Manuale di Medicina del Dolore
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Un testo indispensabile per studenti universitari, medici di base e specializzandi, professionisti sanitari e fisioterapisti, con l’ausilio di iconografia e riferimenti di storia della medicina.
Affascinante anche per chiunque voglia esplorare quel pianeta ancora troppo poco conosciuto che è il dolore.
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Anteprima del libro
Manuale di Medicina del Dolore - Paolo Marchettini
Paolo Marchettini
Manuale di Medicina del Dolore
ISBN: 9788894584431
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http://write.streetlib.com
Indice dei contenuti
Prefazione
Fisiologia del sistema nocicettivo
Fisiologia anatomica delle vie afferenti
Anatomia del sistema inibitore
Struttura e funzione dei nocicettori
Generazione del potenziale d’azione
Funzione del sistema inibitore
Organizzazione anatomica delle vie nocicettive
Nocicezione, dolore e sofferenza
Locognosia: territori radicolari, localizzazione del dolore cutaneo e muscoloscheletrico
Peculiarità della localizzazione del dolore
Il dolore riferito
Il paziente e il dolore
Esame del paziente con dolore
Anamnesi del dolore
Esame obiettivo
Esame della sensibilità
Esami neurofisiologici strumentali
Il dolore neuropatico
Concetti generali
Il dolore centrale
Introduzione
Il dolore midollare
Le lesioni cerebrali
Il dolore nella sclerosi multipla
Il dolore nel morbo di Parkinson
L'epilessia dolorosa
I dolori del capo
Il dolore neuropatico periferico
Introduzione
Le mononeuropatie da intrappolamento, da trauma e da lesione iatrogena
Il dolore da arto fantasma e il neuroma da amputazione
Le sindromi da dolore regionale complesso
Le polineuropatie e le plessopatie
Il dolore vertebrale
Cervicobrachialgia e lombosciatalgia
Diagnosi differenziali della lombalgia: artrosi e artrite
Il dolore neoplastico e metastatico
L’incidenza del dolore nei tumori
Il dolore da metastasi
Il dolore cronico
Una condizione senza fine
Rapporti tra sonno, dolore e depressione
La fibromialgia
Il dolore psicogeno
I disturbi da dolore somatoforme
La sindrome di Münchhausen (o disturbo fittizio)
La simulazione
La terapia
Il placebo (e il nocebo)
Il trattamento del dolore
La terapia farmacologica
La riabilitazione cognitiva comportamentale
Concetti di terapia invasiva
Letture consigliate o citate nel testo
L'autore
Ringraziamenti
COLLANA MEDICINA DIDATTICA
Prefazione
Si racconta che al dentista che gli chiedeva dove dolesse il dente, Bertrand Russell rispose: Nella mia testa, naturalmente . La citazione è forse impropria e non appare tra i numerosi aforismi attribuiti al filosofo matematico, ma è utile a introdurre questo manuale sul dolore e ad anticipare che esso è in ogni caso un’esperienza della mente.
Charles Darwin ha descritto il dolore come una emozione omeostatica , indispensabile alla sopravvivenza della specie e Friedrich Nietzsche, nella Gaia scienza
, ha ribadito il concetto scrivendo che nel dolore c’è tanta sapienza, quanta nel piacere: queste stesse forze sono il primo elemento di conservazione. Se così non fosse, il dolore sarebbe da tempo scomparso; che faccia male, non è un argomento contro di lui, è la sua natura .
René Descartes ha descritto il dolore come il risultato dell’eccitazione di specifiche vie che dalla cute raggiungevano il cervello, un concetto che anticipava di oltre due secoli le moderne teorie del dolore, spiegando come l’intensa stimolazione di specifiche fibre nervose possa contemporaneamente produrre la coscienza di qualità e intensità.
Dobbiamo al filosofo e poeta del sistema nervoso Charles Scott Sherrington l’invenzione del termine nocicettore, e con esso la separazione tra nocicezione e dolore, che ha aperto in seguito la via a distinguere anche tra nocicezione e sofferenza. L’elevata soglia di attivazione delle terminazioni nervose dedicate, la codificazione del segnale per frequenze, l’unidirezionalità della sinapsi e l’induzione delle risposte riflesse sono basi di conoscenza nella comprensione della fisiologia del dolore di cui siamo debitori a questo gigante della fisiologia e, anche se oggi ci si rende conto che la codificazione dei messaggi tra neuroni deve poggiare su codici più complessi del semplice aumento della frequenza di scarica, e che probabilmente anche le armoniche delle sequenze e le fasi di silenzio hanno un significato nella produzione dei segnali, nondimeno la diagnostica clinica interpreta ancora oggi il dolore affidandosi alle teorie formulate da Sherrington un secolo fa.
Ritornando a Bertrand Russell, egli ha affermato che nel viaggio della conoscenza umana gli errori sono più preziosi dei successi, perché identificano dei confini di certezza e stimolano lo sviluppo di nuove teorie.
La teoria del cancello formulata da Ronald Melzack e Patrick Wall negli anni Sessanta, ampiamente confutata nei suoi dettagli fisiologici perché non è comprovato nessun tono nocicettivo di fondo su cui le fibre mieliniche debbano esercitare funzioni inibitorie, è senza dubbio tra le più geniali delle teorie sbagliate perché, dopo il silenzio di decadi sulla ricerca dei meccanismi del dolore, ha prodotto un’esplosione di rinnovato interesse ed entusiasmanti scoperte in questo campo. Conoscenze nate dalla teoria del cancello sono la scoperta del sistema inibitore, l’esistenza delle morfine endogene, dei riflessi di soppressione nocicettiva, grazie alle quali è oggettivamente dimostrato che la soglia di percezione del dolore è diversa da quella di eccitazione dei nocicettori; per questo, il dolore è nella mente.
Lo studio delle attività cerebrali, con aumenti di metabolismo neuronale in condizioni comunemente diagnosticabili come psicosomatiche, la rilevanza del fenomeno placebo e la modulabilità del sistema nervoso inibitorio con condizionamenti riflessi e ipnosi, aggiungono continuamente peso alla prevalenza delle funzioni della mente su quelle dei recettori periferici nell’esperienza del dolore.
La potente azione del sistema inibitore è ampiamente narrata in resoconti di antropologi e viaggiatori esposti a fenomeni di soppressione del dolore che per la loro incomprensibilità sconfinavano nella magia, tanto che l’etnologo, filosofo e storico delle religioni Ernesto De Martino, lo chiamò proprio mondo magico.
De Martino osservò anche che la perdita dei propri riferimenti affettivi e domestici causati da malattie, morti, conflitti morali, migrazioni, può causare, oltre al dolore somatico, anche morte in apparente assenza di malattie del corpo. Si potrebbe terminare citando William Shakespeare quando fa dire al suo Amleto che ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia , ma la filosofia ha già affidato alla scienza il compito di spiegarne molte e ora comprendiamo meglio come la mente possa generare il dolore, amplificarlo o al contrario sopprimerlo.
Sono noti i mediatori della trasmissione nocicettiva periferica e spinale, aminoacidi eccitatori, sostanza P, bradichinine e sono noti i mediatori del sistema inibitore discendente: endorfine, serotonina, noradrenalina, dopamina, GABA. Non sono ancora identificati i mediatori eccitatori e inibitori che controllano il dolore psicogeno e il dolore dell’anima e che li differenziano per trasmissione dal dolore somatico e dal semplice controllo dell’umore. L’apparente mistero è probabilmente connesso al diverso stato di equilibrio in cui la mente sofferente per dolore cronico si assesta. È inevitabile che un’azione molecolare avvenga prima che l’anima si disperda nell’universo in milioni di atomi , come afferma Titus Lucretius Carus. Di certo è un ossimoro diagnosticare un dolore sine materia per corpi composti di materia.
La ricerca in questo campo dovrà forse guardare ai marinai che, sbarcando dalle navi dopo lungo tempo in mare, avvertono la terra instabile; lo chiamano mal di terra e per esperienza sanno che neppure le bevute più incontrollate potranno sopprimerlo, esattamente come gli oppioidi non controllano il dolore somatoforme. Se si studiano singolarmente i recettori statochinestesici, quelli vestibolari e le funzioni cerebellari, il mal di terra può sembrare un sintomo inspiegabile e inesistente, ma considerare mal di terra e dolore cronico come stati di dissinergia interna stabilizzati in nuovi stati di controllo inibitorio endogeno può aprire la strada a futuri successi terapeutici.
Questo manuale è dedicato a chi naviga la realtà della clinica del dolore e si affida alle teorie e alla scienza del passato per evitarne gli errori più evidenti, ma affida le proprie certezze all’esperienza e al costante confronto delle impressioni con la ragione, perché senza anarchia e rifiuto dei dogmi non c’è sviluppo. Apprezzerò chi mi segnalerà gli errori commessi nello scriverlo.
Paolo Marchettini
Fisiologia del sistema nocicettivo
Un'ora breve di dolore c'impressiona lungamente;
un giorno sereno passa e non lascia traccia...
Luigi Pirandello, L'esclusa, 1908
Fisiologia anatomica delle vie afferenti
Il sistema nocicettivo è costituito da vie afferenti che originano dai recettori periferici che, con tre e in alcuni casi quattro stazioni sinaptiche con neuroni intermedi, raggiungono la corteccia cerebrale somatosensoriale. Il sistema afferente è mantenuto sotto controllo inibitorio da parte di un sistema discendente che dalle aree cerebrali della corteccia frontale e dell’ipotalamo, con diverse stazioni sinaptiche nei centri del tronco cerebrale, raggiunge il corno posteriore del midollo spinale ed entra in contatto con il sistema afferente.
Figura 1. Immagine del cervello con le principali aree anatomofunzionali
L’area della corteccia primaria somatosensoriale è dedicata alla localizzazione corporea della sensibilità e l’area frontale al riconoscimento delle caratteristiche del dolore (causa, tipo di stimolo, eccetera). L’attivazione delle aree motorie, soprattutto dell’area associativa, contribuisce a potenziare il sistema che inibisce il dolore
Figura 2. Cellula a forma di T
L’assone periferico dei neuroni sensitivi di primo ordine ha il proprio corpo cellulare nel ganglio spinale che si trova contenuto all’interno del canale vertebrale o nel forame di coniugazione appena all’uscita della radice nervosa tra due vertebre contigue; Il ramo periferico può essere molto lungo (per le fibre sensitive dei piedi anche oltre un metro); Il ramo diretto al midollo è sempre molto breve (3-5 cm al massimo): entra nel midollo spinale dalle radici posteriori e stabilisce contatto sinaptico con i neuroni sensitivi di secondo ordine situati nel corno posteriore
Figura 3. Sezione di nervo periferico (a destra)
Ogni nervo è composto da fascicoli che contengono, frammischiate, fibre nocicettive, termodolorifiche e del tatto, aventi in comune lo stesso territorio periferico di origine.
Figura 3 bis. Ingresso nel midollo spinale delle afferenze periferiche (a sinistra)
Le fibre di largo calibro e di piccolo calibro decorrono insieme nel nervo periferico. Diversi nervi periferici si riuniscono in direzione centrale a formare la radice nervosa. Ogni segmento compreso tra due vertebre ospita il passaggio di una singola radice. Entrata nel canale vertebrale, la radice si divide in un ramo anteriore motorio e uno posteriore sensitivo. Il ramo posteriore sensitivo, subito dopo la divisione tra anteriore e posteriore, si allarga formando il ganglio spinale, che ospita i nuclei degli assoni sensitivi. Il ramo breve di questi, viaggiando nella radicola posteriore, entra nel corno posteriore del midollo spinale (fibre nocicettive e termodolorifiche) oppure sale direttamente nel midollo contenuto nei cordoni posteriori (fibre del tatto e della posizione corporea) .
I neuroni sensitivi periferici della sensibilità dolorifica (nocicettori) sono cellule con assoni molto sottili, in maggioranza privi di rivestimento mielinico (amielinici) e in numero minore mielinici di piccolo calibro. I nocicettori periferici si chiamano neuroni nocicettivi di primo ordine perché sono i primi della via sensitiva nocicettiva. Il nucleo di tutte le cellule sensitive periferiche (incluse anche quelle non dedicate alla nocicezione) si trova nei gangli posti lateralmente al midollo spinale, contenuti all’interno della colonna vertebrale (gangli spinali delle radici dorsali, spesso abbreviati con l’acronimo inglese DRG, da dorsal root ganglia).
Tutti i neuroni sensitivi, inclusi i nocicettori, sono cellule a T con il corpo cellulare (nucleo) localizzato nel ganglio spinale, da cui partono due prolungamenti, uno originante dalla periferia e l’altro diretto al midollo spinale. Il prolungamento diretto al midollo spinale (centripeto) entra dalla parte dorsale diretto al corno posteriore del midollo, dove entra in contatto sinaptico con il secondo neurone della via nocicettiva. La porzione periferica dei nocicettori, che costituisce la vera origine della via nocicettiva, ha una membrana diversa dal resto della cellula.
Questa membrana è specializzata per eccitarsi in risposta a specifici tipi di stimolo, mentre il resto della cellula è meno eccitabile ed è deputato alla trasmissione degli impulsi. Il ramo periferico del nocicettore è lungo: infatti, decorre dalla periferia fino al ganglio e nel caso dei nocicettori delle dita dei piedi può superare il metro di lunghezza in una persona alta un metro e ottanta.
Al contrario, il ramo spinale delle cellule nocicettive è molto breve: il suo percorso origina nel ganglio e termina nella parte esterna del corno posteriore (sostanza grigia) del midollo spinale.
I nocicettori condividono la brevità del tratto diretto al midollo spinale con i neuroni sensitivi della percezione del caldo e del freddo, anch’essi con sinapsi nel corno posteriore del midollo spinale e sono diversi dai neuroni sensitivi a bassa soglia dedicati alla percezione del tatto, della pressione, della posizione del corpo e della vibrazione. I neuroni a bassa soglia, infatti, non s’interrompono nel corno posteriore del midollo, ma proseguono con un’unica cellula fino al talamo e perciò transitano nel midollo spinale (decorrono nella parte posteriore esattamente nello spazio tra i due corni posteriori), ma nel midollo spinale non hanno alcun nucleo cellulare, solo gli assoni. I nocicettori e le cellule delle sensibilità del caldo e del freddo terminano nel corno posteriore e qui hanno un contatto sinaptico con un secondo neurone (detto neurone di secondo ordine), che ha un nucleo da cui origina un assone principale diretto in alcuni casi direttamente fino al talamo e in altri casi a neuroni del tronco cerebrale (neuroni di terzo ordine) con cui entra in contatto sinaptico. I neuroni talamici della via nocicettiva possono perciò essere i terzi o i quarti neuroni a seconda che sia avvenuta o no l’interruzione e il contatto sinaptico nel tronco cerebrale. I nocicettori hanno anche brevi assoni secondari che prendono contatto con altri neuroni sensitivi localizzati nello stesso segmento del midollo spinale (mielomero) o anche fino a due - tre segmenti midollari posti sopra e sotto il loro livello.
Figura 4. Lesione emimidollo destro
Perdita della sensibilità tattile, vibratoria e localizzazione corporea (statochinestesica) dallo stesso lato della lesione (destro) e della sensibilità termodolorifica a sinistra. Il dolore da lesione della via spinotalamica ha qualità di bruciore, morsa, crampo profondo, spesso provocato dal raffreddamento
Riepilogando il concetto, la via nocicettiva e le due vie termiche possiedono un neurone nel midollo spinale che direttamente, o con un’altra stazione intermedia nel tronco cerebrale, raggiunge il talamo: perciò le vie di queste sensibilità sono denominate spinotalamiche
.
Diversamente dalle vie delle sensibilità a bassa soglia, che nella parte posteriore del midollo spinale rimangono dallo stesso lato da cui sono entrate, le sensibilità spinotalamiche decussano (ossia attraversano il midollo spinale allo stesso livello in cui si trova il nucleo del corno posteriore passando da un lato a quello opposto e da posteriori ad anteriori) e salgono nella parte laterale del fascio anteriore del midollo spinale. Questo è il motivo per cui le vie sensitive nel midollo spinale sono dissociate: posteriormente si trovano le vie a bassa soglia originanti dallo stesso lato dell’entrata nel midollo e anterolateralmente quelle spinotalamiche termodolorifiche, originanti dal lato opposto a quello in cui sono entrate. Una lesione che danneggi parzialmente il midollo spinale può alterare in modo selettivo una via e risparmiare la funzione dell’altra, perciò il riscontro di una perdita dissociata delle sensibilità indirizza alla diagnosi di lesione midollare.
Gli assoni nocicettivi della via spinotalamica si dividono in due gruppi che si comportano in modo diverso. Un gruppo forma la via paleospinotalamica, già presente nei rettili, che è più mediale, più vicina al centro del mid