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Il mio cuore ti sta aspettando
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Il mio cuore ti sta aspettando

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About this ebook

La vita di Sara e Leonardo è stata travolta da un imprevisto, da una chiamata arrivata al momento sbagliato. Perché alcune volte, le cose belle durano poco e la felicità diventa un orizzonte lontano. Il loro rapporto è sempre stato una fuga, un continuo allontanarsi da ciò che può far male. Prendere le distanze da ciò che spaventa, ti evita di soffrire. O forse no? Costretti a separarsi per risolvere i problemi che la vita gli presenta, i due si allontanano prendendo apparentemente strade diverse. Ma l'amore è imprevedibile, proprio come la vita e in un modo del tutto inaspettato, capiscono che a unirli non è soltanto un forte sentimento. Tra un turbinio di emozioni e alti e bassi, Sara capirà che dietro agli occhi grigi di Leonardo c'è molto di più. E non importa quanto alcune volte l'amore sia fuori luogo e fuori tempo, conta solo ciò che sente il tuo cuore. Il sequel di "Quanta strada ci separa ancora?".
LanguageItaliano
Release dateMar 5, 2021
ISBN9791220272667
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    Book preview

    Il mio cuore ti sta aspettando - Luana Papa

    Sempre.

    Prologo

    Sara’s Pov

    Me lo sono lasciata alle spalle come si fa con le cose di cui non hai più bisogno.

    Me lo sono lasciata alle spalle come si fa con un vecchio paio di scarpe usate.

    Come si fa con il passato. Pensando che l’avrei dimenticato.

    Illudendomi che l’avrei cancellato, che avrei rimosso tutto.

    Ogni cosa: i ricordi. I sorrisi. Il dolore che lascia chi si porta via tutto.

    Chi ti tradisce.

    Mi sono raccontata che se una cosa non è mai successa, allora non può far male.

    Che se una ferita non si vede, allora il dolore è solo nella tua testa.

    Che se sei forte, non hai tempo per essere debole.

    Ma tutto questo non ti impedisce di soffrire.

    Di pensare.

    Di capire che sta realmente andando via, lontano da te.

    Da un’altra.

    L’odio non cancella il dolore. La rabbia non ti abbandona come fanno le persone. Ti si cuce addosso e ti brucia la pelle.

    Fa male tutto.

    La testa, il cuore e tu non puoi farci niente.

    Ci sono risposte che non hanno logica.

    Ci sono domande che non hanno risposta.

    Ci sono strade destinate a incrociarsi e ci sono destini destinati a interrompersi.

    Forse per noi vale questo.

    Le nostre strade si sono appena separate.

    Anche se lasciare andare è la cosa più difficile del mondo.

    Nessuno lo sa fare, nessuno te lo insegna, perché perdere chi ami, fa perdere anche te stesso.

    Guardo avanti, con la voglia di voltarmi indietro, verso di lui.

    Ma non lo faccio.

    Anche se fermarlo è tutto ciò che voglio.

    Mi prenderò in giro perché fingere che non sia mai esistito, non mi libererà di lui.

    Attacco i lacci dei miei passi ed è in questo momento che imprigiono me stessa.

    Ciò che vuoi, non è sempre ciò che è giusto.

    E tu devi volerti bene.

    E adesso Leo non è il mio bene, anche se per poco lo è stato.

    Ma non conta. È questo che mi ripeto per stare meglio.

    Conta il presente. E ora mi bruciano gli occhi.

    Ora, sento di aver perso tutto.

    Lui, il mio cuore, me stessa.

    Vorrei non stare come sto. Vorrei non facesse tanto male. Vorrei fermare quella paura che mi spezza l’aria in gola.

    Vorrei tornare a respirare.

    Anche se fa male.

    Anche senza di lui.

    Vorrei tutto questo. Tutto ciò che non ho.

    Vorrei non sapere che alcune volte non basta una vita a cancellare un misero istante e che a volte, basta un istante a cancellare una vita intera.

    Perché non voglio sentirmi così.

    Inerme.

    Devastata.

    Cancellata.

    Come se un tir mi fosse appena passato addosso. Come se qualcun altro avesse preso ciò che è mio.

    Ma nessuno può rubare le persone.

    Quelle non ci appartengono.

    Mi fermo.

    Lotto contro l’istinto, ma non lo faccio. Non mi volto.

    Sono una donna, posso tenere insieme i pezzi.

    Anche se certe ferite non si cancellano solo perché provi a nasconderle bene.

    Anche se non dimentichi chi ti ha regalato dei sorrisi.

    Ma io posso riuscirci.

    Ho la mia famiglia.

    I miei amici.

    Anche se non mi basta. Anche se tu e quel poco tempo insieme, non mi basterete mai.

    1

    Allaccia le scarpe e anestetizza il cuore

    Sara’s Pov

    Impiego pochi passi per arrivare al campanello. L’ingresso sul retro è il più sicuro.

    «Dov’è?» chiedo a Dimitri non appena apre la porta. Non lo saluto, corro soltanto dentro, alla ricerca della mia migliore amica. Ho bisogno di vederla. Di stringerla. Non mi calmerò, fin quando le mie braccia non la faranno sentire al sicuro.

    «Sara» urla non appena mi vede. È più bianca di sempre e sulle sue guance ci sono i segni del mascara.

    «Ehi» la cingo a me. «Va tutto bene» le sussurro, ferrandola in una presa che non vorrebbe più lasciarla andare.

    «Sara!». Il tono di quella nuova voce di sottofondo mi fa trasalire.

    «Mamma!?!» esclamo sconcertata, voltandomi. Non avrei mai creduto di ritrovarmela davanti. Osservo prima Dimitri e poi Karol. Sono attonita. La mia folle fuga è appena finita nel peggiore dei modi.

    «Signora Fontana» sento il timbro di Karol scuotermi da quell’istante di confusione. «L’hanno appena fatta entrare?» alza la voce affinché io senta ogni parola. Non capisco cosa stia capitando.

    «Sì, sono corsa da voi appena ho saputo» si premura di abbracciarci. Aurora ha messo piede in casa Sebastiani esattamente in questo momento e la sua preoccupazione è tutta in quella stretta. Non sa nulla di quello che ho combinato. È appena arrivata, esattamente come me.

    «Risolveremo tutto» si volta verso Karol, mentre le sue braccia avvolgono entrambe. Per un istante mi sento in colpa, ma ho bisogno di sentire il suo calore. Si è messa immediatamente in auto non appena ha appreso la notizia, anche se in tutto questo periodo non ho fatto altro che mentirle.

    «Adesso dovete solo cercare di stare tranquilli» guarda anche Dimitri. La sua apprensione è rivolta a tutti. Da madre e donna, sa perfettamente il peso che questa vicenda avrà su ognuno di noi. Ma non ci lascerà soli. Ha iniziato ad amare Karol come una figlia, conosce il peso della disperazione e le cose stupide che porta a fare. Fin quando ci sarà lei, non saremo in pericolo.

    «Grazie» sibiliamo tutti insieme, mentre i miei occhi continuano a cercare quelli di Karol. La mia amica mi ha appena salvata, mentre mia madre si è precipitata da noi. Se questo non è amore, non so proprio cos’altro possa essere.

    «Prepara le valigie piccola, vieni a casa nostra» si premura di dire subito dopo, cingendo il viso di Karol tra le sue mani.

    «Ma signora?» la guarda spaesata. Non dov’essere abituata a ricevere dell’affetto così sincero. «Non posso accettare. Non voglio metterla in mezzo a questa brutta vicenda e poi non vorrei che se papà venisse rilasciato, tornando, non trovasse nessuno a casa».

    «Mi metterò io in contatto con i suoi legali e gli farò sapere dove sei. Avvertirai la tua matrigna e, per quanto riguarda il resto, la mia famiglia sarà con te. Affronteremo insieme questa brutta storia e poi sei una minorenne, non devi vestirti di alcuna preoccupazione. Nessuna telecamera ti riprenderà e nessun giornalista ti farà interviste, fin quando ci sarò io.» le dà ferme direttive. Questa donna è pazzesca, sembra avere sempre ogni situazione sotto controllo. «Ci penso io a te, non sei sola» la rassicura stingendola più forte che può.

    Sorrido.

    Le lacrime mi annebbiano la vista e mi scaldano il cuore. Nella premura di mia madre, c’è tutto l’affetto che non è riuscita a donare in passato. I suoi sensi di colpa sono tutti in questa stanza. La vita le sta offrendo una seconda possibilità e questa volta non sbaglierà. Anche se Karol fa parte della nostra vita da poco tempo, è già entrata a far parte a pieno titolo della famiglia Fontana.

    «Andate a prendere le vostre cose» ci stampa due caldi baci sulla fronte, distaccandoci da sé. «Io e Dimitri vi aspettiamo qui» sorride.

    «Facciamo in fretta» la guardo con gratitudine. Sono stata una stupida irresponsabile a partire senza dirle nulla, questa donna è mia madre. Accetterebbe me e qualsiasi ferita che porto nel cuore.

    «Grazie» Karol le salta al collo. «Mai nessuno ha fatto quello che lei sta facendo per me!» le confessa grata, senza più riuscire a trattenere le lacrime. Finalmente qualcuno la vede.

    «Devi stare tranquilla, andrà tutto bene. Riporteremo tuo padre a casa e questa giornata resterà solo un brutto ricordo» le accarezza la fronte, intuendo tutte le sue paure.

    «Ci siamo noi con te» sussurro anch’io, prendendo Dimitri per mano e unendo tutti in un abbraccio che profuma di famiglia.

    «Per stasera resterete tutti da me. Ho comprato un divano letto più grande. Almeno starete comodi anche in tre» dice Aurora, guardandoci soddisfatta. La sua è tornata a essere più o meno una famiglia e non si farà scappare l’occasione di essere di nuovo felice.

    2

    Si vince se si resta uniti

    Sara’s Pov

    Nonostante il tumulto della notte appena trascorsa, quando apro gli occhi mi rendo conto di stare meglio. I dolori dello scontro con Leo si sono affievoliti, almeno quelli fisici. La giornata è bellissima e io sono pronta per uscire di casa.

    «Mamma, vado a trovare nonna Tessa» le sussurro, mentre la vedo con i suoi occhialoni da vista, impacciata nel preparare la colazione.

    «E lasci Karol da sola?» mi guarda in malo modo, distogliendo la sua attenzione dalle padelle. È la solita frana in cucina. «Io devo andare al lavoro e vorrei che ci fossi tu con lei, mentre non ci sono».

    «Faccio in fretta e poi le ho scritto di mandarmi un messaggio non appena si sveglia» la tranquillizzo. Karol è sul divano di fronte a me, eppure ho preferito usare la tecnologia anziché svegliarla. Ha pianto tutta la notte e si è addormentata solo qualche ora fa.

    «I nonni non mi vedono dal giorno dell’incidente, vorranno sapere che fine ho fatto».

    «Va bene» annuisce, mettendosi per un istante nei panni di Tessa. «Ieri sera ho detto a Karol di non andare a scuola oggi e il tuo compito, non appena torni, è non farle accendere la televisione» si raccomanda a bassa voce, facendo attenzione a non svegliare tutti. Quel trabocco è troppo piccolo per ciò che sta per dire.

    La guardo per un secondo confusa.

    Non capisco.

    «Oggi tutti i notiziari parleranno di questa vicenda» mi prende sottobraccio per portarmi vicino al lavello. «Anch’io dovrò farlo» ammette con rammarico. «Tu però non farle vedere nulla. Tutto quello che diranno potrebbe farla stare peggio e noi non vogliamo succeda qualcosa, vero?».

    «Certo che no, mamma. Ho capito tutto» annuisco preoccupata. So perfettamente a cosa allude. Non avremmo mai lasciato Karol da sola, neanche per un secondo.

    «Quindi per favore, torna in fretta» mi guarda con occhi supplichevoli. Ha preso a cuore la causa di Karol e non vuole che le capiti qualcosa.

    «Va bene. Avviso anche Dimitri» mi metto dritta con la schiena. Ho un’enorme responsabilità. Devo ascoltare mia madre e seguire tutti i suoi consigli. Solo lei sa come muoversi. Nel frattempo, mi premuro di lasciare un messaggio anche a Dim. Dorme vicino a Karol e sarà la prima persona che troverà accanto, al suo risveglio.

    «Oggi incontrerò gli avvocati di Sebastiani, mi farò dire cosa succede. Spero solo sia stato incastrato e non c’entri nulla con tutta questa vicenda». Aurora è preoccupata.

    «Anche se è così, fate il possibile per farlo tornare pulito» quasi la supplico. Mia madre è solo una giornalista e so che non potrebbe fare nulla, come sono conscia del fatto di aver appena mosso una richiesta ingiusta, ma Karol è una persona candida e, che il padre sia colpevole o innocente, non merita di essere infangata.

    «Andrà come deve andare. Adesso devo solo capire se Karol necessiti di un tutore provvisorio» mi fa presente, riempiendo la sua borsa di carte e documenti.

    «Dovrebbe esserci la sua matrigna» replico ingenuamente quando mi viene in mente la donna con cui la mia migliore amica condivide solo il tetto domestico. A parte l’astio che nutrono l’una per l’altra, non conosco nulla della loro storia.

    «Chiederò anche questo perché non vorrei che a pagare le spese di questa vicenda fosse solo questa ragazzina» la indica con lo sguardo. Mia madre è sempre stata una donna che si è battuta per i diritti dei più deboli e, in questa situazione, è grazie a lei se abbiamo la forza di non crollare.

    «Fai in modo che non ce la portino via» imploro con un nuovo terrore disegnato nello sguardo.

    «Non lo permetterei mai» mi guarda ferma. «Non la farò portare in nessun istituto e, onestamente, credo che per stasera suo padre sia già fuori». Il suo viso è rigido ma preoccupato. La bomba esplosa a casa Sebastiani ha colpito tutti.

    «Mamma» sussurro, mentre è impegnata a ripetere mentalmente tutto ciò che deve fare.

    «Dimmi, Sara» alza lo sguardo verso di me, guardandomi per davvero. Il mio tono deve averla allarmata.

    «Grazie per tutto quello che stai facendo» riesco a dire. Nell’ultimo periodo è stata essenziale e inizio a vedere il buono che c’è in lei. Tutti i nostri litigi non sono scaturiti dall’odio, ma dal troppo amore che non sono mai riuscita a dimostrare. Sono una ragazza difficile, ma Aurora ha sempre aspettato il giorno in cui sarei tornata da lei.

    «Ti amo, bambina mia!» riesce a dire ad alta voce afferrandomi. Non siamo mai state più vicine di così. O meglio lo siamo state. È esistito un tempo in cui io e lei eravamo inseparabili, ma adesso finalmente stiamo ricucendo tutti i piccoli squarci che le vicissitudini hanno creato nel nostro rapporto.

    «Ti sono grata per quello che stai facendo per me e per Karol!»

    «Ed io sono grata a Dio di avere delle figlie come te e Aria e che i vostri amici siano puri come voi» sostiene accarezzandomi la testa. «Adesso va’ dalla nonna e, mi raccomando, torna in fretta e ricorda: non farle accendere la televisione» rimarca prima di farmi correre via.

    «Cercheremo di tenerla impegnata» la rassicuro, afferrando il mio zainetto da terra.

    Esco da casa con l’ansia. Mamma mi ha tranquillizzata, ma ormai il pensiero di Karol non mi lascia. Ce l’ho cucito addosso. Corro da nonna Tessa, ma non vedo l’ora di rientrare a casa. Sfogo tutta la frustrazione con una corsa in bicicletta.

    Fingo di stare bene ma il mondo mi sta crollando addosso.

    «Tesoro» urla la nonna non appena mi vede varcare la soglia. Sono appena arrivata. «Tua madre mi ha aggiornata sull’incidente. Come stai?» chiede subito dopo, mentre le sue mani ispezionano il mio corpo per intero. Cerca di assicurarsi che sia ancora intatta.

    «Tu e la mamma vi siete sentite?» alzo un sopracciglio incredula. Non posso credere alle mie orecchie.

    «Mi ha telefonata la stessa sera in cui sei stata investita. È stata davvero molto premurosa.»

    «Aurora? Con te?».

    «Sì, sì» annuisce sorridendo. Sembra averle fatto piacere quel passo in avanti fatto da parte di mia madre.

    «Sarebbe ora che faceste pace» la ammonisco. Aurora è una tipa dura, ma se questa volta mantiene il punto è esclusivamente per l’insolenza di nonna Tessa.

    «Ci stiamo lavorando» sorride Tessa, mettendo su la teiera. Sa che la colpa di quella separazione dipende solo da lei e dal suo caratteraccio.

    «Voglio proprio vedere» tiro la sedia per mettermi seduta. «Nonna non mi tratterrò troppo» l’avviso, vedendola smanettare con bustine di tè e nuovi infusi.

    «Ti sto preparando la colazione, bambina. So che questa settimana non devi andare a scuola». I nonni sanno sempre trovare scuse plausibili per riuscire a trattenerti.

    «È vero, ma una mia cara amica sta male. Adesso è a casa nostra e non posso lasciarla sola per troppo tempo.»

    «Cosa succede?» chiede, allontanandosi dai fornelli per avvicinarsi a me. Ha appena scorto il mio malessere. Nonna Tessa sa perfettamente quando qualcosa mi preoccupa davvero.

    «Il padre è stato arrestato»

    «Cosa? Non uscirai mica con persone poco raccomandabili?» chiede allarmata. «Devo per caso sentire di nuovo tua madre?».

    «È stata lei ad accogliere Karol a casa, si fida ciecamente. Ma il padre forse ha fatto un po’ di casini e adesso…»

    «Ehi, ehi, ehi» mi tocca il mento quando mi vede affranta. «Si risolverà tutto» sostiene, stringendomi forte al suo seno. «Tua madre vi darà una mano. Aurora è sempre stata brava in queste cose e non vi lascerà sole neanche per un secondo. Se lei si fida di questa ragazza, vuol dire che è davvero degna della tua amicizia, quindi adesso bevi il tè che ti sto preparando, cerca di spazzare via questa tristezza che hai negli occhi e torna subito da lei».

    «Sapevo che avresti capito» l’abbraccio forte.

    «È solo questo?».

    Sorrido.

    «No» ammetto sincera.

    «Ti va di parlarne?».

    «No» sibilo. Fa troppo male ripensare a Leo. «Ma il tuo tè lo bevo lo stesso» sorrido, prima di scorgere la sagoma del nonno sbucare dalla porta della cucina.

    «Massimo!» lo richiama Tessa, abbandonando subito la nostra stretta. «Perché ti sei alzato?» gli corre incontro. Non è mai stata così apprensiva con lui.

    «Che succede?» chiedo, voltandomi verso entrambi.

    «Tuo nonno non si è sentito bene stanotte» risponde, mentre gli afferra il braccio per evitare che caschi a terra.

    «Vi do una mano» mi premuro di dire, alzandomi dalla sedia.

    «Non preoccuparti, figliola» mi rassicura la nonna. «Lo accompagno subito a letto».

    «Ma cos’ha?» chiedo preoccupata, bloccandomi a osservarlo. Non è mai capitato che nonno Massimo non mi salutasse.

    «Febbre alta tesoro e adesso allontanati. Non voglio che ti infetti» mi invita a indietreggiare.

    «Non posso dargli neanche un bacio?» provo a fare un passo avanti.

    «Resta lì!» mi fulmina. «Sei già ridotta a brandelli. Vuoi che si metta anche la febbre a darti problemi?».

    Alzo le mani. Nonna Tessa mi fa ancora più paura dell’influenza. Senza pensarci due volte, torno alla mia sedia.

    «Arrivo subito» dice poi in pieno tono dittatoriale, abbandonando la cucina.

    Ogni cosa intorno a me è strana, ma mi sento troppo frastornata per riuscire a fare domande.

    «Ecco fatto!» torna, neanche un istante dopo, per rimettersi a controllare la sua teiera.

    «Gli stai dando qualcosa?» chiedo preoccupata, riferendomi al nonno.

    «Sta prendendo i suoi medicinali, in più è passato il medico a controllarlo» spiega vagamente, sistemando il vassoio davanti a entrambe. «Aria come sta?» chiede poi, dirottando completamente la conversazione.

    «In realtà non ne ho la minima idea». Realizzo solo in questo momento che, in tutti questi giorni, mi sono completamente dimenticata di mia sorella.

    «Non sai come sta mia nipote?».

    «Tutte le ultime cose che sono successe me l’hanno fatta un po’ trascurare» ammetto mortificata. Sono la sorella peggiore del mondo.

    «Cerca di farla sentire considerata. È una bambina che non dà fastidio, ma questo non significa che non abbia bisogno di voi» mi redarguisce, mentre gira la sua profumata miscela.

    «Hai ragione» annuisco, portando i pensieri altrove.

    «Sei ancora qui con me?» domanda nonna Tessa dopo quindici minuti. Sono con la testa tra le nuvole.

    «Oh mio Dio, si scusami» sostengo mortificata. «Nonna adesso però devo andare» mi alzo di scatto, guardando l’orologio. L’inquietudine che mi porto dentro non mi fa stare bene in nessun posto. Adesso il mio unico pensiero è Karol. Devo tornare a casa.

    «Vai, bambina mia» dice comprensiva. In casi normali mi avrebbe convinta a restare, ma ha capito la situazione.

    «Salutami nonno» sostengo, mentre rimetto lo zaino in spalla.

    «Sta’ tranquilla» mi accarezza accompagnandomi alla porta, mentre Matilda ci osserva appollaiata fuori dalla camera da letto. Almeno per quella gatta grassoccia tutto sembra andare alla grande.

    «Ci vediamo presto» muovo la mano e in un attimo vado via.

    3

    Segreti

    Sara’s Pov

    Prima di mettere piede a casa, passo dalla pasticceria. Prendo qualche cornetto e dei muffin. So perfettamente che la mamma ha preparato una deliziosa colazione per tutti, ma voglio far sentire Karol ancora più accudita. Tutto quel profumo mette di buon umore ed è questo ciò che voglio. Tirarle su il morale.

    «Grazie» dico, prelevando il vassoio dal bancone. Esco da là dentro col cuore più leggero e quando sento qualcuno parlare del presidente del Pescara Calcio, azzero l’udito, lascio tutti quei pettegolezzi alle spalle e vado via. Litigare con degli stolti per difendere la posizione della famiglia Sebastiani, non è di nessuna utilità in questo momento.

    «Sto arrivando».

    Scrivo a Dim, mentre mi dirigo verso il porto.

    Sono un po’ turbata. Di nuovo.

    È bastato un attimo per riportarmi giù.

    Ma non posso lasciar trasparire nulla. Devo varcare la soglia del trabocco cercando di apparire più serena possibile. Tutti i miei problemi devono restare fuori da questa situazione. Tutto ciò che mi è successo riguarda solo me e non dovrà venire fuori per nessuna ragione.

    «Tranquilla, si è appena svegliata»

    Mi rincuora. Dim ha risposto al primo messaggio che gli ho inviato prima di uscire di casa e adesso stiamo chattando. Al momento la situazione appare gestibile. Con assoluta calma mi dirigo al trabocco.

    Cerco di ritrovare un po’ di serenità, ma è in questa passeggiata solitaria che mi torna in mente Leonardo Marchese.

    Osservo il mare, rifletto sul disastro che ci ha investiti e mi rendo conto che annientarci è l’unica cosa che siamo capaci di fare. L’unica di cui ci importi veramente. La sola per cui abbiamo sempre lottato.

    Non sono passate neanche 24 ore da quando ci siamo separati, eppure lo sento già lontano.

    L’ultimo litigio ci ha distaccati completamente.

    Non posso credere sia stato davvero capace di voltarmi le spalle in quel modo.

    Non era così che dovevano andare le cose.

    Non tra noi.

    Cammino continuando a perdere pezzi di me a ogni passo. Fa male ogni cosa, fa male soprattutto l’idea che sia di un’altra. Detesto immaginarlo tra braccia che non sono le mie, odio pensare che abbia preferito altri capelli, altre mani, altri baci, altre labbra. Altro tutto. Tutto ciò che non sono io.

    Mi arrabbio. Punto gli occhi al cielo e blocco le lacrime che vorrebbero scappare via da me. Lontano. Anche loro.

    Non resta nessuno.

    Vanno sempre via tutti.

    Sono costantemente la seconda scelta. O la non–scelta.

    Non ho mai avuto la possibilità di chiedere a qualcuno di restare. Non ne ho mai avuto il tempo.

    Sono tutti bravi a correre. A scappare.

    Sono tutti più veloci di me.

    Solo io resto. Raramente, ma lo faccio.

    Ho la capacità di aspettare chi non torna.

    Non sono mai stata essenziale. Per nessuno. Sempre la regola, mai l’eccezione.

    Prendo qualche boccata d’aria in più, rallento i battiti e penso.

    Fingerò di averlo dimenticato. Fingerò non sia mai esistito.

    Basta. Punto. Fine.

    Niente dura per sempre e io non sono meglio di altri.

    Questo epilogo è quello giusto. Quello per le persone come me. Quello che alla fine ti aspetti sempre, perché il cassetto dei tuoi sogni, quello comprato da Ikea si è rotto, ed è tutto sparso ovunque. Come la tua identità, le tue paure: è tutto infranto. Non riutilizzabile. Scomparso. Per sempre.

    Detesto lui, ma detesto molto di più me stessa.

    Le lacrime che si annidano di nuovo negli occhi devono scomparire in fretta. Allargo le palpebre e incastro lì il dolore.

    Non posso sprecarlo per qualcuno che voglio cancellare dalla memoria.

    Basta.

    Resetto i sentimenti e riavvio il cuore.

    Nessuno avrà più il potere di farmi stare così.

    Nessuno si prenderà più nulla di me.

    Alcune volte si fa bene a correre ed è quello che ho fatto ieri, quando quella situazione è stata la via di fuga perfetta. L’ho lasciato andare, una volta per tutte.

    I legami precari non possono diventare qualcosa in più.

    Chi è instabile non dona stabilità.

    Siamo troppo diversi, troppo immaturi.

    Troppo sbagliati per stare insieme.

    Siamo due pezzi scomposti di un puzzle che non si incastrerà mai alla perfezione.

    Leo si porta dietro una fitta rete di problemi e io ho smesso di essere autolesionista.

    Basta incidenti, soprattutto quelli che posso evitare.

    «Sono tornata» urlo, varcando la soglia di casa.

    «Karol, Dim!» li chiamo.

    Aurora è al lavoro, Aria a scuola e le uniche presenze dell’appartamento sono loro, insieme a Waffle che mi vede rientrare solo ora.

    «Sono in bagno» sento dire. È la voce di Dim.

    Mi cade la busta di mano quando vedo Karol piazzata esattamente davanti alla tv. Il suo sguardo è spento, i suoi occhi sgranati e il viso incredulo. Il volume è al massimo e lei attonita.

    «K.» emetto col cuore in gola. Tutto ciò che non volevamo accadesse, sta capitando. Si volta per un istante. Il suo sguardo fa paura. Sembra morta dentro.

    «È la mia vita» indica lo schermo alzando l’audio.

    «Il Presidente del Pescara calcio ha sulle spalle l’accusa relativa alla vendita delle partite contro Empoli e Virtus Entella. A questo si aggiungono versamenti di ingenti somme di denaro sui conti del boss Nardelli e l’imputazione di aver sottratto alla figlia il patrimonio immobiliare e monetario a lei intestato della madre. Pare, infatti, che Lorella Elisabetti, nonché ex moglie del Sebastiani, nota modella prima e stilista poi, precedentemente al ricovero presso una struttura psichiatrica per diagnosi di schizofrenia, abbia lasciato tutta l’eredità milionaria del noto imprenditore Elisabetti a Karol Sebastiani, unica discendente della coppia. La ragazza, che ha attualmente 17 anni, sembra non essere mai stata a conoscenza di nulla».

    Deglutisce.

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