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Gienah Corvi
Azioni libro
Inizia a leggere- Editore:
- Youcanprint
- Pubblicato:
- Nov 16, 2020
- ISBN:
- 9791220301916
- Formato:
- Libro
Descrizione
Informazioni sul libro
Gienah Corvi
Descrizione
- Editore:
- Youcanprint
- Pubblicato:
- Nov 16, 2020
- ISBN:
- 9791220301916
- Formato:
- Libro
Informazioni sull'autore
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Anteprima del libro
Gienah Corvi - Sonia Licalsi
Sacri..."
I
«Insomma, David! Per quanto ancora vuoi andare avanti? Ormai sono un tutt'uno con questa sedia!» Sarah se ne stava seduta con un'espressione visibilmente seccata, dipinta sul viso rotondo, e due occhi scuri e crucciati che non distoglievano lo sguardo dal detective. Le lancette dell'orologio, appeso sulla parete di fronte a lei, indicavano le diciotto in punto, segno che erano trascorse quasi due ore da quando, David, l'aveva convinta a partecipare a quel colloquio amichevole
. Se si fosse rifiutata sarebbe stata convocata ufficialmente; o almeno, questo era quello che il detective le aveva accennato telefonicamente.
«Voi poliziotti siete bravi solo a lanciare accuse e intasare i cessi! Anzi, perché non mi accusi anche di quello? Magari ti daranno una promozione!» aggiunse, indispettita, mentre liberava la fronte, e le spalle, da alcune ciocche scure che le erano scivolate in avanti.
Kenny, che era rimasto per tutto il tempo in piedi alle spalle di Sarah, si voltò nel tentativo di non ridere in faccia al collega. In effetti, quello era stato un episodio piuttosto singolare: a detta dei diretti interessati, opera di un gruppo anarchico di marmocchi che, arrestato per alcune bravate, aveva deciso di sfogare il proprio dissenso intasando la colonna di scarico del palazzo dove aveva sede il dipartimento; ma, secondo fonti ben più indiscrete, il tutto sembrava essere riconducibile alla qualità scadente del cibo della piccola tavola calda che i poliziotti erano soliti frequentare. Sta di fatto che, per due giorni, nessuno era riuscito a mettere piede all'interno dell'edificio per via dell'incessante cattivo odore che si era impadronito dell' intero primo piano.
David infilò due dita all'interno del nodo della cravatta per allentarlo e, con le stesse, fece scivolare il primo bottone della camicia sotto l'asola aprendo leggermente il colletto; approfittando di quel momento, lanciò un'occhiataccia fulminante a Kenny che smise immediatamente di sghignazzare. Era davvero di cattivo umore.
«Sarah, non ti sto accusando di nulla.» David incurvò leggermente la schiena in avanti, in modo da appoggiare i gomiti sul tavolo, e rimase, per un po', con le braccia incrociate a fissarla in silenzio: in quella posizione la camicia celeste del detective risultava quasi attillata all'altezza delle braccia, mettendo in risalto una muscolatura ben definita che, unita al suo metro e novantatrè di altezza, gli conferiva un aspetto imponente e non poco minaccioso, soprattutto se paragonato al suo, abbondantemente nella media.
«Perché non provi semplicemente a rispondere alle mie domande?» disse prima di raddrizzare la schiena e afferrare la penna appoggiata sul fascicolo davanti a lui. Quegli occhi neri, che la guardavano infastiditi, e quell'espressione dura, accentuata dai tratti decisi del volto e una mascella squadrata e ruvida, la fecero sentire come la complice, riottosa e poco collaborativa, di un criminale incallito.
«È da più di un'ora che mi fai domande di cui non conosco le risposte! Non ho idea di che tipo di lavoro Jack svolga per Mr. Allister e, poi, continui ad insinuare che l'agenzia per cui lavoro sia invischiata in affari poco leciti... non equivale ad un'accusa?»
«Non avrei motivo di pensarlo se mi aiutassi a chiarire la vostra posizione nei confronti di quell'uomo.»
«Non so nulla! Come devo dirtelo?» rispose esasperata.
«È impossibile che tu non sappia nulla sul vostro principale cliente!» ribatté.
«E invece è così! E dovrai fartene una ragione! Jack non mi ha mai fatto lavorare a quelle pratiche,» insistette. «Si può sapere che problemi hai? Sono settimane che ti comporti in modo strano sia con me che con Jack. Prima ci eviti e adesso ci tratti come se fossimo dei criminali!»
«Conosci perfettamente il motivo,» rispose visibilmente contrariato.
Ed infatti era così. Tutto era cominciato da quando, circa due mesi addietro, Jack aveva accettato come cliente Adrian Allister; un facoltoso uomo d'affari che, di punto in bianco, aveva deciso di interessarsi di una piccola e monotona cittadina irlandese come Black Rock e avviare diversi progetti finanziari che rischiavano di scuotere l'inerte equilibrio di vita dei suoi abitanti. Ma il vero problema era un altro: la polizia sospettava che Adrian Allister fosse legato ad ambienti vicini alla criminalità organizzata del paese e David non aveva affatto gradito che anche il suo ex collega, nonché ex migliore amico, avesse deciso di lavorare per quell'uomo. Lo riteneva un affronto all'etica professionale che i due poliziotti avevano condiviso per anni, fino al momento in cui Jack aveva deciso di lasciare la polizia e proseguire privatamente il suo lavoro di detective.
«È solo un cliente come tanti,» chiarì, calmandosi, mentre avvicinava la tazza fumante alle labbra; il caffè era merito di Kenny, sempre premuroso con lei. «E, poi, perché non lo chiedi direttamente a Jack?» continuò prima di bere un sorso di quella gradevole bevanda calda. Non era uno dei migliori caffè che avesse mai bevuto, ma più che sufficiente ad alleviare i brividi provocati dall'aria fredda che circolava in quella piccola stanza umida.
«Il tuo capo ha pensato bene di avvalersi del segreto professionale, e mi servirà del tempo per ottenere un mandato.»
Sarah rimase stupita. «Cosa? Vuoi trattare Jack come un sospettato?» L'idea che David potesse chiedere un mandato per indagare su Jack la indispettì.
«Non ho altra scelta se non si decide a chiarire la sua posizione.»
«Ma per favore! Sappiamo entrambi che non otterrai nessun mandato... La tua è solo un'ossessione fondata su delle supposizioni. Mr. Allister è uno stimato uomo d'affari, non un criminale.» Nemmeno lo conosceva in realtà. Sarebbe potuto essere anche il capo della malavita della città. Aveva solo voglia di farlo innervosire. Giusta punizione per averla coinvolta in quella assurda situazione; e rincarò la dose. «E poi, il Sindaco Mayer stravede per lui. Mr Allister ha investito così tanti soldi in questa città e fatto tante di quelle donazioni che, probabilmente, anche la sedia su cui sei seduto è di sua proprietà.»
L'espressione del volto di David, a quelle parole, non piacque nemmeno a Kenny che, abbandonato il lato della parete su cui aveva trovato un comodo appoggio, provò ad avvicinarsi ai due, ma il detective lo fermò, prontamente, con un cenno della mano. «Non ho bisogno del permesso del sindaco per ottenere un mandato... ti farò una confidenza, ma che resti tra me e te o, sia ben chiaro, ti faccio arrestare per aver divulgato informazioni strettamente riservate...» disse, tamburellando con la penna sul tavolo. «Sappiamo per certo che Allister è coinvolto in un caso su cui stiamo indagando... e sospettiamo che qualcuno, che conosci molto bene, lo stia aiutando...»
A quelle affermazioni la tazza che Sarah teneva in mano ondeggiò, lasciando schizzare un po' del liquido nero, che conteneva, sulla camicia rossa e sui jeans scuri che indossava.
«Accidenti!» esclamò prima di ricomporsi. «Pensi, davvero, che Jack sia coinvolto.» Posò la tazza sul tavolo e sollevò il viso nuovamente verso di lui.
«Il nome lo hai fatto tu,» rispose, il detective, senza mostrare alcuna esitazione.
Era esterrefatta. David non poteva pensare una cosa del genere di Jack. Poteva accettare le sue perplessità su un uomo come Adrian Allister, ma su di lui proprio no: lo conoscevano entrambi fin troppo bene; e sperò di aver capito male.
«Stai scherzando?»
«No.» David era serio.
Dopo qualche istante le venne in mente che probabilmente stava solo bluffando. Se ne convinse quasi subito. Non c'era altra spiegazione.
«Sono due anni che lavoro per lui e non ho mai conosciuto una persona più corretta... è stato anche tuo collega. Come fai a pensare una cosa del genere? Sai cosa ti dico? Invoco anche io il segreto professionale!» pronunciò l'ultima frase con tono volutamente canzonatorio. Quell’accusa, vera o falsa che fosse, le dava fastidio, e, appoggiata la tazza, prese a giocherellare nervosamente col portapenne cilindrico che si trovava sulla scrivania del detective.
«Sei ingenua come una ragazza di campagna... e dire che hai quasi la mia età.»
«Te ne intendi eh?» disse, sorridendogli con cattiveria; odiava i suoi modi scortesi.
Il detective aggrottò le sopracciglia scure, segno che stava riuscendo a farlo innervosire.
«Comunque no,» riprese il detective, «tu non sei un investigatore privato... sei solo un'assistente...» Due piccole rughe si erano adesso formate agli angoli della sua bocca nel tentativo di accennarle un sorriso forzato, ma come unico risultato aveva ottenuto quello di ricordarle che il detective era, ormai, vicino alla soglia dei trentanove anni. «Puoi tranquillamente dire tutto ciò che vuoi.» Le tolse di mano, quasi in modo brusco, il portapenne costringendola ad incrociare il suo sguardo.
«Non so nulla, come devo dirtelo? E ti garantisco che Jack è sicuramente estraneo a qualunque faccenda in cui tu voglia immischiarlo... e, poi, sinceramente, non so nemmeno come sia fatto questo fantomatico Mr. Allister...» rispose rassegnata dalla pressante insistenza del detective.
«Jack si sta occupando di otto dei recenti casi di donne scomparse e guarda caso tutte lavoravano per Allister.» Quella frase interruppe bruscamente le sue rimuginazioni mentali; Jack non le aveva detto nulla e l'espressione sorpresa di Sarah fu alquanto eloquente per David.
«A quanto pare ha ritenuto opportuno non parlartene... forse è vero che non sai nulla.»
«Certo che sei davvero perspicace... è da due ore che te lo ripeto!» esclamò esausta. Dopo tutto quel tempo seduta nella stessa identica posizione iniziava ad avvertire delle piccole e fastidiosissime fitte alla schiena. Cercò di alleviarle muovendo leggermente le spalle e stirando appena le gambe, in modo quasi impercettibile, per non scomporsi più di tanto.
«Anche se così fosse, non ti rendi conto che Jack potrebbe interferire con le indagini per proteggere il suo cliente?»
«David, lo conosci meglio di me. Pensi davvero che potrebbe fare qualcosa del genere? Al massimo starà indagando per ritrovare quelle donne... Chissà, magari anche Mr. Allister è preoccupato per loro...»
Il tono beffardo dell'ultima frase irritò non poco David, ma Sarah non gli diede il tempo di replicare.
«David spiegami una cosa... per quale motivo sei convinto che un ricchissimo uomo d'affari abbia rapito quelle donne?»
«Non pensi che un uomo nella sua posizione potrebbe essere disposto a fare qualunque cosa per non far venire a galla i suoi affari meno puliti
?»
«Quindi credi che sia un criminale?»
L'espressione di David si fece più dura. «Abbiamo riscontri anche in questo caso.»
«Un po' come dire che avete lo sgabello, il secchio per raccogliere il latte, ma non la mucca da mungere,» sottolineò ironicamente, Sarah.
Il detective sorvolò volutamente su quella frase.
«Sarah, quelle povere donne potrebbero essersi ritrovate nella spiacevole situazione di aver visto qualcosa che non avrebbero dovuto vedere. Sai come funzionano queste cose no? Potrebbe capitare anche a te. Non ci hai mai pensato?» terminò la frase in modo allusivo, ma Sarah non si intimorì.
«E cosa avrebbero mai potuto vedere? E le altre donne scomparse, allora? Avevano anche loro legami con Mr. Allister?»
«È quello che sto cercando di scoprire,» rispose incupendosi.
Erano scomparse più di una decina di donne in meno di un mese. Un fatto davvero insolito in una cittadina come Black Rock e che, a quanto pare, stava facendo uscire fuori di senno David.
«Si tratterà sicuramente di qualche psicopatico in cerca della donna perfetta.»
«In quel caso sicuramente non correresti nessun rischio,» si sbilanciò, spazientito, il detective, lasciandosi andare ad un pensiero a voce alta.
«Vaffanculo, David!» rispose secca al commento. «E ora, se vuoi, arrestami pure per oltraggio, almeno adesso hai un motivo.» Sarah si alzò decisa ad andarsene noncurante delle conseguenze, ma il detective non fece e disse più nulla, mentre Kenny le offrì un sorriso gentile che lei ricambiò. Il suo collega, di qualche anno più giovane, era il suo esatto opposto, con quei modi sempre affabili e cortesi.
Sarah si avviò verso la porta, ma non ebbe il tempo di avvicinarsi che la vide aprirsi di scatto e per poco non colpire in pieno viso Kenny, che era rimasto in piedi accanto ad essa. Fortunatamente i suoi riflessi pronti lo avevano salvato.
«Per poco non ammazzavi Kenny,» disse, David, seccato da quella improvvisa interruzione.
Una testa piena di riccioli color cioccolato fece capolino oltre la porta girandosi verso il detective Wilford.
«Scusa, Kenny.»
«Rischio di più quando lo fa David,» rispose Kenny strizzando l'occhio a Sarah che adesso si trovava accanto a lui.
«Come mai tutta questa enfasi Martin? Un altro attentato alla nostra igiene personale?» aggiunse il detective rassegnato.
Non si poteva mai avere un attimo di tranquillità in quel dipartimento.
«Ehm... no, ma dovresti venire subito. Il capo ti vuole nel suo ufficio.»
«Bene, Sarah, prima o poi riprenderemo la nostra conversazione, in modo più o meno formale... questo dipenderà da te.»
«Va' al diavolo, David.»
David le rivolse un sorriso ironico, recuperò la giacca grigia dalla sedia su cui l'aveva appoggiata e uscì dalla stanza senza più rivolgerle la parola.
«Vieni Sarah, ti accompagno fuori.» Kenny era decisamente su un altro livello.
«Kenny, confessa, ti hanno affiancato al detective Malpog per compensare la sua cafonaggine. Non è vero?»
L'effetto di quella frase fu una risata da parte del poliziotto.
«A volte lo penso anche io,» rispose allungando le maniche rimboccate della camicia bianca e infilando rapidamente la giacca blu. In effetti era un'ipotesi decisamente plausibile visto e considerato che, più di una volta, l'ispettore Greyton aveva dovuto far fronte alle diverse lamentele sui modi, poco garbati, del detective. Non ultima quella della signora Mellin che si era rivolta al dipartimento per denunciare la scomparsa del suo gatto ed era stata liquidata in malo modo dal detective, tra le risate dissimulate dei colleghi. Era stato lo stesso Kenny a raccontarglielo in via strettamente confidenziale. Il loro piccolo segreto.
«Tu la pensi come David?» chiese tornando con la mente alle insinuazioni di David.
Kenny fece spallucce. «Preferisco tenere le mie considerazioni per me... fino a che non avremo prove certe.» Era decisamente più diplomatico del collega.
«Ma è vero che la polizia ha in mano qualcosa su Mr. Allister e Jack?»
Era iniziato il controinterrogatorio. Kenny, però, era gentile, non stupido.
«Mi spiace Sarah, non posso parlare del caso... ma se può esserti di consolazione... non è l'unica pista che stiamo seguendo.»
A Sarah non rimase che rispondere con un cenno di assenso rassegnato.
Nel momento in cui i due oltrepassarono l'ampio portone d'ingresso del palazzo, si ritrovarono faccia a faccia con una donna che vestiva un elegante tailleur color crema.
«Sarah!» La chioma, castana e riccioluta, e quei grandi occhi verdi erano inconfondibili se accostati a quel grazioso nasino alla francese e al suo sorriso allegro e vispo.
«Camille? Cosa fai qui?» Era sorpresa di vederla lì.
«Eh, non tutto questo entusiasmo, rischi di travolgermi! » disse con un sorriso divertito stampato sulla faccia. «E comunque è una domanda poco sagace, cercavo David,» mentre parlava rivolse lo sguardo verso il detective Wilford, «ma forse posso accontentarmi anche di te, biondino.» Sul volto di Camille si fece strada un sorriso sornione che a Kenny non sfuggì.
«Scordatelo Camille con te non parlo più. L'ultima volta ho rischiato che Greyton mi scuoiasse.»
«Esagerato, ero passata solo per sapere se ci fosse qualche novità sulle ragazze scomparse...»
Francese di origine, Camille lavorava ormai da quattro anni per una delle due TV locali: la Newsvoice. Non era un canale televisivo seguitissimo, ma aveva il suo perché ed era una fonte inesauribile di notizie sulla città, aggiornate in tempo quasi reale grazie all'iperattività della sua giornalista di punta.
«Non ho nulla da dirti, Camille. Mi dispiace.»
«Ah! Siete tutti uguali voi poliziotti! Così gelosi del vostro lavoro...» commentò accentuando in modo così teatrale quella frase che Sarah non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire un sorriso divertito.
«Allora, dovrò consolarmi con Eleonore Morrigan,» aggiunse subito dopo.
Kenny e Sarah si scambiarono uno sguardo interrogativo.
«Cosa intendi?» chiese Sarah.
«Non lo sai? Ma li guardate i notiziari? Almeno il mio...»
I due fecero spallucce.
«La prossima settimana la signorina Morrigan arriverà in città... farò un servizio coi fiocchi!»
Anche Kenny rimase sorpreso dalla notizia e Camille se ne accorse.
«Ma voi poliziotti non sapete mai niente?» rispose rivolgendo un sorrisetto ironico al detective che ricambiò con una smorfia di disappunto.
«Noi svolgiamo indagini... non ci occupiamo di gossip.»
Mentre parlavano un'ombra li sovrastò, era quella del detective Malpog con un'espressione indecifrabile stampata sul volto.
«Il pitbull ha fiutato l'osso...» Sarah pronunciò la frase con un filo di voce, ma a David non sfuggi, lo capì dalla leggera gomitata che ricevette da Kenny. Quello era un argomento tabù col detective. Eleonore Morrigan era una ricca ereditiera di nobili origini con cui David in passato aveva intrecciato una lunga relazione; un'altra informazione confidenziale uscita dalla bocca di Kenny.
Il detective si limitò ad ignorare la conversazione e proseguì velocemente verso l'auto di servizio: «Kenny muoviti, dobbiamo andare.» Il tono di David fu perentorio.
«A presto, signore.» Kenny si allontanò così velocemente che nessuna delle due ebbe il tempo di ricambiare il saluto, ed entrambe si limitarono ad osservare, in silenzio, l'auto grigia dei due detective che si allontanava a sirene spiegate verso il centro della città.
«Ah, i soliti poliziotti... Allora?» chiese Camille voltandosi verso Sarah.
«Allora cosa?» ripeté di rimando Sarah.
«Su raccontami tutto. Perché eri qui?» L'espressione indagatrice di Camille era inconfondibile.
«Oh no, Camille, per favore! Ho già subito un interrogatorio...»
«Interrogatorio?» Gli occhi della giornalista brillarono di curiosità.
Sarah si morse la lingua.
«Tanto non posso parlarne, informazioni strettamente confidenziali... David mi farebbe arrestare.» Non era il caso di dare troppi spunti di conversazione a Camille che in quanto a congetture superava nettamente David.
«Che bella amica che mi ritrovo.»
Sarah le diede una piccola pacca su una spalla. «Meglio che nessuna.»
«Spiritosa...» L'espressione scocciata di Camille le suscitava una certa ilarità.
«Comunque non capisco cosa stia succedendo tra David e Jack in questi ultimi mesi. Pensavo fossero amici e invece quei due quasi non si rivolgono la parola e...»
«Ma lo sono. È solo una fase... passerà,» intervenne interrompendola.
Camille la guardò poco convinta.
«A proposito. Sai perché la signorina Morrigan è tornata in città?» chiese Sarah, cercando di cambiare discorso.
Camille le fece una smorfia in segno di finto diniego. «Non meriteresti nemmeno una risposta, ma al contrario di te, io non lascio che un'amica sia divorata dal demone della curiosità.»
L'espressione fintamente grave di Camille le strappò una risatina che la giornalista snobbò proseguendo il discorso.
«È tornata per ufficializzare il suo fidanzamento. Terrà un ricevimento. Ah, se riuscissi a imbucarmi...»
«Con chi?» Di solito non si interessava di pettegolezzi di quel genere, ma, considerando quello che le aveva raccontato Kenny, la notizia la incuriosiva non poco.
«Non ne ho idea. È quasi impossibile trovare informazioni a riguardo. L'unica notizia certa è che il ricevimento si terrà presso il Vecchio Castello.»
«Sei sicura? Credevo fosse in stato di abbandono.»
«Lo era finché il comune non ha trovato un compratore circa un anno fa. Se seguissi il mio notiziario sapresti anche questo... ma, ovviamente, è chiedere troppo,» rispose risentita.
«Oh avanti! Prometto che stasera lo guarderò,» disse cercando di farsi perdonare, ma sfoggiando un'espressione divertita che infastidì ancor di più la giornalista.
«Va bene, ci rinuncio! Sei la peggior migliore amica del mondo! E per tua fortuna devo scappare! Se tra cinque minuti non sono in redazione, sarò io il prossimo caso di cronaca nera!» esclamò, Camille, prima di raggiungere la piccola Chevrolet Spark color ruggine posteggiata poco più avanti.
Miern Street era più che una semplice strada: era un crocevia di colori, musica e stili diversi che rendevano quel pezzetto di città un luogo originale e caratteristico dove poter trascorrere piacevoli serate. Quella sera, invece, le luci lampeggianti delle ambulanze sembravano fare a gara con le insegne luminose dei locali lungo la via, mentre un via e vai di operatori sanitari, infermieri e paramedici era impegnato a soccorrere un numero considerevole di persone ferite, sebbene non in modo grave.
Il detective Wilford se ne stava sulla strada intento a raccogliere le prime testimonianze su ciò che era accaduto.
«Vi giuro non sono pazzo stava lì! Lo abbiamo visto tutti! » disse uno dei clienti del Blue Giant, uno dei locali storici della Miern Street; altri clienti annuivano convinti alle sue parole.
«Va bene, va bene... ma adesso si calmi e ricominciamo. »
Kenny passò una mano tra i capelli corti, massaggiandosi la testa con aria confusa mentre rileggeva velocemente gli appunti annotati sul taccuino.
«Allora... lei afferma che un essere alto, grosso e nero è apparso dal nulla e ha iniziato a distruggere tutto: sedie, tavoli, finestre.»
«Glielo giuro!! Eravamo, tutti, seduti tranquillamente e quella cosa… non era umana... Oh, mio Dio, solo a pensarci mi sento male! È apparsa proprio nel mezzo del locale e ha, ha iniziato a colpire oggetti a caso! Si è scagliata anche addosso alla gente... È un miracolo che non ci sia scappato il morto!» L'uomo, sulla cinquantina, leggermente tarchiato e la testa rasata, era visibilmente sconvolto. Dell'intero locale non si era salvato nulla, neanche la carta da parati turchese.
«Un mostro!» esclamò un altro avventore più giovane che fissava con aria confusa i due.
«Si calmi per favore, uno alla volta... E poi?» chiese tornando con l'attenzione sull'uomo che stava interrogando.
«Non so... io mi sono nascosto sotto un tavolo e nel giro di qualche secondo quella cosa è sparita nel nulla...»
Nel mentre David era uscito all'esterno del locale.
«Aspettate qui, per favore. Torno subito.» Kenny si allontanò dal gruppetto di testimoni e andò incontro al collega.
«Questi sono tutti ubriachi fradici. Cos'ha detto Nancy?»
Nancy era una graziosa sessantacinquenne, nonché la proprietaria del Blue Giant.
David era più perplesso del suo collega. «È in stato di shock, piange e pronuncia frasi sconnesse su una specie di mostro che avrebbe distrutto tutto.» Il detective se ne stava con le mani nelle tasche della giacca, rimuginando tra sé e sé. «Se è stata una rissa tra ubriachi, deve essere stata epocale...» «Cosa dicono i camerieri e i clienti?» chiese sperando in una spiegazione più plausibile.
«Su per giù quello che ti ha raccontato Nancy.»
David rivolse uno sguardo sconsolato al collega. «Ne ho sentite tante, ma questa le batte tutte. Del resto non possono essere tutti ubriachi, o, almeno, dubito che Nancy e i suoi dipendenti lo siano,» continuò rivolto al collega.
«Qualche droga magari... altrimenti non saprei proprio come spiegarlo,» azzardò Kenny.
«Riesci ad immaginare Nancy che fa uso di droghe?»
Kenny si limitò a sorridere.
«Beh... cercheremo di capire cos'è accaduto...» proseguì, «Piuttosto, ti occupi tu del rapporto? Continuo io, qui... Roger si divertirà,» aggiunse, infine, rivolto al collega.
Lo sguardo confuso di Kenny fu più che esauriente. «Ne verrà fuori un racconto fantasy.»
«Speriamo che al capo piaccia il genere,» commentò David, accennandogli un sorriso ironico, prima di rientrare all'interno del locale.
«Santo cielo! Sembra sia passato un tifone!» La voce di Camille riecheggiò tra le mure crepate e gli arredi, bianchi e blu, semidistrutti. Scansò una sedia capovolta, che le ostacolava il passaggio, e fece una specie di goffa gimkana alternata a dei saltelli nel tentativo di evitare cocci e suppellettili vari, distribuiti lungo il pavimento riuscendo, infine, a raggiungere il detective che si trovava in compagnia di alcuni agenti.
«Camille, cosa fai qui? Chi ti ha lasciato passare?» David le lanciò un'occhiata minacciosa.
«Ho molti complici nel distretto sai?» disse, poi, con la sua solita voce squillante, che al detective dava molto fastidio, mentre tentava di sistemare la giacca che si era arricciata sul davanti.
«Li avrai ancora per poco se scopro chi è stato a lasciarti passare... Adesso vai via,» disse cercando di chiudere la conversazione velocemente.
«Dovrai farmi uscire con la forza! Piuttosto Nancy come sta?» Camille si guardò attorno e non vedendola si preoccupò.
David si lasciò scappare una smorfia di disappunto. «Sta bene. È nel retro. Anzi, perché non vai da lei? Così, magari, riesco a finire in santa pace il mio lavoro. Le farà piacere vederti, specialmente dopo tutto questo,» disse liquidandola in fretta e tirando fuori, dalla tasca interna della giacca, il telefonino che aveva iniziato a vibrare.
«Il solito scorbutico!» Camille si diresse rapidamente verso la porta che dava accesso alla cucina; Nancy se ne stava seduta su uno sgabello, appoggiata ad un tavolino.
«Nancy? Stai bene?»
La donna si girò e, quando incrociò lo sguardo di Camille, i suoi occhi azzurri si sciolsero nuovamente in un pianto irrefrenabile.
«Il locale è distrutto... ci vorranno migliaia di euro per rimettere tutto a posto.»
«Oh cara! Non preoccuparti, sei assicurata no?» Camille le prese le mani e le strinse nel tentativo di consolarla.
«L'assicurazione non pagherà, figuriamoci, e, poi... come glielo spiego? Mi prenderanno per pazza. Sono rovinata!»
«Spiegare cosa?» chiese sedendosi accanto a lei.
«Mi prenderai per pazza anche tu... Eppure lo abbiamo visto tutti qui! Neanche David mi crede!»
«Io non sono David, tranquilla. Raccontami tutto con calma.»
Quando Sarah aprì la porta dell'appartamento al primo piano di uno degli edifici più antichi della Kensington Street, trovò Jack che l'aspettava appoggiato al bordo della piccola scrivania di mogano scuro che, in qualità di sua assistente, rappresentava la postazione di lavoro assegnatale. Lo vide così immerso nella lettura di alcuni documenti che nemmeno si era accorto del fatto che qualcuno era entrato. Jack era un uomo alto, dal fisico atletico e portava folti capelli castani leggermente allungati e mossi, con due basette ben in vista ai lati del viso; e quel giorno indossava un gilet scuro, una camicia chiara e un paio di pantaloni beige.
«Ciao Jack.»
«Eccoti, finalmente. Altri cinque minuti e sarei passato a pagare la cauzione.» Accennò un sorriso, senza distogliere i suoi occhi scuri dai fogli che teneva in mano. «Già, c'è mancato poco...» rispose, rassegnata, mentre appendeva l'impermeabile all'attaccapanni accanto alla porta.
«Deve averti strapazzata per bene. Hai l'aria stravolta,» disse sollevando il viso maturo; probabilmente aveva notato le macchie di caffè sulla maglietta.
«È un disco rotto! Spero davvero che prima o poi trovi qualcos'altro di cui occuparsi o ci farà ammattire tutti.»
«Non prendertela, ha la testa più dura di una roccia.»
«Ma a proposito... Jesse che fine ha fatto? È da stamattina che non lo vedo,» chiese Sarah.
«Mi sta aiutando con delle ricerche.»
«Per caso, hanno a che fare con la questione delle donne scomparse?»
Jack inarcò un sopracciglio. «Te ne ha parlato David?»
«Sì...»
Il detective privato appoggiò i fogli sulla scrivania e le andò incontro. «È una brutta storia.» La sua espressione divenne seria.
«Come mai te ne stai occupando tu? Te lo ha chiesto Mr. …» domandò Sarah.
Jack la interruppe subito. «No, non è stato Adrian. Siamo stati assunti congiuntamente dai familiari di quelle donne. Sono davvero preoccupati.»
«Non dovrebbe occuparsene la polizia?»
«Se l'unica pista che hanno è quella su Adrian, allora penso che, quelle persone, abbiano fatto bene a rivolgersi a noi. Più tempo passa più sarà difficile ritrovarle.»
Sarah annuì. «In effetti sembra che David lo dia per scontato.»
«David è il tipo di poliziotto che seguirebbe il proprio istinto anche se lo conducesse all'inferno. Sono anni che sta dietro Adrian, convinto che sia invischiato in chissà quali loschi affari, ma ti assicuro che non è affatto così.»
«Se lo dici tu...»
Quella risposta strappò un sorriso a Jack.
«Non pensarci e lascia che il detective segua la sua pista, se ci tiene così tanto. Piuttosto, che ne diresti di aiutarmi con il caso delle donne scomparse?»
Sarah rimase sorpresa. «Credevo che tutto ciò che riguardasse Mr Allister fosse strettamente confidenziale.»
«Come ti ho detto non sto lavorando per lui, e, a questo punto, preferisco renderti partecipe.»
«Beh, sì... certo. Mi farebbe piacere,» rispose ancora visibilmente sorpresa. Era la prima volta che Jack le chiedeva di aiutarlo su un caso così importante.
Jack annuì soddisfatto. Non si sarebbe aspettato una risposta diversa. «Questo è il numero di telefono di Claire Pattenson,» le disse porgendole un foglietto di carta. «È la migliore amica dell'ultima donna rapita.»
«Amareel se non sbaglio, ormai uso Camille per tenermi aggiornata. È diventata il mio informatore,» disse ironicamente, strappando un mezzo sorriso a Jack.
«Claire è stata l'ultima persona a vederla ed era presente al momento del rapimento, di conseguenza è anche l'unica persona che può aver notato qualcosa di utile. Domani andrai a parlarle.»
«Va bene. Sull'autore dei rapimenti hai qualche sospetto?»
«Non ancora, la situazione è più complicata di quanto possa sembrare.»
«Cosa intendi?» chiese.
«A questo punto, è giusto che tu sappia tutto. Ho parlato con un mio amico all'interno del dipartimento, e, al di là delle machiavelliche conclusioni di David, sembra che sia stato individuato un sospetto, appartenente alla cerchia dei collaboratori di Adrian.»
«Ecco perché David sospetta di lui.»
«Già,» confermò. «E, in effetti, sarebbe anche una conclusione logica, ma ho parlato con Adrian e mi ha assicurato di essere estraneo a qualunque faccenda legata a quelle donne.»
«Alla polizia non basterà la sua parola.»
«Non importa, perché basterà scoprire la verità. È anche il nostro lavoro, no?»
«Se David non ci sbatte tutti in galera prima,» rispose poco convinta.
Jack sorrise.
«Jack, posso farti una domanda?»
«Chiedi pure,» le rispose.
«Come mai Mr. Allister è così interessato a questa cittadina? So che ha fatto moltissimi investimenti, qui, negli ultimi anni.»
«Camille cosa ti ha detto?» tagliò corto Jack.
Sarah lo guardò imbarazzata. «Secondo le sue teorie, usa questa città come centro operativo per le sue attività meno lecite.»
Jack sorrise. «Camille possiede una fervida fantasia. In realtà la sua è stata una scelta dettata dal sentimento.»
«Cosa intendi?» chiese incuriosita.
«Ti racconterò una breve storia.» Jack appoggiò i fogli sulla scrivania di Sarah e andò a sedersi su uno dei due divanetti vicini alla porta di ingresso, mentre la donna rimase in piedi ad osservarlo. «Quando avevo solo dodici anni, mio padre, che era un consulente economico, un giorno decise di portarmi con sé da uno dei suoi clienti più facoltosi: Victor Allister. All'inizio non capii la ragione. Non era di certo un ambiente che potesse suscitare l'interesse di un bambino, ma poi, quando arrivammo, compresi. In quella casa viveva un ragazzino della mia stessa età, decisamente timido e taciturno. Seppi da mio padre che, a causa di una rara malattia, non gli era consentito uscire fuori dall'edificio, per cui era costretto a passare le sue giornate all'interno di quel palazzo. Per questo motivo mio padre pensò che fosse una buona idea fare in modo che quel bambino ed io passassimo del tempo insieme... alla fine diventammo amici e andavo, quasi tutti i giorni, a trovarlo.»
«Stai parlando di Adrian?» domandò sorpresa di scoprire che quella era la sua città d'origine e che fosse un amico d'infanzia di Jack.
«Sì. Adrian è nato qui. Ha deciso di investire in questa città perché la ama e vuole fare in modo che prosperi e sia protetta.»
«Ha scelto un periodo poco fortunato,» commentò Sarah.
Jack sorrise. «Anche lui è preoccupato per quello che sta accadendo.»
«Posso farti un’altra domanda?» Ormai, Sarah, voleva sapere il più possibile su quell'uomo. La sua curiosità aveva preso il sopravvento.
«Dimmi.» Jack sembrò divertito dall'espressione indagatrice che ormai si era affacciata sul viso della donna.
«Come mai David crede che sia un criminale? Deve esserci un motivo. Non è uno sciocco che fa accuse a casaccio.»
«David è un ottimo poliziotto. I suoi sospetti nascono da alcune vecchie vicende in cui Adrian, suo malgrado, si è trovato coinvolto. Purtroppo uno dei suoi soci in affari aveva commesso alcuni illeciti e anche alcune delle attività di Adrian erano state compromesse. Fortunatamente è riuscito a dimostrare la sua estraneità.»
«Capisco.» Quella spiegazione le sembrò un po' scontata ma, allo stesso tempo, mise quell'uomo sotto una luce diversa, offrendole una spiegazione a tutte le dicerie che aveva sentito sul suo conto.
«Un giorno te lo farò conoscere. Così giudicherai di persona.»
«Dipende... È gentile?» La sola idea la mise a disagio.
«È paziente anche se, resti tra me e te, con le donne lo è di più...» rispose, ed entrambi risero.
Il sole si era appena nascosto tre le colline imbrunite, lasciando dietro di sé una pennellata di arancione pallido e sfumato tra le nuvole grigie e il cielo azzurro pastello. L'aria umida e pungente, invece, sembrava preannunciare una notte piovosa; una delle prime del periodo invernale. Il cuore della città era sempre lo stesso, un susseguirsi di stradine anguste e solitarie che si allargavano solo nel momento in cui raggiungevano la piazza secolare, per poi fermarsi, quasi di colpo, ai piedi di due enormi draghi di pietra scura, intenti a sputare fiamme d'acqua all'interno di una grande fontana ovale: uno nella direzione opposta all'altro, ma entrambi noncuranti della folla che adesso si era distribuita attorno a loro, intenta a fissare qualcosa che galleggiava nell'acqua porpora.
«Forza gente! Lo spettacolo è finito! Non c'è più nulla da vedere!» I poliziotti ebbero non pochi problemi nel tenere a bada curiosi e abitanti della zona, ma alla fine riuscirono a far indietreggiare tutti oltre i nastri di protezione. Il detective Malpog rimase ad osservare in silenzio i riccioli dorati e bagnati fradici della donna, finché il corpo non venne recuperato ed adagiato con cautela all'interno dell'involucro di plastica blu che l'attendeva, sotto lo sguardo vigile del capo della scientifica.
La cosa che più amareggiava David, come poliziotto, era il fatto di essere così vicino alla soluzione del caso, ma non abbastanza da arrestare il colpevole e porre fine a quell'orrore.
«Adesso sarà complicato tenere nascosti gli altri omicidi,» disse l'uomo in tuta bianca mentre, con calma e attenzione, completava la chiusura del sacco.
«Ci proveremo ugualmente,» rispose il detective. La polizia aveva provato in tutti i modi a mantenere il più assoluto riserbo su ciò che stava accadendo. Erano riusciti a nascondere i primi undici omicidi, avvenuti in posti isolati e abbandonati nei pressi della periferia della città, ma, dopo il ritrovamento di quella donna alla presenza di tutti quei testimoni, rischiavano che la situazione sfuggisse loro di mano, ritorcendosi come un boomerang.
«David!» Un uomo sulla sessantina, dal fisico asciutto e il viso allungato, era appena sceso da un auto richiamando l'attenzione del detective.
«È la signorina Ster?» chiese quando il detective gli era vicino.
«Sì.»
L'ispettore Greyton si massaggiò la fronte stempiata. «Contatta familiari e conoscenti, e procedi con il riconoscimento ufficiale. David mi raccomando... non possiamo assolutamente permetterci una fuga di notizie sugli altri omicidi prima di aver arrestato il sospettato.»
«Lo so Roger, me sto già occupando.»
«Hai ancora problemi con Jack?»
«Non ha nessuna intenzione di aiutarci. È convinto che vogliamo incastrare il suo cliente per chiudere in fretta il caso. Quell'uomo tiene in scacco tutta la città. In qualunque direzione ci muoviamo, nessuno sembra essere disposto a collaborare. Ecco arrivare altre grane...» aggiunse, osservando le prime troupe televisive avvicinarsi alle transenne.
Se qualcuno le avesse mai chiesto di descrivere quella graziosa città, sicuramente, avrebbe utilizzato uno di quei depliant che alloggiavano pazientemente nei dispenser di quasi tutti i piccoli negozietti di souvenirs piazzati, un po' ovunque, tra le sue antiche architetture: Venite a Black Rock! E perdetevi tra i segreti della sua storia e l'allegria e i divertimenti offerti dai suoi locali più caratteristici!
Decisamente scontato, ma al contempo stimolante per quei turisti desiderosi di assaporare le atmosfere di una tipica cittadina irlandese. Eppure per lei, che abitava lì da sempre, quella città rappresentava qualcosa di diverso: alcune volte si sentiva come un corpo estraneo finito, chissà come, all'interno di quel piccolo mondo dove la vita sembrava scorrere sempre allo stesso modo; altre volte, invece, riusciva a percepire la sua voce più profonda, come se le stesse sussurrando i suoi più oscuri segreti all'orecchio. Forse era una semplice suggestione dovuta alle storie che sua nonna le raccontava da piccola. Tra tutte ricordava perfettamente quella legata alle Whispers Hills, le colline dei sospiri, che circondavano per intero la città e così chiamate, le spiegò, perché a volte, durante le prime notti invernali, era possibile ascoltare i sospiri di giovani fanciulle tenute prigioniere dagli spiriti inquieti che popolavano le sue foreste, in attesa che qualche coraggioso guerriero giungesse a liberarle; ma, con ogni probabilità, quella storia le era tornata in mente ripensando all'ultima donna scomparsa, Amareel.
Claire si trovava ad uno dei tavoli di un piccolo pub che anche lei era solita frequentare.
«Sono Sarah Larson dell'agenzia Brenner. Ci siamo parlate prima al telefono,» disse, presentandosi.
Claire sollevò lo sguardo. «Prego, accomodati pure.» Il viso pallido della ragazza era circondato da una cascata di riccioli neri, mentre due occhi castani la scrutavano quasi a fatica, segnati probabilmente da qualche notte insonne di troppo.
«Grazie.»
Sarah si tolse l'impermeabile nero e lo appoggiò su una delle sedie libere, poi prese posto sulla sedia di fronte alla ragazza.
«Mi dispiace, so che per te è un momento difficile.»
«Non preoccuparti, l'unica cosa di cui m'importa è ritrovare Amareel.»
«Allora, per favore, raccontami da principio cos'è accaduto quella notte.»
Claire annuì. «Come ho già detto alla polizia, avevamo trascorso la serata al Red Sin, uno dei nostri locali preferiti, in compagnia di amici. Poi, verso la mezzanotte, io e Amareel decidemmo di andar via e fare due passi, separandoci dal resto del gruppo. Abbiamo camminato, credo, per circa una mezz'ora arrivando nei dintorni della vecchia piazza...» s'interruppe come se fosse incerta su come proseguire e si limitò a fissare il bicchiere vuoto che teneva tra le mani.
«Tutto bene? Vuoi un
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