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L'ARTE DELLA GUERRA NELL'ERA POST-MODERNA - La Battaglia delle Percezioni
L'ARTE DELLA GUERRA NELL'ERA POST-MODERNA - La Battaglia delle Percezioni
L'ARTE DELLA GUERRA NELL'ERA POST-MODERNA - La Battaglia delle Percezioni
E-book197 pagine2 ore

L'ARTE DELLA GUERRA NELL'ERA POST-MODERNA - La Battaglia delle Percezioni

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Info su questo ebook

"Quest'opera è stata concepita per fornire ai decision makers un

paradigma per comprendere una realtà complessa, dinamica, multidominio e

influenzata dalle percezioni in ogni singolo dominio, in antitesi a un

corpus concettuale lineare, statico e limitato all'analisi di eventi

pertinenti a una singola parte della realtà.

In prefazione, il

Generale Thomson rileva che il libro "sfruttando sempiterni classici dei

teorici militari, così come esempi storici e di operazioni recenti,

fornisce la base per "come pensare" di fronte agli scenari geopolitici

attuali e futuri".

L'opera ambisce all'educazione cognitiva di

leader, comandanti e manager. Anche se applicata in domini diversi da

quello militare, essa fornisce una guida e spunti di pensiero che

mantengono inalterata, se non moltiplicata, la sua valenza; è quindi

indirizzata a coloro che hanno la responsabilità di educarli, prepararli

ad essere parte attiva e consapevole per forgiare una realtà migliore.

Nell'era

postmoderna essi saranno chiamati a una "battaglia delle percezioni",

per influenzare in modo decisivo il corso di nuovi conflitti e di

competizioni di ogni natura. E le persone, non la tecnologia o i sistemi

d'arma, ne definiranno il successo."
LinguaItaliano
Data di uscita1 mar 2021
ISBN9791220325028
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    Anteprima del libro

    L'ARTE DELLA GUERRA NELL'ERA POST-MODERNA - La Battaglia delle Percezioni - Fabiano Zinzone

    inglese.

    Capitolo 1

    Le dimensioni della Guerra

    …al fine di comprendere le reali implicazioni … sul mondo nel quale viviamo e, sicuramente, per comprendere come le condizioni per la Guerra siano cambiate, sarebbe meglio applicare la teoria di Thomas Khun sulle rivoluzioni scientifiche.

    Le origini

    Fosse per ragioni meramente politiche o per aspetti più seduttivi e materialistici (territori, accesso esclusivo a risorse naturali, sviluppo dell’economia e del commercio, e così via), lo scontro armato è stato parte integrante della storia umana sino dai suoi albori. Ciononostante, gli scopi, le modalità e i mezzi si sono evoluti in linea con lo sviluppo e il progresso dell’umanità. Questa affermazione, che appare oltremodo scontata, non lo è se il conflitto armato è analizzato nelle dimensioni coinvolte e nei vettori o direttrici di sviluppo insite nelle stesse. Pertanto, al fine di analizzarne compiutamente lo sviluppo, risulta estremamente utile identificare una terminologia univoca e comune. Oggigiorno si assiste ad un ampio uso dei termini domini e dimensioni. Persino le dottrine militari più avanzate, così come molti prestigiosi autori, attribuiscono lo stesso significato ai due termini. Attesi gli scopi di quest’opera, e ricordando il pensiero di Socrate⁵, è necessario pensare ad alcune definizioni, condivise, al fine di poter condurre uno studio uniforme e coerente. Pertanto, in questa analisi, il termine dimensione sarà utilizzato per identificare gli elementi di base, le particelle elementari della Guerra nel suo complesso, è cioè la dimensione fisica, la dimensione cognitiva e la dimensione dell’informazione. Per quanto concerne invece i domini, il termine verrà utilizzato per fare riferimento ai vari macro-aggregati, agli ambienti che includono tutti gli aspetti della realtà umana: il dominio politico, quello economico, informativo o dell’informazione, quello militare, e così via. Osservando i fenomeni in tale prospettiva, si osserva come questi ultimi, i domini, siano in perenne cambiamento al pari dell’evoluzione dell’umanità.

    La dimensione fisica – tempo, spazio, forze

    Dai tempi antichi e sino alla Prima Guerra Mondiale, i conflitti armati si generavano ed erano combattuti su due vettori geometrici che definivano il campo di battaglia, e un vettore tempo. Si può affermare che tale situazione afferisse a una Guerra bidimensionale. Esaminando la terminologia presa a riferimento, la dimensione fisica della Guerra è il dove in cui la manovra e il combattimento, lo scontro, si sviluppano. Nell’epoca antica, il campo di battaglia era una sorta di scacchiera ove due parti contrapposte sviluppavano le proprie azioni per conseguire i propri obiettivi. La Guerra era mirata ad espandere il proprio territorio, a disporre di risorse fondamentali, a formare nuovi regni e nuovi imperi, a conseguire il controllo sulle rotte terrestri e marittime (linee di comunicazione) del commercio. Terreno (spazio) e tempo, quindi, erano i due fattori principali, le radici della Guerra antica. Il vettore tempo, in tale epoca, era di importanza fondamentale. Nonostante rari esempi, il tempo condizionava fortemente le scelte dei leader e Comandanti dell’antichità sotto due aspetti. Il primo implicava che per acquisire un vantaggio decisivo sull’avversario, il tempo veniva compresso dettando rapide avanzate per sorprendere l’avversario oppure, inversamente, espanso, ritardando le azioni avversarie per addivenire alle giuste condizioni per la vittoria finale. Se per il primo caso di approccio, clausewitziano, di compressione, i migliori esempi cui si possa pensare sono la campagna di Alessandro Magno⁶ in Asia o l’espansione dell’Impero mongolo, il secondo, più pertinente ai concetti di Sun Tzu, di espansione, può essere esemplificato dalle campagne decisive del neonato potere di Roma, prima contro Pirro e poi contro Annibale⁷. Il secondo aspetto relativo al tempo, al quando iniziare e condurre una Guerra, era di importanza vitale. Infatti, la maggior parte delle battaglie in campo aperto richiedeva la buona stagione, quando il giorno era più lungo, quando la luce era più estesa, quando il territorio consentiva di nutrire grandi masse di uomini e animali e quando le linee di comunicazione non erano compromesse da neve, fango e basse temperature. Durante il Medioevo, le battaglie in campo aperto diventarono un’eccezione. Come Andrea Frediani osserva …lo stato di belligeranza era caratterizzato da violenza, furti, saccheggi, assedi e solo talvolta da battaglie in campo aperto. Secondo varie fonti, l’ottanta per cento degli eventi erano piuttosto scorribande da parte di signori della Guerra locali piuttosto che guerre aperte. Nessuno, al tempo, possedeva le capacità di reclutare, addestrare e sostenere un intero esercito per un’intera stagione. I rivali spesso prendevano rifugio nelle fortezze, il numero delle quali crebbe enormemente durante il decimo secolo per contrastare le scorrerie di Saraceni, Vichinghi, Unni. A quel tempo, un potenziale sovrano sarebbe dovuto passare attraverso un’innumerevole serie di assedi e di attacchi a fortificazioni. Strutture che, in profondità, proteggevano le aree chiave delle varie regioni⁸. Da qui le cosiddette guerre di primavera⁹. In generale, quindi, la battaglia terrestre e la relativa dottrina erano prerogativa del Comandante e della sua capacità di porre in atto un piano accurato, nel tempo e nello spazio, per i propri subordinati, che erano poi chiamati a riferire sulle proprie azioni e a cambiare, di conseguenza, i propri piani. Le condizioni per il successo erano ottenute applicando, nel tempo e nello spazio, una forza decisiva e superiore per mezzo di azioni materiali, prevalendo fisicamente sull’avversario. Questo modus operandi, tuttavia, non si applicò mai allo scacchiere marittimo. In quest’ultimo caso, leader e Comandanti assegnavano sin dall’inizio libertà di azione ai propri subordinati, operanti in mare a lunghe distanze, molto spesso per anni, di modo che potessero essere prese le necessarie decisioni ben oltre le previsioni iniziali. In sintesi, dando loro facoltà di esercitare quello che oggi viene definito come mission command. Ogni singola nave richiedeva, inoltre, la presenza di tecnici quali ingegneri, personale medico e un’intera struttura tesa ad assicurare la gestione in absentia. Durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, quando la comparsa dell’Aviazione prima e dell’Aeronautica poi – la terza dimensione fisica - trasformarono il campo di battaglia in spazio della battaglia, le sfide per le questioni del comando e del controllo delle operazioni si moltiplicarono. Singoli individui, con le loro decisioni, ad ogni livello, acquisirono il potere di cambiare gli esiti di una battaglia o dell’intera campagna bellica.

    Pilastro della dimensione fisica è quello relativo alle forze e all’equipaggiamento. Questo è l’ambito nel quale forze e tecnologie superiori possono giocare un ruolo determinante nel successo, seppure non in isolamento dal resto del contesto. L’evoluzione tecnologica influenza pesantemente gli esiti delle antiche battaglie, in quanto soluzioni e invenzioni innovative (ground-breaking) consentivano una superiorità schiacciante sull’avversario. Infatti, forze altamente addestrate, disciplinate e concetti di impiego superiori contribuirono alla gloria dell’Impero Romano, insieme alla disponibilità di equipaggiamenti superiori; anche se, l’eccessiva fiducia in questi ultimi, portò alla sconfitta di legioni sino ad allora invincibili. Con il progressivo appiattimento della curva dello sviluppo tecnologico, la superiorità fu esponenziale solo in alcuni momenti della storia, quando il risultato di un conflitto era basato sul fatto di avere o non avere un equipaggiamento superiore a disposizione. Al contrario, nell’epoca moderna, ci sono solo alcuni esempi di vittorie ottenute solamente in virtù di una tecnologia superiore.

    Pertanto, la superiorità tecnologica è decisiva solo quando può essere applicata. Nell’era moderna, infatti, ciò non è stato sempre possibile. La terza ondata (generazione) di guerrieri descritti da Alvin e Heidi Toffler¹⁰ prevarrà sulla prima ondata barbarica solo quando e se i primi potranno esercitare la propria superiorità tecnologica sui secondi. Molti esempi storici raccontano di sconfitte sofferte da eserciti tecnologicamente superiori quando opposti ad avversari primordiali (dal punto di vista tecnologico). In tale contesto, il Professor Colin Gray, parlando dei risultati della prima operazione Desert Storm in Iraq ebbe a dire che …se un avversario non ha altra scelta che combattere in termini convenzionali, la schiacciante supremazia aerea degli Stati Uniti lo sconfiggerà ben prima che le forze terrestri entrino in contatto. Al contrario, le forze USA in Vietnam, sebbene in possesso di una supremazia schiacciante in termini tecnologici e di equipaggiamenti, non furono mai in grado di infliggere un colpo decisivo ai Viet Cong.

    La così chiamata dottrina Westmoreland¹¹, basata sulla superiorità tecnologica delle forze armate USA, non fu mai in grado di raggiungere lo scopo finale¹². In sintesi, la disponibilità di forze più addestrate e tecnologicamente superiori non implica, di per sé, la vittoria. Molti altri fattori entrano in campo. Lo stesso principio dell’applicazione della forza fisica è discutibile, semplicemente perché confinato a una sola dimensione della Guerra.

    La dimensione cognitiva

    Si può tranquillamente affermare che la dicotomia tra la Guerra intesa come un’arte o come una scienza ricada idealmente all’interno della dimensione cognitiva del conflitto. Essa è il luogo dove i fattori intangibili entrano in gioco. La Guerra, come Clausewitz ebbe a dire, è una parte essenziale dell’umanità e della sua la storia ed è, per definizione, umana. Pertanto, l’approccio alla Guerra e la sua condotta derivano direttamente dall’eredità storica e culturale di un popolo, di una fazione, di un Paese, di un gruppo. Tutti i rispettivi leaders tendono a condizionare il pensiero e la percezione sulla Guerra dei membri del proprio gruppo, allo scopo di forgiare una coscienza collettiva che possa approvare, condividere e interiorizzare le loro idee e percezioni. Al contrario, un decisore che non sia in grado di fornire una prova a livello cognitivo o percettivo della giusta causa (just cause), fallirà, inevitabilmente, sia nel condurre un intero sistema alla Guerra, sia nel mobilitare il supporto durante la stessa. Questo è un aspetto cruciale per coloro che si avvicinano alla dimensione cognitiva, inestricabilmente legata al dominio politico. Un leader di un Paese, o leaders considerati come espressione di una cultura, possono forgiare la percezione dei loro subordinati e delle loro popolazioni. E avocando il monopolio della violenza sotto qualunque prospettiva¹³ al livello politico, essi possono convogliare e perseguire i propri fini attraverso la percezione della giusta causa. La subordinazione della forza e della violenza al livello politico, peraltro, deriva anche dal pensiero classico orientale. Confucio (孔子, kong zi), ben prima di Sun Tzu (孙子), argomenta con estrema chiarezza sulla necessità di un ruolo subordinato dei militari (武, wu) alla politica (文, wen)¹⁴. In questa dimensione, quindi, i potenziali avversari, in modo molto più evidente oggi, tenteranno sempre di distorcere, o peggio, distruggere i fondamenti cognitivi della controparte. Infatti, qualunque sia l’intensità e la durata di un conflitto, le convinzioni, naturali o indotte, sulla giusta causa, rappresentano il più grande moltiplicatore di forza (force multiplier) con il quale intere popolazioni ed eserciti affrontarono le peggiori condizioni, senza rinunciare alla lotta sino all’ultimo sangue. La storia è ricca di esempi a sostegno della tesi. Agendo, in un modo o nell’altro, sulla dimensione cognitiva, il minimo effetto conseguibile è quello di compromettere il processo decisionale dell’avversario, inducendo uno stato di crisi¹⁵ all’interno dell’intera struttura e della sua organizzazione.

    La dimensione informativa

    La dimensione informativa è strettamente correlata alle precedenti. Infatti, se nella dimensione fisica si possono trovare gli strumenti, l’hardware per la consegna dell’informazione, il dominio dell’informazione è quell’ambiente organizzato, intangibile e astratto, nel quale l’informazione viene costruita ed esiste per essere successivamente usata e distribuita per ottenere, così, un effetto decisivo, tangibile. Le due principali componenti della dimensione informativa sono il contenuto, in altre parole il messaggio o i messaggi, e il flusso, cioè il mezzo per distribuire il messaggio.

    Nel lungo corso della storia, questa dimensione è diventata l’arma prescelta (weapon of choice) da parte degli attori che non possono affrontare l’avversario esclusivamente nella dimensione fisica. La dimensione informativa, tuttavia, non deve essere confusa con il dominio dell’informazione, che si riferisce a tutto lo spazio (ambiente) in cui l’informazione esiste e viene generata; è trasmessa per mezzo dei vari media; dove se ne manifestano le attività e gli effetti. Le tre dimensioni, quindi, rappresentano trinità complementari fortemente interconnesse. Molto spesso, la storia ha provato che singole battaglie o intere campagne di Guerra sono state perse a causa di effetti indesiderati, generati da azioni su una dimensione che sono state sviluppate senza averne prima considerato l’impatto sulle altre.

    ___________________

    ⁴ R. Smith, The utility of force – The art of war in the modern world, New York 2007, dall’edizione originale in lingua inglese.

    L’inizio della saggezza sta nella definizione dei termini, dall’edizione originale in lingua inglese.

    ⁶ Arriano di Nicomedia, Anabasis of Alexander the Great, traduzione e commenti a cura di E. J. Chinnok, Hodder and Stoughton, 1884, dall’edizione originale in lingua inglese.

    ⁷ Quintus Fabius Maximus Verrucosus Cunctator (il Temporeggiatore), predicator durante la Seconda Guerra Punica "Fabio decise di evitare ogni rischio,

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