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Il sogno di un cowboy: Harmony Destiny
Il sogno di un cowboy: Harmony Destiny
Il sogno di un cowboy: Harmony Destiny
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Il sogno di un cowboy: Harmony Destiny

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About this ebook

Il suo sogno è svanito con lei...
A Caden Hale basta guardare negli occhi Emma Williams per rendersi conto di non averla ancora perdonata. Cinque anni prima Emma aveva distrutto il loro sogno per inseguire il proprio: diventare un'attrice a Hollywood. E adesso che è tornata in quello che doveva essere il loro ranch, nel selvaggio Montana, Caden sa che dovrà starle alla larga il più possibile per evitare di soffrire ancora.

... ma questa volta è disposto a combattere!
Forse Emma è cambiata, o forse no. Ciò che non è mutato però è l'attrazione che li unisce, una corrente elettrica che scorre inarrestabile e che rischia di bruciare entrambi. Lei ha tradito la sua fiducia già una volta... Caden sarà disposto a mettere in gioco il proprio cuore per vincere la partita più importante d tutte?
LanguageItaliano
Release dateSep 21, 2020
ISBN9788830519046
Il sogno di un cowboy: Harmony Destiny
Author

Maureen Child

Maureen Child ha al suo attivo più di novanta tra romanzi e racconti d'amore. È un'autrice molto amata non solo dal pubblico ma anche dalla critica, infatti è stata nominata per ben cinque volte come migliore autrice per il prestigioso premio Rita.

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    Il sogno di un cowboy - Maureen Child

    successivo.

    1

    «Lei è tornata.»

    «Lei chi?» Caden Hale alzò lo sguardo sul fattore, Jack Franklin. Nessuno lo conosceva meglio di Jack, motivo per cui Caden era sorpreso di vederlo in quel momento.

    Tutti sapevano che non dovevano disturbarlo quando era impegnato a sbrogliare l'esecrabile lavoro burocratico necessario per mandare avanti il ranch Double H. Caden avrebbe preferito trovarsi nel recinto o a cavallo, a controllare che non ci fossero brecce nello steccato. Diamine, per essere sincero, avrebbe preferito essere nelle stalle a spalare letame. Invece, almeno una volta la settimana era costretto a passare ore dietro la scrivania che era stata un tempo di suo padre.

    Adesso Jack si trovava di fronte a quella scrivania, e la sua espressione era un curioso miscuglio di terrore e shock. Caden si fece forza, appoggiandosi allo schienale della poltrona e tamburellando con un dito sul ripiano.

    Non aveva idea di chi fosse il responsabile dell'espressione del suo più vecchio amico. Lui e Jack si conoscevano dai tempi della scuola elementare e quando Caden aveva preso la gestione del ranch, dieci anni prima, aveva assunto anche Jack. Di solito, era un tipo imperturbabile. Non quel giorno.

    «Coraggio, Jack. Cosa sta succedendo? Si direbbe che sia morto qualcuno.»

    «Non ancora» borbottò il suo amico, quindi si tolse lo Stetson e se lo batté sulla coscia.

    Caden si raddrizzò, si puntellò con le braccia sulla scrivania e lo fissò.

    «Sputa il rospo. Di chi stai parlando, e perché dovrebbe importarmi?»

    «Non dovrebbe. Però t'importerà.»

    «Basta così. Parla.»

    «Emma» dichiarò Jack senza giri di parole. «Emma Williams è tornata.»

    Di punto in bianco, la giornata da irritante divenne pessima. Caden si rese conto che stava stringendo i denti solo quando la mandibola cominciò a fargli male. Prese un lungo respiro e si impose di rilassarsi.

    Che fosse dannato se avesse permesso a una donna che non vedeva e con cui non parlava da cinque lunghi anni di turbarlo. Ciononostante, doveva ammettere che era successo solo al sentirla nominare. Chiuse per un attimo gli occhi per scacciare l'ondata di emozioni che lo stava sommergendo. In prima linea c'erano collera e senso di tradimento, ma altre venivano subito dopo. Desiderio e residui di un amore che si era illuso sarebbe durato per sempre.

    Emma era tornata.

    Perché? Per quanto?

    E, dannazione, perché gli importava? Era da cinque anni che non le parlava. Lei aveva tentato di chiamarlo un paio di volte, ma non le aveva mai risposto. Perché avrebbe dovuto?

    «L'hai vista?» chiese alla fine.

    «No» rispose Jack, scuotendo la testa. «L'ha vista Gwen. Stamattina era in città a fare spese. Ha visto Emma che si aggirava per le corsie del supermercato. Caden» aggiunse, «aveva una bambina con sé.»

    Un altro brutto colpo, e adesso era dannatamente più difficile respirare. Una bambina? Aveva avuto una bambina mentre era via? Con chi? Il padre della bambina era lì con loro? «Dannazione.»

    «Già. Quando Gwen me l'ha detto, ho capito che non comportava niente di buono.»

    «Ben detto.»

    Caden era ancora furioso per il modo in cui Emma aveva troncato tra loro, tuttavia c'era anche un desiderio del quale non sarebbe mai riuscito a liberarsi. Gli bastava pensare a Emma Williams per eccitarsi. Motivo per cui, ricordò a se stesso, negli ultimi cinque anni, aveva tentato di evitare di pensare a lei. Era solo nei suoi sogni che lei tornava a ossessionarlo. Ogni maledetta notte.

    «Gwen le ha parlato?» La moglie di Jack era al corrente di quanto era successo tra Caden ed Emma. Diamine, tutti nel raggio di miglia conoscevano la storia. Era così che succedeva in una cittadina.

    Cache, nel Montana, aveva una popolazione di circa cinquemila abitanti. Se ogni tanto sentivi il bisogno di una città più grande, Kalispell distava solo trenta miglia. Cache, comunque, era abbastanza grande per Caden. Gli offriva tutto ciò di cui aveva bisogno. Era piccola, ma era sua. Una cittadina dove ognuno si sentiva libero di esprimere la propria opinione su qualsiasi cosa.

    «Già. Dice che Emma è arrivata ieri sera. Non ha avvertito nessuno che sarebbe tornata...»

    Così si spiegava come mai la sorella di Emma, Gracie, non gliene avesse accennato quando l'aveva vista il giorno prima. E Caden era pronto a scommettere che Gracie non ne era più felice di lui.

    «Dice che è tornata per restare. Ha chiuso con Hollywood.»

    «È vero?» Stringendo i denti, Caden pensò a cosa quella notizia avrebbe significato per lui. Adesso sarebbe stato costretto a vederla in continuazione. La città avrebbe rivangato vecchie storie e avrebbe sorpreso la gente a osservarlo con sguardi beffardi... o, peggio, con compassione.

    Comunque, lei se n'era andata una volta. Perché avrebbe dovuto credere che sarebbe rimasta?

    «Caden» lo ammonì Jack, «lascia perdere.»

    Lanciò un'occhiata al più vecchio dei suoi amici.

    Jack sembrava preoccupato, be', non poteva farci niente. Se Emma era a casa, allora doveva affrontarla e discutere di alcune questioni. «Non succederà. Lei è tornata e dovremo parlare. Per chiarire la situazione.»

    «Cosa resta da chiarire? Voi due avete chiuso cinque anni fa.»

    «È stata lei a chiudere» gli ricordò Caden. «Adesso tocca a me

    «Qual è esattamente il tuo problema, Gracie?» Emma Williams afferrò la sorella minore per un braccio per impedirle di lasciare la stanza dove lei era appena entrata.

    Il soggiorno non era cambiato. Ampie finestre che davano sul giardino anteriore e sul lungo viale che conduceva al ranch degli Williams. Mobili scelti per la loro praticità piuttosto che per lo stile e tappeti ora logori che sua madre aveva scelto prima della sua nascita. Uno slavato sole di ottobre si faceva strada tra i vetri sporchi delle finestre e illuminava il pulviscolo che galleggiava in aria.

    Gracie liberò il braccio con uno strattone. «Tu, Em. Sei tu il mio problema.»

    Sua sorella la evitava dalla sera prima, quando Emma era entrata in casa come se si fosse assentata un'ora invece di cinque anni.

    «In che senso?» Emma alzò le mani. «Sono arrivata appena ieri sera.»

    «Esatto.» Gracie scrollò la testa, gettando indietro i corti capelli ricciuti. «Sei stata via a lungo. Poi riappari e noi tutti dovremmo comportarci come se non ti fossi mai allontanata? Come se niente fosse cambiato? Come se il ranch non stesse andando in rovina e papà non avesse quasi lasciato il letto nell'ultimo anno?»

    Gli occhi verdi di Gracie, così simili a quelli di Emma, mandavano lampi d'ira e quantomeno, si disse Emma, quelli erano sinceri. Dalla sera prima, Gracie si rifiutava di parlarle. Bene, anche delle grida irose erano un modo di comunicare.

    E tutto ciò che sua sorella le stava dicendo la trafiggeva come aghi infuocati. Quella mattina aveva avuto il tempo di dare un'occhiata al ranch, e Gracie aveva ragione. Era in pessime condizioni, e il loro padre era più pallido e più debole di quanto ricordasse. Tuttavia, anche nell'istante in cui provò un senso di colpa, difese se stessa.

    «Non mi hai detto che papà era ammalato» ribatté. E in lei la preoccupazione si intrecciò al senso di colpa.

    «Non lo era» replicò la sorella. «Non lo è. Si è soltanto arreso. Perché tu te ne sei andata.»

    Un'accusa che faceva male e lei sperava che non fosse vera, anche se ne aveva tutta l'aria. Emma si sentì soffocare dal dolore. Non era stata sua intenzione lasciare dietro di sé una scia di distruzione quando se ne era andata. Erano molte le cose che non avrebbe voluto. Questo, però, non cambiava niente. «Avresti dovuto dirmelo.»

    «Con una mail?» chiese Gracie con veemenza. «O in una delle tue famose telefonate di due minuti? Già, c'era tutto il tempo per una chiacchierata, eh?»

    Altri sensi di colpa. Fantastico.

    «Non puoi scaricare tutto addosso a me, Gracie. Tu eri qui. Tu sapevi cosa stava succedendo.»

    «E non potevo cambiarlo.» Gli occhi di sua sorella si colmarono di lacrime. Le scacciò e quando parlò di nuovo, la sua voce era bassa ma controllata. «Stavo cercando di mandare avanti il ranch e papà non riusciva a fare altro che preoccuparsi per te. Tutta sola in California. Mentre io ero tutta sola qui.»

    Colpita, Emma barcollò sotto l'impatto delle parole della sorella. Era vero che non aveva pensato a cosa sarebbe successo a casa nel momento in cui se ne fosse andata. Forse non si era permessa di pensarci.

    Cinque anni prima, aveva visto il futuro che le si spalancava davanti e qualcosa dentro di lei era scattato. Doveva andare. Doveva provarci.

    «Gracie...» Non sapeva cos'avrebbe potuto dire, e comunque la sorella la interruppe.

    «Non dire che sei dispiaciuta. Non ha importanza, inoltre, in realtà non lo sei.» Gracie asciugò una lacrima solitaria. «Hai fatto quello che volevi. Come sempre.»

    Per la prima volta in quella conversazione, Emma provò un moto di rabbia. Era disposta ad alleviare in parte l'amarezza della sorella, però che fosse dannata se fosse rimasta a fare da bersaglio a qualunque cosa Gracie voleva scaricarle addosso.

    «Sul serio? Cosa diamine vorresti dire?» Parlò a voce bassa, per non farsi udire dal padre. «Quando la mamma è morta, chi è stato a tenere insieme questo posto prendendosi cura di te e di papà? Inoltre, tu non fai quello che vuoi? Da quando? Hai rubato il furgone di papà per farti un giro, ricordi? E hai bigiato la scuola e hai fatto l'autostop per andare a un concerto a Billings...»

    «Quando ero adolescente» la interruppe Gracie. «Non hai storie nuove da raccontare, vero, Em? Perché tu non eri qui

    Quella discussione la stava stancando. «Un sacco di gente se ne va da casa, Gracie.»

    «La maggior parte tornano almeno a fare visita.»

    «Sempre che se lo possano permettere» obiettò Emma.

    «Tu lavoravi alla TV» ribatté Gracie.

    «Per una stagione» le ricordò Emma, che non riusciva a credere che stessero avendo quella discussione. Santo cielo, era tornata da meno di ventiquattro ore.

    Chissà perché, si era aspettata che sarebbe stato più facile reinserirsi nella vecchia vita. Mentre era a Hollywood, quel ranch e la famiglia erano diventati la sua coperta di Linus. Quando era preoccupata o spaventata, chiudeva gli occhi e si lasciava cullare dai ricordi.

    Quella era la sua casa. Era l'unico posto dove sapeva di poter tornare se i suoi sogni si fossero infranti. Non era però la casa che aveva lasciato cinque anni prima. Adesso che era tornata a Cache, doveva ammettere che non era come la ricordava. Come aveva sperato di trovarla. Tuttavia, anche mentre quel pensiero le si radicava nella mente. Emma si chiedeva se fosse vero. Forse non era stata la casa a cambiare, dopotutto. Era stata lei.

    D'altronde, come avrebbe potuto non cambiare? Le erano successe così tante cose in California che il Montana aveva cominciato ad assomigliare a un mondo fantastico.

    Aveva scritto, mandato mail e video, tuttavia quanto più a lungo restava lontana, tanto più si allargava il divario tra lei e la famiglia. E come sarebbe potuto essere altrimenti, se lei non raccontava loro com'era in realtà la sua vita in California? Non voleva che si preoccupassero perché faticava a pagare l'affitto di quello squallido appartamentino a Hollywood. Non voleva che sapessero che aveva spesso fame ed era in preda all'ansia. Perciò si mostrava vivace, felice e laconica durante quelle chiamate, che erano diventate sempre meno frequenti.

    Suo padre, Frank, era felice di ricevere sue notizie. Gracie, invece, a poco a poco si era estraniata. E adesso la sua sorellina sopportava a malapena di trovarsi nella stessa stanza con lei.

    Forse se l'era cercata. Adesso il suo mondo era diviso in due entità distinte. Prima di lasciare il Montana e il presente. Preferiva il prima perché affrontare il presente era più difficile di qualunque cosa avesse mai fatto. Il presente significava che aveva un padre malato, una sorella che l'odiava e una bambina che dipendeva da lei.

    Questo aveva tutta l'aria di fardelli scaricati sulle sue spalle, al punto che rischiò di afflosciarsi sotto il loro peso emotivo. La verità era che nessuno di quei fardelli era così devastante quanto la consapevolezza di dover ancora rivedere Caden.

    Erano passati cinque anni dall'ultima volta che l'aveva visto, e cinque minuti da quando aveva pensato a lui. Era sempre presente nella sua mente.

    Dal momento in cui si erano incontrati al liceo, Caden Hale era tutto ciò che riusciva a vedere. Tutto ciò che voleva vedere. Fino alla sera in cui avevano programmato insieme il loro futuro. Matrimonio, figli, il ranch, tutti gli argomenti

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