece alla compagna, accettando infine la coppa offertagli e portandosela alle labbra; nemmeno il vino caldo e speziato riusciva a coprire il gusto del sangue.

    Ingannato dai riflessi del tramonto, gli pareva che un’improvvisa cortina purpurea fosse discesa ad avvolgere non solo il paesaggio in lontananza, ma anche lui e la donna. La brezza della sera alitava su di loro come un sospiro d’oltretomba, e i volti dei boiardi impalati, le bocche grottescamente spalancate, assomigliavano ad antiche maschere funebri. Poi, mentre il liquido gli penetrava le viscere fino a straziarle, la sensazione sbiadì, sostituita dal fragore di una fiamma invisibile che pareva ardergli l’anima, e che sapeva non si sarebbe mai spenta.

    Agonia e fuoco, sangue e piacere: la dannazione del tiranno dei Carpazi era compiuta.

    I

    Nel sogno, sapeva di essere di nuovo prigioniero.

    Contro ogni consapevolezza – quella di essere tornato, e di aver ripreso la corona – la sua coscienza urlava il ritorno delle catene.

    Non importava che fossero passati anni, che i segni delle catene e dei ceppi fossero impalliditi fino a divenire invisibili ad occhi che non fossero i suoi. Adesso erano di nuovo lì, e pesavano, i polsi e il collo gravati come avviene per una bestia da soma.

    Anche al buio, sepolto dalle tonnellate di pietra che facevano da basamento alle prigioni della torre di Buda, il caldo lo tormentava tanto da costringerlo a giacere immobile sul pagliericcio infestato di cimici, il tanfo degli insetti e del suo corpo mescolati in maniera insopportabile.

    Chi l’aveva ricondotto laggiù?

    Come avviene negli incubi, nomi inesistenti apparivano alla sua mente, come fossero scolpiti nella roccia, per poi subito sparire dissolti da lame d’oblio che si alternavano a picchi d’angoscia.

    Udiva sillabe sparse trascinarsi nella lingua infame dei turchi, e sapeva che chiamavano il suo nome, mischiandosi al richiamo tradizionale in arabo dei muezzin, ossessionante nel proclamare la

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