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Le attività occasionali nelle imposte sui redditi dell’ordinamento giuridico italiano. Analisi comparata della tassazione del collezionista in Italia e all’estero.
Le attività occasionali nelle imposte sui redditi dell’ordinamento giuridico italiano. Analisi comparata della tassazione del collezionista in Italia e all’estero.
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Le attività occasionali nelle imposte sui redditi dell’ordinamento giuridico italiano. Analisi comparata della tassazione del collezionista in Italia e all’estero.

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Il tema riguardante la distinzione tra attività continuativa ed attività occasionale, nell'ordinamento giuridico italiano, non sempre è chiara in tutti i suoi aspetti, a causa della mancanza di fonti normative adeguate: questa "zona grigia" ha consentito la nascita di differenti orientamenti interpretativi sviluppatisi, con un certo consenso, nella dottrina. Stabilita la tematica su cui centrare il focus di questo lavoro, si è tentato di ottenerne una maggiore e più completa conoscenza per mezzo di un sistematico esame del pensiero dei principali autori della letteratura. Particolare attenzione è dedicata, nell’ultimo capitolo, alla figura del collezionista, il quale acquista, vende e scambia opere d'arte: le plusvalenze generate possono essere oggetto di imposizione o meno. Si sostiene, in questo caso, che dalla cessione di opere d’arte possano emergere sia proventi imponibili, sia “arricchimenti” non rilevanti ai fini Irpef, consistenti nei capital gains derivanti dall’alienazione di beni, conclusa non solo al di fuori di attività imprenditoriali, ma anche di attività occasionali, e che è possibile qualificare come cessione isolata; a tal riguardo si effettua, nel corso dell'opera, un'analisi comparata sul regime tributario applicabile alla cessione di opere d’arte, fra soggetti privati, in Italia e all'estero.
LanguageItaliano
Release dateJul 29, 2020
ISBN9788835872283
Le attività occasionali nelle imposte sui redditi dell’ordinamento giuridico italiano. Analisi comparata della tassazione del collezionista in Italia e all’estero.

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    Le attività occasionali nelle imposte sui redditi dell’ordinamento giuridico italiano. Analisi comparata della tassazione del collezionista in Italia e all’estero. - Davide Simioni

    Davide Simioni

    Le attività occasionali nelle imposte sui redditi dell’ordinamento giuridico italiano. Analisi comparata della tassazione del collezionista in Italia e all’estero.

    UUID: 8896bf02-0a07-40ef-bf1a-a2a8c8d4b94b

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    FRONTESPIZIO-INDICE

    INTRODUZIONE

    CAPITOLO 1-LE NOZIONI DI PROFESSIONALITA', ABITUALITA' E OCCASIONALITA'

    CAPITOLO 2-GLI ATTI OCCASIONALI DI COMMERCIO

    CAPITOLO 3-ABITUALITA' ED OCCASIONALITA' NEL SISTEMA DELL'IMPOSTA SUI REDDITI

    CAPITOLO 4-ARTE E TASSAZIONE PER IL COLLEZIONISTA GLOBALE.

    CONCLUSIONI

    BIBLIOGRAFIA

    SITOGRAFIA

    Note

    FRONTESPIZIO-INDICE

    Corso di Laurea magistrale

    in Amministrazione, Finanza e Controllo

    Tesi di Laurea

    Le attività occasionali nelle imposte sui redditi dell’ordinamento giuridico italiano.

    Analisi comparata della tassazione del collezionista in Italia e all’estero.

    Relatore

    Ch. Prof. Ernesto Marco Bagarotto

    Laureand o

    Davide Simioni Matricola 852691

    Anno Accademico

    2018 / 2019

    INDICE

    Introduzione .............................................................................................................................................7

    CAPITOLO I

    LE NOZIONI DI PROFESSIONALITA', ABITUALITA' E OCCASIONALITA' .................................................9

    1.1 La rilevanza della distinzione tra abitualità e occasionalità nel sistema giuridico italiano………………………………………………………………………………………….........................................9

    1.2 La nozione di reddito............................................................................................................................10

    1.3 Le categorie reddituali: i redditi diversi..................................................................................................12

    1.4 Gli articoli 2082 e 2195 cc e la loro valenza nel sistema tributario..........................................................13

    1.5 La professionalità: status del contribuente.............................................................................................17

    1.6 Stabilità, indice di abitualità professionale.............................................................................................19

    1.7 L'occasionalità in relazione all'organizzazione di un’attività economica...................................................26

    1.7.1 Il rilievo dell’art. 2070 c.c. in relazione al rapporto tra occasionalità ed organizzazione di un’attività economica…………………………………………………….................................................................................29

    1.8 Indici interpretativi di professionalità e loro importanza….......................................................................30

    1.8.1 L’attività rivolta al mercato…………………………………………………………….......................................31

    1.8.2 Lo scopo di lucro………………………………………………………………………........................................32

    1.8.3 L’iscrizione in albi o registri……………………………………………………………......................................34

    1.8.4 La prevalenza…………………………………………………………………………..........................................35

    1.8.5 Il programma imprenditoriale………………………………………………………….......................................36

    1.8.6 La volontà……………………………………………………………………………….........................................38

    1.8.7 L’importanza della determinazione degli indicatori di professionalità……………....................................39

    CAPITOLO II

    GLI ATTI OCCASIONALI DI COMMERCIO .................................................................................................41

    2.1 L'impresa occasionale nel diritto tributario..............................................................................................41

    2.2 La società occasionale..........................................................................................................................47

    2.2.1 Atti e attività commerciali compiuti da enti non commerciali…………………….......................................48

    2.3 L'attività commerciale occasionale: la fattispecie dell’intermediazione dei beni........................................50

    2.3.1 Se il reddito può derivare dalla combinazione tra un atto di acquisto e un atto di rivendita collegati da una finalità speculativa………………………………………………........................................................................................51

    2.4 Attività speculativa vs attività lucrativa: la distinzione..............................................................................55

    2.5 Atti commerciali occasionali e relativa disciplina fiscale...........................................................................57

    2.5.1 I servizi commerciali occasionali…………………………………………………….........................................59

    CAPITOLO III

    ABITUALITA' ED OCCASIONALITA' NEL SISTEMA DELL'IMPOSTA SUI REDDITI ......................................61

    3.1 Reddito da attività commerciale occasionale e da lavoro autonomo occasionale........................................61

    3.2 Abitualità ed occasionalità in relazione al lavoro autonomo.......................................................................63

    3.3 Occasionalità nelle altre categorie reddituali……………............................................................................66

    3.3.1 I redditi agrari occasionali……………………………………………………………..........................................66

    3.3.2 Allevamento di animali, attività connesse ed occasionalità…………………….........................................69

    3.3.3 Redditi di capitale occasionali………………………………………………………...........................................73

    3.4 Le plusvalenze nella fattispecie dei redditi diversi…..................................................................................76

    3.4.1 Plusvalenze realizzate mediante la lottizzazione di terreni, o l’esecuzione di opere intese a renderle edificabili e la successiva vendita, anche parziale, dei terreni o degli edifici…………………………………………………………………………………………..............................................78

    3.4.2 Le plusvalenze di cui alla lett. b, art. 67, del T.U.I.R………………………………........................................78

    3.4.3 Le vincite alle lotterie e alle scommesse…………………………………………….........................................79

    3.4.4 I redditi di natura fondiaria non determinabili catastalmente, artt. 67-70………........................................80

    3.4.5 L’affitto e la cessione a titolo gratuito dell’impresa………………………………….......................................81

    3.4.6 I redditi derivanti dall’utilizzazione delle opere dell’ingegno e delle informazioni industriali…………………………………..………………………………………………………......................................83

    3.5 Redditi diversi: categoria omogenea od eterogenea?................................................................................84

    3.6 Redditi occasionali e capacità contributiva…............................................................................................85

    CAPITOLO IV

    ARTE E TASSAZIONE PER IL COLLEZIONISTA GLOBALE …………………………….....................................89

    4.1 Premessa……………………………………………………………………………………........................................89

    4.2 Commerciante d’arte o collezionista?.......................................................................................................94

    4.3 I redditi del collezionista…………………………………………………………………….....................................99

    4.4 Il regime tributario della cessione di opere d’arte in alcuni degli Stati membri dell’Unione Europea………………………………………………………………………..............................................................110

    4.5 Australia e Nuova Zelanda…………………………………………………………………...................................120

    4.6 Stati Uniti e Canada………………………………………………………………………......................................121

    4.7 Russia………………………………………………………………………………………......................................123

    4.8 Cina, Giappone e Hong Kong…………………………………………………………….....................................123

    4.9 Qatar e Bahrain……………………………………………………………………………......................................126

    4.10 Svizzera…………………………………………………………………………………….....................................126

    4.11 Trinidad e Tobago………………………………………………………………………….....................................126

    4.12 Aruba, Bahamas e Barbados…………………………………………………………….....................................127

    Conclusioni ..............................................................................................................................................129

    Bibliografia …………………………………………………………………………………….......................................135

    Sitografia ……………………………………………………………………………………….......................................151

    INTRODUZIONE

    Lo scopo di questa tesi è quello di esplorare il tema riguardante la tradizionale distinzione tra attività continuativa ed attività occasionale che , nell'ordinamento giuridico italiano, non sempre è chiara in tutti i suoi aspetti, a causa della mancanza di fonti normative adeguate: questa zona grigia ha consentito la nascita di differenti orientamenti interpretativi sviluppatisi, con un certo consenso, nella dottrina. Stabilita la tematica su cui centrare il focus di questo lavoro, si è tentato di ottenerne una maggiore e più completa conoscenza per mezzo di un sistematico esame del pensiero dei principali autori della letteratura.

    Particolare attenzione è dedicata, nell’ultimo capitolo, alla figura del collezionista, il quale acquista, vende e scambia opere d'arte: le plusvalenze generate possono essere oggetto di imposizione o meno. Si sostiene, in questo caso, che dalla cessione di opere d’arte possano emergere sia proventi imponibili (classificabili tra i redditi d’impresa o tra i redditi diversi, a seconda che la cessione sia configurabile come un’attività commerciale o meno) sia arricchimenti non rilevanti ai fini Irpef, consistenti nei capital gains derivanti dall’alienazione di beni, conclusa non solo al di fuori di attività imprenditoriali, ma anche di attività occasionali, e che è possibile qualificare come cessione isolata [¹] . A tal proposito si effettua un'analisi comparata sul regime tributario applicabile alla cessione di opere d’arte, fra soggetti privati, in Italia e all'estero: il tema, in realtà, potrebbe esser posto con riferimento ai soggetti che effettuano operazioni di compravendita il cui oggetto può essere qualsiasi bene, ma per le opere d’arte assume un particolare rilievo, in virtù della forte variabilità dei relativi valori nel tempo che consentono di ritrarre dei redditi per i quali sorgono questioni riguardanti l’imposizione diretta [²] .

    CAPITOLO I

    CAPITOLO 1-LE NOZIONI DI PROFESSIONALITA', ABITUALITA' E OCCASIONALITA'

    La rilevanza della distinzione tra abitualità e occasionalità nel sistema giuridico italiano.

    Nell’ordinamento giuridico italiano la distinzione tra attività abituale e attività occasionale è tradizionale e di fondamentale importanza. La distinzione riguarda un’attività economica giuridicamente rilevante che deve indicare un complesso di atti preordinati allo stesso fine economico. In una prima generica definizione, deve quindi trattarsi di un’attività che produca almeno astrattamente un guadagno (lucro). È anche vero che nel nostro sistema giuridico viene considerato anche un solo atto giuridico a sé stante, tuttavia la sua disciplina presenta delle diversità rispetto a quella dell’attività. Basti pensare al fatto che solo con riferimento a un singolo atto, e non di un’attività, si può presentare il problema della sua validità o meno. Ciò stabilito sull’attività, è opportuno dal punto di vista giuridico effettuare un accertamento in merito al carattere della sua continuità o meno, al fine di individuarne le discipline a cui essa è soggetta. L’atto giuridico rimane escluso dall’applicazione dal concetto di continuità in quanto atto singolo e dunque va considerato in ogni sede come occasionale. Al contrario una serie di atti, e di conseguenza un’attività giuridica, possono essere caratterizzati da diversi gradi di continuità. Ragion per cui un’attività per quanto continuativa possa essere, potrebbe occorrere che sia considerata come occasionale e sottoposta a differente disciplina. Ciò significa, in conclusione, che i concetti di continuità ed occasionalità non debbano sempre essere contrapposti e che l’occasionalità possa assumere accezioni diverse in riferimento ad un singolo atto piuttosto che ad un’attività intesa come serie di atti.

    A questo punto si rende necessaria un’osservazione: si potrebbe dedurre che la distinzione tra i concetti di occasionalità e continuità sia irrilevante, dal momento che nel diritto tributario si intende assoggettare ad imposizione qualunque reddito che derivi da un’attività economica (sia essa continuativa od occasionale). Tuttavia, in questo frangente la situazione risulta differente; infatti è da considerare che tutti i redditi derivanti da qualsivoglia attività economica sono soggetti non alla stessa disciplina ma a discipline impositive differenti [³] .

    Va inoltre ricordato che in diritto tributario:

    -è spesso e volentieri lo stesso legislatore a stabilire a quali fattispecie si applichi una particolare disciplina impositiva dei redditi piuttosto che sia l’interprete di volta in volta a decretare discrezionalmente quando un’attività economica sia continuativa ovvero occasionale (art.67 ss D.P.R. n.917/1986); [⁴]

    -per quanto concerne i redditi derivanti da attività commerciali o da lavoro autonomo, l’art.67 si riferisce ad attività " non esercitate abitualmente ", mentre per le altre fattispecie citate non vi è un riferimento esplicito alla mancanza di abitualità, trattandosi di redditi che derivano dall’attuazione di singoli atti di disposizione di beni. Motivo per cui si ripresenta il dilemma della definizione del concetto di abitualità [⁵] .

    La nozione di reddito.

    Un’altra questione che nella disciplina tributaria assume un ruolo centrale nella contrapposizione tra le caratteristiche di abitualità od occasionalità di un’attività economica è rappresentata dalla connessa, e preliminare, definizione del concetto di reddito.

    Va chiarito sin d’ora che il concetto di reddito considerato dal legislatore non è quello economico, bensì il concetto di reddito giuridico, " nel senso che è lo stesso legislatore a determinare quali debbano essere le caratteristiche degli incrementi economici derivanti dall’esercizio di un’attività o dal compimento di un atto occasionale, onde detti incrementi (dallo stesso legislatore qualificati redditi) debbano essere sottoposti ad una particolare imposizione coerente con tali caratteristiche " [⁶] .

    A sua volta la differenziazione tra redditi derivanti da attività occasionali rispetto a quelli da attività professionali/abituali è generata dalla presenza di tali caratteristiche.

    In ambito tributario, per quanto concerne lo studio del presupposto dell’Irpef, si usa distinguere tra presupposto oggettivo e soggettivo, costituiti rispettivamente dal reddito e dal possesso del reddito stesso [⁷] .

    Tali aspetti sono individuabili dalla lettura dell’art. 1 del d.p.r. n. 917 del 1986 sul presupposto dell’imposta; l’articolo dispone che: " presupposto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche è il possesso di redditi in denaro o in natura rientranti nelle categorie indicate nell’art. 6 " [⁸] . In particolar modo le categorie di reddito a cui si fa riferimento nel citato articolo sono rispettivamente:

    redditi fondiari;

    redditi di capitale;

    redditi di lavoro dipendente;

    redditi di lavoro autonomo;

    redditi di impresa;

    redditi diversi.

    A ciascuna di queste categorie corrispondono particolari regole di determinazione e differenti metodi di accertamento, che tengono conto delle caratteristiche economiche e giuridiche della fonte: i redditi fondiari, ad esempio, sono determinati mediante il metodo catastale; i redditi di capitale sono tassati al lordo (cioè non è prevista la deducibilità delle spese di produzione); quelli di lavoro dipendente prevedono la deduzione forfetaria delle spese; i redditi di impresa sono determinati apportando una serie di variazioni, in aumento e in diminuzione, al risultato emergente dal bilancio d’esercizio [⁹] .

    In altre parole, per quanto concerne il modus operandi nella determinazione della base imponibile e per le regole formali attinenti alla contabilità, accertamenti piuttosto che ritenute alla fonte, si segue un distinto regime giuridico per ciascuna categoria di reddito [¹⁰] .

    Dall’altro lato, il presupposto oggettivo è, come si è detto, costituito dal reddito medesimo; il legislatore non ne fornisce una definizione esplicita, ma si limita a indicarlo quale capacità contributiva sulla quale valutare l’imposta; difatti il legislatore qui si riferisce all’art. 53, comma 1 della Costituzione, nell’individuazione della base economica per la partecipazione alle spese pubbliche. Non è tralasciato neanche l’altro principio costituzionale della riserva di legge di cui all’art. 23 Cost. di fondamentale importanza, " avendo il legislatore introdotto una disciplina dell’IRPEF a fattispecie esclusiva, nell’ambito della quale la nozione di reddito è caratterizzata da una base giuridica che prevale sulla eventuale non coerenza della base economica del reddito da assoggettare a tassazione " [¹¹] .

    In conclusione, da tali precisazioni si può dedurre che: se, da un lato, si possono avere fattispecie individuate dal legislatore come reddito ancorché in assenza della base economica, dall’altro, si potranno individuare situazioni differenti ed economicamente espressione di reddito che non sono tuttavia rilevanti ai fini fiscali [¹²] .

    1.3 Le categorie reddituali: i redditi diversi.

    Fin qui giunti, è utile procedere nell’indagine attraverso l’analisi delle fattispecie relative ai redditi diversi indicati nell’art. 67 D.P.R. n. 917 del 1986. In particolare, mancando un riferimento generale all’occasionalità della produzione di tali redditi diversi, si potrebbe affermare che la loro caratteristica giuridica non stia nella mancanza di continuità dell’attività economica da cui derivano, bensì proprio dalla loro diversità, in quanto – citando la parte iniziale dello stesso articolo- essi sono diversi perché " non costituiscono redditi da capitale, ovvero non sono conseguiti nell’esercizio di arti o di professioni o di imprese commerciali o di società in nome collettivo o in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoro dipendente " [¹³] .

    Tuttavia, la diversità così come intesa dal legislatore non deve essere usata come criterio di discernimento dei vari redditi in quanto essa designa solamente che ai redditi diversi non vanno applicate le discipline che regolano invece tutti gli altri redditi indicati nell’articolo 67. Rimane dunque fermo (e da spiegare) il problema se sia il carattere dell’occasionalità a caratterizzare tutte le fattispecie dei redditi diversi e se proprio questa assenza di continuità dell’attività produttiva abbia indotto il legislatore ad asservirli in una peculiare disciplina impositiva [¹⁴] .

    1.4 Gli articoli 2082 e 2195 cc e la loro valenza nel sistema tributario.

    Nell’articolo 2082 del codice civile, rubricato Imprenditore, si trova il principale riferimento alla figura dell’imprenditore e dell’impresa. È infatti il Codice civile ad avere introdotto anche in ambito giuridico il concetto di imprenditore, ed è al Codice civile che, con più o meno differenze, gli altri insiemi di norme si richiamano, incluso il diritto tributario. Va precisato fin da subito che la definizione di imprenditore esplicitata dal legislatore con l’art. 2082 c.c. non individua necessariamente solo il soggetto imprenditore bensì anche l’attività di impresa, la quale consta pertanto di un’attività economica organizzata e volta al perseguimento di una finalità particolare, ovvero la produzione o lo scambio di beni e servizi. Addirittura, contrariamente a quanto può apparire dal significato testuale dell’articolo, la norma in esame definisce in primo luogo cosa sia l’impresa, per poi derivarne la nozione di imprenditore [¹⁵] . A sostegno di tale tesi si possono portare due ragioni principali di seguito elencate:

    in primis, l’impresa è,in termini di regula iuris, una fattispecie di effetti giuridici, o meglio, esprime il riferimento giuridico degli effetti dell'attività al soggetto; in altre parole consiste in un’area piuttosto che una porzione ben delimitata della realtà economico sociale normativamente delineata). Ciò sarebbe già ex se sufficiente per attribuire all’impresa il carattere di nozione primaria rispetto a quella di imprenditore; quest’ultimo termine, infatti, non individua una fattispecie, bensì riassume in una qualifica soggettiva alcuni degli effetti della fattispecie-impresa [¹⁶].

    In secundis, l’articolo 2082 c.c. delinea il concetto di imprenditore partendo come base dall’attività, in questo caso d’impresa, che egli esercita e non invece in base a caratteristiche soggettive proprie. Ciò malgrado il rapporto esistente tra i concetti di imprenditore ed impresa è ad ogni modo caratterizzato da una stretta interdipendenza; difatti pur riconoscendo la primarietà del concetto di impresa, è indubbio e pacifico che non può esservi attività senza soggetto agente e dunque impresa, id est attività imprenditrice, senza imprenditore [¹⁷].

    Tornando all’argomento principale di questo studio, fin dalle modificazioni apportate alla normativa italiana con l’emanazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, i redditi derivanti dallo svolgimento di attività economiche in via occasionale (in cui può rientrare per la prima volta anche la categoria dei redditi diversi), vengono contrapposti ai redditi d’impresa (nonché a quelli di lavoro autonomo), così definiti dalla normativa vigente: "[…] che derivano dall’esercizio di imprese commerciali. Per esercizio di imprese commerciali si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività indicate nell’articolo 2195 c.c. […] anche se non organizzate in forma di impresa " [¹⁸] .

    Orbene a questo punto vanno considerati 3 aspetti letterali della norma che risultano particolarmente importanti:

    il richiamo all’articolo 2195 del Codice civile in relazione all’esercizio di un’impresa commerciale. Secondo la dottrina commercialistica corrente, essa recupera quella posta dell’articolo 2082 c.c. che delinea la figura dell’imprenditore, aggiungendovi il requisito dell’industrialità per sottolineare la natura commerciale dell’impresa;

    se da un lato nella norma del Codice civile ci si riferisce ad un esercizio dell’attività d’impresa in via professionale, dall’altro la norma fiscale prevede invece un riferimento ad una professione abituale;

    ultimo particolare, ma non meno importante, è che solo nella norma fiscale il legislatore specifica che l’espressione "esercizio per professione abituale" non sia da ritenersi nel senso che l’attività d’impresa debba svolgersi in via esclusiva da parte del soggetto su cui grava l’imposta [¹⁹].

    Il riferimento all’art. 2195 del Codice civile nella normativa tributaria comprova che è stata intenzione del legislatore tributario quella di evitare di fornire una definizione di imprenditore commerciale che differisse completamente da quella presentata anteriormente nel Codice civile; è per questo un punto di rilevanza fondamentale da tenere in considerazione [²⁰] .

    È interessante, a questo punto, analizzare le interpretazioni dei commercialisti riguardo tale fattispecie, tra i quali è preponderante l’opinione che " in effetti, l’art. 2195 c.c. non chiarisce quando l’attività economica esercitata dagli imprenditori abbia natura commerciale, in quanto esso si limita a disporne l’obbligo dell’iscrizione nella sezione ordinaria del registro delle imprese: obbligo posto a carico di imprese specificatamente individuate ( di trasporto, assicurative, bancarie), delle quali è quindi sicura la natura commerciale; di imprese genericamente caratterizzate dallo svolgimento di un’attività industriale diretta alla produzione di beni o di servizi ovvero intermediaria nella circolazione dei beni [²¹] ; di imprese ausiliarie delle precedenti " [²²] .

    La categoria particolare dell’imprenditore commerciale, nell’ordinamento giuridico italiano, è soggetta ad una speciale disciplina ed è naturalmente subordinata alla categoria dell’imprenditore generale. Tuttavia, sul piano testuale, è pacifico che la sola differenza riscontrabile tra la nozione generale di imprenditore e quella particolare (imprenditore commerciale) giaccia nel carattere dell’industrialità dell’attività economica [²³] . Da qui si rivela l’insufficienza del riferimento da parte del legislatore all’art. 2195 c.c. per chiarire il concetto di imprenditore commerciale, poiché è solo la nozione di attività agricola a essere positivamente configurata dal punto di vista normativo, mentre il concetto di imprenditore commerciale non è positivamente definito nemmeno nella normativa codicistica; difatti è pacifico che sia da ottenersi negativamente, sottraendo alla nozione di imprenditore due figure:

    quella dell’artigiano e

    quella dell’imprenditore agricolo.

    Ciononostante, rimane la questione primaria della definizione della nozione giuridica di impresa occorrendo valutarne l’importanza nel settore fiscale [²⁴] . Ai fini di questa analisi è opportuno effettuare alcune considerazioni in particolare.

    Da un lato, il delineamento del concetto codicistico di impresa, dal punto di vista normativo, trae origine dall’esigenza che l’attività economica debba essere svolta professionalmente, motivo per via del quale in dottrina si è soliti contrapporre l’attività occasionale, in presenza della quale non vi è impresa, a quella professionale che si delinea come impresa. Riassumendo, nel Codice civile il criterio dell’occasionalità non viene trattato direttamente ma si deduce indirettamente dal riferimento normativo al principio della professionalità.

    D’altro canto, per quanto concerne il regime tributario, si può riscontrare una diversità sul piano testuale rispetto alla normativa civile, in quanto l’articolo 55 del T.U.I.R. pur richiamando la codicistica civile (art.2195 c.c.), dispone che per esercizio di impresa commerciale si deve intendere l’esercizio per professione abituale; ecco che in tal modo il legislatore tributario sembra ammettere l’esercizio non abituale. Allo stesso modo nell’articolo 67 sui redditi diversi vengono introdotti anche i redditi " derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente ", andando ad esprimere anche direttamente un concetto di occasionalità [²⁵] .

    Tutto ciò non implica necessariamente che le due fattispecie, rispettivamente quella codicistica e quella fiscale, siano sostanzialmente differenti tra loro; infatti, escluse le diverse finalità delle relative discipline, il valore del dato testuale non può essere sopravvalutato, sia tenendo a mente il riferimento esplicito all’art. 2195 c.c. e sia rammentando la circostanza secondo cui effettivamente nemmeno la normativa fiscale è in grado di fornire una spiegazione concreta di quali siano i termini dell’abitualità/occasionalità e quali siano le relative connessioni e legami con la nozione di professionalità [²⁶] .

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