Rischiosa scommessa: Harmony Destiny
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Rischiosa scommessa - Rachel Bailey
successivo.
1
Dylan Hawke aveva fatto poche cose di cui si era vergognato in vita sua, questa volta, però, sentiva di aver toccato il fondo.
Riuscì a sorridere, nonostante il faro puntato negli occhi, mentre seguiva le istruzioni e si produceva in un inchino, prima di scendere la scaletta e avvicinarsi alla platea dal proscenio, tra gli applausi e le grida di entusiasmo che immaginava provenissero dai suoi familiari.
«Si parte da una base d'asta di duecento dollari» annunciò il maestro di cerimonie dalla ribalta.
Dylan prese un bel respiro. Ecco avviata la fase numero uno del processo di riabilitazione della sua immagine pubblica. Donare il suo tempo in beneficenza. Ora che suo fratello stava per sposare una principessa, i media si sarebbero scatenati, e la sua reputazione da playboy non avrebbe purtroppo giovato alla futura cognata, né al progetto che la generosa donna aveva in mente di realizzare per i bambini senza dimora di Los Angeles.
«Chi offre di più?» incalzò l'attore di sitcom incaricato di condurre la serata. «Vi ricordo che il nostro Dylan è il proprietario della Hawke's Blooms, la catena di negozi di fiori che tutti noi conosciamo. Chi meglio di lui sa come corteggiare una donna? Insomma, romanticismo assicurato» concluse con un sorrisetto d'intesa.
Un mormorio si diffuse per la sala mentre una moltitudine di palette bianche con dei numeri neri si levava in aria.
Non riusciva a vedere bene, accecato com'era dai riflettori, tuttavia gli sembrava che la sala fosse gremita di donne e che i camerieri fossero indaffarati a riempire i bicchieri, serpeggiando senza sosta tra la folla elettrizzata.
«Due e cinquanta, trecento» esclamò il banditore.
Dylan adocchiò suo fratello Liam seduto accanto alla fidanzata, la principessa Jensine di Larsland. Jenna, che prima di conoscere Liam aveva tenuto nascosta la sua vera identità, spacciandosi per la governante di Dylan, gli mostrò il pollice alzato. Era la prima asta di beneficenza della Hawke Brothers Trust, la fondazione che Jenna aveva creato per raccogliere fondi per quei bambini sfortunati. Un progetto a cui si sarebbe dedicata anima e corpo, ora che, con il matrimonio, lei e il futuro marito avevano deciso di dividersi tra il suo paese e Los Angeles, e in cui avrebbe potuto sfruttare i suoi agganci nell'alta società.
Dylan credeva nella causa e aveva fiducia in Jenna, per cui l'obiettivo che si era prefissato per quella sera era di raccogliere quanto più denaro possibile. Avrebbe magari preferito farlo in un modo meno mortificante come, ad esempio, staccando un assegno. Ma non sarebbe riuscito a riabilitare la sua immagine.
Ecco perché ora si trovava su quel palco, di fronte a centinaia di persone, pronto per essere battuto all'asta.
«Cinquecentocinquanta» scandì il presentatore, indicando una rossa seduta nella parte laterale della sala, la cui paletta mostrava il numero sessantatré.
Dylan strizzò l'occhio alla Sessantatré, poi incrociò lo sguardo di una bionda che sollevava la sua paletta. Il presentatore gridò: «Seicento».
Aguzzò la vista, sforzandosi di mettere a fuoco l'immagine. C'era qualcosa di familiare nella bionda platinata... Poi si ricordò e gli si accapponò la pelle. Era Brittany Oliver, una meteorologa che lavorava per un network locale. Erano usciti insieme un paio di volte, qualche anno addietro, prima di accorgersi che era una tipa appiccicosa. Quando aveva scoperto che pensava già a un futuro insieme con una casa piena di marmocchi, se l'era data a gambe levate. Deglutì forte e si augurò con tutto il cuore che qualcun'altra rilanciasse. Magari la bella rossa con il numero sessantatré.
Si infilò una mano in tasca ed elargì alla folla un sorriso ammaliatore, di quelli nei quali si era specializzato fin dall'età di quattordici anni. In risposta, una donna appariscente con una voluminosa chioma scura e la pelle color cioccolata innalzò fiera la sua paletta. Cominciava a sentirsi a proprio agio sul palco.
«Sei e cinquanta» gridò il banditore. «Settecento dollari. Sette e cinquanta.»
Sapeva che Jenna sperava di accumulare una somma ingente da quell'asta, così da poter partire in maniera scoppiettante, per cui si sfilò il bocciolo di rosa dall'occhiello della giacca e lo lanciò verso la folla. Era una mossa da quattro soldi, ne era consapevole, tuttavia da quel momento in poi l'asta ebbe un'impennata e di lì a poco si arrivò a un'offerta di duemila dollari.
Dylan si impietrì e guardò verso Brittany. Era ancora in pista, agguerritissima. Non riusciva a capire, dallo sguardo, se fosse più intenzionata a staccargli un orecchio con un morso o a convincerlo a tornare insieme. In un modo o nell'altro, non sarebbe stata una serata rilassante. Peccato non avesse un piano di fuga, un segnale d'intesa per far capire a Jenna di dover rilanciare se le cose si fossero messe male, che tanto l'avrebbe rimborsata lui dopo.
«Tremila e quattrocento.»
Era la rossa. Dylan la guardò. Capelli color rame raccolti in una coda ricciuta in cima alla testa, grandi occhi color cobalto spalancati sulle altre partecipanti all'asta, e un labbro inferiore catturato fra i denti con aria concentrata. Era adorabile.
Tenne le dita incrociate, nascoste nella tasca dei pantaloni, sperando che vincesse lei. Avrebbe trascorso volentieri una serata con quella bella ragazza. Il programma? Una deliziosa cenetta, una passeggiata al chiaro di luna, magari un cinema.
«Quattromila e seicento.»
Un faretto si fulminò e lui sorrise; ma bisognava alzare la posta per la fondazione. Cercò lo sguardo del presentatore e gli fece capire che aveva qualcosa da comunicargli. L'attore coprì il microfono con la mano, abbassandolo.
«Sono tre gli appuntamenti» sussurrò.
L'uomo sgranò gli occhi, annuì e riportò il microfono alla bocca. «Sono stato appena informato che il pacchetto da vincere consiste di ben tre appuntamenti.»
Nei minuti successivi ci fu un'altra ondata di palette in aria, prima che il cerimoniere proclamasse: «Ottomila e duecento e uno, ottomila e duecento e due... Aggiudicato per ottomila e duecento dollari!»
Dylan si rese conto di essersi perso e di non aver capito chi si fosse aggiudicato l'asta.
«La numero sessantatré può incontrare il signor Hawke a lato del palco per mettersi d'accordo. Dopodiché sarà la volta di una stella dello sport che non ha bisogno di presentazioni...» La voce del presentatore sfumò in sottofondo mentre Dylan prendeva coscienza che era stata proprio la bella rossa ad aver proclamato l'offerta finale. Che fortuna.
Forse l'idea di migliorare la sua immagine pubblica partecipando a quell'asta di scapoli non era stata, tutto sommato, così terribile.
Faith Crawford si alzò, si aggiustò l'orlo del top con lo scollo all'americana sopra i pantaloni neri e zigzagò tra i tavoli per raggiungere Dylan Hawke che la stava aspettando a lato del palco.
Era molto agitata e si irrigidì tutta quando gli fu davanti e gli tese la mano.
«Salve, sono Faith» si presentò.
Dylan le prese la mano, e invece di chiuderla nella sua in una stretta, se la portò alle labbra e vi posò un bacio appena sfiorato sul dorso. «Piacere, Dylan. A nome della mia famiglia, la voglio ringraziare di tutto cuore per la sua donazione alla Hawke Brothers Trust.»
Le sorrise e lei si sciolse, ma si sforzò di ignorare la reazione del suo corpo. Dylan Hawke era un famoso seduttore e aveva probabilmente usato quel sorriso per affascinare chissà quante donne. Era forse per questo che era così elettrizzata, pensò, mentre fissava quegli scintillanti occhi verdi.
Dylan le lasciò la mano. «Avrei qualche idea su dove portarla al nostro primo appuntamento...»
Faith scosse la testa.
«Io so già dove voglio andare.»
Lo vide increspare appena la fronte. «Bene. Mi piacciono le donne determinate.»
Oh, e lei lo era. Sapeva esattamente quello che voleva. E non era di certo Dylan Hawke, per quanto fosse un vero schianto in smoking. Le interessava, piuttosto, ciò che quell'uomo avrebbe potuto fare per la sua carriera. Aveva già investito una somma non indifferente e non voleva vanificare tutto.
Lui cavò una penna dal taschino interno della giacca e sottrasse un tovagliolo da un tavolo vicino. «Mi scriva il suo indirizzo, così la passo a prendere. Facciamo domani sera?»
Non perdeva tempo... «Per me va bene. Preferirei, però, che ci dessimo appuntamento da qualche parte. Diciamo davanti al suo negozio di Santa Monica alle sette?»
Dylan sorrise. Non fu, stavolta, il sorriso studiato del gran seduttore, bensì un'espressione spontanea e autentica che le piacque di più e di cui intuì al volo la pericolosità.
«La donna del mistero» osservò, dondolando all'indietro sui tacchi. «Bene, Faith Sessantatré. Ci vediamo davanti al mio negozio di fiori di Santa Monica alle sette in punto di domani.»
«Perfetto» confermò lei, poi si voltò e marciò verso l'uscita, consapevole di avere addosso una moltitudine di sguardi curiosi. Incluso quello di Dylan Hawke. Ed era proprio così che lo voleva. Concentrato su di lei.
Ora, non le restava che focalizzare la propria attenzione sul lavoro... e su come evitare di cacciarsi nei guai per via di quel sorriso malandrino.
Dylan fermò l'auto nel parcheggio di fronte al negozio di fiori di Santa Monica. Il suo proposito era quello di farsi il giro dei trentadue punti vendita con una certa regolarità, ma essendo ormai sparsi tra San Francisco e San Diego, ciò non accadeva più così spesso. E in effetti non ricordava quando fosse stata l'ultima volta che era passato da lì. Sapeva, però, che le vendite andavano bene e che era uno dei quattro negozi di maggior successo.
Un movimento vicino la porta catturò la sua attenzione. Era Faith. La sua chioma rossa sfolgorava sotto le luci della vetrina e le avvolgeva baldanzosa le spalle. Indossava un abito con lo scollo all'americana, attillato nei punti giusti, che scendeva svasato fino a sotto il ginocchio, mettendo in risalto le caviglie sottili inerpicate sui tacchi alti. Il cuore prese a battergli forte mentre scendeva dall'auto.
Se c'era una cosa che aveva capito di lei era che le piaceva quel tipo di scollatura che le lasciava spalle e parte della schiena scoperte, e anche che aveva dei capelli che avrebbero potuto paralizzare il traffico, che era ricca abbastanza da potersi permettere di donare una consistente somma in beneficenza, e che aveva una bocca da togliere il fiato. E maledizione se non desiderava scoprire di più.
«Buonasera, Faith» la salutò, girando attorno alla vettura e aprendole la portiera.
Lei non si mosse. «La macchina non ci serve.»
Dylan si guardò intorno. Il parcheggio era deserto.
«Ha per caso un tappeto volante nascosto da qualche parte?»
«Non ci serve neppure quello. Siamo già arrivati.»
Pescò nella borsa un mazzo di chiavi, ne infilò una nella toppa e aprì. Entrò, disinnescò l'allarme e si voltò verso di lui. «Si accomodi.»
Dylan non capiva. Si aspettava che da un momento all'altro sbucasse fuori uno dei suoi fratelli e gridasse allo scherzo, in realtà non accadde nulla di tutto ciò. Osservò Faith che posava la borsa sul bancone e accendeva le luci. Scuotendo il capo,