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TEMPUS FUGIT, amico mio
TEMPUS FUGIT, amico mio
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Ebook188 pages2 hours

TEMPUS FUGIT, amico mio

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About this ebook

“Tempus fugit” è il titolo del primo di questi nove racconti, ma “amico mio” è un vocativo rivolto direttamente al lettore, quasi a far da monito ricordandogli quanto l’affermazione precedente sia un dato di fatto ineluttabile e inconfutabile. Anche se le vicende qui narrate hanno una connotazione spazio-temporale precisa, spesso con datazione certa dei fatti, le lancette delkronossi alternano continuamente con quelle delkairos: il tempo della riflessione, dell’incontro dentro di sé; il tempo che ci prendiamo per apprendere da ciò che accade, per prendere nuove strade, per scegliere; il tempo interiore, sempre presente, a cui basta accedere, che tuttavia può sembrare inaccessibile, inesplorabile; un tempo in cui tutto sembra poter rallentare quando invece fuori tutto accelera. È il tempo che scandisce il ritmo dell’anima ed Elide Ceragioli, in queste pagine, lo esplora portando il lettore a condividere passioni, sentimenti, pulsioni e sogni dei protagonisti e lo fa attingendo con naturalezza e semplicità alla sua profonda esperienza di donna, moglie, mamma e, forse soprattutto, medico neuropsichiatra, che conosce a fondo la persona umana in tutte le sue dimensioni, le più intime e nascoste.

Ogni racconto un mistero da scoprire, un giallo da risolvere, ma prima di tutto personaggi-persone da conoscere.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateDec 21, 2020
ISBN9791220311113
TEMPUS FUGIT, amico mio

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    TEMPUS FUGIT, amico mio - Elide Ceragioli

    sempre!

    Tempus fugit

    Entrò nel negozio, ma si fermò sulla soglia e guardò con palese ammirazione le composizioni di fiori. Una donna uscì dal retro tenendo in braccio, amorevolmente come fosse un neonato da cullare, un fascio di foglie dall'intenso colore verde.

    Desidera? gli domandò sorridendo e incoraggiandolo ad entrare. Renato alzò le spalle, incerto, poi indicò le rose rosse dal lungo gambo elegante. Gli pareva che somigliassero a macchie di sangue coagulato sparse su un prato. Di quelle ne aveva viste tante e si erano fissate in modo indelebile nella sua memoria.

    La fioraia approvò la sua scelta: Ah, le Baccarat! Le più belle! e domandò: Quante?

    Renato fece un rapido calcolo e rispose: Sette, poi continuò quasi giustificandosi, è una specie di anniversario.

    La donna sorrise di nuovo e scelse sette boccioli appena aperti, così perfetti da sembrare dipinti da un provetto pittore. Fasciò il mazzo con carta trasparente, lo legò con un nastro sottile e gli porse anche una piccola busta bianca. Se vuole accompagnarle con un biglietto… sono trentacinque euro.

    Renato scrisse rapidamente il suo nome, aspettò che lei pinzasse la busta al mazzo e pagò ringraziando. Il prezzo gli era parso un po' eccessivo, ma non poteva tornare indietro nella scelta fatta, che ora considerava sbagliata, fuori luogo e troppo appariscente. Non aveva trovato parole da scrivere: «Con affetto?!» «Ti ricorderò?!» «In ricordo del lavoro insieme!??»

    Bugie o stronzate! Non desiderava ricordare nulla, piuttosto dimenticare.

    Camminando in direzione delle cappelle del commiato si sentiva a disagio, somigliava più ad un innamorato che a qualcuno addolorato per la perdita di una collega.

    Avrei dovuto farmi consigliare… che fiori si portano ad un funerale?

    Abituato a tenersi dentro i sentimenti, parlava fra sé e sé, in un soliloquio che smorzava la sua rabbia; affrettò il passo, spinto dall'impellente necessità di portare a termine quella sgradita incombenza.

    Adele Rodolfi era morta, finalmente, dopo lunga e sicuramente dolorosa malattia. Gli parve di rivederla, con un misto di pietà e disgusto, ridotta ad uno scheletro semovente, per lo più relegata alla poltroncina dietro la scrivania. Negli ultimi tempi riusciva a malapena a muovere il mouse, ma si ostinava a presentarsi in ufficio ogni sacrosanta mattina. Era attaccata alla vita come una tellina allo scoglio e al lavoro al punto di guardarlo con commiserazione quando lui era andato in pensione ed era passato a salutarla.

    Faccio una festicciola… l'aveva invitata, ma lei aveva scosso la testa e aveva risposto: Non posso venire. Ho del lavoro arretrato da fare. Cose importanti.

    Renato aveva comprato le rose perché Adele amava i fiori, o piuttosto amava ucciderli, recidendoli e assistendo poi alla loro lenta agonia? Ne aveva sempre un mazzetto sulla scrivania e li cambiava solo quando erano completamente secchi. Anche la morte nel suo impossessarsi delle cose, ha un suo fascino! aveva spiegato una volta a una collega che voleva gettarli via.

    Rimestò fra i ricordi di quei sette anni passati a lavorare vicini. Lui aveva sempre cercato di collaborare, poteva giurarlo, senza cedere di un millimetro ad una rivalità che aveva innescato un meccanismo di competizione prima e, sul finire, di ostilità. Adele, nei suoi anni migliori, era stata un'acuta e agguerrita investigatrice, ma più che per questa dote era nota per l'aggressività con la quale approcciava ogni collega maschio, rivendicando una superiorità di genere oltre che personale

    Il mite e accomodante Renato era stato una delle sue vittime preferite. Sospirò, consapevole che ora tutto era finito e non aveva senso continuare a odiarla.

    Un inserviente era seduto alla scrivania assorto nella compilazione di moduli e alzò la testa interrogandolo con lo sguardo.

    Scusi… Adele Rodolfi? domandò timidamente, a disagio.

    Dietro di lei. Quella porta… indicò l'uomo tornando ai suoi fogli.

    Renato entrò nella stanza letteralmente strapiena di fiori, al punto che la bara ne risultava nascosta in parte. Il profluvio di profumi lo stordì e lo fece barcollare. C'era solo una giovane donna vestita di scuro seduta su una poltroncina. Lo fissò con curiosità, poi si alzò, gli prese di mano i fiori e li posò accanto agli altri mazzi multicolori.

    Grazie, le piaceranno senz'altro… mia madre adora le rose.

    Renato la guardò sorpreso. Non sapeva che Adele avesse una figlia e certo non immaginava che fosse così bella. Spirava simpatia e gli piacque subito; in qualche modo somigliava alla sua, forse aveva persino la stessa età. Rimase in silenzio, cercando invano una parola di condoglianze, di vicinanza al dolore della ragazza, ma non gli veniva nulla. Fu lei a parlare. Gli domandò con voce dura, tagliente: È stato il suo amante?

    Lo guardava dritto negli occhi e Renato si bloccò di colpo, incapace di rispondere a quella domanda che lo aveva colpito brutalmente e che era lontana milioni di chilometri dal sentimento che aveva provato per Adele.

    No… no, che dice?! Siamo stati colleghi, solo colleghi.

    Era arrossito, come uno scolaro preso in castagna e la giovane equivocò e si scusò. Sono cose che non mi riguardano, ma mia madre è… era una donna complessa, difficile da capire e la presenza di un'amante mi avrebbe aiutato a perdonare la sua freddezza, il suo distacco da me, dalla mia vita.

    Adesso piangeva senza ritegno, asciugando le lacrime solo quando arrivavano al mento. Renato le si avvicinò e disse: Sua madre aveva un unico amore appassionato, che l'assorbiva totalmente. Era innamorata, forse ossessionata dal suo lavoro e questo le toglieva energie per la vita privata, escludendole la possibilità di avere affetti familiari, credo.

    Aveva parlato con dolcezza, scegliendo accuratamente le parole, perché non suonassero malevole, ma scusassero l'atteggiamento della Rodolfi. La giovane assentì e fece un cenno vago con la mano.

    Lei è l'unico ad essere venuto, sa?

    Renato allargò le braccia e fece una smorfia di disappunto.

    Mi chiamo Santini, ex ispettore. I colleghi verranno al funerale sicuramente, io purtroppo non posso partecipare. Da quando sono andato in pensione il mio corpo ha deciso di smettere di funzionare e mi tocca curarlo. Ho uno specialista per ogni organo. Urologo, ortopedico, oculista ecc. ecc. Oggi tocca al cardiologo, che è il più terribile di tutti.

    Accennò ad un vago sorriso, per smorzare la tragicità del momento e la ragazza aggrottò la fronte come se cercasse di ricordare qualcosa, poi si illuminò, prese la borsa e tirò fuori una busta.

    Mia madre voleva assolutamente che gliela dessi. Mi disse che è molto importante. È l'ultima cosa che ha detto prima di morire, ma non si aspettava che venisse. Mi aveva raccomandato di cercarla a casa sua, dopo il funerale. Ho pensato fosse una lettera d'amore... Non ha avuto parole per me.

    Riprese a piangere, coi pugni stretti e la fronte aggrottata. Il suo dolore sfumava in un'acredine che sarebbe solo aumentata col tempo.

    Renato guardò di sfuggita nella bara. Il corpo di Adele, circondato dal tulle, si distingueva a malapena, ma gli parve assurdamente che avesse una mano tesa verso di lui, quasi lo invitasse a seguirla. Provò l’impulso di fuggire e uscì lasciando la ragazza sola a domandarsi perché sua madre non l'avesse amata.

    Fuori, nel piazzale, piccoli gruppi di persone si consolavano a vicenda, sciogliendo in abbracci affettuosi, in meste strette di mano e sguardi di pietà il dolore di una perdita.

    Renato affrettò il passo verso il parcheggio. La busta lo incuriosiva, ma la sua priorità era andare a fare il controllo medico diventato urgente dopo un'avvisaglia preoccupante.

    La morte lo aveva sfiorato con la sua ala, ma poi si era ritratta, il tempo per lui non era ancora finito. Per Adele invece il filo era stato reciso ed era dovuta partire, lasciandosi dietro rancore e ostilità, pochi l'avrebbero rimpianta, e fra questi non certo la giovane figlia.

    Salì in macchina. Il traffico era intenso come solitamente a quell'ora del giorno e, accorgendosi del ritardo sempre maggiore, si arrabbiò con se stesso, con la sua smania di voler far troppe cose, per lo più inutili.

    Cazzo, sei in pensione, potevi startene a spasso nel parco, invece di far visita ai morti, che mettono tristezza, fanno passare l'appetito e il buon umore! Tanto mica la resuscitavi l'Adele, che poi è meglio si sia levata dalle scatole. Anzi, lo avesse fatto prima ci sarebbe scappata la promozione, invece quella era l'assopigliatutto della questura.

    L'acredine nei confronti della collega adesso veniva fuori liberamente, tanto, al chiuso dell'abitacolo, nessuno poteva sentirlo anche se urlava. Faticò a trovare parcheggio davanti alla clinica e quando scese era sudato, senza forze, un leggero tremore gli rendeva il passo incerto e lo fece barcollare.

    Cazzo, ora mi sento male, salto la visita e quello stronzo di dottore se la fa pagare lo stesso, pensò appoggiandosi ad un lampione. Rimase qualche minuto ad osservare il riverbero del sole sull'asfalto, boccheggiando in cerca d'ossigeno.

    Un giovane gli si avvicinò e gli domandò: Ha bisogno d'aiuto?

    Assentì: Mi gira la testa. Colpa delle troppe emozioni o forse dell’età… Fece una pausa per riprendere fiato poi proseguì: Devo andare a fare una visita medica.

    Lo sconosciuto gli porse il braccio. L'accompagno. Io devo parlare con un'amica infermiera che mi passa qualche notizia… Sono Andrea Curti, faccio il giornalista freelance, o meglio, ci provo.

    La sua voce amichevole lo aveva fatto sentire meglio, tese la mano: Io sono Renato Santini, ex ispettore di polizia ora pensionato, o meglio, ci provo.

    Risero entrambi e, affiancati, attraversarono il piazzale ed entrarono nell’edificio. La subitanea empatia li faceva sembrare amici di vecchia data.

    Se non ne ha per molto l'aspetto; prendo volentieri un caffè in compagnia gli disse Andrea, e l'uomo rispose subito: Grazie, glielo devo offrire, in fondo mi ha quasi salvato la vita. Si immagina se svenivo nel parcheggio? mi trovavano dopo una settimana.

    Il giovane scrollò le spalle: Non esageri… ha avuto solo un capogiro. L'aspetto.

    ***

    L'infermiera non aveva nessuna notizia che potesse diventare uno scoop e Andrea ciondolò nell'ingresso aspettando l'ex ispettore. Il tempo scorreva lento, come è giusto quando non si sa cosa fare e come impiegarlo.

    La giornata era andata storta fin dal mattino. Aveva il motorino dal meccanico; per ascoltare una conferenza gli era toccato attraversare Firenze coi mezzi pubblici e, in quel giugno dal sapore tropicale, proprio non ci voleva. Era arrivato molto in ritardo e aveva faticato ad imbastire l'articolo, anche se alla fine era venuto bene. Adesso sentiva la stanchezza gravargli sulle spalle e costringerlo a tenerle curve. Non aveva programmi per la sera e pensò che far due chiacchiere con un ispettore di polizia, anche se in pensione, non era una cattiva idea.

    Renato arrivò scendendo piano le scale, come se la visita lo avesse svuotato di tutte le energie. Era pallido in volto e gli sembrò molto stanco, appena lo vide però si rianimò e gli sorrise: Sono felice che mi abbia aspettato… il professore mi ha proibito di guidare, si figuri… mica posso andare a casa a piedi!

    Aveva assunto un tono imbronciato e triste allo stesso tempo e Andrea ne fu spaventato.

    Che cosa le hanno detto? Deve fare delle cure?

    L’ispettore scosse la testa: Roba di cuore… è sempre roba di cuore in ogni cosa, sa caro amico? Il dottore mi ha proibito il caffè... ma se fosse così gentile da accompagnarmi a casa con la mia macchina… ovviamente le pagherei il disturbo.

    C'era speranza mista a timore nella sua voce e Andrea allargò le braccia: Tranquillo, l'accompagno. Magari mi dà una dritta per un bell'articolo.

    Guidava con estrema precauzione, quasi che accanto avesse un intero negozio di cristalli, evitava le buche e frenava dolcemente ai semafori. Ogni tanto si girava a guardare Renato, ma quello sembrava non accorgersi di nulla e continuava, in una sorta di soliloquio, a raccontare quello che era successo.

    Pensi un po'... in pensione da sei mesi e mi viene una cardiopatia... mica una roba da poco. Un vero e proprio tsunami che mi ha stravolto la vita. Ora la sente mia moglie. Si incazzerà come una biscia e dirà che torna immediatamente e io dovrò trovare una scusa... lupus in fabula... eccola!

    Difatti il cellulare squillò e lui rispose, assumendo un'aria al limite fra il sollievo e la preoccupazione: Sto bene, lo sai che sono una pellaccia. In effetti il professore ha ordinato che non guidi per un po' e mi sono trovato l'autista. Sarai contenta!

    Andrea lo guardò di sottecchi, captava i frammenti della conversazione e si domandava quale rapporto ci fosse fra loro, ma non fece domande e aspettò che l'ex ispettore spiegasse: Antonella è in Germania da mia figlia... diventerò nonno, figuriamoci, proprio adesso che non posso neppure prendere l'aereo per andare a trovarla. Cazzo di vita che ti frega quando dovrebbe darti il giusto compenso!

    Era amareggiato, ascoltava le raccomandazioni della moglie e assentiva rassegnato: Ti ho detto che non sto guidando. Ascolta, il mio autista ti saluta…

    Gli avvicinò il cellulare al viso e il giovane, confermò: Sì signora, suo marito mi ha temporaneamente reclutato.

    Immediatamente Antonella si lanciò in un profluvio di parole che trasudavano timore: Tornerò il più presto possibile, gli impedisca di fare sciocchezze...

    Il giovane non sapeva cosa rispondere e sorrise. Renato riprese il suo soliloquio: Sicuramente stasera chiamerà di nuovo, control-lerà i voli, si consulterà con nostra figlia, farà il giro della casa, reciterà il rosario, piangerà un po' e accenderà una candela a qual-che santo... mia moglie è fatta così. Se si ammala lei non fa una piega, ma se mi viene una linea di febbre diventa pazza. Non si fidi delle donne, ti si attaccano e non ti mollano più.

    Andrea rise di gusto: Anche mio padre e mia madre si comportano così. Dev'essere una caratteristica delle coppie di vecchia data!

    Renato fissò il compagno con occhi assenti, come se vedesse qualcosa di invisibile agli altri, poi annuì: Già, già... vecchi! Siamo vecchi e il tempo che rimane è così breve!

    C'era profonda tristezza nella sua voce e insieme il ripianto per qualcosa di irrimediabilmente perduto.

    "Tempus fugit, caro amico! Lei che è giovane non lo dimentichi! Viva a pieno la sua vita, la assapori fino in fondo

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