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Il giro di vite. Il mistero di Bly Manor
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Il giro di vite. Il mistero di Bly Manor

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Narrativa - romanzo (144 pagine) - Da questo romanzo l'acclamata serie tv Netflix "The Haunting of Bly Manor"


Una giovane istitutrice viene assunta per occuparsi di due adorabili orfanelli. Il suo impiego da sogno si trasforma in un incubo quando sinistre presenze cominciano a turbare l’idillio. Spinta da un incrollabile, quasi ossessivo, senso del dovere, la donna assisterà a strane apparizioni legate ai segreti di un passato recente. Con una narrazione ambigua e serrata l’autore fa nascere in noi un dubbio: si tratta di demoni o piuttosto del prodotto di una mente paranoica?

Apparso originariamente a puntate nel 1898 sulla rivista Collier's Weekly dal 27 gennaio al 16 aprile questo romanzo apparve anche nell'ottobre 1898 nel libro Two Magics, edito a New York da MacMillan e, a Londra, da Heinemann. Da questa storia gotica la serie tv The Haunting of Bly Manor, attualmente su Netflix.


Fratello della scrittrice Alice James e del filosofo e psicologo William James, Henry James (New York, 15 aprile 1843 – Londra, 28 febbraio 1916) è stato uno scrittore e critico letterario statunitense piuttosto conosciuto per i suoi romanzi e i suoi racconti sul tema della coscienza e della moralità. Naturalizzato britannico, coniò la teoria secondo la quale gli scrittori sono chiamati a presentare, attraverso le loro opere, la propria visione del mondo, attraverso l'uso del punto di vista soggettivo, del monologo interiore e dei vari tipi di narrazione psicologica.

LanguageItaliano
PublisherDelos Digital
Release dateNov 24, 2020
ISBN9788825413847
Il giro di vite. Il mistero di Bly Manor
Author

Henry James

Henry James (1843–1916) was an American writer, highly regarded as one of the key proponents of literary realism, as well as for his contributions to literary criticism. His writing centres on the clash and overlap between Europe and America, and The Portrait of a Lady is regarded as his most notable work.

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    Il giro di vite. Il mistero di Bly Manor - Henry James

    psicologica.

    Questa collana

    Benvenuti a Innsmouth, città immaginaria lovecraftiana descritta nella storia La maschera di Innsmouth, pubblicata nel 1936, e che – con questa nuova collana dal nome omonimo – voglio erigere a capitale della narrativa Weird. Un genere ad ampio raggio che propone storie che dalla normalità fanno confluire improvvisamente elementi estranianti non riconducibili alla realtà che ci circonda.

    Con Innsmouth il lettore passa, da un momento all'altro, da una tranquilla Comfort zone a una Weird zone molto fosca e talvolta terrificante, o semplicemente straniante … Innsmouth è una collana di letteratura Weird, un genere difficilmente catalogabile e che ha come capostipite il solitario di Providence, Howard Phillips Lovecraft.

    Le storie che Innsmouth propone hanno in sé un elemento soprannaturale, la cui sensazione da parte del lettore viene percepita mentre si inoltra nella narrazione. Racconti intrisi di ignoto, di oscuro, le cui radici lovecraftiane si sono espanse nel tempo grazie a opere di molti altri autori come Franz Kafka, Ray Bradbury, James Ballard, Stephen King o, in chiave ancor più moderna, China Miéville.

    Buona lettura.

    Luigi Pachì

    Prologo

    Il racconto ci aveva tenuti col fiato sospeso, seduti accanto al camino. Si trattava di una storia raccapricciante tanto quanto dovrebbe essenzialmente esserlo una bizzarra narrazione, la vigilia di Natale, in una vecchia casa. Eppure, tranne questo ovvio commento, tutti erano rimasti in silenzio, finché qualcuno non aveva affermato che si trattava dell’unico caso da lui conosciuto in cui una visione del genere si era manifestata a un bambino. Il caso, potrei precisare, riguardava un’apparizione avvenuta in un’antica abitazione, come quella dove ci eravamo riuniti per l’occasione, e ad assistervi era stato un fanciullo. Pieno di terrore, era andato a svegliare la madre, addormentata nella stessa stanza, non per essere rassicurato e rimesso a letto, ma affinché anche ella, prima di poter calmare il figlio, potesse essere testimone dello stesso orrore che aveva scosso la sua creatura. Fu questa osservazione a provocare, non subito, ma più avanti nel corso della serata, la reazione di Douglas, la quale ebbe poi un’interessante conseguenza sui cui vorrei richiamare la vostra attenzione. Qualcun altro aveva condiviso un racconto non particolarmente d’effetto e notai che Douglas era distratto. Pensai fosse il segno che lui stesso avesse qualcosa da condividere e che noi altri dovevamo solo attendere. Aspettammo infatti altre due notti, ma quella stessa sera, prima di dividerci per tornare nelle nostre camere, ci illustrò cosa aveva in mente.

    – Sono abbastanza d’accordo riguardo al fantasma di Griffin, o quello che era. Il suo visitare prima il marmocchio, così in tenera età, aggiunge un tocco particolare alla storia. Ma, da quanto so, non è la prima occasione di questo tipo così affascinante a coinvolgere un pargolo. Se un solo bambino aggiunge l’effetto di un giro di vite, cosa ne pensate di due bambini?

    – Pensiamo, ovviamente – si sentì esclamare – che sono come due giri di vite! E che vogliamo sentire la loro storia.

    Vedo ancora davanti a me l’immagine di Douglas, in piedi, con le spalle rivolte al camino e le mani in tasca, guardare il suo interlocutore dall’alto in basso. – Fino a ora, io sono l’unico ad averne sentito parlare. È troppo straziante. – Com’era prevedibile, molti dichiararono che l’orrore dava alla vicenda un estremo valore. Il nostro amico, con un gesto teatrale, preparò il suo trionfo, volgendo lo sguardo al resto di noi e proseguendo: – È al di là di ogni immaginazione. Niente può essere paragonabile.

    – Per il terrore assoluto? – ricordo di aver chiesto.

    Sembrò voler rispondere che la questione non era così semplice, che non riusciva davvero a definirla. Si passò una mano davanti agli occhi e fece una smorfia di dolore. – Per lo spavento, l’atroce spavento!

    – Oh, delizioso! – dichiarò una delle donne.

    Non le prestò attenzione. Guardò nella mia direzione, ma era come se, invece di me, vedesse l’oggetto del suo discorso. – Per il generale sconcertante scempio, lo sgomento e l’angoscia.

    – Ebbene, allora si sieda e cominci – lo incitai.

    Si girò verso il fuoco, diede un colpetto col piede a un ciocco di legna, lo osservò un istante. Poi si rivolse di nuovo a noi: – Non posso. Devo inviare un messaggio in città. – A quelle parole, si scatenarono un lamento unanime e numerose proteste dopo le quali, con fare pensoso, ci spiegò. – La storia è scritta. Da quattro anni chiusa in un cassetto. Posso mandare una missiva a un mio domestico e allegarvi la chiave. Può farci recapitare il pacchetto appena trova le carte. – Sembrava rivolgersi soprattutto a me, quasi chiedendomi aiuto per vincere la sua esitazione. Aveva spezzato uno spesso strato di ghiaccio, formatosi dopo molti inverni: di certo c’erano delle buone ragioni per il suo lungo silenzio. Gli altri disapprovavano un rinvio, ma furono proprio i suoi scrupoli ad affascinarmi. Lo scongiurai di spedire la richiesta con la prima posta del mattino e di accordarsi con noi in modo da leggerci il racconto appena possibile. Dopodiché, gli chiesi se era stato lui il protagonista degli eventi in questione. La sua risposta fu immediata. – Oh, grazie a Dio, no!

    – E il resoconto è suo? Ha registrato lei i fatti?

    – Solo l’impressione. Ce l’ho incisa qui – si portò la mano al cuore. – Non me ne sono mai più liberato.

    – Allora il manoscritto…?

    – È in vecchio inchiostro sbiadito, compilato con una calligrafia bellissima. – Indugiò di nuovo. – Una scrittura di donna. È morta ormai da vent’anni. Mi fece consegnare le pagine prima di emettere l’ultimo respiro. – Ora tutti ascoltavano e, come è ovvio, c’era qualcuno malizioso, o pronto in ogni caso a trarre conclusioni. Douglas ignorò le intromissioni senza sorridere, ma anche senza irritazione. – Era una persona assolutamente incantevole, ma più grande di me di dieci anni. Si trattava dell’istitutrice di mia sorella – riferì sottovoce. – Non avevo mai conosciuto nessuno di tanto piacevole fare quel mestiere, sebbene sarebbe stata all’altezza di qualsiasi altro impiego. È stato tanto tempo fa e il tremendo episodio era accaduto ancora prima. Ero al Trinity College e la trovai nella mia abitazione quando ritornai per le vacanze estive del secondo anno. Passai molto tempo a casa quell’anno, un periodo fantastico. Quando non era in servizio, passeggiavamo nel giardino e chiacchieravamo. Durante le nostre conversazioni, mi colpiva quanto fosse tremendamente intelligente e gentile. Oh, sì, non sghignazzate. Mi piaceva così tanto e ancora oggi sono felice di pensare che lei ricambiasse. Se così non fosse stato, non mi avrebbe narrato quella vicenda. Non si era mai confidata con nessuno. Non solo me l’aveva assicurato, ma me ne ero reso conto da solo. Ne ero sicuro. Si capiva. Giudicherete voi stessi quando ascolterete i fatti.

    – Perché la vicenda era tanto spaventosa?

    Continuò a fissarmi. – Lo comprenderete con facilità – ripeté. – Lei potrà.

    Lo guardai intensamente a mia volta. – Ma certo. Era innamorata.

    Rise per la prima volta. – È davvero perspicace. Sì, era innamorata. Cioè, lo era stata. Venne fuori: non poteva raccontare la sua storia senza che venisse fuori. Me ne accorsi e lei lo capì, ma nessuno di noi ne parlò. Mi ricordo l’ora e il luogo: l’angolo del giardino, l’ombra proiettata dai faggi giganti, la lunga, calda estate. Non era una scena in cui si poteva rabbrividire, ma, oh…! – Si allontanò dal caminetto e tornò a sedersi.

    – Riceverà il pacchetto giovedì mattina? – volli sapere.

    – Probabilmente non fino alla posta del pomeriggio.

    – Bene, allora. Dopo cena…

    – Ci incontreremo tutti qui? – Si guardò di nuovo intorno. – C’è qualcuno che non verrà? – Il suo tono trasmetteva quasi un senso di speranza.

    – Rimarremo tutti!

    Io ci sarò – e – Io sarò presente – gridarono le donne che avevano già fissato la loro partenza. La signora Griffin, comunque, espresse il bisogno di saperne di più. – Di chi era innamorata?

    – Verrà svelato durante il racconto – mi incaricai di rispondere.

    – Oh, ma non posso aspettare.

    – La storia non lo rivelerà – specificò Douglas. – Non in modo letterale e diretto, almeno.

    – Peccato, allora. È l’unico modo in cui riesco a capire.

    – Non ce lo dirà lei, Douglas? – volle sapere qualcun altro.

    Balzò di nuovo in piedi. – Sì, domani. Ora devo andare a letto. Buona notte. – Afferrando svelto un candeliere, se ne andò, lasciandoci leggermente confusi. Dall’estremità dell’ampio salone marrone in cui ci trovavamo, udimmo i suoi passi sulle scale. In seguito, la signora Griffin commentò – Beh, se non ho capito di chi era innamorata lei, so almeno chi interessava a lui.

    – Era dieci anni più vecchia – sentenziò il marito.

    Raison the plus, a quell’età. Ma la sua reticenza fa quasi tenerezza.

    – Quarant’anni! – insisté il signor Griffin.

    – E infine questa esplosione.

    – L’esplosione – replicai – renderà giovedì sera un’occasione memorabile. – Tutti concordarono con me che, alla luce di quelle rivelazioni, il resto perdeva ogni interesse. Venne narrata l’ultima novella, per quanto incompleta e più simile al primo capitolo di un racconto a puntate. Infine, ci salutammo con delle strette di mano e, preparate le candele, come qualcuno si espresse, ci congedammo per la notte.

    Il giorno successivo, seppi che una lettera contenete una chiave si avviava, con la prima posta del mattino, verso gli appartamenti londinesi di Douglas. Ma, nonostante l’imminente condivisione con noi della sua storia, o forse proprio a causa di essa, lo lasciammo in pace fino a dopo cena, fino a quell’ora della sera a cui, infatti, meglio si accordavano le emozioni in cui erano riposte le nostre speranze. A quel punto diventò più comunicativo di quanto potessimo desiderare e ci diede delle ottime ragioni per esserlo. Di nuovo, si posizionò davanti al caminetto nella sala e noi gli presentammo le nostre perplessità, come la sera precedente. Sembrava che la narrazione da lui promessa, per essere davvero compresa, richiedeva alcune parole con funzione di prologo. Lasciatemi chiarire, una volta per tutte, che ciò che presento qui di seguito è proprio quella narrazione, da me trascritta per filo e per segno parecchio tempo dopo. Il povero Douglas, prima di morire, sentita ormai avvicinarsi la fine, mi affidò le pagine consegnategli il terzo di quei giorni di attesa. Pagine che, in quello stesso luogo e producendo su di noi una grande impressione, cominciò a leggere alla nostra piccola cerchia silenziosa, durante la quarta notte. Le signore in partenza che affermavano sarebbero rimaste, ovviamente e grazie al cielo, se ne andarono. Partirono poiché avevano degli impegni già presi, divorate dalla curiosità, a detta loro, scatenata dagli indizi con cui il nostro narratore aveva solleticato anche noi che ci saremmo fermati. Ciò contribuì a rendere il pubblico finale più compatto e selezionato, raccolto intorno al caminetto, soggiogato da un brivido comune.

    Il primo di questi indizi comprendeva il fatto che la testimonianza scritta riprendeva la vicenda in un punto nel quale essa era già in qualche modo cominciata. Bisognava dunque sapere che la vecchia amica di Douglas era la più giovane di parecchie sorelle, figlie di un povero parroco di campagna. Aveva cominciato la carriera di istitutrice a vent’anni, arrivando trepidante fino a Londra per rispondere di persona a un annuncio, dopo aver intrattenuto una breve corrispondenza con l’inserzionista. Quando si presentò per il colloquio nella residenza di Harley Street, una dimora che la impressionò per vastità e imponenza, il suo potenziale padrone si rivelò essere un gentiluomo, uno scapolo nel fiore degli anni. Una tale figura non si era mai presentata davanti a un’emozionata ed ansiosa ragazza proveniente da una parrocchia dell’Hampshire, salvo che nei sogni o in un vecchio romanzo. Si può facilmente individuare il personaggio, perché è di quelli che, per fortuna, non passano mai di moda. Era bello, audace e piacevole, affabile, allegro e garbato. La colpì, come era prevedibile, per il suo fare galante e magnifico, ma ciò che destò di più il suo stupore e che le diede il coraggio mostrato in seguito fu il fatto che l’uomo considerava la questione come una specie di favore, un impegno per il quale le sarebbe stato grato per sempre. Lei se lo immaginò tanto ricco, quanto terribilmente stravagante. Lo vedeva circondato da un alone di mondanità, bell’aspetto, abiti costosi e maniere raffinate con le donne. La sua abitazione di città era un vasto edificio riempito con ricordi di viaggi e trofei di caccia, ma era nella sua casa di campagna, un vecchio possedimento di famiglia nell’Essex, che invitava la giovane a recarsi nell’immediato.

    Alla morte dei genitori in India, il gentiluomo era diventato tutore di un nipotino e una nipotina,

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