Fidati, amore mio!: Harmony Collezione
By Sara Craven
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Sara Craven
E' nata nel Devon ed è cresciuta in mezzo ai libri, in una casa nei pressi del mare. Ora vive nel Somerset.
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Fidati, amore mio! - Sara Craven
successivo.
1
Era il momento della giornata che Adrien amava di più: le ore quiete del primo mattino, quando la casa era a sua completa disposizione. Prima che arrivassero gli imbianchini e i falegnami, pronti a riprendere il lavoro di restauro Che doveva riportare Wildhurst Grange allo splendore di una volta.
Le piaceva muoversi da una stanza all'altra, aprire le imposte per far filtrare il pallido sole di fine estate. E intanto immaginarsi il momento in cui lei e Piers avrebbero vissuto lì, e lei non sarebbe stata più solo l'architetto, ma la padrona di casa. E la moglie di Piers.
Il solo pensiero la lasciava quasi senza respiro come se facesse fatica a credere alla sua fortuna.
Eppure esisteva una meravigliosa simmetria in tutto ciò. Nel modo in cui si erano incontrati a Wildhurst tanti anni prima, quando lui le era venuto in aiuto in un momento di difficoltà, e poi il modo in cui la casa li aveva nuovamente riuniti, quando Piers aveva ereditato quella proprietà trascurata dallo zio, Angus Stretton, e aveva avuto bisogno di un architetto che lo aiutasse a progettarne il restauro.
Il suo solo rimpianto era che Piers non fosse lì a osservarne la rinascita: era in Portogallo per lavoro.
«Dispiace anche a me, cara» aveva mormorato stringendola a sé, «Grange non sarà un'impresa da poco, e io devo essere sicuro che non siamo costretti a fare economia. Voglio che tu abbia tutto.»
«Potremmo cominciare per gradi, sistemando solo le stanze che useremo» aveva protestato Adrien.
Piers non aveva voluto però sentirne parlare.
Gli scriveva ogni settimana, inviandogli un conciso rapporto sull'andamento dei lavori, incluse le tabelle dei colori e i campioni dei tessuti, mentre lui le telefonava e le inviava e-mail. Ma non era come averlo lì.
«Una volta che l'attività sarà avviata, non ti lascerò più, te lo prometto» le aveva sussurrato. «Pensa solo a quale vetrina sarà Grange per i tuoi talenti.»
Adrien aveva riso, ma nell'intimo era determinata a fare di Grange in primo luogo la loro casa.
Del resto, prima di incontrare di nuovo Piers, e di innamorarsi, facendosi coinvolgere nel progetto di ristrutturazione, aveva già un'attività avviata.
Era una società che aveva creato, come designer, insieme a Zelda March, una ragazza del luogo.
Da quando aveva aperto i battenti, la A-Z Design non era mai rimasta senza lavoro. Anche se, doveva ammetterlo, non era quello che aveva in mente al termine dei suoi studi. Tornare nella cittadina dove era cresciuta non faceva parte dei suoi piani. Ma la morte improvvisa di sua madre tre anni addietro l'aveva portata a riconsiderare il suo futuro.
Era stata costretta ad affrontare il fatto di essere sola al mondo, ma aveva anche ereditato il Listow Cottage, e un po' di denaro, che le aveva permesso una certa indipendenza. La sua vita poteva ancora cambiare, e lo aveva capito quando al funerale aveva incontrato Zelda.
Era passato molto tempo dall'ultima volta che si erano viste. Avevano frequentato la stessa scuola per un anno, ma non avevano fatto lo stesso percorso. Zelda era stata la ribelle, sempre nei guai con le autorità a causa del fumo, dell'alcol e dei ragazzi. L'ultimo anno aveva invece sorpreso tutti vincendo il premio di economia domestica grazie a una culla per bambini, che aveva ornato con una bellissima trapunta ricamata.
Prima dei diciassette anni era stata messa incinta da un meccanico della zona, e al loro affrettato matrimonio aveva fatto seguito un divorzio anche più veloce.
Adrien si era sorpresa di vederla in chiesa e, di impulso, l'aveva invitata a tornare con lei al cottage.
«Lo consideravo il mondo di tua madre» le aveva confidato Zelda. «Solo due mesi fa ho fatto queste fodere e queste tendine per lei.»
In apparenza, Zelda non sembrava molto cambiata. I capelli neri erano ancora vistosi, come anche l'orecchino al naso. Ma mentre parlavano Adrien aveva percepito una nuova, tranquilla maturità in lei.
«Lavori per conto tuo?» le aveva domandato.
«Mi piacerebbe» aveva risposto Zelda scuotendo la testa. «Mi occupo degli ordini dei clienti di Beasley and Co. a Enderton, ma la paga è una miseria. Ho cercato di fare del lavoro a casa, ma sono tornata a vivere con mamma, papà e i ragazzi, e non c'è spazio. Neanche per Smudge.»
«Smudge?»
«È così che chiamo mio figlio. Il suo vero nome è Kevin, come suo padre, ma non mi piace ricordarlo.»
«Mi sembra un peccato che tu non possa lavorare per conto tuo. Sei veramente brava.»
«Non c'è possibilità» aveva replicato Zelda. «Papà dà fuori di testa quando vede la macchina da cucire. Non è neanche troppo contento di avere Smudge tra i piedi così cerco di non agitare le acque.»
Era stato solo un breve scambio di parole, ma era rimasto impresso nella mente di Adrien.
Nei giorni che erano seguiti aveva iniziato a elabora re un piano. Senza dubbio c'era una lacuna nel mercato: quella di Beasley non era una vera concorrenza, e non c'era nessun altro nel raggio di diverse miglia che potesse offrire un servizio completo di arredamento per interni. Poteva contattare tutti i veri artigiani della zona per usarli come subappaltatori, e con Zelda a occuparsi di tendaggi, cuscini e simili...
Per i locali poi, c'era il cottage. Non era grande, e aveva bisogno di essere rimesso a nuovo, ma intorno al cortile posteriore c'erano vecchie scuderie e altri annessi, inutilizzati da anni e pronti per essere trasformati. C'era spazio sufficiente per dei laboratori, un ufficio e un appartamento indipendente.
«Stai parlando sul serio?» aveva chiesto Zelda quando Adrien le aveva esposto il suo progetto. «Veramente sul serio? Perché sembra troppo bello per essere vero.»
«Puoi giurarci» l'aveva rassicurata Adrien. «E l'appartamento avrà due camere da letto, così ci sarà spazio per te e Smudge.»
«Un posto tutto per noi» aveva mormorato Zelda. «Mi sembra di sognare. Continuo ad aspettare che qualcuno mi dia un pizzicotto e mi svegli.»
Non tutto fu semplice. I costi furono molto più elevati della stima fatta. Adrien dovette accendere una seconda ipoteca sul cottage e prendere un prestito in banca, mentre Zelda insistette nel contribuire con la piccola somma che aveva ricevuto dall'ex marito.
La fiducia nelle loro possibilità sembrò però fondata: le richieste erano arrivate fin dal primo giorno. Ben presto si erano trasferite in locali più grandi, dando lavoro anche a manodopera esterna.
«Forse non avremmo dovuto ridimensionare gli spazi» aveva scherzato Adrien. «Avremmo dovuto pensare a espanderci, e presentare un'offerta per Grange.»
«Se non fosse che Grange non è in vendita» aveva notato Zelda. «Che peccato una casa bella come quella, completamente vuota.»
«Già. Quando ero piccola avevo l'abitudine di andarci spesso, mentre mio padre giocava a scacchi con il signor Stretton. Leggevo libri nella libreria, giocavo in giardino.»
«Tutta sola?»
«Non sempre. Qualche volta c'era Piers, il nipote del signor Stretton. Sua madre aveva un marito che il signor Stretton disapprovava, un brasiliano credo; litigarono a morte. Ma suppongo che Stretton dovesse accettare il fatto che Piers sarebbe stato il suo erede» aveva aggiunto Adrien accigliandosi. «I miei genitori dicevano che lo odiava. Lo chiamava un gran brutto soggetto.»
«Parenti...» Zelda aveva arricciato il naso. «Pensi che il signor Stretton tornerà mai?»
«Ne dubito. Si è trasferito in Spagna per il clima, e sembra non volersi muovere da lì» aveva sospirato Adrien. «Non potevo crederci. Grange era stata della sua famiglia per anni. Perché non darla a Piers?»
«Forse ha pensato che anche lui fosse un cattivo soggetto.»
«No. È una delle persone più gentili che io abbia mai incontrato. Mi ha salvato dalla polmonite, o ipotermia, o peggio...»
«Come?» chiese Zelda appoggiando il catalogo.
«C'era una casa su un albero sul retro della casa» aveva iniziato Adrien. «Una volta, quando avevo nove anni, mi sono arrampicata e sono rimasta bloccata, lui mi ha trovato. Ma io ero rimasta lì per ore, ero gelata e stavo male per lo spavento. Ancora oggi quando salgo su una scala mi prende la disperazione... Ma non è tutto» aveva continuato. «Per i miei diciotto anni, il signor Stretton diede una festa a Grange, e mi regalò un ciondolo di granati, molto antico. Durante la festa venne rubato, e Piers lo ritrovò. Fu dolce e comprensivo.»
«Bene, un urrà per Piers, l'eroe del giorno!» aveva commentato Zelda. «Che cosa ne fu di lui?»
«Poco dopo il signor Stretton chiuse la casa e se ne andò a vivere in Spagna. Immagino che Piers sia tornato in Brasile.»
«Peccato. A proposito, chi aveva preso il pendente?»
«Uno dei domestici» aveva tagliato corto Adrien. «Nessuno di importante.»
Piers deve avere trentadue anni ora, si ritrovò a pensare. Come l'altro. L'unico di cui non avrebbe pronunciato il nome. Quello che le aveva causato tutti quegli incubi. Bene, tutto ciò faceva parte del passato, e il passato non poteva ferirla. Con fermezza richiuse il portone della memoria, rimpiangendo di aver permesso che si aprisse, anche se in maniera parziale.
Solo dieci giorni dopo era giunta la notizia che Angus Stretton era morto nella sua villa in Spagna, e che sarebbe stato cremato laggiù. Il vicario aveva ugualmente deciso di tenere una messa in suffragio nella chiesa parrocchiale e, con sorpresa di Adrien, Piers era arrivato per prendervi parte.
In zona avevano pensato che, dopo aver compiuto il suo dovere, il nipote avrebbe semplicemente messo la proprietà in vendita, proseguendo altrove la sua vita.
Come ci sbagliavamo, pensò Adrien sorridendo.
Aprì la porta ed entrò nella camera da letto principale. Era una stanza ampia, con porte che davano sul guardaroba e sul bagno, entrambi completamente rifatti.
Non c'erano ancora mobili nella stanza, che odorava di pittura fresca. Il pavimento era stato smerigliato e pulito, e poi coperto da un tappeto verde scuro di forma quadrata.
Adrien non poté fare a meno di augurarsi che Piers avesse tenuto qualche mobile dello zio. Molti erano antichi, e secondo lei di valore, e si intonavano con gli ambienti.
Ma lui insisteva per fare tabula rasa. E lei aveva trovato il letto. Lo aveva scovato in una svendita di paese: era un vero letto a baldacchino, che aveva certo bisogno di un gran lavoro di restauro, ma era riuscita ad accaparrarselo a poco prezzo e lo aveva portato a Fred Derwent, un artigiano specializzato.
Zelda poi aveva trovato alcune stoffe favolose, dal motivo stilizzato in blu, verde e oro, con cui stava creando le tendine per il letto e le finestre.
Tra tre mesi, pensò, dormirò in quel letto con Piers.
Sorrise dolcemente tra sé. Quella mattina avrebbe indossato soltanto il peignoir in seta color avorio che aveva comprato durante il suo ultimo viaggio a Londra, invece dell'accappatoio di spugna che aveva adesso, e che sicuramente aveva visto giorni migliori.
I suoi capelli le avrebbero formato una morbida cascata sulle spalle, invece di essere raccolti nell'abituale chignon.
Sarebbe poi andata verso il letto per destare Piers con un bacio. E lui l'avrebbe attirata di nuovo nel cerchio protettivo delle sue braccia.
Per il momento era solo una fantasia, ma molto presto sarebbe stata realtà.
Si diresse verso la finestra e lì si bloccò portando la mano alla bocca.
Un uomo si trovava al centro della distesa d'erba, e guardava verso la casa. Un uomo vestito completamente di nero, con un soprabito appoggiato sulle spalle come un mantello. La foschia mattutina gli avvolgeva le gambe, dandogli un'aria di irrealtà, come se provenisse da un'altra epoca, vittima di un gorgo temporale.
Era così immobile che per un attimo lei dubitò fosse umano: come una statua che