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Melodia notturna: Harmony Collezione
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Melodia notturna: Harmony Collezione

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About this ebook

La voce di Joelle è la musica più armoniosa che Leo abbia mai sentito in vita sua.
Quando la vede su quel palco di New Orleans, il principe Leonardo Marciano Fortino va su tutte le furie. Nessuno gli aveva detto che Joelle Ducasse, sua promessa sposa, facesse la cantante in un nightclub, vestisse in modo tanto provocante e fosse capace di stregare il pubblico con la sua morbida voce. Leo, principe di un'isola del Mediterraneo molto legata alle proprie antiche tradizioni, si aspettava una ragazza semplice e timida; e soprattutto non credeva di potersi innamorare a prima vista di una donna tanto diversa. Il colpo di fulmine investe in pieno anche Joelle, che ancora non conosce l'identità di Leo. Non sapendo che l'uomo di cui si è innamorata è proprio quello che dovrà sposare, lei pensa di...
LanguageItaliano
Release dateApr 9, 2021
ISBN9788830527683
Melodia notturna: Harmony Collezione
Author

Jane Porter

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Melodia notturna - Jane Porter

    Copertina. «Melodia notturna» di Porter Jane

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Italian’s Virgin Princess

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2004 Jane Porter

    Traduzione di Sonia Indinimeo

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3052-768-3

    Frontespizio. «Melodia notturna» di Porter Jane

    Prologo

    Palazzo Ducasse, Porto, Melio.

    La principessa Joelle Ducasse posò la lettera sulla scrivania di suo nonno. Aveva inviato copie identiche di quella missiva alle sorelle, Nicolette nel Baraka e Chantal in Grecia.

    La raffinata busta color avorio con il sigillo dorato della casata, aveva un’aria sinistra. Sapeva che il nonno non avrebbe capito, ma non aveva scelta, pensò, ricacciando le lacrime.

    D’altra parte, lei non si capacitava del perché fosse così disperata all’idea di scappare da Melio e dalle luci della ribalta, sempre accese sul palazzo. Non aveva mai amato vivere sotto quei riflettori, ma da quando la nonna era morta il suo malessere era peggiorato.

    I media non le avrebbero mai permesso di superare il suo dolore in privato. L’avevano ripresa durante il funerale e avevano trasmesso mille volte l’immagine del suo viso segnato, distrutto, mentre seguiva il corteo funebre. Non le era consentito avere una vita privata. Nessuna possibilità di nascondere la sua angoscia e la sua confusione.

    La perdita della nonna aveva fatto riaffiorare un dolore devastante che credeva sepolto nel profondo. Il dolore per la perdita dei suoi genitori, morti diciotto anni prima.

    I titoli sui giornali... La scomparsa della regina Astrid sconvolge la giovane principessa, non avevano fatto che accrescere il suo turbamento.

    Alla fine era stata sopraffatta. Era come se in quegli ultimi sei mesi avesse smarrito sentimenti, speranza e coraggio.

    Doveva allontanarsi per ritrovare se stessa.

    Come poteva rivestire un ruolo pubblico se non sapeva chi era? Se non l’aveva mai saputo?

    Joelle sfiorò col dito la poltrona di cuoio. Le era tutto così familiare in quello studio, rifletté con un nodo in gola. Allungò la mano verso la busta, ma la ritrasse. Era straziata dal conflitto.

    Amava tanto il nonno. Amava Melio. Razionalmente sapeva che prima o poi avrebbe dovuto assumersi le sue responsabilità. Doveva sposarsi e stabilirsi a palazzo. Nic aveva sposato un sultano e aveva seguito suo marito. Chantal aveva sposato un imprenditore greco che non sarebbe mai potuto diventare re. Toccava a lei e lo sapeva, ma non poteva adempiere ai suoi doveri se prima non riusciva a fare ordine in se stessa.

    Aveva bisogno di una pausa, di spazio e soprattutto di privacy. Il palazzo era deserto e freddo senza la nonna. Prima o poi sarebbe riuscita ad accettare la sua morte, ma per farlo aveva bisogno di restare sola, lontano da tutti.

    Joelle lasciò la lettera dov’era.

    Mi dispiace, nonno. Perdonami.

    Sarebbe stata via solo un anno, non per sempre, pensò avviandosi alla porta.

    Sarebbe tornata, avrebbe sposato il principe Luigi Borgarde e avrebbe lasciato che la sua vita scorresse sui binari che erano già stati tracciati per lei.

    Ma per un anno, lontana dal protocollo, dagli agenti di sicurezza, dai giornalisti e da tutti quelli che erano convinti di conoscere la Principessa Ducasse senza conoscerla affatto, sarebbe stata solo Jo.

    1

    New Orleans, undici mesi dopo...

    «Un drink, signorina d’Ville?»

    La voce profonda e calma, abituata al comando, le fece scendere un leggero brivido lungo la schiena.

    Joelle si voltò riluttante. Sapeva che era lui.

    Lui!

    Quell’uomo era rimasto seduto in prima fila tutta la sera, fissandola. Il suo sguardo non l’aveva abbandonata un attimo mettendola in agitazione, tanto che in un paio di occasioni Joelle aveva fatto fatica a ricordare le parole della canzone. Di solito non vedeva il pubblico in sala. Le era sempre apparso come un oscuro mare di teste, ma quella sera era stata letteralmente calamitata dal viso serio che la fissava intento.

    «Qualcosa da bere?» ripeté Joelle, cercando di restare nel presente, nonostante i pensieri pazzeschi che le saettavano nella mente. Se avesse sposato un uomo, sarebbe stato proprio come quello. Forte e deciso.

    «Qualcosa da bere. Una bibita...» ribadì gentilmente lo sconosciuto, con un sorriso che non arrivò a scaldargli lo sguardo. I suoi occhi la scrutavano, la spogliavano, la possedevano. Erano lo specchio di un desiderio che strideva con l’atteggiamento educato e signorile.

    Joelle si strinse al fianco la custodia della chitarra. «Ho afferrato il concetto. Abbiamo le bibite anche in America» disse, tanto per chiarirgli che aveva capito di avere a che fare con uno straniero.

    Doveva essere italiano. Joelle si sentì vagamente allarmata. Quell’uomo non rappresentava una minaccia reale, ma era diverso da chiunque altro e lei ne era affascinata. Com’è bello!

    «Allora unisciti a me» le propose, indicandole un tavolo.

    Quel fare sicuro le urtò i nervi. «Ho... ho altri progetti!» Lavare, stirare, fare i bagagli... Doveva prepararsi per tornare a casa.

    «Cambiali!»

    C’era qualcosa di primitivo e selvaggio in lui che contrastava col taglio perfetto dell’abito, le scarpe di classe e l’aspetto curato nei minimi particolari.

    «Non posso.»

    L’espressione dell’uomo si indurì. «Devi farlo» affermò. «È importante» aggiunse, più dolcemente.

    Importante? Importante per chi?

    «Ti ha mandato qualcuno?» gli domandò sollevando il viso per guardarlo negli occhi. Fissandolo, provò ancora quello strano pizzicore sotto la pelle. Doveva essere più cauta.

    «No.»

    Qualcosa dentro di lei continuava a segnalare il pericolo. Non lo conosceva, vero? Joelle scosse la testa per allentare la tensione. Stava succedendo qualcosa!

    «Sono stanca. Sono stata sul palco per più di due ore» rispose senza riuscire a distogliere lo sguardo.

    «Lo so. Ero qui.» Esitò un attimo come se stesse valutando la prossima frase. «Sei molto brava.»

    Un dolce, piacevole brivido caldo le avvolse il corpo. «Grazie.» Era quasi indecente l’effetto che quell’uomo aveva su di lei.

    «Il mio tavolo è proprio qui» ripeté lui, indicando un tavolino ai piedi del palco. «Siediti un attimo.»

    «Io...» cominciò a protestare ma lui si stava già avvicinando al tavolino su cui brillava una candela rosso corallo. Scostò una sedia, invitandola con un ampio gesto del braccio.

    Chiamò il cameriere con un cenno della mano, ordinò una bottiglia di champagne poi tornò a guardarla con un’espressione soddisfatta.

    Arrogante, non puoi venire qui a dettar legge!, pensò lei infastidita, avvicinandosi, però, al tavolo. «Non intendo rimanere» gli comunicò.

    «Intanto sei qui!»

    Odiò la sua espressione sardonica. «Non dovevi ordinare lo champagne. È uno spreco di soldi.»

    «Sono solo soldi.»

    Pensò al suo regno, a quanto fosse pericolosamente prossimo alla bancarotta. Pensò alle sorelle che avevano fatto matrimoni d’interesse per salvare Melio. Pensò all’anno appena trascorso e ai due lavori che aveva dovuto accettare, per sbarcare il lunario. «È comunque uno spreco.»

    «Allora è meglio berlo.»

    Avvertiva il battito del proprio cuore, forte e sordo come le note del basso, poco prima. «Cosa vuoi?»

    La luce della candela danzava sul viso deciso dell’uomo. Una corda segreta vibrò in Joelle. Il suo corpo la stava tradendo. Le piaceva essere guardata così.

    Lui la studiò per un lungo momento.

    «Penso che la domanda sia, cosa vuoi tu, Josie d’Ville.»

    L’adrenalina fluì rapida nelle sue vene, mista alla paura, all’attrazione, all’inquietudine.

    «Cosa c’entro io?»

    «Ma certo che c’entri!» esclamò indicandole la sedia. «Ho fatto un sacco di strada per venire a vederti.» L’inflessione italiana della sua voce si accentuò. «Siediti, per favore.»

    Cosa voleva dire? Chi era veramente?

    La sognatrice che era in lei sperò che fosse un agente o, meglio ancora, un produttore discografico.

    O forse era una spia di palazzo. Uno di quegli uomini senza volto, di cui aveva avvertito la presenza durante tutta la sua permanenza in America.

    Era sicura che i suoi cognati non l’avrebbero mai lasciata senza protezione.

    Vinse la curiosità. Si sedette, appoggiò la custodia della chitarra sul pavimento accanto a lei e si sistemò una lunga ciocca di capelli che le ricadeva sul viso.

    Si sentiva strana ma forse era colpa dello stress.

    Il ritorno a casa, i suoi doveri, il matrimonio imminente con un principe che non aveva mai conosciuto... O forse era colpa di quell’uomo. Nel momento in cui aveva messo piede in sala, aveva percepito la sua presenza e quella percezione si era trasformata in un’incessante, scarica elettrica sottopelle.

    «Perché gli Stati Uniti?» le chiese, spezzando quel silenzio pesante.

    Il senso di disagio l’assalì di nuovo. Aveva detto Stati Uniti. Non New Orleans, ma Stati Uniti.

    «Cosa vuoi dire?»

    Lui si appoggiò allo schienale della sedia e incrociò le braccia al petto ma non sembrava rilassato.

    «Perché suoni, qui? Perché non a Nashville? New York? Los Angeles?» Corresse il tiro, come se si fosse accorto di aver commesso un errore.

    Joelle si rilassò un po’. Non essere paranoica, pensò. Non è una spia di palazzo. Non sa chi sei. «New Orleans è famosa per il blues e il jazz.»

    «Non ti piacerebbe suonare in Europa?»

    I nervi di Joelle si distesero del tutto. Europa! Il suo mondo, il suo regno... Le due piccole, incantevoli isole tuffate nel Mediterraneo... «New Orleans è casa mia.»

    «Sei nata qui?»

    «Mia madre è nata qui.» Qui vicino, aggiunse in silenzio, fedele al personaggio che si era costruita. Undici mesi prima era arrivata a New Orleans in incognito. Si era scurita i capelli, portava occhiali neri anche di sera e si era sforzata di imitare l’accento del sud. La principessa Joelle era definitivamente scomparsa.

    Josie d’Ville aveva preso il suo posto.

    «Anche tua madre si chiama d’Ville?»

    Che strana domanda, pensò Joelle. «Si chiamava» lo corresse dopo un momento. «Prima di sposarsi.» Prima di morire.

    Joelle, contrariamente alle sue sorelle, non ricordava i suoi genitori. Le era rimasta solo una vaga percezione che aveva coltivato per tutta la vita, tanto che aveva finito col mitizzarli. Soprattutto sua madre.

    Star aveva avuto un gran talento. Era stata una leggenda della musica pop e aveva rinunciato alla sua carriera per sposare un principe.

    Ironia della sorte, ora Joelle sarebbe stata felice di rinunciare a tutto: titolo e regno, pur di diventare una stella.

    «Allora, Josie d’Ville è il tuo vero nome?»

    «Più o meno» rispose con una punta d’esitazione.

    L’uomo rise e quel suono rinfrancò Joelle.

    Era magnetico. Irresistibile. Un fremito leggero le accarezzò la pelle. Ma perché le faceva quell’effetto? E a cosa pensava mentre la guardava in quel modo? Aveva una strana espressione, tra l’arrogante e il divertito. Era come se la conoscesse.

    Tuttavia non poteva conoscerla. Da quando era arrivata a New Orleans, non aveva permesso a nessuno di avvicinarsi a lei tanto da scoprire la sua vera identità.

    «Più o meno...» ripeté lui. «Il che significa che stai mentendo...»

    «Non sto mentendo.»

    «Ma non stai dicendo tutta la verità.»

    Nessuno le si era mai rivolto con quel tono autoritario. «Sono un personaggio pubblico. Per me è vitale proteggere la mia privacy» dichiarò seccata.

    «Scusa troppo debole» commentò lui. «E troppo tardiva...»

    Ma che sta dicendo?

    «Tu mi ricordi qualcuno» continuò l’uomo con

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