Il sentiero degli edelweiss
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Il sentiero degli edelweiss - Cristiano Pedrini
Leiss
Capitolo Primo
Il villaggio dei silenzi
«Una manciata di case, alcune in ottimo stato, altre alquanto malmesse che mostrano i segni del tempo e di una scarsa manutenzione, balconi fioriti, insegne scolpite nel legno, una via principale, qualche vicolo laterale, nulla degno di nota…»
Il primo commento che Lukas fece al cellulare, scendendo dal suo superaccessoriato Suv, sembrava essere senza appello, ma dall’altro capo il prolungato silenzio che seguì le sue ultime parole poteva avere altri significati e Clara non dovette attendere molto per averne la conferma.
Il giovane chiuse lo sportello dell’auto e si incamminò verso la via principale sorridendo. «Tutto sommato fa piacere sapere che ci sono posti dove l’uomo non è riuscito a imporsi del tutto sulla natura che lo circonda.»
«Me ne compiaccio» osservò la donna che dal suo imponente ufficio stava osservando il panorama dei tetti di Vienna. Ai suoi occhi quella città riusciva ancora a conservare il suo prestigioso passato imperiale e di questo ne andava fiera.
«Hai già deciso da dove iniziare le tue ricerche?» chiese giocherellando con un tagliacarte d’argento che teneva sulla scrivania più per ragioni sentimentali che per un utilizzo pratico. Quell’oggetto era un regalo di suo padre, realizzato da uno dei maestri orafi più noti del paese e lo aveva ricevuto in regalo quando era riuscita nell’intento di fondare uno degli studi legali più importanti della città.
«Inizierò a chiedere agli abitanti del posto e vedremo cosa ne ricaverò» rispose Lukas fermandosi dinanzi a un negozietto di alimentari. «Mi auguro comunque che tutto questo non sia una colossale perdita di tempo.»
«Potrai sempre goderti qualche giorno di riposo» replicò la donna suscitando nel suo interlocutore una smorfia di fastidio.
«Avrei scelto di meglio. In questo paese c’è solo un piccolo albergo con una decina di stanze e senza neppure il wi-fi in camera. Suppongo che ora dirai che mi hai preferito agli altri collaboratori perché così almeno non sarò in ufficio ad assillarti.»
«Lukas Bauer, sei un eterno rompiscatole e sì, l’idea di non vedere la tua espressione sempre imbronciata e supponente per un paio di giorni mi rasserena» ammise Clara sprofondando nella comoda poltrona di pelle nera. «Sai bene che per quest’incarico non potevo mandare chiunque. Tu eri al momento la persona più adatta. Tuttavia, vedi di non montarti troppo la testa.»
«Non l’ho mai fatto» concluse il giovane salutando la donna. Infilò lo smartphone nella tasca della giacca blu e si decise a entrare nel negozio. Percorse il corridoio delimitato da alcuni scaffali bassi avendo la conferma di quel che aveva supposto poco prima: era una di quelle piccole botteghe dove all’apparenza sembrava esserci di tutto riposto sui ripiani, sebbene trovasse discutibile vedere delle confezioni di biscotti accanto a del detersivo in polvere. Si avvicinò alla cassa, dove con sua sorpresa notò una giovane ragazza dai lunghi capelli castani raccolti in una coda. Lei lo salutò con un sorriso raggiante non senza rimanere sorpresa per l’abbigliamento di Lukas. Era assai insolito vedere entrare un uomo in un completo blu con una vistosa cravatta regimental. «Posso fare qualcosa per lei?» domandò.
Lukas levò dalla tasca interna della giacca una fotografia porgendola alla ragazza. «Lei non è di queste parti… il suo accento…»
«Vivo a Ovzal da quasi dieci anni.»
«Sto cercando questa persona. Mi hanno detto che vive da queste parti.»
La ragazza osservò per pochi attimi la fotografia volgendo poi lo sguardo a una donna anziana che era appena entrata nel negozio salutandola. «No, non ricordo di averlo mai visto.»
«Ne è sicura? È molto importante che riesca a rintracciarlo» insistette Lukas ricevendo in risposta un deciso cenno di diniego. «In questo paese siamo talmente in pochi che ci conosciamo tutti. Temo di non poterle essere d’aiuto.»
Il giovane non si lasciò scoraggiare, riprese la fotografia dalle sue mani, posò sul banco un biglietto da visita. «Se dovesse vederlo, la prego di chiamarmi.»
La sua espressione si fece interessata. Scorse il nome stampato sul biglietto e sorrise ironicamente. «Uno studio legale di Vienna, ne ha fatta di strada per arrivare qui, peccato che sia stato un viaggio a vuoto.»
«Non è ancora detto. Mi fermerò un paio di giorni, alloggerò nel vostro albergo, ammesso che si possa definire tale» le rispose osservando un manifesto appeso dietro alla cassa. «Festival degli Edelweiss… sembra interessante, anche se non ne so molto di fiori e piante, non ho quello che si dice il pollice verde.»
«È una tradizione che c’è da molto tempo, ben prima che mi trasferissi qui. È una kermesse dove si ricordano la bellezza e la particolarità di quei fiori, che molti chiamano stella alpina» commentò la ragazza «è fortunato, se rimarrà qualche giorno lo potrà vedere con i suoi occhi.»
L’arrivo dell’anziana cliente che appoggiò sul banco della frutta pose fine al loro dialogo. Lukas uscì dal negozio, ma per qualche strana ragione ebbe l’impulso di voltarsi di scatto. Fece appena in tempo a notare le due donne che dalla vetrina lo fissavano con uno sguardo tutt’altro che benevolo.
«Caro Lukas, hai già portato scompiglio in questo luogo dimenticato da Dio» annuì riprendendo il cammino. Aveva immaginato che l’incarico che aveva ricevuto fosse qualcosa di apparentemente semplice, ma con il passare dei giorni, mentre veniva informato su altri aspetti di quella vicenda, si era fatto l’idea che quel compito nascondesse altre conseguenze che non riusciva ancora a delineare. Del resto, anche Clara Gruber, suo superiore e socio anziano era stata alquanto vaga quando l’aveva fatto chiamare nel suo ufficio per illustragli la faccenda. Doveva solo trovare la persona le cui generalità e poche altre informazioni erano indicate su quell’unico foglio con allegata una fotografia.
Varcando l’ingresso dell’albergo, dopo aver preso dall’auto il trolley, si appoggiò a un grande bancone di legno massiccio sul quale era posato un vaso di fiori freschi che dava a quel luogo un tocco di colore. Le pareti, tinte di un discutibile color aragosta, mal si abbinavano ai mobili chiari della hall ma, a quanto pareva, non doveva essere così importante. Un uomo robusto e con un’avanzata calvizie uscì da una porticina laterale e lo accolse fermandosi dietro al bancone. «Benvenuto a Ozval, io sono Karl Rendulic» esordì con una voce nasale.
«Salve, ho prenotato una camera» disse Lukas mostrandogli un documento d’identità. «Dovrei fermarmi un paio di giorni.»
«Avvocato Bauer, sì, la sua prenotazione era stata confermata da Vienna» annuì l’uomo prendendo da uno stipetto la chiave della camera con appeso un vistoso numero tre scolpito nel legno.
«Grazie, posso chiederle se ha visto questa persona qui in paese» replicò il giovane mostrando di nuovo la fotografia.
«Mai visto. Perché lo cerca?» rispose telegrafico l’albergatore posando le mani sui fianchi.
«Questioni legali. Mi avevano dato informazioni che risiedesse qui ma a quanto pare nessuno lo conosce» ammise prendendo il trolley. Dopo aver salutato l’uomo salì al piano superiore. Tutto sommato la camera era meno opprimente di quel che aveva immaginato a eccezione di quel quadro da mercatino dell’usato appeso sopra il letto che ritraeva un panorama alpino. Che senso aveva fermarsi a guardare quell’immagine se bastava scorgere fuori dalla finestra le vere Alpi
pensò posando la valigia sul letto prima di allentarsi il nodo della cravatta. Dalla borsa di pelle che portava sempre con sé, tolse l’incartamento con la dicitura Leiss
scritta di suo pugno con un pennarello. In quella busta aveva raccolto tutte le informazioni che era riuscito a racimolare, ben poche per la verità. Per scrupolo tornò a rileggerle. I suoi occhi, di un verde intenso, si posarono sulla copia della fotografia. Più la osservava e più aveva la netta sensazione che ci fosse qualcosa che gli sfuggiva. Non era mai stato un convinto sostenitore della prima impressione e faticava non poco, per mentalità e carattere, a credere che certe intuizioni avessero un fondo di verità, ma stavolta non riusciva a scacciare dalla sua mente quel pensiero ricorrente, ostinatamente alimentato dall’immagine che fissava.
Le sue dita scivolarono su quel volto dai lineamenti delicati e ricercati al tempo stesso. Le sue lunghe sopracciglia nere erano il preludio di uno sguardo profondo che lasciava trasparire una sofferenza appena mitigata dall’intenso color bruno dei suoi occhi che in quel viso scavato risaltavano ancor di più.
Quella fotografia doveva essere stata scattata in una giornata di vento a giudicare dai capelli mossi dalla brezza, donando a quel volto un senso di insolita leggerezza.
«Qual è il tuo segreto, Emil Leiss?» si domandò il giovane raccogliendo le carte che aveva disseminato sul letto.
Una domanda a cui, per ora non v’era risposta, tuttavia era certo di non essere stato spedito in quel posto solo per cercare un ragazzo fuggito di casa. Anche quell’intuizione si scontrava con l’evidenza dei fatti. Sebbene avesse letto più volte la sua età, stentava ad attribuirgliela. Ventidue anni; osservandolo ne dimostrava molti di meno.
Guardò l’orologio al polso. Erano le quindici e stava per far tardi all’appuntamento che era riuscito a fissare con non poca fatica. Andò verso la porta ma quando l’aprì si ritrovò dinanzi a una persona a lui del tutto sconosciuta. Nonostante la folta chioma canuta che teneva raccolta e la carnagione pallida, il suo sguardo severo gli portò alla mente una vecchia insegnante del liceo che non aveva particolarmente amato.
«L’avvocato Bauer?» chiese con tono deciso.
«Così pare. Lei è?»
La donna allungò la mano verso di lui. «Johanna Haas. Mi perdoni se mi sono presentata qui al suo albergo, ma passavo da queste parti e ho preferito non perdere tempo.»
Lukas gliela strinse poco convinto. «Non immaginavo che il sindaco potesse tenere un incontro ufficiale in una camera d’albergo.»
«Le sto facendo un favore» annuì la donna oltrepassandolo. «Qui i forestieri non sono sempre ben visti, soprattutto se si presentano in giacca e cravatta.»
«Se vuole me la tolgo» rise lui prendendo la busta dal letto, senza evitare che il suo inatteso ospite riuscisse a leggere quanto vi era scritto.
«Del resto, credo che il motivo della sua richiesta di un incontro non mi prenderà molto tempo, anzi pochissimo» commentò Johanna accomodandosi sull’unica sedia della stanza. Accavallò le gambe rimanendo in attesa.
«Suppongo che anche lei mi confermerà di non aver mai visto la persona che risponde al nome di Emil Leiss.»
«Vedo che non perde tempo in preamboli. Comunque, è esatto. E ammetto che l’idea di avere un segugio che fa domande a destra e a sinistra disorienta i miei concittadini. Perché è così convinto che quella persona viva in questo sperduto paese?»
Lukas sospirò profondamente sedendosi sul letto dinanzi alla donna. «Andiamo con ordine. Primo, io non ho tartassato nessuno dei suoi concittadini, anzi mi sorprende che nell’arco di mezz’ora si sia diffusa questa opinione visto che ho parlato unicamente con due persone. Secondo, sono qui sulla base di un rapporto informativo che ha segnalato quel ragazzo qui a Ozval e, se mi permette, la vostra reticenza alimenta più di un dubbio sulla vostra dichiarata certezza di non sapere chi sia.»
«Lei è molto franco,» riconobbe Johanna «e lo sarò anche io. In realtà quella persona abitò qui l’anno scorso, ma vi rimase solo per pochi mesi poi se ne andò e non sono in grado di dirle dove.»
«Strano. Il rapporto lo segnala qui due mesi fa…»
«Immagino che quelle notizie vi siano costate molto e che vi siate appoggiati a qualche studio investigativo. Beh, possono sempre aver omesso che si trattava di notizie assai più datate di quel che volevate» osservò la donna rialzandosi.
«È una possibilità. Oppure il rapporto è corretto e semplicemente siete voi in errore» la pungolò il giovane avvocato.
Johanna si infilò le mani nelle tasche della giacca dalle fantasie scozzesi che indossava e si chinò su di lui. «Allora le consiglio di tornare con un plotone di investigatori e di farsi autorizzare a rivoltare il paese come un calzino. Cerchi in ogni casa, dalle cantine alle soffitte, e quando avrà terminato la sua infruttuosa ricerca sarà mia premuta denunciare lei e il suo affermato studio legale per il disturbo che ci avete creato.»
«Lei sta intralciando una ricerca…»
«Non mi risulta che questo fantomatico signor Leiss sia ricercato dalla polizia per qualche reato, o meglio, questo è quello che