IRONMAN: Allenamento, nutrizione e preparazione mentale
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Info su questo ebook
Il testo è il frutto di errori e intuizioni che negli anni Cristiano Caporali ha imparato. Non può certo sostituire l’operato di un preparatore atletico che con obiettività e competenza è in grado di gestire il complesso processo di allenamento, ma può aiutare a capire come si imposta e sviluppa una preparazione atletica per l’Ironman. Una gara di endurance inizia e finisce con un buon atteggiamento mentale, un corretto allenamento, un recupero corretto ed una nutrizione adeguata. Sono queste componenti: mindset, allenamento, recupero e nutrizione gli argomenti che si trovano nelle pagine di questo libro e che aiuteranno a realizzare il sogno di diventare un Ironman. “Ho voluto raccontare brevemente la storia dell’Ironman per sottolineare alcuni aspetti che caratterizzano il fascino esercitato su migliaia di atleti in tutto il mondo da questa gara. L’Ironman nasce come un evento amatoriale, pensato e realizzato da atleti amatori. La cosa non è indifferente, infatti la quasi totalità dei partecipanti sono atleti amatori di qualsiasi età!”
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Anteprima del libro
IRONMAN - Cristiano Caporali
Tavola dei Contenuti (TOC)
Prefazione
Siamo Ironman ogni singolo giorno
Introduzione
Cosa determina la prestazione in un Ironman?
Allenamento
Perché ci alleniamo?
Le basi dell’allenamento
La teoria della supercompensazione
La teoria della fitness/fatica
La periodizzazione dell’allenamento
Periodo generale
Periodo specifico
Periodo agonistico
Periodo di transizione
Macrocicli e microcicli
L’allenamento
Emil Zátopek, l’eccezione che conferma la regola
Sistema del fosfagene
Sistema energetico glicolitico
Sistema aerobico
L’unione fa la forza
Tutta questione di equilibrio
Massimo consumo di ossigeno o VO2max
Tutta questione di peso
VO2max e adattamenti dovuti all’allenamento
The perfect mile
Allenamenti per migliorare il VO2max
Il recupero negli allenamenti frazionati
Volume di allenamento per migliorare il VO2max
Allenamenti per il miglioramento della soglia del lattato
Gli allenamenti in progressione
Allenamenti per la potenza lipidica
Come si misura quanti carboidrati e lipidi si consumano durante gli allenamenti?
Potenza lipidica
Potenza lipidica e corsa
Gli allenamenti a digiuno
Che la forza sia con te
Ma cosa è la forza?
L’adattamento alla forza
L’adattamento di tendini e legamenti
L’allenamento della forza massima
L’allenamento della potenza, la pliometria
La forza e l’endurance
La forza nel ciclismo
Un po’ di sana speculazione
Il genio atletico
L’allenamento complesso
Allenamenti per la Stability
Allenamenti per il core
L’allenamento della tecnica
Allenamento e biomeccanica di corsa
In pratica cosa fare?
Dalla colazione con i waffle alla leggenda
Allenamento e biomeccanica della pedalata
Bike fitting e performance nell’Ironman
Economia del gesto della pedalata
L’economia della pedalata
Altri fattori (legati al bike fit) che influenzano la performance nell’Ironman
Posizione della sella avanzata
Scelta dei componenti
Allenamento e biomeccanica del nuoto
Workload, il carico dell’allenamento
Calcolare l’intensità del carico: i test
Il concetto di critical power
Le zone di allenamento
Mezzi allenanti
Modello di gara e modello dell’atleta
Mezzi allenanti funzionali e specifici
Nutrizione
Introduzione
Il fabbisogno energetico
I nutrienti
I carboidrati
Corretto apporto di carboidrati
Timing di assunzione dei carboidrati
Ripristino del glicogeno e monosaccaridi
Ripristino del glicogeno e dei disaccaridi
Oligosaccaridi e polisaccaridi
Un tipo particolare di carboidrati: le fibre
Ingannare il cervello: mouth rinse
Mouth rinse e training low
Mouth rinse ed alta intensità
Carboidrati e problemi intestinali
Problemi intestinali e mouth rinse
Lipidi
Grassi molto speciali: i grassi essenziali
Proteine
Integrazione proteica durante e dopo l’esercizio
Micronutrienti
Vitamine idrosolubili
Vitamine liposolubili
Il ferro
Il magnesio
Il calcio
Idratazione e sodio
Calcolo dello sweat rate
Iper-idratazione ed equilibrio del sodio
Integrazione
BCAA e EAA
Caffeina
Creatina
β-Alanina
Nitrati
Probiotici
Chetoni esogeni
Acclimatazione
Recupero e preparazione mentale
Lo stress
Come agisce lo stress
Stress sociale
Lo stress nello sport: overtraining
Le cause di overtraining
Diagnosticare l’ovetraining
Il recupero
Il sonno
L’importanza della respirazione
La meditazione
Lo Yoga
Una storia per tutti noi
La resilienza
Le ricerche sulla resilienza
Self Talk: il dialogo interiore
Un modello integrato per la preparazione mentale
Goal Setting
Tecniche di rilassamento
Tecniche di Imagery
Self Talk
It’s never over until it’s over
Considerazioni finali su recupero e preparazione mentale
Dalla teoria alla pratica
Come impostare una periodizzazione
La programmazione
Periodo di transizione
Periodo generale
Periodo introduttivo
Dimagrimento e proteine
Sviluppo della forza e alimentazione
Potenza aerobica e alimentazione
Periodo specifico e picco
Periodo specifico e alimentazione
Tapering
La settimana di gara
La gara
Test e calcolo del Training Load
Storie di (stra)ordinari Iron wo/man
Road to Kona… proprio come nei film! - Laura Strappaveccia
Fatica e poesia - Sara Kaczko
Anything is possible - Barbara Trazzi
Nothing is impossible - Manuel De Benedetti
Dagli abissi al paradiso - Gabriele Indraccolo
La prima volta non si scorda mai - Federico Berardocco
Iron Man? - Stefano Strappaveccia
L’emozione - Andrea Scaccia
Il potere
è Kona - Alberto Fazi
Appendice 1
Allenamenti per la tecnica
Allenamenti per l’adattamento anatomico
Allenamenti per la forza
Allenamenti per la forza esplosiva
Allenamenti per la forza specifica nel ciclismo
Ripetute per la forza dinamica
Come si eseguono
Partenze da fermo
Le SRF (Salite Forza Resistenza)
Come si eseguono
Le PRF (Pianura Forza Resistenza)
Allenamenti per la componente centrale del VO2max
Interval Training
Le ripetute in salita alla Arcelli
Il Protocollo 1: 1 Billat
Allenamenti per la componente periferica del VO2max
Il VDOT
Le ripetute brevi VO2max
La critical velocity
HIIT
Mezzi allenanti per allenare il VO2max con il ciclismo
Il protocollo Billat
HIIT nel ciclismo
Allenamenti per il VO2max con il nuoto
Allenamento con serie lunghe
Allenamento con serie frazionate
Allenamenti per la soglia del lattato nella corsa
Le ripetute alla soglia
Cruise Intervals
Fartlek in soglia
Il corto
veloce
La corsa continuata con tratti veloci
Le ripetute brevi per la soglia del lattato
Allenamenti per migliorare la soglia del lattato nel ciclismo
Allenamenti frazionati per la soglia del lattato
Allenamento continuato alla soglia con sprint brevi
Allenamento continuato in salita con tratti veloci
Allenamenti per la soglia del lattato con il nuoto
Allenamenti per la potenza lipidica
Lunghissimo lento
Lungo regressivo
Fondo medio
Corsa in salita continuata
Potenza lipidica e ciclismo
Lunghissimo
Allenamento in salita
Fondo medio
Fondo lungo con variazioni VO2max
Mezzi allenanti per la potenza lipidica con il nuoto
Allenamento 1
Allenamento 2 (il giorno successivo)
Brick
Allenamento passo gara
Appendice 2 - I test
Test dei 5’ per la determinazione della vVO2max nella corsa
Test dei Billat dei 6’ per la determinazione della vVO2max nella corsa
Test 3MT per il calcolo della Critical Power nel ciclismo
Test per la determinazione del Maximal Steady State Power (MSSP) nel ciclismo
Test T-1500m o T-2000m per il nuoto
Test 5k per la corsa
Test per la stima della Fcmax per la corsa
Test per la stima della MLSS con la corsa
Test per la stima della potenza nel ciclismo
Test per la Functional Threshold Power (FTP)
Riscaldamento
Test
Defaticamento
Test degli 8’
Test dei 3 minuti per la rilevazione della FCmax
Riscaldamento
Test
Defaticamento
Bibliografia
training
©
2020
Miraggi edizioni
via Mazzini
46
,
10123
Torino
www.miraggiedizioni.it
Progetto grafico Miraggi
Per le immagini utilizzate all’interno del libro l’Editore è a disposizione degli eventuali aventi diritto, nonché per eventuali omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti.
Finito di stampare a Borgoricco (PD)
nel mese di ottobre
2020
da Logo srl
per conto di Miraggi Edizioni
su Carta da Edizioni Avorio – Book Cream
80
gr
Prima edizione digitale: ottobre
2020
isbn
978-88-3386-154-8
Prima edizione cartacea: ottobre
2020
isbn
978-88-3386-153-1
Disclaimer
Le informazioni e gli allenamenti contenuti nel presente libro non sostituiscono la supervisione di un professionista della preparazione atletica. La preparazione fisica deve essere intrapresa esclusivamente previa idoneità alla pratica sportiva agonistica rilasciata da personale medico. L’autore non è responsabile di qualsiasi utilizzo improprio fatto delle indicazioni riportate.
Prefazione
Whoever finishes first we’ll call him the Iron Man.
Judy and John Collins
La storia della gara più entusiasmante al mondo nasce dall’idea di una coppia di amatori, John Collins, comandante della U.S. Navy e la moglie Judy. La coppia si era trasferita alle Hawaii dalla California, dove avevano preso parte, il 25 settembre del 1974, al Mission Bay Triathlon di San Diego, ritenuto il primo triathlon della storia. L’idea era creare un evento di endurance che racchiudesse le tre gare principali dell’isola: la Waikiki Roughwater Swim (3,862 Km), L’Around-Oahu Bike Race (185km) e la Honolulu Marathon (42,195 km). La mattina del 18 febbraio del 1978 quindici temerari avrebbero nuotato, pedalato e corso nella leggenda. Le regole scritte su un foglio di carta che portava come incipit la frase "Swim 2.4 miles! Run 26¼ miles! Bike 112 miles! Brag the rest of your Life!" (nuota 2,4 miglia, corri 26 miglia e un quarto e pedala 112 miglia! Vantati per il resto della tua vita). Il vincitore, dopo 11 ore, 46 minuti e 58 secondi fu Gordon Haller che prese il comando della gara dopo che John Durban dovette ritirarsi per problemi intestinali, causati dalla birra che la crew di assistenza gli diede in sostituzione dell’acqua terminata durante la maratona.
Ho voluto raccontare brevemente la storia dell’Ironman per sottolineare alcuni aspetti che caratterizzano il fascino esercitato da questa gara su migliaia di atleti in tutto il mondo. L’Ironman nasce come un evento amatoriale, pensato e realizzato da atleti amatori. La cosa non è indifferente, infatti la quasi totalità dei partecipanti sono atleti amatori di qualsiasi età. John e Judy avevano pensato di realizzare un’impresa oltre i limiti indirizzata a persone normali, non ad atleti professionisti. La coppia incarnava l’eterno desiderio umano di andare oltre sé stessi, di mettersi alla prova. È questo il motivo che spinge una moltitudine di persone, con un lavoro, una famiglia ed una vita sociale impegnata, a spendere molto del loro tempo in allenamenti estenuanti. "You are an Ironman" è il sigillo pronunciato al traguardo, una frase che ripaga l’impegno profuso, indipendentemente dal tempo impiegato, perché l’importante è aver dimostrato a sé stessi che ci si possono porre obiettivi ambiziosi e perseguirli. Il secondo aspetto della storia che mi piace particolarmente ricordare è l’epilogo della prima edizione quando John Durban, che aveva un ampio vantaggio all’inizio della maratona su Gordon Haller, fu costretto al ritiro.
È quello che ancora oggi accade a molti atleti che si allenano per mesi e poi terminano la loro fatica anzitempo, per qualche problema occorso durante la gara. Il libro nasce dall’esperienza maturata in oltre venticinque anni come preparatore atletico di atleti amatori in diversi sport, dalle arti marziali al nuoto e nell’ultimo decennio aiutando triatleti durante la preparazione per un Ironman con l’obiettivo di qualificarsi alla finale mondiale di Kona o semplicemente di finire la gara.
Il testo non può certo sostituire un preparatore atletico che con obiettività può essere il regista per la realizzazione di un sogno, ma sicuramente può aiutare a gestire ed interpretare in modo ottimale gli allenamenti. Una gara di endurance inizia e finisce con un buon atteggiamento mentale, un corretto allenamento, un adeguato recupero ed una nutrizione ottimale. Questi temi costituiscono il fulcro di questo libro e ti aiuteranno a realizzare il sogno di diventare un Ironman.
Siamo Ironman ogni singolo giorno
Ogni tanto con i colleghi capita di parlare del mio sport e di quanto sia impegnativo fisicamente e mentalmente preparare una gara come l’Ironman. All’interno della sala covid mi trovo a vivere delle sensazioni che spesso (con le dovute proporzioni) mi ricordano alcuni momenti vissuti in gara e questo paragone, in un momento di grande stress psico-fisico, mi aiuta a combattere l’angoscia che si respira in sala cercando di superare questa ulteriore sfida.
Tutto inizia la mattina appena arrivato in reparto, hai quel nodo alla gola, non sai bene che pazienti ci sono, se sono stabili ecc., un po’ come quando ti alzi prima della gara e guardi subito il clima fuori sperando in una bella giornata con mare piatto e senza vento; allo stesso modo speri non ci siano pazienti poco brillanti
dentro. Ti sistemi nella stanza di vestizione con accuratezza, come stessi preparando la tua bici e la tua attrezzatura in zona cambio, come se indossassi la muta… prendi le consegne e via, si parte. L’entrata in sala è una vera e propria partenza: confusione su quello che devi fare, terapie da ricopiare, pazienti da visitare ma la cosa peggiore è la visiera che inizia ad appannarsi come fosse un paio di occhialini alla prima boa. Passa la prima ora e inizi ad assestarti, la sensazione è simile a quella di aver terminato la frazione di nuoto, sai bene che ancora la giornata è molto lunga ma a piccoli passi vai avanti, consapevole che il difficile deve ancora arrivare.
Termini il giro visita, completi il foglio delle terapie e inizi a parlare con i parenti, una routine che ricorda quella della frazione bike dove cerchi di mangiare, bere e rimanere tranquillo in attesa dei momenti più duri, ma consapevole che la stanchezza inizia a farsi sentire già da ora.
Il tempo in sala covid assume carattere mutevole, a volte sembra che non scorra mai, altre volte scorre inesorabile, questo particolare mi torna familiare… arrivi in zona cambio, scendi dalla bici, ti cambi e inizi a correre. Ogni Ironman sa che da lì in poi inizierà la sofferenza.
Questo è solitamente il momento dell’emergenza in sala. Senti qualche collega che grida, corri sul posto, inizia la battaglia più dura. Eccola la crisi del 35° km! Sei stanco, dentro quella tuta ci sono 40 gradi e sudi come un dannato, la faccia che brucia per i DPI, ma tu dai tutto, non ti dai per vinto. Sai che devi provarci! A volte (oggi guardiamo il bicchiere mezzo pieno) riesci a superare quella crisi, alzi lo sguardo e scambi un cenno di intesa con i tuoi compagni di avventura, è come scambiare un 5 ad un giro di boa con un amico in gara. Guardi l’orologio, l’ora del cambio è vicina, ma è finita lo si dice solo alla fine. Arriva la finish line, vai in sala svestizione, saluti i colleghi che stanno entrando e termini il tuo turno con un carico di emozioni che non dimenticherai mai. Emozioni che ti hanno fatto crescere e che non avresti mai pensato di provare nella vita, proprio come in un Ironman. Torneremo a giocare ad essere uomini di acciaio, nel frattempo proviamo ad essere medici di acciaio!
Dott. Luca Giammona Indaco
Introduzione
A winner is only a dreamer who hasn’t given up.
Nelson Mandela
L’introduzione di un libro, nel mio modo di organizzarne la stesura, è sempre l’ultima pagina che scrivo. Quando parlai con l’amico Alessandro De Vito di Miraggi Edizioni, prendemmo accordi per scrivere un testo semplice, con delle indicazioni di massima su come si dovrebbe strutturare una preparazione atletica per affrontare un Ironman. Sapevo benissimo di mentire a me stesso e ad Alessandro, e sono sicuro che anche lui ne era perfettamente consapevole. Un paio di mesi dopo, infatti, sopraffatto dalla mole di studi scientifici che avevo consultato, dissi ad Alessandro che avrei ritardato la consegna del manoscritto. Fu allora che Alessandro ribatté: Cristiano di libri come questo se ne scrivono uno ogni dieci anni e come casa editrice ne pubblichiamo uno ogni dieci anni
. Produrre un libro di nicchia
come questo è una grossa scommessa ed investimento per una casa editrice, per cui sono veramente grato a Miraggi Edizioni per avermi dato questa opportunità.
In queste pagine ho inserito tutto quello che ho potuto apprendere su questo tema in questi anni. Vorrei spendere due parole su come è strutturato il testo. All’interno del testo troverete delle partentesi che riportano dei nomi e delle date come questa (Bailey et al. 2009). Sono le citazioni degli studi scientifici che approfondiscono il tema di cui si sta parlando. Sono cosciente che possono appesantire la lettura, tuttavia avere la possibilità di consultare le fonti permette di approfondire le proprie conoscenze oltre a rendere merito ai molti ricercatori che passano le loro giornate per cercare di fornire ai tecnici nuovi strumenti per svolgere al meglio il loro lavoro. Se non siete interessati alle ricerche, saltate semplicemente tutto quello che è racchiuso tra parentesi tonde! Tutto quello che ho imparato in questi anni lo devo alla lettura delle ricerche scientifiche che ho provato ad applicare nella pratica di tutti i giorni. La prima cosa che valuto quando leggo un libro sulla preparazione atletica è la bibliografia riportata, perché so che il testo è stato scritto con rigore e mi dà la possibilità di ampliare le mie conoscenze, molto più di quanto i contenuti possano esprimere.
Il libro è strutturato in quattro parti: Allenamento, Nutrizione, Recupero e Nutrizione e Dalla teoria alla pratica. I primi tre capitoli contengono i presupposti teorici che permettono di strutturare una preparazione atletica per l’Ironman, mentre nell’ultimo ho percorso le fasi essenziali per costruire il proprio piano di allenamento. Un libro sull’allenamento è già vecchio il giorno successivo alla pubblicazione, per questo motivo invito i lettori a seguire la mia pagina Facebook (https://www.facebook.com/caporalicristiano) sulla quale pubblico le ultime novità sul tema dell’allenamento e della nutrizione.
Ringrazio mia moglie Marina, che riesce a dissipare le mie titubanze quando devo affrontare un nuovo progetto con il suo entusiasmo e positività. Ringrazio tutti gli amici che hanno contribuito alla stesura del libro. Ringrazio la professoressa Maria Francesca Piacentini, ricercatrice dell’Università di Roma, per le dritte
sul nuoto, Niklas Quetri di AGS Bike Science, il miglior Bike Fitter
sul territorio e tutti gli amici che hanno voluto contribuire scrivendo qualcosa sul loro Ironman. Ringrazio infine tutti i lettori appassionati di questo meraviglioso sport.
Cosa determina la prestazione in un Ironman?
La decisione è presa, vi siete iscritti ad un Ironman e volete capire come allenarvi per arrivare preparati all’appuntamento. L’Ironman fa parte degli sport di ultra-endurance, cioè quella categoria di attività sportive per cui la durata della prestazione si estende per più ore. I preparatori atletici, quando devono allenare per un determinato sport, si pongono una domanda fondamentale: Quali sono le qualità che devono essere sviluppate per migliorare la prestazione?
; detto in altro modo: Cosa bisogna allenare per preparare un Ironman?
. Per rispondere alla domanda ricorro alla potenza di sintesi della matematica. Niente paura, sarà tutto spiegato in termini molto semplici, il mio scopo è fare capire come da una piccola formula si possa sviluppare un libro. Avete capito bene, tutto questo libro, è racchiuso in una formuletta. Eccola:
v = FrVO2max/CE
È una semplice frazione la quale afferma che la velocità v nella prestazione di endurance è data dalla percentuale del VO2max che si è in grado di utilizzare (FrVO2max) divisa per il costo energetico (CE). Facile no? Ricordando la matematica delle elementari sappiamo che il valore di una frazione aumenta quando cresce il numeratore (FrVO2max) oppure quando diminuisce il denominatore (CE). La velocità sarà quindi più elevata sviluppando al meglio il VO2max e l’effettiva percentuale che è possibile utilizzare per un tempo molto prolungato e migliorando la biomeccanica del gesto atletico, che significa migliorare la tecnica. L’uomo è una macchina
biologica controllata da un sistema nervoso molto evoluto che, per funzionare al meglio, ha bisogno di introdurre energia dall’esterno. La formula che rappresenta la prestazione di endurance dipende anche dalla tipologia di nutrienti che sono introdotti attraverso l’alimentazione e dalla capacità psicologica di gestire lo sforzo e la fatica.
All’interno del libro scopriremo tutti i dettagli di questa formula magica
con lo scopo di capire cosa si cela dietro l’allenamento per un sogno chiamato Ironman. Iniziamo cercando di capire per quale motivo è necessario allenarsi e perché è importante seguire una determinata struttura e sequenza temporale. La scienza dello sport, agli albori, si è occupata di spiegare il motivo per cui quello che i coach
proponevano ai loro atleti li faceva migliorare. Si narra che Milone da Crotone, vincitore di sette olimpiadi antiche, da ragazzo, per allenare la sua forza, portasse tutti i giorni un vitello sulle spalle. Col passare del tempo l’animale divenne adulto crescendo di peso, ma la costanza quotidiana degli allenamenti di Milone fece aumentare la sua forza fino a permettergli di portare sulle spalle un toro adulto. Oggi i metodologi dello sport chiamano questo comportamento principio di progressività del carico. L’approccio scientifico all’allenamento ha sostituito quello basato su prove ed errori permettendo di elevare la prestazione umana a livelli altissimi.
Guardando al campionato mondiale di Ironman, nel 1978 Gordon Haller chiuse in 11 ore e 46 minuti, nel 2019 Jan Frodeno in 7 ore 51 minuti, impiegando 3 ore e 55 minuti meno. Sul fronte femminile Lyn Lemarie nel ’79 impiegò 12 ore 55 minuti, Daniela Ryf nel 2018 chiuse la sua fatica in 8 ore e 26 minuti, 4 ore e 29 minuti in meno! Negli anni i materiali sono migliorati molto e le condizioni ambientali sicuramente hanno influito in modo significativo sul tempo finale, ma è indubbio che la qualità superiore degli allenamenti sia stato il principale motivo di questo impressionante miglioramento.
Allenamento
Perché ci alleniamo?
L’uomo si è evoluto fino ai nostri giorni perché ha appreso delle strategie che gli hanno permesso di fronteggiare le avversità che l’ambiente gli poneva di fronte. L’adattamento fisiologico è un apprendimento del corpo. Il nostro organismo, sottoposto ad uno stimolo dell’ambiente che ne compromette l’equilibrio, apprende come riuscire a fronteggiarlo al meglio divenendo più competente ad affrontarlo nel futuro, qualora dovesse ripresentarsi. È la teoria della supercompensazione che governa il nostro costante miglioramento, sia a livello fisico che mentale. Siamo programmati per adattarci! Definire il concetto di allenamento sportivo non è semplice, poiché in esso sono racchiuse componenti fisiologiche, biochimiche, tecniche, motorie e mentali. Trattandosi del raggiungimento di una prestazione è necessario che tutto quanto concorre al miglioramento, fisiologico e psicologico, dell’atleta sia coordinato e sviluppato. Tra le varie definizioni di allenamento quella di Carlo Vittori, allenatore storico di Pietro Mennea, è quella a cui sono più affezionato:
l’allenamento sportivo è un processo pedagogico-educativo complesso che si concretizza nell’organizzazione dell’esercizio fisico ripetuto in quantità e con intensità tali da produrre carichi progressivamente crescenti, che stimolino processi fisiologici di supercompensazione dell’organismo e favoriscano l’aumento delle capacità fisiche, psichiche, tecniche, tattiche dell’atleta, al fine di esaltarne e consolidarne il rendimento di gara.
Nelle parole di Vittori troviamo l’essenza dell’allenamento che, non a caso, parte dal valore pedagogico-educativo del movimento. Attraverso l’esercizio fisico miglioriamo noi stessi, ritroviamo la nostra essenza e ci educhiamo alla vita. L’allenamento è un potente strumento per diventare persone migliori, come diceva il premio Nobel per la letteratura William Faulkner: "Non sforzarti di essere migliore degli altri, cerca di essere migliore di te stesso. Il movimento è un dialogo intimo con sé stessi, ma bisogna imparare ad ascoltare la
voce" del corpo per trarne insegnamento. Sarà questo il leitmotiv del libro, perché l’allenamento per l’Ironman è un viaggio introspettivo alla scoperta del nostro potenziale che potremmo applicare in tutti gli ambiti della nostra vita. Non esiste una distinzione tra mente e corpo, quando facciamo attività motoria siamo un’unità. Qualsiasi cosa noi facciamo modifica, in meglio o in peggio, il nostro organismo ed il nostro modo di pensare, per questo motivo l’allenamento deve essere sempre affrontato in quest’ottica.
Le basi dell’allenamento
Nel 2010 usciva il mio primo libro: Triathlon il manuale. Fu una sfida che con Alessandro De Vito, di Miraggi edizioni, ci eravamo posti, cioè provare a spiegare la complessità della fisiologia dell’allenamento ai non addetti ai lavori. Rileggendo il testo mi rendo conto che l’obiettivo non fu raggiunto pienamente poiché i tecnicismi
contenuti sono davvero molti e possono scoraggiare chi ha voglia di capire come funziona l’allenamento senza avere delle basi di fisiologia e biochimica. Vogliamo riprovarci con questo libro, spiegando più semplicemente e senza troppi termini tecnici dei concetti che sono intrinsecamente complessi. Sono estremamente convinto che capire i meccanismi dei processi biochimici che determinano il funzionamento dell’organismo permetta di affrontare gli allenamenti in modo produttivo. Un atleta deve capire perché esegue un determinato allenamento. Deve sapere cosa accade nel suo organismo in modo da gestire l’allenamento assegnato nel migliore dei modi.
Nei successivi paragrafi svelerò cosa si cela sotto il cofano
del nostro organismo dal punto di vista della produzione energetica e dell’adattamento all’esercizio. È un campo di studio molto affascinante e la cosa più sorprendente che rilevo quando sono invitato come relatore per parlare di allenamento e nutrizione, è quanto poco conosciamo di noi stessi, sappiamo tutto di come funziona uno smartphone o un orologio GPS che utilizziamo negli allenamenti, ma non siamo in grado di capire in che modo i nostri muscoli si adattano all’utilizzo di diversi substrati energetici! L’obiettivo è quello di chiarire, con parole semplici, i concetti di biochimica e fisiologia alle volte molto ostici per il neofita, senza rinunciare tuttavia al rigore scientifico. Prima di descrivere come è possibile agire sui termini della formula che ho descritto in precedenza, è necessario dotarci di alcuni strumenti
metodologici e di apprendere il gergo con il quale ricercatori e preparatori agiscono. Partiamo da una parola che probabilmente avrete già sentito in diversi contesti: omeostasi. Cosa significa questo termine? Deriva dal greco omeo e stasi. Omeo
è sinonimo di simile o uguale, mentre stasi
sta per rallentamento o mantenimento, in biologia rappresenta semplicemente il mantenimento dell’equilibrio. Il nostro organismo, per funzionare correttamente, ha bisogno di mantenere una situazione di equilibrio. Tale condizione è chiamata omeostasi. Quando sentiamo parlare di tendenza all’omeostasi sappiamo che è un modo per dire che il nostro organismo ricerca sempre di mantenere un equilibrio interno. La regolazione di tutte le funzioni organiche è strettamente controllata da un sistema a feedback che rileva l’entità del cambiamento occorso e cerca sempre di ripristinare lo statu quo.
Un esempio banalissimo è la sudorazione. Quando usciamo a correre in una giornata molto calda, la temperatura corporea si alza per effetto della contrazione muscolare e del calore ambientale. Il nostro organismo non può tollerare una temperatura corporea oltre i 42 gradi centigradi, quindi mette in atto delle misure omeostatiche
per riportare il termometro interno a 37 gradi centigradi. Il sangue inizia ad essere veicolato verso la pelle per disperdere il calore attraverso la sudorazione, il cervello riduce il reclutamento delle unità motorie per farci rallentare e la percezione della fatica aumenta a dismisura per indurci a moderare il ritmo.
Perché è importante capire il concetto di omeostasi? Il motivo è molto semplice, sfruttando l’innata tendenza dell’organismo a ritrovare uno stato di equilibrio è possibile provocare delle perturbazioni strutturate che ne migliorino la capacità di risposta. Ogni volta che sosteniamo un allenamento alteriamo l’equilibrio omeostatico con la speranza che questo porti ad un miglioramento della nostra prestazione. Il punto cruciale risiede nello strutturare correttamente gli stimoli per indurre l’adattamento desiderato, nel nostro caso il miglioramento nella velocità di crociera dell’Ironman. Ricordandoci la formula della prestazione di endurance abbiamo una bussola che ci orienta nel nostro cammino, ci resta solo da scoprire quali mezzi di trasporto
occorre utilizzare. Seppur ogni preparatore utilizza, in base alle proprie conoscenze ed inclinazioni, una diversa strategia per accompagnare gli atleti verso le gare, lo scopo resta sempre quello di agire sui parametri che compongono la formula della velocità. Un consiglio: se parlando con chi dovrebbe seguire la vostra preparazione vi accorgete che non conosce questi argomenti, forse è meglio che iniziate a guardarvi intorno.
Lo scopo del libro è anche permettervi di valutare con scienza e coscienza quello che vi viene proposto. Chiedete sempre spiegazioni su quello chi vi viene chiesto di fare. Siamo giunti ad un punto fermo, se vogliamo migliorare la prestazione è necessario allenarsi perché gli allenamenti, quando ben strutturati, alterano l’omeostasi dell’organismo determinando un miglioramento. Attenzione a questo punto perché, soprattutto nell’allenamento per l’Ironman, se la preparazione non è ben organizzata ed adeguata allo stato dell’atleta, può determinare un peggioramento della prestazione. È un’evenienza molto nota nel mondo dello sport e si chiama overtraining. Si verifica quando la capacità di reagire dell’organismo è compromessa e quindi non è più in grado di ristabilire l’omeostasi. Accade quando il volume o l’intensità degli allenamenti sono troppo elevati rispetto alla capacità di recupero. Questo ci fa capire perché gli allenamenti devono essere organizzati correttamente e lo stato psicofisico dell’atleta monitorato nel tempo. Stabilito che gli allenamenti devono rispettare un’organizzazione pensata e cucita
sul singolo atleta, abbiamo anche ben chiaro perché le tabelle
generali di allenamento non hanno alcun senso. Nel testo non troverete tabelle o programmi per preparare un Ironman, ma il modo per costruire un piano di allenamento. Questo testo ha l’ambizione di insegnare a pescare e non dare il pescato pronto e servito. Iniziamo con l’analizzare in che modo la somma degli allenamenti ben strutturati porta ad un miglioramento della condizione atletica. Nel tempo si sono fatte spazio principalmente due teorie che hanno cercato di spiegare come il nostro organismo migliori in seguito agli allenamenti: la teoria a fattore unico o della supercompensazione e la teoria a due fattori o della fitness/fatigue.
La teoria della supercompensazione
Nella teoria della supercompensazione si pensa che l’effetto allenante immediato di un allenamento sia il temporaneo stress esercitato sull’omeostasi dell’organismo. In buona sostanza allenandosi si affatica
l’organismo che per ritornare allo stato iniziale ha bisogno di un certo lasso di tempo. Lo possiamo sperimentare abbastanza facilmente al termine di un allenamento particolarmente intenso per cui nelle ore successive (alle volte si tratta di giorni) non riusciamo a ripetere la medesima prestazione. In base all’allenamento svolto, avremo determinato la deplezione di una determinata sostanza, come la fosfocreatina o il glicogeno muscolare, oppure il danneggiamento delle fibre muscolari o il deterioramento del segnale neuromuscolare o ancora l’affaticamento mentale. Qualsiasi cosa abbia indotto la fatica, quello che accade è una temporanea incapacità di ripetere nell’immediato un allenamento alla medesima intensità con cui è stato eseguito la volta precedente.
La teoria della supercompensazione fu descritta per la prima volta dal medico canadese di origine austro-ungherese Hans Selye, il quale era interessato alle conseguenze fisiologiche dello stress sull’omeostasi. Egli svolse una serie di ricerche che lo portarono a definire la General Adaptation Syndrome Theory (GAS) secondo la quale l’organismo reagisce allo stress con un adattamento generale a cui ne segue uno più specifico caratteristico per lo stimolo che lo ha provocato. Nella terminologia utilizzata nella GAS gli stimoli in grado di alterare l’omeostasi sono chiamati "stressor" e l’effetto sull’organismo è detto "stress. Lo stress in questa teoria non ha un’accezione negativa, quale siamo abituati ad attribuirgli, fino a quando non supera la capacità di adattamento, nel qual caso diviene
distress. Adattando questa teoria all’attività sportiva abbiamo che lo stressor è costituito dall’allenamento, mentre lo stress è l’effetto che esso provoca sull’organismo, cioè la perturbazione dell’omeostasi. Tutto chiaro? Facciamo una breve sintesi. Gli allenamenti sono degli stressor che alterano l’omeostasi provocando uno stress. Detto in altro modo, ogni volta che ci alleniamo lo scopo è
stressare il nostro organismo, per provocare un adattamento che ne permetta il miglioramento. Perché mai dovremmo farlo? Come abbiamo detto il nostro scopo è sfruttare la naturale tendenza a ripristinare l’omeostasi, ovvero a ritornare all’equilibrio. Se però tutto si limitasse a ritornare allo stato di partenza non si spiegherebbe il miglioramento nella prestazione. In effetti succede molto di più, ed è questa la meraviglia del corpo umano, l’adattabilità. La genialità di Selye è stata quella di capire che l’organismo, per evitare di trovarsi nuovamente disadattato a fronte del medesimo stressor, accumula un
eccesso" di risorse che gli permetteranno di non stressarsi troppo nell’immediato futuro. Il processo fisiologico che garantisce questo surplus d’energia è chiamato supercompensazione. Un esempio di supercompensazione è quello che osserviamo riguardo il glicogeno muscolare conseguente ad un allenamento ad esaurimento quando sono assunti adeguati carboidrati (Burke et. al. 2017). Quando gli allenamenti sono equilibrati e ben dosati e la nutrizione adeguata, si osserva un progressivo miglioramento della prestazione provocato dalla somma di tante piccole supercompensazioni.
Figura 1. Supercompensazione e miglioramento della prestazione (Rowbottom 2
000
).
La figura di seguito mostra nel dettaglio cosa avviene per ogni fase dell’allenamento, da quando è eseguito al suo completo recupero.
Figura
2
. Fasi della supercompensazione (Zatsiorsky & Kraemer
2006
).
Notiamo che l’effetto immediato dell’allenamento è quello di provocare un abbassamento del livello di preparazione (preparedness), cioè della capacità di performance, segue poi un periodo di recupero che porta ad un miglioramento rispetto allo stato di pre-allenamento. I tempi e l’entità della supercompensazione dipendono dal tipo di allenamento eseguito, dalla qualità del recupero e dall’atleta. È importante comprendere, fin d’ora, che l’allenamento è solo lo stimolo biomotorio necessario a provocare il miglioramento, se tuttavia non c’è un recupero adeguato, la qualità dell’adattamento sarà pregiudicata e l’allenamento non sarà servito a molto. Molti atleti amatori ignorano questo importantissimo aspetto spendendo molte ore in allenamento e trascurando le fasi del recupero determinando, di fatto, un miglioramento risibile in proporzione allo sforzo profuso. Il problema sorge quando non rispettiamo i corretti tempi di recupero e non ci alimentiamo adeguatamente. L’effetto è un progressivo depauperamento della capacità di adattamento che sfocia, nei casi più gravi, nella sindrome da overtraining, una grave forma di stress psicofisico caratterizzata da peggioramento della prestazione, alterazioni immunitarie, ormonali ed emotive. Nel gergo della GAS siamo vittime di distress.
La teoria della fitness/fatica
La teoria dei due fattori o della Fitness/Fatigue è più complessa rispetto a quella della supercompensazione. Si basa sull’effetto congiunto della condizione fisica o fitness e della fatica o fatigue. Senza entrare nel dettaglio abbastanza complesso dei calcoli, lo scopo di tale approccio è rendere dinamico l’andamento della prestazione in base allo stato di affaticamento.
Il concetto alla base di questa teoria è che la fatica accumulata durante gli allenamenti maschera
la reale condizione fisica a causa dell’accumulo di fatica. Mentre la fatica è generalmente transitoria, la fitness ha un andamento più stabile nel tempo. Quando riusciamo a diminuire la fatica, come avviene durante il tapering, emerge la performance. È un fenomeno che possiamo rilevare empiricamente riposando qualche giorno dopo una serie di allenamenti molto intensi. Questo modello giustifica il ricorso agli allenamenti e microcicli di scarico e soprattutto al tapering prima dell’Ironman. È possibile osservare dalla figura sottostante che gli allenamenti favoriscono un miglioramento della prestazione (Fitness) ed un aumento della fatica (Fatigue), questi parametri interagiscono determinando il grado di performance che si può esprimere. La Fitness aumenta il livello di performance, mentre la Fatigue lo riduce, la loro combinazione determina in ogni momento quanto siamo in grado di essere prestativi.
Figura
3
. Fitness/Fatigue model (Banister et al.
1975
).
Esistono diversi software in commercio che hanno riprodotto il modello di Banister. Coachpeaking (www.coachpeaking.com), ad esempio, è un software che utilizza come misurazione del training load il Trimp, introdotto da Banister (Banister 1991). La particolarità del Trimp è di essere basato sulla frequenza cardiaca che è una misurazione globale dello stress organico. Il lavoro importante fatto nello sviluppo di Coachpeaking è stato di quantificare il training load anche in fase di assegnazione degli allenamenti utilizzando dei coefficienti di pesatura
(Stagno et al. 2007). In questo modo è possibile valutare la corrispondenza tra carico teorico assegnato dal preparatore e training load effettivamente subíto dall’atleta. Nella figura sottostante è possibile osservare come si distribuisce il training load. ATL (Acute Training Load) rappresenta lo stress acuto, misurato negli ultimi sette giorni. È molto sensibile all’aumento dell’intensità e del volume rispetto a quanto svolto nelle settimane precedenti. È palese che se mi sono abituato a correre al massimo per 10 chilometri ad ogni allenamento ed improvvisamente ne corro 25, il mio organismo subisce un notevole stress che potrebbe anche sfociare in un infortunio. Nel modello di Banister ATL indica la fatigue
, CTL è l’accumulo di fitness e prende in esame gli allenamenti svolti negli ultimi 30 giorni, per cui ci si aspetta che abbia una certa stabilità e che nel corso della preparazione continui a crescere. Corrisponde alla fitness
del modello di Banister. TSB è il livello di performance dovuto all’interazione di ATL e CTL. Quando ATL cala e CTL continua a crescere il risultato è la crescita di TSB, come ci si aspetta in seguito ad un periodo di tapering. Nel modello di Banister TSB è identificato con la performance
.
Figura
4
. Misurazione del training load e performance in CoachPeaking (www.coachpeaking.com).
Le due teorie che abbiamo esaminato non sono in conflitto, affermano sostanzialmente la stessa cosa, ovvero che l’allenamento è uno stimolo biomotorio che altera l’omeostasi dell’organismo. La qualità dei processi di recupero determinerà il grado di performance raggiungibile. Tutto quello che faremo, tra un allenamento e il successivo, dal punto di vista nutrizionale e di tecniche di recupero, determinerà la qualità della prestazione a lungo termine. La ricerca nel campo della metodologia dell’allenamento ci dà una bussola per orientarci lungo il cammino della preparazione atletica e sancisce un principio che dovrebbe essere stampato a fuoco nella nostra mente: il recupero è la fase in cui avvengono tutti i processi biochimici e fisiologici che permettono di migliorare la prestazione.
Gli allenamenti, detti in gergo mezzi allenanti, sono gli ingredienti a disposizione di tutti quanti si occupano di allenamento: il modo in cui sono dosati e inseriti nel corso della stagione agonistica, determina la bravura di un preparatore e la riuscita di una pianificazione atletica. Piacentini & Meeusen (2015) hanno mostrato come utilizzare un sistema di monitoraggio on-line del carico di allenamento sia efficace nel prevenire squilibri nel training load che possono sfociare in overtraining. Piattaforme integrate di allenamento come Coachpeaking, in cui sono incrociati dati oggettivi, come la frequenza cardiaca, il Trimp e dati soggettivi, sono molto importanti nell’impostare una preparazione atletica per l’Ironman, poiché permettono di avere sempre il polso della situazione dell’atleta.
La periodizzazione dell’allenamento
La probabilità di riuscire in un’impresa è frutto di un piano strutturato, ben congegnato e soprattutto flessibile. Il successo di una programmazione è direttamente proporzionale alla sua capacità di contemplare l’imprevisto. Durante la preparazione per un Ironman le incognite sono moltissime ed è proprio in questo caso che conoscere il funzionamento del corpo umano aiuta ad adattare, modificare o anche rivoluzionare la preparazione prevista. Le tabelle di allenamento sono un monolite che non risponde alla dinamicità degli adattamenti degli atleti e delle situazioni che possono presentarsi. L’allenamento va capito, gestito e adattato in base alla risposta specifica che ogni atleta presenta. Pensiamo alla missione Apollo 13. È stata definita dagli storici il più grande fallimento di successo. Iniziata nell’indifferenza mediatica, era uno degli allunaggi previsti dal programma Apollo, lo stesso che permise a Neil Armstrong, Michael Collins e Buzz Aldrin di compiere la più grande impressa dell’uomo. Programmi di questo genere sono pianificati nei minimi particolari, migliaia di persone concorrono alla riuscita del progetto. Durante la missione un’esplosione nel modulo di servizio rese l’avventura degli astronauti epica e mostrò come l’adattabilità di un piano perfetto possa consentire di risolvere molti problemi. Se la missione non fosse stata studiata e pianificata correttamente non sarebbe stato possibile stravolgerla completamente per salvare la vita all’equipaggio. Sapere cosa doveva essere fatto e non poterlo fare ha permesso di trovare soluzioni creative. Failure in not an option il libro autobiografico del leggendario Gene Kranz, il capo missione a terra, esprime in modo esemplare l’atteggiamento di quel gruppo di persone e la fiducia nella capacità di fronteggiare l’imprevisto.
Management lesson: never start a project unless all resources are available.
La metodologia dello sport, con le debite proporzioni, studia in che modo è possibile migliorare il processo di allenamento. La periodizzazione rappresenta il piano d’azione a lungo termine che permette di ottimizzare tutte le fasi dell’allenamento. Come per l’Apollo 13 deve essere impostato in modo che l’imprevisto sia contemplato tra le opzioni. Un infortunio o altre evenienze possono accadere e bisogna sapere cosa fare per fronteggiarle. Solo la conoscenza del corpo umano e del suo funzionamento permette d’intervenire e risolvere i problemi, per questo motivo il preparatore atletico, per come la vedo personalmente, deve spendere molte ore del suo lavoro per aggiornarsi sulle nuove evidenze scientifiche. I metodologi dello sport hanno cercato di ridurre la complessità della preparazione atletica in modo da poter prevedere, con ragionevole sicurezza, il picco di performance. È palese, infatti, che se raggiungo la peak performance al momento giusto, ma potenzialmente potevo esprimere un livello superiore, oppure se raggiungo il mio massimo potenziale stagionale un mese prima della gara, qualcosa non deve aver funzionato al meglio. La periodizzazione ci aiuta a commettere meno errori possibile, ma comunque non ci garantisce la riuscita del nostro lavoro. Si dice che il lavoro del preparatore sia un connubio tra arte e scienza, questo perché molto spesso sono le intuizioni, l’esperienza e gli approcci sui generis che rendono un preparatore più vincente di un altro. La periodizzazione è un concetto generale che incorpora la pianificazione e la programmazione. La pianificazione è l’organizzazione dell’intera stagione agonistica e determina la suddivisione e la sequenza delle diverse fasi della preparazione atletica. La programmazione è la fase successiva che consiste nello stabilire quali allenamenti sono necessari e come devono essere distribuiti in ognuna delle fasi pianificate (Bompa & Buzzichelli 2017). Facendo un paragone con un viaggio potremmo dire che la pianificazione rappresenta i luoghi che desideriamo visitare, mentre la programmazione è la fase in cui stabiliamo come raggiungerli, quanto tempo ci fermeremo in ognuno, dove dormiremo, cosa sarà interessante vedere. Tutti sappiamo che poi difficilmente un viaggio si svolgerà come lo abbiamo impostato sulla carta, ci saranno sempre dei fattori imponderabili che ci costringeranno ad apportare delle modifiche. Questa è la bellezza della preparazione atletica ed il momento in cui l’allenatore mostra la sua bravura. Dopotutto sono le soluzioni agli imprevisti che rendono eccitante e memorabile un viaggio. Abbiamo appreso che la periodizzazione è un modo per ridurre la complessità della preparazione atletica ed organizzare, con cognizione di causa, gli allenamenti. Nella terminologia della metodologia dell’allenamento le macro-fasi della periodizzazione sono divise in periodi. Generalmente si riconoscono quattro periodi:
• Periodo generale
• Periodo specifico
• Periodo agonistico (pre-competitivo, competitivo)
• Periodo di transizione
La successione dei periodi segue lo sviluppo della capacità competitiva dell’atleta e alcune fasi possono essere ripetute nel corso dell’anno quando è necessario avere più picchi di forma. Nel caso di un atleta che mira a gareggiare al mondiale Ironman di Kona saranno necessari due picchi di forma, uno per la qualificazione ed uno per la preparazione della finale.
Un livello di dettaglio maggiore si raggiunge andando a suddividere i quattro periodi in: fasi, sub fasi, macrocicli e microcicli. Le fasi individuano tre macro-aree del piano annuale che sono composte da sub fasi. Avremo la fase preparatoria, costituita dalle sub fasi periodo generale e specifico, la fase competitiva con la sub fase periodo agonistico ed infine la fase transitoria con la sub fase periodo transitorio. Ogni sub fase è composta da macrocicli che, a loro volta sono composti da microcicli. Macrocicli e microcicli sono periodi di tempo in cui ci si pone di raggiungere un determinato obiettivo condizionale, tecnico, psicologico o strategico. Generalmente un microciclo coincide con una settimana, anche se in linea teorica potrebbe essere costituito da 3-10 giorni. I microcicli contengono per ogni giorno uno o più allenamenti, ed un allenamento può essere costituito da più mezzi allenanti. Siete riusciti a seguire il filo del discorso? Mi rendo conto che non sia facile, soprattutto quando non si vede immediatamente l’applicazione pratica. Facciamo un esempio per chiarire meglio questa sequela di termini. Il signor Rossi a novembre decide di partecipare ad un Ironman che si terrà nel mese di luglio dell’anno successivo. Fissata la data della gara – obiettivo per strutturare la pianificazione e la programmazione – si procede a ritroso stabilendo cosa è necessario fare nei nove mesi che lo dividono dalla gara. Il mese della gara sarà il nostro periodo agonistico, le 6-8 settimane precedenti costituiranno il periodo specifico, tutto quello che viene prima è il periodo generale. Facile, no? Stabiliti i periodi andiamo a capire cosa sarà necessario sviluppare, dal punto di vista fisiologico, biochimico, tecnico e psicologico, in ognuno di essi. A questo scopo introdurrò dei macrocicli, i quali avranno un preciso obiettivo. L’obiettivo deve essere chiaramente definito e misurabile. Solitamente la misurazione viene fatta usando dei test. Si valuta lo stato di partenza e al termine del macrociclo si esegue lo stesso test per verificare se gli obiettivi definiti sono stati raggiunti. Molte volte anziché usare test si utilizzano delle gare di avvicinamento che permettono di ricavare informazioni utili a valutare lo stato di raggiungimento di un obiettivo. Il microciclo è lo strumento che nel breve termine permette di intervenire sulla preparazione. È quello in cui sono definiti gli allenamenti, ovvero le unità funzionali che permettono l’attuazione dell’intero processo. Cosa devo allenare nei diversi periodi dell’anno? Ogni preparatore ha una propria impostazione e filosofia di allenamento ed è quindi possibile trovare differenze sostanziali tra diversi piani di allenamento, tuttavia alcune regole base sono condivise. Un concetto alla base di ogni preparazione atletica è che ci deve essere una progressione nell’intensità e nel volume degli allenamenti. È palese che se ho previsto di potermi allenare 15 ore a settimana, non posso spendere
tutto il mio budget orario la prima settimana di allenamento della stagione. Oltre a non rispettare il principio della progressività del carico rischierei di incorrere in qualche infortunio.
Uno degli esempi storici della validità del principio della progressione del carico ci viene fornito da Milo di Crotone, il leggendario lottatore greco, vincitore di sette olimpiadi di cui si narra che, per allenare la forza, portasse tutti i giorni un vitello sulle spalle. Nel tempo il vitello crebbe vino a diventare un toro, ma anche la forza di Milo migliorò progressivamente ed egli da adulto fu in grado di portare un toro sulle spalle! Un altro punto cardine che deve orientare la pianificazione degli allenamenti è la specificità. Secondo tale principio, gli allenamenti devono essere sempre più simili alla prestazione di gara, mano a mano che si avvicina il giorno della gara.
Questo concetto è molto importante ed è molto spesso disatteso quando ci si riferisce alle discipline di ultra-endurance, come l’Ironman. La metodologia dello sport è stata sviluppata prevalentemente da allenatori che seguivano discipline di potenza e velocità, in cui il modello di gara prevedeva di massimizzare la prestazione ad altissima intensità, per questo motivo, generalmente, l’impostazione della periodizzazione presuppone che ci sia un iniziale aumento del volume a discapito dell’intensità degli allenamenti. In tale impostazione inizialmente gli allenamenti sono a bassa intensità, con un aumento progressivo del volume totale nel periodo generale, mentre nel periodo specifico cresce l’intensità e diminuisce il volume. Graficamente otteniamo un grafico come quello riportato nell’immagine sottostante in cui abbiamo un iniziale aumento del volume con una crescita più contenuta dell’intensità, seguito da un calo progressivo del volume ed una crescita dell’intensità, all’avvicinarsi del periodo competitivo.
Figura 5. Rapporto tra volume ed intensità dell’allenamento.
L’impostazione della periodizzazione della stagione agonistica deve partire da un’analisi puntuale del modello prestativo della gara che stiamo preparando. L’Ironman è una gara di ultra-endurance che prevede una specializzazione del sistema aerobico estensivo in cui l’utilizzo del substrato lipidico è preponderante. La specializzazione di questo tipo di gara, quindi, è la prestazione prolungata estensiva a relativamente bassa intensità. Capiamo subito che il modello precedentemente proposto non si addice alla preparazione atletica dell’Ironman, poiché nel momento in cui devo specializzare la prestazione si va a togliere l’elemento fondamentale, cioè il volume. Sarebbe come dire che nelle fasi finali della preparazione le uscite di ciclismo dureranno massimo un paio di ore e saranno preferibilmente ad alta intensità! L’approccio corretto è esattamente il contrario, ovvero un iniziale accento sull’intensità per migliorare la potenza aerobica seguito da un progressivo aumento del volume a medio bassa intensità, in cui l’obiettivo è costruire il passo gara. La figura seguente riporta un modello che si avvicina a quanto detto.
- - - - - - - Volume ______ Intensità
Figura
6
. Periodizzazione per l’endurance (Mavteev
1965
modificato).
L’immagine originale, in realtà, era invertita, ovvero l’intensità era quella che cresceva maggiormente, ma per quanto detto, invertendo semplicemente intensità e volume si adatta alla perfezione a quella che, secondo il mio punto di vista, è la periodizzazione perfetta per gli eventi di ultra-endurance. Vediamo che c’è un’intensità crescente nel periodo generale, successivamente nel periodo specifico aumenta il volume e cala l’intensità, infine nel periodo competitivo, in cui è previsto l’Ironman, c’è un flesso del volume che coincide con il tapering che ha lo scopo di recuperare la fatica accumulata e far emergere la performance.
Periodo generale
Descritta a grandi linee com’è strutturata una preparazione atletica, andiamo ora a vedere cosa c’è dentro ognuno dei grossi contenitori
che abbiamo chiamato periodi. Iniziamo dal periodo generale quello che costituisce la base della nostra piramide di allenamento. Nella metodologia dello sport il paragone con la piramide è spesso usato per far capire come l’altezza del vertice, ovvero la massima prestazione possibile, dipenda da quanto è solida e larga la base. Nel mondo amatoriale purtroppo si tende a voler essere sempre competitivi e per fare questo, nelle fasi di costruzione di base, si dosano gli allenamenti in modo scorretto rendendo il condizionamento generale troppo debole ed instabile per poter sostenere una prestazione di buon livello duratura nel tempo. Nella preparazione per l’Ironman la solidità dell’allenamento di base è fondamentale per garantire una buona consistenza alla prestazione. Capita molte volte di vedere atleti che arrivano in prossimità della gara sfiancati dagli allenamenti ed in fase discendente di forma fisica e mentale. Quando questo accade possiamo dire di avere sbagliato completamente l’impostazione della preparazione atletica. La periodizzazione è nata proprio per evitare questi grossolani errori e per fornire una guida che permetta di minimizzare gli errori di impostazione.
Il periodo generale ha lo scopo di sviluppare le componenti condizionali, tecniche e mentali alla base della prestazione di endurance. È in questa fase che possiamo utilizzare allenamenti "aspecifici ovvero non direttamente collegati al modello prestativo di gara, ma che sono propedeutici ad essa. Facendo un paragone con il mondo motoristico possiamo pensare a questo momento come quello indirizzato alla costruzione del telaio e del motore della nostra automobile. Sappiamo che avere un’automobile solida, con una buona aerodinamica, un motore potente ed un’elettronica efficiente permette di esprimere più velocità, con meno consumi e con più affidabilità. Bene, nel nostro caso significa lavorare sul gesto tecnico in ognuna delle tre discipline con allenamenti tecnici, in modo da migliorare il costo energetico, rafforzare l’apparato muscolo-tendineo per prevenire gli infortuni, migliorare la trasmissione neuromuscolare ed il reclutamento intra ed inter muscolare con allenamenti in palestra, e non ultimo, sviluppare delle tecniche di recupero e di mental training. Tutte queste qualità sono inserite in un contesto prevalentemente aerobico che contribuisce a rendere stabile nel tempo la nostra prestazione. La prima parte del periodo generale sarà quindi caratterizzata da allenamenti a bassa intensità di condizionamento generale con 2-3 allenamenti in palestra e molta, moltissima tecnica. Nella seconda parte del periodo generale l’attenzione si sposterà verso il potenziamento del
motore", che significa migliorare il massimo consumo di ossigeno o VO2max. Ricordando la nostra formula v=FrVO2max/CE, significa che stiamo agendo su due dei parametri che la compongono: il VO2max ed il CE. L’introduzione degli allenamenti a VO2max in questa fase è, a mio modo di vedere, necessaria ed è ciò che differenzia in modo sostanziale la preparazione atletica dell’Ironman rispetto alle gare più brevi come triathlon sprint ed olimpico. Non tutti gli allenatori la pensano allo stesso modo, ma nel corso del testo spiegherò perché ritengo che questo sia l’approccio più corretto.
Periodo specifico
Il nome stesso, periodo specifico
, suggerisce che questa fase coincide con il momento di finalizzazione degli allenamenti verso quelle che sono le richieste del modello di gara. La proporzione di allenamenti aspecifici lascia sempre più spazio allo sviluppo del metabolismo che garantirà la massima resa nell’Ironman. Un errore spesso commesso dagli atleti e purtroppo da alcuni preparatori è quello di abbandonare alcuni degli allenamenti che hanno caratterizzato il periodo precedente. Gli allenamenti di forza e di tecnica sono relegati, nella migliore delle ipotesi, al ruolo di comparsa anonima. Bisogna sempre tenere a mente che il nostro organismo si adatta molto velocemente e quando uno stimolo viene a mancare l’adattamento che aveva indotto regredisce con altrettanta rapidità. La bravura di un preparatore consiste nel dare il giusto spazio ad ogni elemento che concorre alla prestazione compatibilmente con il tempo disponibile. Troppo spesso sento dire che poiché il tempo disponibile per gli allenamenti è troppo poco è necessario sacrificare quelli che sono meno specifici. Quando si conosce l’effetto degli allenamenti, dedicare anche pochi minuti di allenamento ad un particolare mezzo allenante fa un’enorme differenza. Sono un fervente sostenitore del piuttosto che niente meglio piuttosto
! Fatte queste necessarie considerazioni, se abbiamo lavorato con scienza e coscienza durante il periodo generale avremo costruito una solida condizione di base. È venuto il momento di specificare
in che modo vogliamo che questa si possa esprimere. È un affinamento delle componenti fisiologiche e bioenergetiche tipiche della prestazione per cui ci stiamo allenando, nel nostro caso l’Ironman. L’accento è posto principalmente sullo sviluppo del metabolismo energetico e sul corretto equilibrio dei tre sistemi energici. Sappiamo dalla biochimica che la contrazione muscolare necessita di una molecola energetica chiamata adenosin trifosfato (significa che ha tre gruppi fosfato legati all’adenosina), quasi uno scioglilingua. Poiché la scienza è anche pragmatismo, si utilizza l’abbreviazione ATP. Abbiamo però un problema, di ATP ne disponiamo solo per compiere qualche contrazione muscolare. Se vogliamo terminare un Ironman ne servono oltre 60 kg! Non è un errore, avete capito bene, oltre 60 kg. Come è possibile? Dove diavolo sono nascosti tutti questi chilogrammi? Domanda più che lecita. È qui che si può apprezzare la perfezione e la bellezza della biologia nel trovare soluzioni geniali. Sono un uomo d’altri tempi, maledettamente romantico, l’eleganza della biochimica ancora oggi mi fa battere il cuore. Quando la molecola di