La ricerca antropologico-fotografica di Annabella Rossi presso il Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari
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Questo saggio propone la griglia entro cui muoversi per esplorare, anche noi come lei, quegli anni, dunque attraverso la ricognizione di tutta la sua intera produzione, pubblicamente consultabile, rivivere tanto la storia personale quanto quella di un'epoca storica . . . con l'auspicio che queste notazioni inaugurino più profondo interesse intorno alla sua figura.
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Anteprima del libro
La ricerca antropologico-fotografica di Annabella Rossi presso il Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari - Annamaria Giunta
Annamaria Giunta
La ricerca antropologico-fotografica di Annabella Rossi presso il Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari
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Ringraziamenti
I MIEI PIU SENTITI RINGRAZIAMENTI VANNO A VALERIA PETRUCCI PER IL CONSENSO ACCORDATOMI ALLA CONSULTAZIONE DEI MATERIALI NECESSARI PER LA STESURA DELLA MIA TESI, A LUIGI MARIA LOMBARDI SATRIANI PER LA GENEROSA DISPONIBILITA’ E VIGOROSO SOSTEGNO, A PAOLA ROSSI PER LA PRODIGA E FAMILIARE ACCOGLIENZA.
Indice dei contenuti
Ringraziamenti
PREFAZIONE
INTRODUZIONE
ANNABELLA
Cenni biografici, studi, interessi
La passione come metodo di ricerca
IL SUO TEMPO E DE MARTINO
Collocazione storico culturale
Esperienza al seguito di de Martino
Orizzonte interpretativo della cultura subalterna
Le feste dei poveri e i termini oppositivi della cultura folkrorica
La povertà come disagio esistenziale
L'IMPEGNO ANTROPOLOGICO
Attività presso il Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari di Roma
Collezione Rossi, didattica, pubblicazioni
ALLEANZA CULTURALE CON GANDIN
Influenza di Michele Gandin
LA FOTOGRAFIA
Ricorso delle scienze antropologiche al mezzo fotografico
Analisi critica della fotografia di Annabella Rossi
La produzione Fotografica di Annabella Rossi
Interventi per il sostegno e la diffusione del mezzo fotografico in antropologia
LA SUA RICERCA FOTOGRAFICA SUL CARNEVALE
Organizzazione del lavoro
Lettura del Carnevale
CONCLUSIONI
APPENDICE
Pubblicazioni di Annabella Rossi
BIBLIOGRAFIA
"Voir, et voir sur cette terre,
comment oublier la leçon'"
A. Camus
PREFAZIONE
Il nome di Annabella Rossi, dopo quello di Lamberto Loria, è quello maggiormente legato alle raccolte di materiale documentario custodito dall’Istituto Centrale per il patrimonio immateriale e dal Museo delle Arti e Tradizioni Popolari Lamberto Loria
, testimonianze di una ricerca più che ventennale che oggi incrementa e valorizza il patrimonio immateriale italiano presso l’Archivio Fotografico Moderno, l’Archivio Sonoro, l’Archivio di Antropologia Visiva dell’Istituto in un fondo fotografico, di registrazioni sonore e di filmati.
Dal repertorio delle acquisizioni di oggetti Raccolta Rossi
si rileva che congrua parte di reperti e manufatti è stata da lei raccolta durante ricerche su campo. Il suo nome è collegato a numerose ricerche scientifiche, all’allestimento di numerose Mostre realizzate. L’organizzazione di attività come quella avviata con l’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, riporta suoi orientamenti e disposizioni per la creazione di nuove schede di catalogo della cultura folklorica e per il miglior adempimento dei relativi obblighi di compilazione. La Biblioteca dell’IC-pi conserva quasi tutti i suoi scritti e lavori riportanti sue esperienze e ricerche. Soltanto il tempo forse ha potuto concedere la giusta misura e distanza per una lettura critica della sua opera e, per quanto riguarda me, è stata l’occasione lavorativa a regalarmi l’agio di visionare sistematicamente e ripetutamente la sua produzione fotografica, offrendomi la possibilità di studiare la sua più intima modalità di rapportarsi alle realtà oggetto di ricerca e di utilizzare la sua visione fotografica come chiave di lettura globale del suo impegno antropologico. Mi ha anche fornito suggerimenti che il suo modo di fotografare comunica leggendo complessivamente il suo operato come chiaro ed evidente schieramento ideologico, nelle diverse dinamiche oggettive, storiche e personali. Mentre ritengo analogo a quello di Lamberto Loria lo spirito bulimico che guida l’intera raccolta documentaria.
L’idea di pubblicare è per proporre scritti di interesse etnografico nei termini di divulgazione, per promuovere la diretta consultazione di materiali di interesse storico-antropologico in possesso dell’IC-pi e del Museo delle Arti e Tradizioni Popolari, ricordando di pari passo l’attività antropologica e fotografica svolta da Annabella Rossi e fornendo una griglia, anche bibliografica, su cui muoversi per ricerche presso gli Enti in parola.
Per questo motivo elenco in Appendice le pubblicazioni Rossi in forma esaustiva e cronologica, senza suddivisioni in opere, estratti, articoli, recensioni. Poiché è stato utile e necessario rapportarmi alla sequenza cronologica dei suoi scritti, al fine di individuare l’evoluzione e lo sviluppo sistematico del suo lavoro e per delineare la successione e l’ampliamento dei suoi interessi, credo giusto ripresentare l’elenco così come elaborato e utilizzato, nella convinzione che questo possa assumere carattere complementare alla lettura dell’intero testo e rispondere ai suoi propositi divulgativi.
[1] Da ora in poi IC-pi.
[2] Presso l’Ufficio Inventario del Museo delle Arti e Tradizioni Popolari.
[3] Note per la compilazione della scheda FKC , in Ricerca e catalogazione della cultura popolare
, Mnatp e ICCD, Ministero BBCCAA, 1978.
[4] Vedi considerazioni e notazioni riportate in La raccolta Rossi dell'archivio fotografico
di Annamaria Giunta, in Annabella Rossi e la fotografia- Vent'anni di ricerca visiva nel Salento e in Campania
a cura di Vincenzo Esposito. Liguori editore.
INTRODUZIONE
I prodromi dell’attività legislativa dei beni culturali sono certamente da far risalire alla formazione dello Stato Unitario che eredita la tradizione dei vincoli fidecommissari
[1] dall’antico Stato pontificio, ai quali vincoli, per l’appena nato Stato italiano sono soggetti gallerie, biblioteche ed altre collezioni di arte e antichità
ai sensi della Lg. 2816/1871.
Gli anni che vanno dall’unità del Regno ai primi del Novecento in un fervore di sentimenti patriottici e di asserzione di un’identità nazionale eleggono il museo, attraverso questa legge, luogo deputato all’opera di conservazione del patrimonio artistico e storico italiano. Dopo il 1860 infatti l’istituzionalizzazione di collezioni private raccolte e custodite nei musei, sotto il controllo di un’amministrazione centrale, intende superare la frammentarietà e disomogeneità degli stati preunitari e l’arco di tempo, dai primi del Novecento alla stesura della carta costituzionale del 1948, trova sostanzialmente invariata l’identità del museo italiano nelle sue attribuzioni di –conservazione e custodia-.
Il Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari, [2] già istituito come Regio Museo di Etnografia Italiana con R.D. 2111/1923, [3] apre al pubblico il 20 aprile 1956 con l’esposizione di parte delle raccolte operate da Lamberto Loria in occasione della Mostra di Etnografia Italiana del 1911 [4] trovando sede presso il Palazzo delle Tradizioni Popolari progettato per l’Esposizione Universale di Roma [5] (E42). Inaugurato con la Direzione del Prof. Tullio Tentori, [6] nonostante i suggerimenti di Paolo Toschi [7] che sollecitava l’istituzione di un’apposita Soprintendenza in modo da far assumere al Museo ruolo fondamentale di centro di studi e di ricerca
, [8] venne posto sotto la Soprintendenza delle Gallerie di Roma e del Lazio
. [9]
Il periodo postbellico, nonostante la legislazione successiva alla costituzione della Repubblica Italiana e pur acceso da vivaci dibattiti per una nuova concezione museografica, non incide in alcun modo dal punto di vista di nuove normative giuridiche. Non contribuiscono a modificare il ruolo del museo delineatosi dalla fine dell’Ottocento né l’istituzione della Commissione parlamentare del 1956, [10] non i lavori avviati dalla Commissione Franceschini, [11] né quelli avviati dalla Papaldo, [12] che pure contemplano una riforma per il funzionamento e l’organizzazione dei musei.
Il D.P.R. 1673/1956 che sancisce la modificazione della denominazione del Regio Museo di Etnografia Italiana in Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari, lo istituzionalizza adottando una terminologia specifica in linea con il progresso degli studi folklorici compiuti negli ultimi decenni
[13] , definendone in questo modo unicità della competenza disciplinare a livello statale, visto che nella nuova sede viene esposto unicamente il materiale relativo ai prodotti tradizionali ed artistici del popolo italiano
. [14] In seguito, stante la direzione del Prof. Tentori, il Promemoria stilato da quest’ultimo per i membri della Commissione d’indagine per la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico, archeologico, artistico e del paesaggio, [15] contiene le indicazioni per un riconoscimento ufficiale dell’indipendenza tecnica del Museo dalla Soprintendenza, circostanziate dalla precisa caratterizzazione scientifica dello stesso, e per l’assegnazione di una configurazione giuridica che lo definisca Istituto autonomo, attribuzione, in seguito ottenuta e stabilita dall’art. 23 del D.P.R. 805/75.
Nella considerazione delle innovazioni apportate dal Dlgs. 112/98, dal DLgs. 490/99 e dal D.M. 10 maggio 200 per la promozione del museo statale a "soggetto, la cui condizione giuridica può assumere forme diverse " [16] , di poi nulla interviene a mutare l’assetto del Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari poiché tanto il DLgs. 368/98, [17] quanto il D.P.R. 441/2000 [18] continuano a disciplinarlo come Istituto autonomo.
Intervento fondamentale e costitutivo per il riconoscimento del suo ruolo dopo quasi un secolo, radicandosi alla storia del Regio Museo di Etnografia Italiana poi Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari, secondo le indicazioni accolte di Tentori di Istituto specializzato [19] , è soltanto l’emanazione del D.P.R. 26/11/2007 n. 233 al quale fa seguito il D.M. 07/10/2008, che istituisce l’Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia subentrante, ai sensi dell’art. 2, c. 4 del D.M. 18/06/2008, al Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari, conseguentemente soppresso.
Unico istituto di livello nazionale destinato alla conservazione e ricerca scientifica nel settore della cultura folklorica intesa nella sua accezione più ampia come disciplina che s’interessa di tradizioni e processi di decodificazione degli stessi, usi e costumi e relativi segni e significati, modalità e tecniche di produzione di beni, sistemi di organizzazione familiare e sociale, ritualità pratiche magico-religiose, sistemi simbolici, di credenze e riti, costumi, forme di comunicazione visiva e sonora, narrativa orale e mondo immaginario, musiche, etc. [20]
Nel novellamento delle leggi, nell’ambito dell’ultima Riorganizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo ai sensi dell’art. 1, c. 327, Lg. 28/12/2015, n. 208
al fine di assicurare il buon andamento di tutela del patrimonio culturale, nonché di valorizzare il patrimonio archeologico e