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Presa nella rete (eLit): eLit
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About this ebook

New York Confidential 1
Anche il crimine perfetto ha i suoi difetti!

Kieran Finnegan è una psicologa criminale ma il suo passato non è limpido come vorrebbe far credere, perché la sua famiglia, che gestisce un pub a Manhattan, ha avuto in passato alcuni guai con la legge e ha rischiato di trascinarla in affari poco chiari. Lei cerca di mantenere una rigida disciplina ma spesso è costretta a venire in soccorso dei fratelli poco accorti. Ed è proprio ciò che le succede quando si trova implicata nell'affare dei diamanti, una serie di furti che coinvolgono diverse gioiellerie di New York e che sembrano coinvolgere anche il pub di famiglia. Kieran, che sta seguendo le indagini con l'agente dell'FBI Craig Frasier, dovrà dare diverse spiegazioni, e non solo legate al caso. Una attrazione tanto intensa quanto poco opportuna attira infatti i due l'uno verso l'altra, e non è qualcosa che possano ignorare a lungo.
ROMANZO INEDITO
LanguageItaliano
Release dateAug 31, 2018
ISBN9788858989678
Presa nella rete (eLit): eLit
Author

Heather Graham

New York Times and USA Today bestselling author Heather Graham has written more than a hundred novels. She's a winner of the RWA's Lifetime Achievement Award, and the Thriller Writers' Silver Bullet. She is an active member of International Thriller Writers and Mystery Writers of America. For more information, check out her websites: TheOriginalHeatherGraham.com, eHeatherGraham.com, and HeatherGraham.tv. You can also find Heather on Facebook.

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    Presa nella rete (eLit) - Heather Graham

    1

    «Sto bene, davvero. Però devo dirti quello che ho fatto. Ovviamente lo meritava» disse Julie Benton al telefono.

    «Che cos'hai fatto?» le chiese Kieran Finnegan. Fino ad allora l'aveva ascoltata distrattamente. Il penoso racconto di Julie andava avanti da parecchio, ormai.

    Kieran asciugò il bancone del bar, con un occhio al panno e l'altro ai clienti del pub.

    Fortunatamente poteva tranquillamente lavorare e allo stesso tempo ascoltare, nonostante l'oggetto del veleno che stava sputando Julie, cioè il suo quasi ex marito, Gary Benton, fosse uno dei pochi avventori del Finnegan, il pub di famiglia sulla Broadway, uno dei più vecchi in centro città.

    Julie fece una risatina. «Comunque se l'è meritata» insistette.

    Kieran non ne dubitava, tuttavia avrebbe preferito non avere davanti a sé Gary mentre parlava con Julie.

    Non le dava fastidio pulire al pub, in cui si sentiva come a casa. Era un bel locale antico, con pannelli di legno intagliato, vari tavoli e séparé, e un bancone classico con una fila di birre alla spina e una nutrita collezione di marche di whisky irlandesi. Dietro al bancone erano appese varie fotografie del locale scattate nel corso degli anni. C'era anche un'accogliente sala per mangiare, arredata nello stesso stile con i rivestimenti di legno dagli intagli elaborati.

    Il pub non era particolarmente affollato perché era un momento morto del giorno, quello tra il pranzo e l'ora dell'happy hour.

    A un'estremità del bancone c'era Bobby O'Leary; nonostante fosse un ex alcolizzato ormai sobrio da tanto tempo, era ancora uno dei clienti più affezionati e il Finnegan era il fulcro della sua vita sociale.

    Kieran aveva servito a Bobby la sua solita acqua tonica con una fettina di limone, e in quel momento era impegnato nella lettura del Times.

    Nel locale indugiavano due gruppi di manager e impiegati che avevano fatto una lunga pausa pranzo. Ce n'erano tre seduti a un tavolo, e quattro a un altro, tra cui Gary. Ufficialmente il Finnegan non era neppure aperto ancora, perché l'orario di chiusura era tra le tre e le quattro e trenta, almeno secondo il cartello appeso alla porta, ma la clientela era composta principalmente da amici e habitué, che sapevano di potersi presentare a qualsiasi ora ed essere serviti con un sorriso. I due gruppi avevano già pagato il conto ma si erano trattenuti a bere il caffè. Prima di mettersi a pulire, Kieran aveva riempito le tazze di tutti per la seconda volta, evitando di cedere all'impulso di versare il caffè bollente addosso a Gary.

    Era mentre era impegnata a pulire che l'aveva chiamata Julie. Kieran aveva evitato di dirle che c'era il suo quasi ex marito; francamente era stupita che si fosse presentato. Non era certo il benvenuto. Però era con un cliente di vecchia data, Jimmy McManus, un imprenditore che aveva fatto fortuna in qualsiasi attività avesse avviato, dagli spazzoloni per pavimenti al cibo per cani di marca, per non parlare degli affari nel mercato di Wall Street. Jimmy era un tipo in gamba, con una folta criniera di capelli bianchi e il sorriso smagliante; aveva un fisico tonico e in forma malgrado avesse un debole per la birra scura. Con lui e Gary c'erano due uomini che sembravano amici dell'imprenditore. Kieran si era trattenuta a stento dal marciare verso il tavolo per agguantare Gary per il bavero della giacca e buttarlo in strada. Finché non era andata a riempire le tazze di caffè non si era avvicinata, il tavolo era stato servito da Mary Kathleen, la cameriera assunta di recente nonché grande amore di Declan, il fratello di Kieran. Però Mary Kathleen aveva smontato alle tre, perciò Kieran era stata costretta a subentrarle.

    Kieran aveva già visto al pub i due uomini in compagnia di Jimmy ma non sapeva chi fossero. Uno era bruno e l'altro biondo, con la carnagione chiara. Erano cordiali e educati, indossavano eleganti completi da uomini d'affari, come buona parte dei clienti del pub che lavoravano nelle vicine aziende e banche di Wall Street.

    Di sicuro sembravano tutti più ricchi di Gary Benton. Forse stava cercando di capire come riuscire a entrare a far parte della loro cerchia.

    Evitando accuratamente di guardare in direzione del tavolo, Kieran terminò le pulizie e i preparativi per l'ora dell'aperitivo mentre continuava ad ascoltare Julie. Quell'incombenza non era affatto facile, e non solo perché Julie e Gary stavano affrontando la triste fine del loro matrimonio.

    Era stato Gary a volere il divorzio. Kieran sapeva che a volte le cose non funzionavano e basta. Era sempre difficoltoso e stressante, ma in quel caso il modo in cui Gary aveva trattato Julie le era parso volutamente insensibile.

    Julie aveva bisogno di una spalla amica e Kieran si sentiva in dovere di darle il suo sostegno.

    Non guardare in direzione di Gary, ascolta Julie da brava amica, si disse. E pulisci senza rovesciare nulla in testa a lui.

    Non le importava se Gary non avesse più messo piede nel pub, ma non voleva fare brutta impressione a Jimmy e agli altri due. Non lavorava lì a tempo pieno ma il Finnegan era l'attività di famiglia ed era importante sia per lei sia per i suoi tre fratelli.

    Il loro era un autentico pub irlandese. Il nonno l'aveva acquistato da un cugino quando era emigrato negli Stati Uniti dopo la seconda guerra mondiale. Non solo avevano un'ampia scelta di marche di birra e liquori pregiati, ma offrivano anche un bel menù di piatti tipici da pub. I clienti venivano a mangiare e bere, ma anche per incontrare gli amici e fare nuove conoscenze. A volte, nei momenti tranquilli come quello, Kieran non doveva fare altro che aspettare l'arrivo dei camerieri o di un altro membro della famiglia, oppure dell'attuale gestore, che in quel caso era il fratello maggiore, Declan.

    Benché non fosse più il suo lavoro principale, Kieran dava sempre volentieri una mano. Ora si occupava di psicologia criminale, ma non collaborava con i dottori Fuller e Miro da abbastanza tempo per poter condurre una seduta di psicoterapia al telefono con Julie, nonostante considerasse quel momento di crisi dell'amica come un problema grave che avrebbe potuto portarla ad avere delle serie ripercussioni psichiche. Fortunatamente aveva il giorno libero, perché la dottoressa Miro era a un convegno e il dottor Fuller aveva preso un giorno di ferie e aveva ordinato di fare altrettanto al personale, cioè a Kieran e all'aitante e giovane segretario, Jake Johnston.

    «Ero calma, te lo giuro» stava dicendo Julie. «Calma e lucida.»

    Bene, pensò Kieran. Julie doveva sforzarsi di restare calma. Da quando Gary si era messo d'impegno a rovinare il loro matrimonio, Julie era passata dalle violente sfuriate al pianto incontrollabile. Kieran non poteva biasimarla. Gary aveva fatto di tutto per ferirla. Aveva portato a casa la sua nuova donna, aveva fatto l'amore con lei nel letto coniugale e, chissà come, la ragazza aveva lasciato le mutandine lì, accidentalmente. Gary aveva svuotato i conti congiunti e, cosa più crudele di tutte, aveva detto a Julie che non la considerava più attraente dal punto di vista sessuale. Ancora peggio, sosteneva di trovarla ripugnante.

    «E tu che cos'hai fatto?» azzardò circospetta.

    Julie fece un'altra risatina. «Sarai lieta di sapere che non gli ho sparato.»

    «Sono molto lieta. Allora, che hai fatto invece di ucciderlo?»

    «È peggio quello che ha fatto lui» insistette Julie. «Io sono andata a stare dai miei e gli ho lasciato la casa. Afferma di non sopportare di vivere con me, ma non vuole che me ne vada, a quanto pare. Mi ha chiamata per ordinarmi di tornare a casa a dare da mangiare ai miei cani. Non li aveva neanche fatti uscire dalle gabbie! Stavano morendo di fame ed erano in mezzo ai loro bisogni!»

    Kieran lanciò un'occhiata al tavolo di Gary. Si stavano alzando tutti come se stessero per uscire. Ne fu sollevata, perché almeno non avrebbe avuto la tentazione di prenderlo a pugni.

    Lo seguì con lo sguardo mentre usciva. Era un bell'uomo ma non le era mai stato particolarmente simpatico. Aveva qualcosa di subdolo. Il suo sorriso seducente e untuoso le dava l'impressione che stesse escogitando qualcosa di losco. Vendeva gioielli e pietre preziose in un negozio di lusso e aveva spesso detto a Julie che doveva per forza offrire la cena a qualche donna o uscire a bere con una cliente facoltosa, per assicurarsi una grossa vendita.

    Viscido verme.

    Kieran e i suoi fratelli lo tolleravano per un solo motivo, perché volevano bene a Julie che era una cara amica d'infanzia.

    Ma aveva lasciato i cani chiusi nelle gabbie?

    «È terribile. Dovresti denunciarlo alla polizia, oppure andare via di casa. Ti ho detto più volte di venire a stare da me.»

    «Come entriamo io e i cani nel tuo appartamento?» obiettò Julie.

    L'amica aveva ragione. L'appartamento di Kieran a St. Marks Place era un buco. Però non le importava di stare stretti perché non tollerava i maltrattamenti degli animali, e avrebbe ospitato volentieri Julie e i suoi due cani.

    «Ce la caveremo in qualche maniera» la rassicurò. «In ogni caso se Gary si comporta così male devi andare via di casa. Inoltre credo veramente che dovresti rivolgerti alla polizia. La legge tutela gli animali contro simili abusi.»

    «Non voglio coinvolgere la polizia.»

    Kieran fece una smorfia. Neanche lei era entusiasta di avere a che fare con la polizia, anche se nel suo nuovo lavoro avrebbe dovuto collaborare spesso con gli agenti. Anche se il fratello maggiore, Declan, era diventato un cittadino rispettabile, gli altri due – il suo gemello Kevin e il minore, Daniel, che aveva un anno meno di loro – avevano ancora degli amici in varie bande di quartiere. Cercavano di rigare dritto, ma era facile ricadere nelle vecchie abitudini. Anche Kieran aveva avuto dei momenti difficili da adolescente. Tuttavia, come Declan, aveva capito che frequentare persone dalla dubbia legalità avrebbe potuto comportare grossi rischi per il suo futuro, perciò si era iscritta all'università laureandosi in criminologia, poi si era specializzata in psicologia criminale. Per certi versi con la sua scelta voleva fare ammenda per il proprio passato... e farla pagare a chi lo meritava.

    Non avevano mai fatto niente di eccessivamente grave. Declan aveva fatto delle consegne particolari per il clan McNamara, una famiglia irlandese che si opponeva alla banda dei Garcia. Ma dopo la morte del padre aveva deciso di prendere le redini della loro famiglia che sarebbe sopravvissuta e avrebbe prosperato a New York. Kevin aveva frequentato gli O'Malley, un branco di teppisti abbastanza innocui. Danny invece era entrato a far parte di un'altra banda, i Lupi, che s'ispirava alla serie TV Dexter, ma senza uccidere nessuno. I membri della gang rubavano ai ladri e s'inserivano nei loro computer. Danny aveva corso il rischio di finire nei guai solo quando era stato coinvolto in una rissa con altri hacker di una banda rivale nella biblioteca scolastica.

    Kieran ricordava i tempi in cui la vita era tranquilla e normale, nonostante avessero perso la madre da ragazzi. Poi era morto anche il padre, quasi dieci anni addietro. A quel tempo Declan era all'università e aveva sentito sulle spalle il peso della responsabilità nei confronti dei fratelli e delle tradizioni dei Finnegan. Era da allora che aveva rigato dritto; Kieran l'aveva imitato, nonostante non avesse fatto mai niente di più grave di qualche furtarello e qualche bravata come hacker, e si era diplomata con il massimo dei voti. Declan aveva spiegato chiaramente ai fratelli minori che non avrebbe tollerato alcuna intemperanza, così si erano resi conto che nessuno avrebbe pagato loro la cauzione se fossero stati arrestati, e si erano sforzati di fare i bravi ragazzi. Non avevano mai sgarrato, almeno per quello che sapeva Kieran. Ma il vero problema di Kevin e Declan era che tendevano fare giustizia a modo loro, anche quando la legge chiudeva un occhio.

    «Ci sei, Kieran?» le chiese Julie al cellulare.

    «Sì, sì, e voglio sentire la fine della storia.»

    Julie fece una risatina sommessa. «Ah, e sarà spettacolare, te l'assicuro!»

    Kieran cominciò a provare una certa inquietudine. «Che cos'hai fatto, Julie?»

    «Ti ho detto che la ragazza con cui se la spassava quel porco aveva lasciato il perizoma a letto? Nel mio letto?»

    «Sì, ed è terribile. Ma che cos'hai fatto?»

    «Ho superato la fase del pianto. Te lo dico perché non vorrei che pensassi che io abbia commesso qualche imprudenza perché piangevo isterica o ero fuori di me per il dolore.»

    Sentendo quelle parole, la reazione di Kieran si trasformò da semplice disagio in una vera preoccupazione. Alzò lo sguardo e si sforzò di sorridere a Bobby, gli riempì il bicchiere e chiese a Julie di aspettare un attimo.

    Smise di fare qualsiasi cosa per concentrarsi sulla telefonata. Si diresse verso l'estremità del bancone per allontanarsi da orecchie indiscrete e vi si appoggiò. «Che cos'hai fatto?» ripeté.

    «Veramente sono stata molto civile. Il suo capo ha chiamato a casa per chiedermi se sapessi dove fosse e gli ho risposto che non ne avevo idea. Poi sono andata a prendere caffè e ciambelle e ho portato tutto al negozio.»

    Fino a quel momento non c'era niente di strano. Per il lavoro di Gary, era importante mantenere buoni rapporti con i clienti e i collaboratori, perché le somme spese dai clienti e le commissioni ai dipendenti erano così alte che cooperare rendeva bene, letteralmente. Dopotutto, era meglio dividere i guadagni che non ricavare nulla. Julie era simpatica ad amici e colleghi di Gary. Gli dava una mano fingendosi interessata a un gioiello quando un possibile acquirente lo stava esaminando. Recitando la sua parte, con il passare del tempo aveva imparato a valutare la qualità dei diamanti.

    Però Julie non era andata in negozio per gentilezza, Kieran ne era sicura. «E poi che cos'hai fatto?»

    «Ho distribuito caffè e ciambelle, ho chiesto scusa per il fatto che Gary non si fosse presentato e ho spiegato che, per sapere dove fosse, avrebbero dovuto trovare la donna con cui andava a letto. Per ultimo ho visto il suo capo e gli ho chiesto di tenere da parte una ciambella glassata in modo che Gary avesse avuto un buco in cui mettere l'uccello se la sua nuova fiamma l'avesse piantato in asso.»

    «Tutto qui?»

    Julie fece una risatina. «Oh, no. La mia intenzione è di fargli veramente male.»

    «E allora?»

    «Be', erano tutti imbarazzati e contriti, hanno detto quanto fossero dispiaciuti e io ho risposto che era finita e che, per quanto mi fossero simpatici, non sarei più andata in negozio per fingermi una potenziale cliente.»

    «E poi basta?»

    «Quasi... Devi capire, non mi sono comportata male, ero calma e sorridente. Voglio solo mettermi alle spalle questa storia, Kieran.»

    «Brava. Devi voltare pagina e ricominciare da capo.»

    «Ricordi che non volevo neanche sposarmi subito, vero?»

    «Sì, ricordo.»

    «Volevo andare in California per la specializzazione, temporeggiare, ma lui mi ha messo fretta e mi ha convinta a sposarlo.»

    «Commettiamo tutti degli errori, Julie. Ma, tornando a quello che hai fatto...» Kieran esitò. «Sei uscita dal negozio e questo è tutto?»

    «Veramente...»

    «Dio, Julie! Se avessi voluto fargliela pagare, avresti potuto chiamare la protezione animali o la polizia! Avrebbero sicuramente preso provvedimenti per quello che aveva fatto ai cani. Forse sarebbe stato licenziato e comunque avrebbe avuto problemi.»

    «Fidati, avrà già abbastanza problemi.»

    «Perché?»

    «Perché in negozio si scoprirà che è sparito il diamante Capelleti, e Gary è stato l'ultimo a maneggiarlo.»

    Kieran ebbe un tuffo al cuore. «No, non dirmi che... L'hai fatto? Hai rubato il diamante? Dimmi di no, ti prego. Hai commesso un furto?»

    «No, non essere assurda.»

    «Grazie a Dio» mormorò Kieran.

    «Non sono brava in queste cose. Non cercherei mai di rubare qualcosa. Ho solo incastrato Gary, per assicurarmi che il suo capo e i colleghi sapessero che aveva un motivo per rubarlo, perché ha una nuova fidanzata e un divorzio che gli costerà parecchio.»

    «Arriva al punto!»

    «Be', il punto è che... ho chiesto a tuo fratello di prendere il diamante per me. Non conosco molte persone in quel campo, ma ammetto che Daniel sia il ladro migliore che abbia mai conosciuto... oltre te, ovviamente.»

    Craig Frasier si diresse verso l'ufficio del vicedirettore Richard Eagan e s'imbatté in Mike Dalton, che arrivava dalla direzione opposta.

    Mike gli sorrise. «Sono tornato!» esclamò tutto contento.

    «Mi fa piacere.» Craig ricambiò il suo sorriso. «Come va il posteriore?»

    Mike scosse le spalle con noncuranza. «Bene, ma non fare battute o te ne pentirai, ragazzo.»

    Erano in coppia da cinque anni e, a trentaquattro anni, Craig non si considerava più un ragazzo. Ma lui e Mike non erano solo colleghi, erano anche amici. Ora ci scherzavano, stavano inseguendo un indiziato per l'omicidio di un politico sulle montagne Pocono quando Mike era stato ferito. Si era messo al riparo per evitare una pallottola sparata dalla Beretta dell'indiziato che avrebbe dovuto essere disarmato, ed era stato colpito alla natica sinistra mentre si tuffava a terra. Craig aveva arrestato l'uomo che aveva dato informazioni sui complici e il crimine era stato risolto. Era stato un successo per la loro unità, ma Mike aveva trascorso diversi giorni in ospedale e poi un mese a casa in convalescenza.

    Mike aveva informato Craig che era stato il suo gluteo muscoloso a salvare la situazione, ma era comunque una ferita imbarazzante, che aveva portato con sé un'infinità di battute scherzose da parte dei colleghi. Ovviamente, anche se lo prendevano in giro, erano tutti contenti che l'agente se la fosse cavata relativamente con poco e sarebbe guarito presto.

    «È bello riaverti al lavoro» disse Craig con sincerità.

    In assenza del collega era stato messo in coppia con Marty Salinger, un vero nerd imbranato, attentissimo a rispettare il protocollo alla lettera. Craig era irritato ogni volta che Marty insisteva per chiamare rinforzi anche se avevano poco tempo o si rifiutava di prendere un'iniziativa senza un permesso esplicito.

    Craig nella sua carriera aveva dovuto affrontare delle situazioni critiche in cui rispettare le regole sarebbe stato deleterio. Aveva lavorato sotto copertura per la Narcotici, e più di una volta la sua prontezza di riflessi e la rapidità di azione avevano salvato la vita a lui e agli altri.

    Marty avrebbe imparato a essere più flessibile con un po' di esperienza sul campo. A volte era importante attenersi al protocollo, ma in altre occasioni un bravo agente doveva prendere decisioni fulminee.

    Craig aveva imparato molto da Mike, che era in servizio da vent'anni ed era esperto e deciso. Era più basso di lui ma era snello e teneva molto alla forma fisica. Mike e Craig passavano ore ad allenarsi, correvano insieme e partecipavano a varie attività sportive, oltre a esercitarsi regolarmente al poligono di tiro. Bisognava essere bravi con un'arma in pugno quando si lavorava sul campo.

    Nel corso degli anni a Mike erano stati proposti diversi incarichi d'ufficio ma non aveva mai voluto restare incollato alla scrivania. Aveva detto a Craig che prima o poi avrebbe dovuto rassegnarsi, ma che per ora voleva addestrarlo a dovere, e non era del tutto una battuta.

    Quel ricordo gli fece venire in mente Marty. Un giorno sarebbe diventato un bravo agente, ma Craig non voleva restare bloccato a istruirlo. Preferiva avere al suo fianco Mike; temeva sempre di vedere il giovane controllare il manuale prima di partecipare a una sparatoria.

    Fortunatamente era andato tutto bene nelle settimane in cui Mike era stato in congedo per malattia. A Craig e al pivello era stato assegnato l'incarico di sgominare una banda e, grazie alle informazioni attendibili ricevute, avevano fatto diversi arresti senza versare una sola goccia di sangue.

    Portata a termine la missione, e con il ritorno di Mike, i due amici erano stati convocati dal vicedirettore.

    «Sai di che si tratta?» chiese Craig a Mike.

    «Non ne ho idea. Siamo a New York, dopotutto, potrebbe essere qualsiasi cosa.»

    L'ufficio di New York dell'FBI era il più grande degli Stati Uniti e, considerata l'ampiezza della popolazione, quasi tutti gli agenti erano assegnati alla città e dintorni, anche se alcuni si occupavano di casi in tutto il paese. Tuttavia, dopo l'11 settembre, nell'ufficio di New York c'erano delle sezioni speciali che trattavano un po' di tutto, dalle frodi all'evasione fiscale, dal crimine organizzato alle bande di quartiere, da rapimenti e omicidi al terrorismo. Le varie unità collaboravano per valutare un caso e decidere il migliore approccio strategico secondo la situazione. Dopotutto, come si diceva spesso, Al Capone non era stato inchiodato con una sparatoria ma grazie all'intuizione geniale di un contabile.

    All'interno delle varie sezioni c'erano alcuni agenti che si erano guadagnati un posto nella task force speciale di Eagan, tra cui Craig e Mike, perciò una visita al vicedirettore era sempre interessante. Non sapevano mai quale missione sarebbe stata assegnata loro, tranne che probabilmente avrebbero collaborato con un altro ente di polizia.

    «Vi sta aspettando» disse loro la segretaria.

    Craig tenne aperta la porta per far passare Mike. «Dopo di te, amico mio. Prima gli anziani e gli invalidi.»

    «Direi che, piuttosto, la maturità e l'esperienza hanno la precedenza» ribatté Mike. «Ma non fa niente, entra prima tu.»

    «No, non vorrei mai che, se entrassi per ultimo, la porta ti sbattesse sulle chiappe.»

    «Questo è un colpo basso» protestò Mike.

    «Be', sì, le chiappe si trovano laggiù» sogghignò Craig.

    «Me la sono cercata» borbottò Mike passando.

    Eagan era davanti alla finestra. «Sedetevi» disse, girandosi verso i due. «I fascicoli sono davanti a voi sulla scrivania.»

    Eagan era alto e snello, nonostante avesse passato i cinquanta. Si allenava per tenersi in forma con la stessa disciplina che seguiva in ufficio. Era una brava persona, ma aveva avuto sei mogli, nessuna delle quali era durata più di un anno perché neanche una aveva compreso e accettato la sua dedizione al lavoro.

    Craig lo sapeva perché le ultime due avevano pianto sulla sua spalla. Marleen, la numero sei, l'aveva avvertito: «Non fare mai come lui, Craig. Quando troverai la donna giusta, cerca un equilibrio tra il lavoro e la vita privata. Sostenevo Richard nel suo impegno nel salvare il mondo, ma non mi ero resa conto che non voleva salvare anche se stesso».

    Craig era certo che Marleen fosse sinceramente preoccupata per lui. Aveva avuto troppe avventure brevi che duravano solo finché il lavoro non lo impegnava notte e giorno. In verità, aveva i suoi motivi per non volere una relazione stabile. Aveva cominciato a spiegarglielo, ma poi si era fermato.

    Non ci sono donne come quella che ho perso.

    Si sedette e Mike lo imitò, poi presero i fascicoli e li esaminarono rapidamente.

    «Rapine nelle gioiellerie?» disse Mike. «Ne ho sentito parlare al telegiornale, ma...»

    «Ci sono novità» lo interruppe Eagan. «Due furti negli ultimi due giorni, e ora anche due morti.»

    Craig lo guardò sorpreso. La polizia di New York si era occupata del recente aumento dei furti nei negozi di preziosi. Nelle ultime settimane ce n'erano stati cinque, nei cinque distretti della città, perciò erano di competenza della polizia. Nonostante i due omicidi, gli sembrava che dovesse essere la polizia a occuparsene.

    «Adesso hanno cominciato a uccidere? Non ne hanno parlato in TV» disse Mike.

    «Non è ancora di dominio pubblico. Fra un'ora terrò una conferenza stampa insieme al capo della polizia e al sindaco. Abbiamo aspettato che vengano informati i parenti dei defunti e, ovviamente, prima vogliamo coordinarci.»

    «In quel vogliamo rientriamo anche noi?»

    «Sì, perché ora ci sono state due rapine anche nel New Jersey. Voi sarete a capo dell'operazione, ma non sarete gli unici agenti speciali coinvolti. Saranno allertati tutti i poliziotti di New York e della zona interstatale. Le ultime due rapine sono avvenute proprio dall'altra parte del ponte di Jersey City. L'anziano proprietario di un negozio stava aggiornando la contabilità una sera tardi ed è stato ucciso.»

    «Ha detto che gli omicidi sono stati due?» chiese Craig, sfogliando il fascicolo.

    Eagan annuì. «C'è stato un morto anche nella rapina successiva. In negozio c'erano il responsabile notturno e una donna delle pulizie che è stata sequestrata e uccisa nel vicolo dietro il negozio.»

    «E il responsabile? Perché è stato lasciato in vita? Ha visto qualcosa?» chiese Craig.

    «Era in un ufficio sul retro. Quando è uscito, i rapinatori hanno preso la donna come scudo umano e l'hanno trascinata via. Gli hanno sparato ma l'hanno mancato e sembra che fossero troppo di fretta per riprovarci.»

    «C'era la videosorveglianza?» chiese Mike.

    «Sì, ma i rapinatori avevano il cappuccio in testa e il passamontagna.»

    «Siamo sicuri che questi ladri siano gli stessi che hanno colpito le gioiellerie di New York?» chiese Craig.

    «Stesse modalità. Fanno irruzione dopo l'orario di chiusura e portano i guanti per non lasciare impronte. Da tutte le telecamere a circuito chiuso si vede che i rapinatori indossavano cappucci e passamontagna.»

    «Ma non è più lo stesso modus operandi» obiettò Craig.

    «In che senso?»

    «Che è cambiato, è più violento. Cinque rapine senza vittime, e ora due morti. Mi sembra strano che siano diventati improvvisamente degli assassini.»

    «Forse hanno ceduto al panico per qualche motivo» azzardò Mike.

    «Oppure sono degli emuli che

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