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Mia per sempre: Harmony Collezione
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Ebook160 pages2 hours

Mia per sempre: Harmony Collezione

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About this ebook

"Sei mia, Amy, sarai sempre mia!". Quale donna non vorrebbe sentirsi sussurrare queste dolci parole dall'amato marito? Eppure, non sempre bastano...
Per Amy sposare Blade Forbes è stata la realizzazione di un sogno meraviglioso e dolcissimo. Purtroppo, però, il suo mondo perfetto crolla all'improvviso, quando sua sorella le rivela un segreto di famiglia che cambia il presente e il futuro. Amy è talmente innamorata del marito che, per non coinvolgerlo, decide di non rivelargli nulla e di scappare lontano lasciandogli solo un biglietto di vaghe scuse. Ha dimenticato qualcosa, però: la determinazione di Blade nel non voler perdere la donna della sua vita, a qualunque costo.
LanguageItaliano
Release dateNov 10, 2020
ISBN9788830520707
Mia per sempre: Harmony Collezione
Author

Helen Brooks

Helen è nata e cresciuta in Nuova Zelanda. Amante della lettura e dotata di grande fantasia, ha iniziato a scrivere storie sin dall'adolescenza. A ventun anni, insieme a un'amica, partì in nave per un lungo viaggio in Australia, che da Auckland l'avrebbe condotta a Melbourne.

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    Mia per sempre - Helen Brooks

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Lovers not Friends

    Mills & Boon Modern Romance

    © 1994 Helen Brooks

    Traduzione di Velia De Magistris

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3052-070-7

    1

    «Lo sai, vero, che non rinuncerò mai a te? Preferirei ucciderti con le mie mani piuttosto che permettere a un altro uomo di averti.»

    «Blade...»

    «Quale Blade! Sei mia, Amy, e sarai mia per sempre, costi quel che costi.»

    «Tu sei pazzo.»

    «Di te? Forse» concesse lui, gli occhi scuri e profondi che scintillavano. «Mi conosci abbastanza bene per sapere che non è mia abitudine fare minacce vane. Pagherai per quello che hai fatto, credimi! Se volessi, potrei indurti a desiderare di non essere mai nata. E anche quando avrò riscosso quello che mi devi, sarai ancora mia moglie, Amy. Mia moglie

    «No!»

    Il grido angosciato le sfuggì dalle labbra mentre, con un movimento brusco, raddrizzava la schiena per sedersi al centro del piccolo letto. Era stato un sogno, solo un sogno...

    Amy portò le ginocchia al petto e le circondò con le braccia, poi attese che il suo cuore tornasse a battere a un ritmo accettabile. Lui non era lì, non l’aveva trovata. Non ancora, almeno; ma quel sogno così reale aveva ravvivato tutti i timori che, in qualche modo, durante la giornata riusciva a mantenere sotto controllo. Scosse il capo e una ciocca di capelli biondi le ricadde sul viso. Era stata una follia decidere di fuggire via così, senza fare prima un piano preciso. Nessuno che decidesse di sfidare Blade Forbes riusciva a farla franca, meno che mai la donna che era sua moglie da soli sei mesi. Blade Forbes era un uomo di potere, la sua influenza non aveva limiti. E lei, quali armi aveva per contrastarlo?

    Nessuna, concluse. Scese dal letto e con passi stanchi attraversò l’angusta stanza quadrata fino a raggiungere il tavolino su cui era sistemato un bricco elettrico per il caffè. Lo accese, poi si voltò verso la finestra e lasciò vagare lo sguardo oltre il giardino, per i campi verdi che sembravano estendersi all’infinito.

    Blade. Strinse le braccia intorno al corpo e concesse libero corso ai suoi pensieri per la prima volta dopo settimane. Blade Forbes, milionario uomo d’affari americano, duro, dinamico, spietato e tuttavia... Chiuse gli occhi. Tuttavia con lei era stato gentile, premuroso, comprensivo. Ciondolò mentre l’agonia del ricordo si trasformava in dolore fisico. Erano stati così felici insieme, così innamorati.

    «Smettila, Amy» intimò a se stessa, la voce che risuonava nella stanza vuota. Recriminare non l’avrebbe aiutata. Era finita, e non c’era più nulla da fare al riguardo. Tre mesi prima, proprio in nome del suo amore per Blade, era stata costretta a sparire, e niente da allora era cambiato.

    Mentre si preparava per recarsi al lavoro, più tardi del solito quella mattina, la giornata che si era preannunciata umida si era trasformata, come era tipico del clima inglese, in una mattinata piena di sole. L’odore dei fiori selvatici che impregnava l’aria le ricordò che l’estate ormai era alle porte.

    La sua prima estate da donna sposata.

    Era ancora assorta in quel pensiero quando arrivò al piccolo ristorante poco prima dell’ora di pranzo. Dopo pochi minuti, la frenetica attività ridusse il suo dolore all’ormai familiare disagio di sottofondo.

    Guardando la cucina, troppo angusta se più di due persone vi entravano nello stesso momento, si disse che era stata fortunata a trovare quell’impiego, perché per nessun motivo avrebbe prelevato denaro dal generoso conto in banca che Blade aveva aperto per lei. Quel periodo della sua vita era chiuso per sempre, ed era essenziale che provvedesse da sola ai suoi bisogni.

    Quando era arrivata nello Yorkshire, tre mesi prima, ancora sconvolta per l’audacia del passo che aveva intrapreso, non aveva pianificato altro se non di nascondersi per un paio di settimane prima di tentare una fuga all’estero. Poi, la tranquillità della campagna aveva operato un miracolo sul suo cuore dolente, e proprio quando i pochi soldi che aveva portato con sé erano ormai terminati, aveva sentito parlare di quel lavoro dalla signora Cox, la proprietaria del cottage in cui aveva affittato una stanza.

    La cameriera e aiuto cuoca del ristorante giù in paese era andata via con un tizio che era capitato nel villaggio, e aveva abbandonato senza troppi ripensamenti marito e figli. «Una poco di buono» aveva sentenziato la signora Cox, scuotendo il capo con disappunto.

    Il proprietario del ristorante, Arthur Kelly, l’aveva accolta a braccia aperte ancor prima di sapere del corso triennale di direzione aziendale che aveva frequentato all’università.

    Così, era rimasta. Mentre riempiva alcune ciotole di terracotta con la saporita minestra fatta in casa, rifletté sui complicati schemi della sua vita: era stato il suo lavoro ad avvicinarla a Blade, e adesso il suo lavoro le permetteva di sopravvivere lontano da lui.

    «Tutto bene, Amy?»

    Si sottrasse al filo dei suoi pensieri per guardare Arthur. «Sì, sto bene» si affrettò a rassicurarlo. «Sognavo a occhi aperti, ecco tutto.» Sistemò le ciotole su un vassoio e si preparò a uscire dalla cucina.

    Arthur, un uomo affabile di mezza età, era il tipico abitante dello Yorkshire: gentile, diretto e sempre fedele al principio di badare esclusivamente ai fatti propri, della qual cosa lei gli era estremamente grata. Anche se sicuramente si era interrogato sul suo arrivo improvviso nella piccola comunità, non le aveva posto domande, né le aveva chiesto il motivo dell’espressione costantemente triste sul suo volto.

    Aveva appena servito della minestra e un cestino di pane caldo a una giovane coppia di avventori, quando il campanello della porta d’ingresso suonò, annunciando l’arrivo di un altro cliente. Non ebbe alcun presentimento mentre si girava per accoglierlo, nessun sesto senso l’avvertì di quanto stava per accadere.

    «Salve, Amy.» La voce del nuovo arrivato era calma e controllata, i suoi occhi gelidi e inespressivi.

    «Blade...» Amy sentì il sangue defluirle dal viso, e un’ondata di pura gioia la travolse, il che era ridicolo date le circostanze. Poi l’assurdità della situazione si delineò nella sua mente e per un istante fu certa di essere sul punto di perdere i sensi.

    Ovviamente Blade doveva aver percepito la sua confusione, perché si avvicinò alla svelta e la costrinse a prendere posto su una sedia di legno. «Non capisco perché sembri così sorpresa. Sapevi che ti avrei trovata, era solo questione di tempo.»

    «Blade» mormorò lei. Ripetere il suo nome era l’unica cosa di cui era capace. Il suo cervello era come avvolto in una coltre di ghiaccio, e dunque incapace di formulare anche un solo pensiero coerente.

    «Proprio io.»

    Il suo viso bello e arrogante era duro, quasi fosse stato scolpito nella pietra, proprio come nel suo sogno. Il sogno... Quindi era stato un monito, ipotizzò Amy. Avrebbe dovuto restare in guardia, avrebbe dovuto capire...

    «Ora alzati.»

    «Cosa?» Amy gli rivolse uno sguardo incredulo.

    «Alzati!»

    L’espressione tempestosa sul volto di Blade sarebbe bastata a terrorizzarla, ma solo se avesse avuto la capacità di percepire sensazioni. Amy non si mosse, ma sentì i due giovani parlottare fra loro alle sue spalle, e poi l’uomo comparve al suo fianco.

    Non doveva avere più di vent’anni e ovviamente era molto spaventato.

    «Qualche problema, signorina?» chiese guardandola negli occhi. «Vuole che chiami qualcuno?»

    «No, io...»

    «Non interferire in faccende che non ti riguardano, figliolo» intervenne Blade, senza staccare gli occhi da Amy.

    «Senta, è evidente che questa signorina non desidera parlare con lei...»

    Blade gli impedì di continuare il suo discorso solo con la forza malevola del suo sguardo, e nonostante tutto Amy riuscì a provare ammirazione per il ragazzo che, nonostante fosse sbiancato in viso, rimase fermo dov’era.

    «Torna al tuo posto, se non vuoi che ti costringa io a farlo» aggiunse Blade.

    «Ora basta.» Amy si alzò, spinta dall’ira che aveva improvvisamente preso il posto del suo stato di torpore. «Non infierire su di lui. È tutto a posto» disse poi al ragazzo. «Vada al suo tavolo e si goda la cena.»

    «Ne è certa?» Per un attimo il giovane sembrò combattuto fra il sollievo e il senso della cavalleria, infine il primo ebbe la meglio. Rivolse ad Amy un’ultima occhiata e tornò dalla sua fidanzata.

    «Cosa vuoi, Blade?» Amy fu costretta ad alzare il viso per guardarlo, sovrastata dalla sua statura.

    «Sai esattamente cosa voglio, dunque non fingere di non capire.»

    Lei non replicò, guardandolo come avrebbe guardato uno sconosciuto. Perché in realtà quel viso trasfigurato dall’ira per lei apparteneva a uno sconosciuto. Lo aveva visto comportarsi in modo cinico e beffardo, ingaggiare competizioni professionali con crudele decisione, ma mai perdere il controllo. Ora, invece, gli occhi scuri di Blade mandavano fiamme e il suo atteggiamento era minaccioso: dettagli imprevisti e inquietanti, che la spaventavano e la lasciavano incapace di una qualsiasi reazione.

    «Vieni con me di tua spontanea volontà o vuoi che ti porti via di peso?»

    «Non posso venire con te, io lavoro qui e il mio turno non è ancora finito.»

    «Certo che puoi» la contraddisse Blade, «ed è esattamente quello che farai.»

    «Stai solo sprecando il tuo tempo... Io non tornerò indietro.»

    «E chi ti ha chiesto di farlo? Non crederai davvero che ti riprenderei con me dopo quello che hai combinato? Non crederai che m’importi ancora qualcosa di te? Perché per crederlo dovresti anche ritenere che io sia un idiota» sottolineò, la voce tagliente come una lama di coltello. «Ma voglio parlare con te, e voglio sapere dov’è lui. Hai capito? Voi due vi siete meritati una lezione che difficilmente potrete dimenticare.»

    «Dov’è lui?» ripeté Amy con tono incredulo, ormai consapevole di aver perso completamente il controllo della situazione. «Lui chi?»

    «Non provare a raggirarmi, Amy.» La mano di Blade scattò in avanti per afferrarle un braccio. «Sono giunto al limite della sopportazione.»

    Non aveva scelta, doveva assecondare le sue richieste, capì Amy. Sul viso di Blade era stampata la stessa determinazione che gli aveva permesso di fare fortuna nel mondo dell’alta finanza, trasformandolo da secondogenito di un capo cantiere che lavorava nelle miniere a multimilionario a soli trentacinque anni, l’età che aveva quando lei lo aveva conosciuto, dodici mesi prima. La sua inflessibilità era leggendaria, come la sua capacità di ottenere sempre quello che voleva. Dunque sì, avrebbe dovuto parlare con lui, e a quel punto prima lo affrontava, meglio sarebbe stato per tutti.

    «Chiederò ad Arthur il permesso di assentarmi» replicò indicando la porta della cucina. «È il mio datore di lavoro.»

    «Va’.» Blade abbassò la mano. «Ti concedo esattamente sessanta secondi.»

    Cinquantanove secondi dopo, Amy si soffermò sul marciapiede che costeggiava il ristorante per tirare un profondo respiro, poi si accinse a seguire Blade verso la sua auto. «Non potremmo fare due passi?» propose. «Io preferirei camminare.»

    «Non mi interessa quello che preferiresti tu» tagliò corto lui mentre apriva lo sportello della lussuosa vettura sportiva. «Limitati a fare quello che ti dico.»

    Non aveva mai usato un tono di voce simile con lei, e repentinamente tutto il suo essere si ribellò a tanta arrogante autorità. «Tu non puoi darmi ordini» sibilò a denti stretti. «Ho già chiesto il divorzio, come sicuramente saprai. Ciò significa che non hai più alcun diritto su di me.»

    «Al diavolo i diritti!» esclamò lui. «Non ho mai permesso ai miei diritti di frapporsi fra me e quello che voglio, e fortunatamente per te in questo caso non è un problema. Perché io non ti voglio, se sapere questo servirà a tranquillizzarti. L’unico sentimento che ispiri in me è disprezzo, spero sia chiaro!»

    Non poteva biasimarlo, davvero non poteva, però le sue parole l’avevano colpita con la violenza di uno schiaffo in pieno viso.

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