H. P. Lovecraft – Storie di Paura vol I
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H.P. Lovecraft
H. P. Lovecraft (1890-1937) was born in New England, a landscape that he turned into a stage of fiction. His stories inherited the tradition of gothic horror tales from authors such as Edgar Allan Poe, but Lovecraft set his own standards. His first stories appeared in Weird Tales, a pulp magazine. “The Call of Cthulhu” (1926), a short story about a monstrous deity that inhabits the Earth, is the base of the myths related to the Cthulhu Mythos, a genre of horror fiction launched by Lovecraft. In its world, populated by beings of other dimensions, the laws of humanity are worthless. But man is incapable of understanding its insignificance in the face of the magnitude of the cosmos.
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Anteprima del libro
H. P. Lovecraft – Storie di Paura vol I - H.P. Lovecraft
H. P. Lovecraft – Storie di Paura vol I
Translated by Librinpillole
Original title: H. P. Lovecraft – Storie di Paura vol I
Original language: English
Immagine di copertina: Shutterstock
Copyright © -, 2021 H. P. Lovecraft and SAGA Egmont
All rights reserved
ISBN: 9,7887268869e+12
1st ebook edition
Format: EPUB 3.0
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La città senza nome
Quando mi avvicinai alla città senza nome capii che era maledetta. Viaggiavo, sotto la luna, per una valle terribile e riarsa, e la vidi affiorare sinistramente dalle sabbie, come i pezzi di un cadavere potrebbero affiorare da un sepolcro inadeguato. Le pietre corrose di quella veneranda superstite del diluvio, di quella bisnonna della più vecchia piramide, parlavano di paura, e un'aura invisibile mi respinse, mi ordinò di ritirarmi da quel luogo di segreti che nessun uomo dovrebbe vedere, e nessuno infatti aveva visto.
Remota nel deserto d'Arabia giace la città senza nome, rovinosa e caotica, le basse mura quasi sepolte dalle sabbie di età infinite. Dev'essere stata così già prima che l'uomo ponesse le prime pietre di Menfi, già prima che venissero cotti i mattoni di Babilonia. Nessuna leggenda è così antica da risalire fino ad essa per darle un nome, o per ricordare che fu mai viva un giorno; ma se ne parla in sussurri attorno ai fuochi di campo, e le vecchie ne mormorano nelle tende degli sceicchi, così che tutte le tribù la evitano senza sapere perché. Di questo luogo sognò il poeta pazzo Abdul Alhazred la notte prima di cantare il distico inesplicabile: Non è morto ciò che in eterno può attendere E col passar di strani eoni anche la morte può morire.
Avrei dovuto sapere che gli arabi avevano buone ragioni per evitare la città senza nome, la città di cui si parla in strani racconti ma che nessun uomo vivo ha mai veduto, eppure non ne tenni conto e proseguii col mio cammello per quella distesa inviolata. Solo io l'ho vista, e questa è la ragione per cui nessun volto reca i segni orribili della paura che porta il mio, e nessun altro uomo trema come me quando il vento notturno batte sui vetri delle finestre. Quando la trovai, nella spettrale immobilità del suo sonno infinito, essa mi guardò, fredda sotto i raggi della luna in mezzo al calore del deserto. E quando le restituii lo sguardo dimenticai il trionfo della scoperta e fermai il mio cammello, deciso a non proseguire prima dell'alba.
Aspettai per ore, finché a oriente il cielo divenne grigio e le stelle impallidirono, e il grigio si mutò in luce rosata dalle sfumature d'oro. Udii un gemito e vidi un vortice di sabbia aggirarsi fra le antiche pietre: ma il cielo era limpido e le vaste distese del deserto immobili. Improvvisamente all'orizzonte spuntò l'orlo infuocato del sole, che io vedevo attraverso il velo della sabbia vorticante, e nello stato febbrile in cui mi trovavo immaginai di udire da profondità remote un inno musicale e metallico rivolto all'astro in segno di saluto, simile a quello che Memnone gli indirizza dalle sponde del Nilo. Le orecche mi rintronavano e la mia immaginazione ribolliva mentre guidavo lentamente il cammello verso quel luogo quieto, quel luogo che solo io fra tutti i viventi ho veduto.
Vagai dentro e fuori le fondamenta informi di case e edifici, ma non trovai un solo rilievo, una sola iscrizione che parlasse degli uomini (se di uomini si trattava) che avevano costruito la città e ci avevano vissuto in un tempo così remoto. L'antichità del luogo era malsana, e io mi augurai d'incontrare un segno o uno strumento che rivelassero l'umanità dei costruttori; ma c'erano proporzioni e dimensioni, in quelle rovine, che non mi piacevano. Avevo con me attrezzi d'ogni genere, e con essi scavai nei muri degli edifici dimenticati, ma i progressi erano lenti e non scoprii nulla di significativo. Quando venne la notte e tornò la luna si levò una brezza fredda che mi riempì di paura, sicché non osai rimanere nella città. E quando mi lasciai alle spalle le antiche mura per andare a dormire un piccolo vortice di sabbia si levò gemendo dietro di me, soffiando sulle pietre grigie, sebbene la luna fosse limpida e il resto del deserto immobile.
Mi svegliai all'alba da un groviglio di sogni mostruosi, le orecchie riem- pite da una specie di concerto metallico. Vidi il sole occhieggiare attraverso gli ultimi vortici della piccola tempesta di sabbia che s'era levata sulla città senza nome, e la luce rossa dell'astro rivelò che il resto del paesaggio era del tutto tranquillo. Di nuovo mi avventurai fra le rovine che giacevano sulla sabbia simili a un orco sotto un mantello, e di nuovo