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Tra la coda e la mosca
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Tra la coda e la mosca

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Un’analisi approfondita del finale da mosca il quale, spesso, viene considerato come l’ultima componente dell’attrezzatura da mosca. Massimo Magliocco, uno dei più qualificati istruttori di lancio e progettista di canne e finali in Italia, è sceso nei dettagli analizzando i materiali con cui si producono i finali da mosca, la storia, l’analisi dei profili dei più importanti pescatori a mosca del mondo e altro ancora, tutto dettagliato attraverso oltre 60 tra schemi, diagrammi, tabelle e grafici esplicativi al fine di rende-re tutto estremamente chiaro sia per il principiante che per l’esperto. Un libro dove l’argomento finale da mosca non ha più segreti.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateOct 16, 2020
ISBN9788831696777
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    Tra la coda e la mosca - Massimo Magliocco

    lavoro.

    La storia ha visto grandi sviluppi nella tecnologia utilizzata nella pesca a mosca. Dalle canne in bambù si è passati attraverso canne in fibra per arrivare ai giorni nostri con quelle in carbonio, mentre le code in crine di cavallo ebbero un importante cambiamento con la seta fino alle materie plastiche usate oggi con le quali si è in grado di fare tutto ciò che si desidera con profili sofisticati, basti vedere le moderne code WF quale ventaglio di soluzioni i cataloghi possono offrire. Ma anche i mulinelli, che per alcune tecniche particolari come la pesca di grosse prede, da semplici contenitori di coda sono diventati congegni di sofisticata ingegneria prodotti con materiali di ultima generazione con frizioni precise e calibrate finalizzate a stancare il pesce, mentre una volta si usava il palmo della mano. Il finale invece ha avuto uno sviluppo più lento e solo negli ultimi anni ha fatto un bel salto in avanti grazie ai pescatori italiani i quali, capendone l’importanza, hanno pensato a modifiche e correzioni finalizzate a migliorare il lancio e a fare anche catture difficili. Pensate a una trota che bolla sotto la vegetazione bassa sull’altra sponda. Con un buon lancio e un finale adeguato si può mettere la mosca li sotto in maniera perfetta. Andiamo a vedere quali materiali, nel tempo, sono stati usati per il finale valutandone i pregi e i difetti. Nel ‘700, dopo che per molto tempo il crine di cavallo fu la base per costruire i finali, i pescatori scoprirono la seta, conosciuta da millenni dai cinesi ed importata in Europa attraverso la via della seta. Il nuovo materiale naturale, rispetto al crine aveva una straordinaria semitrasparenza, molta più flessibilità e una resistenza maggiore. Il Bombyx mori, o più comunemente baco da seta, produce un filamento che a contatto con l’aria si solidifica trasformandosi cosi nella seta, che come sappiamo è usata per mille scopi. Per sfruttare questo materiale al fine di farlo diventare utile per costruirci un finale da mosca, bisognava usare un procedimento finalizzato a liberare il capo dal filamento. Ma allora però, la preparazione era molto rustica ed impegnativa come H. P. Wells, ci descrive nel suo libro del 1885 Fly-Rods e Fly-Tackle facendoci capire di quanto lavoro anche sporco, bisognava fare per ottenere il filamento desiderato, raccontandoci un episodio al quale aveva assistito in un negozio spagnolo in cui alcune donne si facevano passare il filamento tra i denti per ripulirlo causando loro nella bocca, tagli e bruciature .

    I pescatori dell’epoca capirono che usando questo filamento avrebbero potuto rivoluzionare il modo ti costruire il finale passando da un prodotto ormai vecchio come il crine di cavallo con tutti i suoi limiti, ad un nuovo straordinario filo che avrebbe potuto dar loro enormi vantaggi in funzione della tenuta e della morbidezza. Comunque per essere utile per un finale da secca, doveva essere ingrassato altrimenti tendeva ad assorbire acqua. Oggi, dopo decenni di oblio, la seta è tornata in auge grazie ad alcuni produttori di code e finali che utilizzano questo materiale sia italiani che stranieri e tra questi va ricordato il mio amico Terenzio Zandri, il miglior esperto in Italia della seta e uno dei maggiori al livello mondiale ma specialmente grande competente di

    come questa va lavorata al fine di fame una coda o un finale. Sono andato molte volte al suo laboratorio dove produce le sue famose code. Qui ho visto quanta meticolosità e manualità serve al fine di produrre una coda o un finale e quanto tempo ci vuole per finirli. Con Terenzio abbiamo anche studiato dei profili di code e finali pensandoli un pò più in chiave moderna ma che poi, giustamente, abbiamo abbandonato in quanto forse la modernità si addice poco ad oggetti molto legati al classico. Tornando alla storia del finale, si andò avanti per molti anni usando il filo di seta fino a quando un altro straordinario materiale fece capolino all’orizzonte: il Nylon. Andiamo a dare un’occhiata alle caratteristiche dei moderni materiali che oggi vengono utilizzati per produrre i fili da pesca.

    Il Nylon

    Il nylon è stato il primo materiale in fibra totalmente sintetico. Studiato e sviluppato negli anni 30 dal chimico americano Wallace Hume Carothers e poi prodotto dalla Dupont nel 1939, il nylon divenne presto un prodotto rivoluzionario negli USA che trasformò anche il campo dell’abbigliamento femminile dove, il 15 maggio 1940, furono messe in vendita le prime calze da donna in nylon. Pare che il nome venga da Now You've Lost Old Nippon, retaggio della seconda guerra mondiale, oppure che avesse a che fare con le iniziali di New York e Londra. Ma per vederlo inserito tra i prodotti utili alla fabbricazione di materiali da pesca bisogna aspettare gli anni 50. Già nel 1951, John Atherton nel suo libro The Fly and The Fish parlava di un finale misto tra nylon e seta affermando che non aveva avuto nessun problema nell’unire i due materiali con un nodo ben eseguito. Andando a vedere più in dettaglio le peculiarità che questo materiale ha in relazione alla pesca, non si può

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