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Harry e l' ora del cerchio magico
Harry e l' ora del cerchio magico
Harry e l' ora del cerchio magico
Ebook348 pages4 hours

Harry e l' ora del cerchio magico

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About this ebook

Mi chiamo Ermione e sono una strega.

In questo libro ho raccolto

alcune fiabe e racconti dal contenuto ALTAMENTE MAGICO, che mi sono

stati raccontati dai nonni, così come a loro erano stati tramandati da

generazioni di maghi nel corso del tempo.

Spero che piacciano anche

ai bambini e ai ragazzini di oggi, soprattutto a quelli che, come me,

sono appassionati di FIABE TRADIZIONALI e di MAGIA.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateJan 29, 2021
ISBN9791220317696
Harry e l' ora del cerchio magico

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    Harry e l' ora del cerchio magico - Ermione Miller

    Amara e gli incantesimi dell’albero stregato

    C’era una volta la figlia di una povera vedova. Era una fanciulla triste, malcontenta di tutto e di tutti, sempre di cattivo umore e imbronciata; perciò l’avevano chiamata Amara.

    Amara era disperata di essere povera.

    << Vedete là >>, diceva, << le altre ragazze hanno bei vestiti, collane di corallo e pettini d’avorio. Io non ho nemmeno le scarpe ai piedi ! Non sarebbe stato meglio che io non fossi mai venuta al mondo ? >>

    La sua povera mamma, quando sentiva queste lamentele, piangeva e diceva:

    << Il Signore ha voluto così, Amaruccia mia ! Abbi pazienza, chissà che non sia per il tuo meglio ! >>

    Ma Amara non si quietava.

    << Ci sono ragazze molto più brutte di me, che hanno indosso tanti fronzoli e sembrano la Regina di Saba. Ma io, che figura ci faccio con questo vestito lacero e questo mantello stinto e macchiato ? >>

    << Prendi l’ago, rammenda il tuo vestito. Prendi l’acqua, lava il tuo mantello >>, rispondeva la madre.

    << Ma si !>>; la giovane alzava le spalle, andava alla finestra per guardare le carrozze che passavano, le signore e i signori, e intanto brontolava perché avrebbe voluto essere come loro.

    Una sera la mamma le disse:

    << Amara, vai dal bottegaio qui dietro la chiesa e compra una bottiglia d’olio per condire la minestra, va’ e torna, che i fagioli sono pronti >>.

    Amara, borbottando come il solito, prese due soldi e si avviò.

    La piazzetta era deserta e appena illuminata dal lumino ad olio, acceso davanti a un’immagine della Madonna.

    Il bottegaio già stava chiudendo le imposte, così la ragazza affrettò il passo ed entrò. Nella piccola bottega non c’era nessuno, eccetto una vecchia dall’aria dimessa e malaticcia che aveva comprato un cartoccio con del sale.

    Amara pagò l’olio e uscì. Il bottegaio allora abbassò la saracinesca del negozio.

    La fanciulla, vedendosi sola sulla piazza buia, si mise a correre, ma una spina le entrò nel piede scalzo. Emise allora un grido di dolore e si sedette sopra un sasso posto vicino all’ immagine della Madonna, per cercar di togliere la spina. Intanto depose a terra la bottiglia dell’olio, nell’ angolo della nicchia, al buio.

    Toltasi facilmente la spina, Amara si rialzò in piedi e con grande stupore vide dinanzi a lei la vecchietta di prima.

    << Che fai qui ? >> domandò la vecchia, << e perché brontoli ? >>.

    La ragazza notò con sorpresa che la donna era vestita diversamente da come l’aveva vista pochi minuti prima; ora aveva indosso una lunga veste gialla e pareva una signora.

    << Mi è entrata una spina nel piede. Come non devo lamentarmi ? Se non possiedo nemmeno un paio di scarpe ! Siamo così poveri !>>

    << Ti piacerebbe avere un paio di scarpette d’oro ? >>, domandò la vecchia.

    Amara rise.

    << Certo che mi piacerebbe !>>

    << E un bell’abito di pizzi d’argento ?>>

    << Sicuro ! >>

    << Una collana di perle ? Un diadema di brillanti ? >>

    << Voi vi burlate di me ! >>

    << No >>, disse la vecchia, abbassando la voce, <>.

    Così dicendo, la vecchia lanciò uno sguardo sospettoso all’immagine della Madonna e, presa per un braccio Amara, la trascinò via.

    Svoltarono in un vicoletto buio e, dall’ angolo di una porta, la vecchia tolse un oggetto che Amara riconobbe. Era una scopa.

    Allora capì che la vecchia doveva essere una strega ed ebbe paura.

    << Povera me ! E la mia bottiglia d’olio ? La mamma mi aspetta. Lasciatemi andare!>>

    << Sciocca ! >>, disse la vecchia. << Guarda che cosa ti darò >>.

    Le fece vedere un bell’anello luccicante. La ragazza, nonostante la paura, si lasciò trascinare dalla tentazione.

    Dopo pochi passi si ritrovò in un prato solitario a lei sconosciuto.

    La vecchia si fermò, depose a terra la scopa, mormorò alcune parole e la scopa si trasformò in una gigantesca anitra. La strega montò a cavalcioni dell’anitra e ordinò ad Amara :

    << Siediti dietro di me >>.

    La fanciulla, piena di paura e curiosità, non osò disobbedire e montò anche lei sull’anitra. L’uccellone, allargate le ali, si sollevò ad altissimo volo.

    Ad Amara pareva di poter toccare con una mano la luna e le stelle; abbassando gli occhi vedeva le città, i boschi, le montagne, i laghi, che erano diventati piccini, come si vedono dipinti nei quadri.

    Mentre attraversavano una grande vallata, sentì fischiare la tempesta e rumoreggiare l’uragano. I fulmini guizzavano, i tuoni rombavano; un vento impetuoso le toglieva il respiro e sospingeva l’anitra a voli rapidissimi.

    Amara piangeva e diceva alla vecchia :

    << Per carità, mettetemi a terra ! Lasciatemi tornare da mia madre ! >>

    Ma la donna, senza darle retta, pareva tutta felice di quell’orribile tempaccio; allargava le braccia, come se avesse voluto volare ancora più in fretta, mentre cantava una canzone con voce gutturale :

    << Sopra acqua e sopra vento

    Andiamo a Sacramento !

    Ci porta l’uragano,

    il tuono e la tempesta !

    Su, datevi la mano !

    Questa è la vostra festa ! >>

    Amara capì che stavano andando a Sacramento, in California, dove c’era un noce stregato, sotto il quale ogni sabato sera ballavano le fate, i diavoli e le streghe ; ed ebbe più paura che mai.

    Uh che volo ! I capelli della strega svolazzavano al vento, la sua lunga veste gialla sembrava una saetta che solcava le nubi.

    A un certo punto Amara riaprì gli occhi, che aveva chiusi per la grande paura e guardò giù. Sotto a lei c’era una vasta pianura, sulla quale si muovevano tremolando moltissimi fuochi. In mezzo appariva una luce più grande, così abbagliante che, invece della notte, pareva di essere in pieno mezzogiorno.

    L’anitra intanto andava via via abbassandosi verso la terra, finchè si posò nel mezzo di un delizioso giardino, pieno di bellissime piante fiorite, alberi carichi di frutti maturi e di infinite varietà di fiori colorati.

    Al centro del giardino c’era una fontana di marmo bianco, con cento bocche dalle quali zampillavano acque color d’argento.

    Amara e la vecchia scesero a terra e l’anitra atterrò sulla vasca della fontana, quindi si nascose sott’acqua.

    La vecchia e la fanciulla, che non riusciva a riprendersi dallo stupore, si misero in cammino lungo un viale di variopinti e profumati fiori.

    In pochi minuti si trovarono davanti a un meraviglioso palazzo, tutto intagliato in un’unica pietra preziosa.

    Dodici fanciulle, ognuna vestita di un colore diverso, ma tutte abbaglianti e radiose, andarono incontro ad Amara, saltellando e ballando. La presero per mano e la condussero con loro. Entrarono insieme in una stanza dal soffitto e dal pavimento bianchi e le quattro pareti fatte di una lastra di specchio.

    Le ragazze levarono di dosso ad Amara i suoi cenci e, in un batter d’occhio, la vestirono con un abito di pizzo d’argento, tanto vaporoso da sembrare di piume. Ai piedi le fecero calzare un paio di scarpine tessute d’oro, leggerissime. Sul capo le posero un diadema e al collo un magnifico collier di perle. Le ornarono le mani di anelli e infine le diedero un ventaglio di piume, che era una meraviglia.

    Amara, guardandosi in quei grandissimi specchi, non si riconosceva più!

    << Andiamo, principessina >>, le dissero allora le fanciulle, << siete bellissima. Vi condurremo alla festa>>.

    La presero di nuovo per mano e la accompagnarono nel bel giardino, dove moltissimi cavalieri e splendide dame passeggiavano ridendo e chiacchierando allegramente.

    Allora Amara si accorse che quella luce chiara, che aveva trasformato la notte in mezzogiorno, proveniva da un infinito numero di lanterne sospese tra i rami degli alberi. Si sentiva pure una musica deliziosa e non si capiva da dove provenisse.

    A un certo punto le sue accompagnatrici la lasciarono e Amara si vide davanti un bel cavaliere, vestito di velluto rosso con ricami d’oro e di pietre preziose, così luccicanti che parevano fiamme.

    Il bel cavaliere le porse un frutto d’oro che aveva colto in quel momento da un albero; Amara lo assaggiò e sentì un sapore delizioso.

    Il cavaliere le offrì il braccio e insieme passeggiarono per quel luogo incantevole.

    La giovane guardava con meraviglia quei fiori grandi e colorati, quegli alberi lucenti, quella folla elegante che andava in su e in giù …

    Certamente doveva trattarsi del giardino di un re !

    Il cavaliere le disse :

    << Volete ballare con me ? >>

    Amara non aveva mai ballato in vita sua ma, prima che avesse potuto rispondere, si sentì sollevata leggermente dal suolo e trasportata come da un turbine volteggiante.

    La musica si faceva più forte, vertiginosa. Lo spazio si era allargato; il giardino era diventato un magnifico salone col pavimento di cristallo e le pareti d’argento.

    Dal soffitto pendevano cento lampade che diffondevano una luce dorata.

    << Avete fame ? volete cenare ? >> le chiese il cavaliere.

    Amara si ricordò che in tutto il giorno aveva mangiato soltanto a colazione la zuppa di pane e latte. Tutte quelle emozioni e il moto le avevano fatto venire un gran appetito.

    Aveva appena mormorato un ‘’sì’’ e già le tavole nella sala erano pronte.

    Lunghissimi tavoli, coperti di tovaglie ricamate, di ori, di argenti, di cristalli e di fiori erano carichi di pietanze invitanti, tutte cose che Amara non aveva mai viste in vita sua! Vi erano piatti di selvaggina, arrosti, verdure cucinate in mille modi, torte, creme, gelatine e dolci di ogni sorta; inoltre, bottiglie di cristallo finissimo colme di vini prelibati.

    Amara e il suo cavaliere si sedettero a tavola e subito furono serviti da leggere e rapide cameriere, di tutto ciò che desideravano. Amara, però, in mezzo a quelle delizie, ebbe un pensiero affettuoso per sua mamma, poiché in fin dei conti non era una cattiva ragazza.

    Pensò :

    << Se potessi far gustare anche alla mamma questi manicaretti ! Povera mamma, non ne ha mai mangiati ! >> E sospirò.

    << Che avete ? perché siete triste ? >>, mormorò una voce vicina a lei .

    Amara riconobbe la vecchia strega che l’aveva condotta fin là e che, nel corso della serata, aveva perso di vista.

    << Penso che tutte queste belle cose spariranno, forse ! Vorrei averle sempre e far felice anche la mamma ! >>, mormorò la fanciulla.

    << Prendi queste tre noci >>, disse la vecchia, << sono dell’albero stregato di Sacramento. Ognuna di esse racchiude la realtà di un tuo desiderio. Sappile utilizzare e sarai felice >>.

    Amara ringraziò la vecchia e si mise in tasca le tre noci; ma, mentre il chiasso, le risa, le chiacchiere erano all’apice, tra il tintinnio dei piatti e dei bicchieri, si senti un colpo, come di un grosso sasso, a una finestra della sala e uno dei vetri andò in frantumi.

    Era certamente un misterioso segnale, poiché istantaneamente solo le dame e i cavalieri balzarono in piedi e si precipitarono verso le varie porte della sala.

    In un batter d’occhio tutti scomparvero e Amara si trovò sola con la vecchia strega.

    << Che cos’ è successo ? >>, le chiese.

    << Mezzanotte è vicina >>, disse la vecchia con voce tremante. << Guai a noi se ci trovassimo qui ! Presto, presto, vieni ! >>.

    La prese per un braccio e la trascinò con sé. Corsero fino alla fontana e videro l’anitra che era già sull’orlo della vasca, pronta a riceverle. L’uccello starnazzò, spalancò le ali e gracidò :

    << Ero già stanco di aspettarvi ! Quante volte, vecchiaccia, ti dissi di sbrigarti più in fretta ? >>

    La vecchia, tutta mortificata, non rispose nulla e montò sul dorso dell’anitra, Amara fece lo stesso e l’uccello spiegò le ali, quindi si sollevò nell’aria.

    La ragazza si chinò a guardare ancora una volta il magnifico giardino ma, chissà per quale incantesimo, era sparito … Vide soltanto una pianura buia e deserta e, nel mezzo di essa, un grandissimo albero, tutto nero e dall’aspetto sinistro.

    Ripassarono per gli stessi luoghi di prima; Amara rivide i boschi, i mari, le città, ma l’oscurità era cresciuta e lei li distingueva appena.

    << Vuoi venire ancora alla nostra festa ? >>, chiese la strega.

    Amara restò un momento perplessa. Ma poi il ricordo delle belle cose vissute la convinse a dire di sì.

    << Allora, il prossimo sabato trovati ancora sulla piazzetta dov’eri stasera. Ci sarò anch’io. Mi raccomando, però, non dire niente a nessuno! Eccoci arrivate . >>

    Infatti, senza che Amara se ne fosse nemmeno accorta, si ritrovarono sul prato da cui erano partite poche ore prima.

    L’anitra scese ed entrambe smontarono.

    Poi la vecchia le diede un leggero colpo sull’ala e, " tac’’, l’anitra ridivenne una scopa, come prima !

    << Vai a prendere la tua bottiglietta d’olio, che è ancora dove l’avevi messa, poi vai a casa e dì a tua madre che ti eri addormentata >> ordinò la vecchia.

    Dette queste parole, la strega sparì con la sua scopa. Amara stava per dirle :

    << Ma come spiegherò alla mamma il possesso di questi bei vestiti ? >> quando si guardò e vide che erano spariti ! Amara non aveva altro indosso che i suoi poveri stracci di prima ed era rimasta a piedi nudi.

    Toccò la tasca … Le noci c’erano ancora, però. Poteva dunque desiderare tutto quello che voleva ! Erano finiti i guai, per la mamma e per lei: potevano essere ricche e ben vestite! Bastava desiderarlo.

    Con questi pensieri si avviò verso casa e, per via, raccolse la bottiglia d’olio, che era sempre ai piedi della statuina della Madonna, dove l’aveva lasciata.

    Arrivata a casa, bussò e, alla madre che era tutta piangente e l’aveva già cercata in tutte le case vicine, disse che si era addormentata per strada .

    La buona donna, che le voleva un mondo di bene, non la sgridò, le mostrò anzi i fagioli che aveva conservato per lei.

    Amara li guardò con disprezzo. Fagioli, a lei che aveva mangiato tante cose buone ! Disse che non aveva appetito e andò a dormire, mettendo le tre preziose noci sotto il cuscino.

    Non poteva però prendere sonno, perché nella testa le ‘danzavano’ tutte le magnifiche cose che aveva visto e sentito. Pensava :

    << Cosa mi converrà desiderare ? Devo stare attenta perché le noci sono soltanto tre ! La vecchia poteva regalarmene di più …! >>

    Tutta la settimana seguente, Amara fu sempre sopra pensiero e svogliata. Il cibo non le andava giù e, quanto a lavorare, non se ne parlava. Perché doveva affaticarsi, se un giorno avrebbe potuto esser ricca, ricchissima, e bastava solo volerlo ?

    Ma non voleva ancora far uso del dono della vecchia; preferiva aspettare il sabato e tornare in quel giardino incantato … Chissà chi era quel bel giovane vestito di velluto rosso ? forse un principe ? e se l’ avesse sposata ? poteva diventare regina, chissà !

    e per giunta, con l’aiuto delle tre noci, essere la più felice delle donne.

    Arrivò finalmente il sabato. Appena il sole tramontò, disse alla mamma:

    << Mi permetti, mamma, di andare dalla Signora Annamaria ? Filerò tutto questo cotone >>.

    La madre, troppo spesso permissiva, disse di sì e la ragazza sgusciò via come una freccia !

    Quando fu nel vicolo buio, buttò il cotone che aveva portato con sè e aspettò la vecchia.

    Intanto pensava:

    << Perché devo andare alla festa vestita come una stracciona ? E’ meglio che io mi faccia subito un bell’abito, così lo avrò per me e potrò indossarlo anche se il principe vestito di velluto venisse a farmi visita >>.

    Detto fatto : prese una delle tre noci, la ruppe con un sasso e ne uscì subito un abito magnifico, ancor più bello di quello che le avevano prestato le fate !

    Amara lo indossò pensando :

    << Tanto ho ancora altre due noci ! >>

    Aveva appena finito di dirlo, quando si accorse dei suoi piedi nudi !

    Che sciocca era ! …Aveva pensato all’abito ma non al resto !

    Poteva andare scalza, con un vestito così bello ? Tutti si sarebbero burlati di lei !

    Desiderò dunque di avere anche delle scarpe eleganti e altri ornamenti da abbinare al bell’abito, così spezzò la seconda noce e vi trovò un paio di scarpette d’oro, un ventaglio, dei gioielli …

    In un momento fu pronta.

    Pensava però con rammarico di aver già sciupato due delle noci preziose; ma si consolò, riflettendo che gliene restava ancora una.

    Con l’ultimo dei tre desideri avrebbe potuto chiedere tutti i tesori della terra !

    << Buonasera >>, disse una voce. La vecchia e la scopa erano dinanzi a lei.

    << Oh, oh, ci siamo vestite eleganti, eh ? >>

    << Così…per non essere tanto brutta … >>, mormorò Amara alquanto confusa.

    La vecchia fece una grande risata, ma non disse nulla. Trasformò la scopa in anitra e fecero lo stesso viaggio del sabato precedente.

    Per via, Amara domandò alla vecchia :

    << Quel bel giovanotto vestito di rosso è forse un principe ? >>

    << Si, è uno dei più importanti principi del mondo >>, rispose la strega, con voce bassa e tremante.

    Amara fu molto felice e pensò che se il principe l’avesse sposata , lei sarebbe diventata una principessa.

    Giunsero, per acqua e per vento al solito luogo, Sacramento, dove si trovavano il giardino incantato e il magico palazzo, pieno di magnificenze.

    Le dame e i cavalieri ballarono, cenarono e tutto avvenne esattamente com’ era accaduto l’altra volta.

    Ma ad un certo punto, il cavaliere vestito di rosso si alzò e, porgendo la mano ad Amara, esclamò ad altissima voce :

    << Signore e Signori, siate testimoni che questa è la mia sposa !>>

    Tutti gridarono : Bravi ! bene ! batterono le mani ; il frastuono era veramente … indiavolato.

    Amara era felicissima. Strinse la mano del suo sposo, così forte che le parve di sentire attraverso il guanto, le unghie alquanto adunche del giovane…Ma non si spaventò per questo e fu, anzi, molto contenta quando questi le disse :

    << Ora ti porterò con me al mio castello >>.

    La ricondusse presso la fontana del giardino e l’anitra uscì dall’acqua.

    Ad Amara parve che l’uccellone avesse gli occhi di fuoco !

    Il cavaliere montò prima e, subito dietro di lui, sedette Amara, alla quale gridò :

    << Tieniti forte a me, poiché il viaggio sarà lungo ! >>.

    L’anitra partì quindi in volo, come una freccia.

    Che viaggio ! Pareva non dovesse finir più !

    Via per monti, per valli, attraverso le nubi, ora vicino alle stelle, ora giù in cupi abissi.

    Amara tremava, senza sapere bene perché e intanto pensava alla mamma.

    << Appena saremo arrivati al castello del mio sposo, manderemo una carrozza a prendere la mamma … Saremo tutti felici, insieme … >>

    Diceva questo a sè stessa, per calmare i suoi rimorsi.

    Il suo misterioso compagno non diceva nulla.

    Ad un tratto …

    << Oh, cos’ è questo ?>> Amara lanciò un grido che si perse nel sibilo del vento …

    Aveva visto che il cavaliere seduto innanzi a lei aveva sulla testa un lungo paio di corna! …

    << Signore, aiuto ! >> gridò lei, poi in fretta si fece il segno della croce.

    Allora il cavaliere si voltò, urlando con una voce terribile :

    << Guai a te se invochi ancora quel nome e se ripeti quel segno ! Ti scaravento giù, sul fondo del mare ! >>

    Oh, quale orribile cambiamento! Il bel cavaliere aveva gli occhi di fiamma, una barbetta da caprone, un viso insomma che metteva terrore…

    Amara capì che era proprio il Diavolo in persona e fu un miracolo se non morì di paura…

    Ma per fortuna, in quel terribile istante, si ricordò dell’ultima noce che le restava … Lestamente la trasse dalla tasca … ma non sapeva come fare a romperla … Provò coi denti : era dura come un sasso !

    Al colmo della disperazione, vide una gran valle nera sotto di loro … e in quella valle parevano ardere rossi fuochi qua e là … Un terribile e pungente odore di zolfo si faceva sempre più forte …

    Allora le venne un’eccellente ispirazione. Tac, picchiò la noce sopra una delle corna del diavolo, e mormorò :

    << Ch’io sia a casa, nel mio letto !>> …

    Sentì un rimbombo immenso, un urlo fortissimo che avrebbe risvegliato i morti !

    Subito Amara si ritrovò nel proprio letto e, accanto a lei, dormiva pacificamente la sua mamma !

    Avrebbe creduto di avere sognato, se non si fosse vista vestita e agghindata a festa come la sera precedente, prima di partire per quel terribile viaggio.

    Amara chiamò la madre e, piangendo, le raccontò ogni cosa.

    La mamma si era addormentata tranquilla, poiché …malizia delle streghe ! … le era parso di vedere sua figlia nel letto e aveva creduto in effetti che fosse proprio Amara, in carne ed ossa; invece non era che un’ombra !

    E’ facile immaginare la paura che ebbe, quando la figlia le raccontò tutto !

    << Ed ora, cosa faremo di queste cose ? >>, disse toccando l’abito e i monili che la strega aveva donato ad Amara, per mezzo della noce incantata.

    << Nascondile ! Io non voglio più vederle ! Mi fanno paura ! >>, gridò Amara.

    Chiusero tutto in una cassa e, finalmente, si riaddormentarono tranquille.

    Il mattino seguente, alla luce del sole, riaprirono la cassa e … videro che al posto della bella roba vi erano soltanto cenere e carbone !

    << Vedi, figlia mia >> , disse allora la madre, << è proprio vero che la farina del diavolo va tutta in crusca.

    A che serve desiderare tante cose ? Accontentiamoci del poco che Dio ci dà.

    Amara stavolta diede ragione alla madre e non fu più scontenta e di malumore come prima. Aveva imparato che:

    ‘’ Chi per vie storte ricco diventa

    Molto non passa che se ne penta ! ‘’

    Il natale di KATE

    Poiché l’avevano trovata una sera, su una strada, così piccola e bionda, gli anziani coniugi Smithson non avevano saputo resistere al desiderio di portarsela con loro, benché fossero molto poveri; la chiamarono Kathrin, detta Kate.

    Appena la bimba cominciò a camminare, i genitori adottivi le affidarono un branco di oche da portare al pascolo. Fu per questo che in tutto il villaggio la chiamarono Kate delle oche.

    Gli anni passavano e Kate cresceva, sempre più bella, con occhi azzurro-blu e i capelli biondi, color del grano maturo. Eppure si nutriva soltanto di patate, segale e latte cagliato, come i suoi genitori adottivi !

    Era un brutto inverno per gli abitanti del villaggio: il raccolto non aveva reso granché; le patate erano state colpite da parassiti; gli Smithson non potevano pagare l’affitto del poco terreno che coltivavano e si aspettavano da un momento all’altro di essere sfrattati dal proprietario.

    Il 24 dicembre passarono una Vigilia di Natale molto triste pensando a queste cose.

    Kate con i suoi parlava della loro miseria e delle feste che i ricchi preparavano quella sera.

    << E’ arrivato anche il nuovo padrone del castello>>, disse Patrick ( il papà );

    << chissà che banchetto ci sarà domani !>>

    << Mi pare di vedere le tavole imbandite, brillanti di luce, cariche di bottiglie e di piatti colmi di ogni ben di Dio !>>, continuò la vecchia Mary sospirando.

    Anche Kate sospirò. A lei non importava nulla per sé stessa ma avrebbe voluto procurare ai suoi buoni genitori adottivi, anche una soltanto delle squisite pietanze che sarebbero comparse l’indomani, sulla mensa dei ricchi signori !

    << Andiamo, andiamo, babbo, mamma >>, disse sforzandosi di mostrarsi allegra, <>

    Disgraziatamente però Kate si ricordò che di zoccoli non ne aveva più. Quelli che portava ai piedi erano così vecchi e logori da non poterli certo mettere sul focolare per la notte di Natale …

    D’improvviso

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