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Gioco di potere
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Gioco di potere

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Maya Connor è piuttosto imbarazzata quando, la mattina dopo una notte di eccessi e di vodka, ricorda di aver concluso la serata con un travolgente bacio a un uomo sexy e... completamente sconosciuto! Lei non ha idea che l'affascinante straniero sia in realtà il magnate e imprenditore alberghiero Jamie Sellers. E che presto lavorerà per lui...



Dopo una vita dedicata alla sua professione e tutti i sacrifici fatti per essere presa sul serio nel proprio settore, Maya non lascerà che niente e nessuno ostacoli la sua ambizione! Ma lavorare gomito a gomito con Jamie non è affatto facile, dal momento che l'attrazione che avevano condiviso quella notte sembra sempre sul punto di esplodere. Forse andare a letto col capo potrebbe sembrare la realizzazione di una fantasia, ma potrebbe anche significare la fine di tutti i suoi sogni.
LanguageItaliano
Release dateJan 19, 2018
ISBN9788858976401
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    Gioco di potere - J. margot Critch

    successivo.

    1

    Non dovrei essere qua, rimuginò Maya. No, non dovrei proprio essere qua. I cubetti di ghiaccio nel bicchiere tintinnarono quando si portò alla bocca il drink a base di vodka e mirtilli e ne bevve un sorso. Il ritmo assordante della musica e dozzine di corpi sudati pulsarono intorno a lei, mentre a passo veloce attraversava la pista da ballo e raggiungeva il divanetto dove l'aspettava Abby, la sua migliore amica e coinquilina. Sentendo avvicinarsi un forte mal di testa, Maya posò il bicchiere sul tavolino e si portò una mano alla tempia.

    «Potresti fare almeno finta di divertirti?» Abby si sporse in avanti e le urlò nell'orecchio per farsi sentire al di sopra della musica. «Siamo nel locale più trendy di Montreal, siamo strafighe e tonnellate di uomini ci stanno mangiando con gli occhi.» Per sottolineare le sue parole, indicò un gruppo di ragazzi a un tavolo vicino che guardavano verso di loro.

    «Scusa» gridò Maya in risposta. Avrebbe voluto davvero tornarsene a casa, ma non voleva rovinare la serata all'amica. Quest'ultima aveva sudato le proverbiali sette camicie per farla uscire. A casa, Maya aveva buttato via più di un'ora nel tentativo di arricciarsi i capelli e ottenere un effetto naturale che non lasciasse supporre l'impegno alle spalle. E, dopo avere caricato più e più volte il video di YouTube per cercare di realizzare un trucco elegante e sensuale, aveva deciso che era tutta fatica sprecata; stava per infilarsi la tuta e buttarsi sul divano, quando Abby era piombata nella sua stanza con in mano un tubino nero che sosteneva fosse perfetto per l'amica.

    «Maya, ogni maschio in quel locale ti sbaverà dietro» le aveva assicurato Abby.

    «Fantastico» aveva replicato Maya, tutt'altro che entusiasta.

    Ma doveva ammettere che, grazie ai consigli di Abby e al suo aiuto per l'abbigliamento, il trucco e l'acconciatura, quella sera non era davvero niente male.

    «Mi sta scoppiando un gran mal di testa. Dovrei proprio andarmene a casa. Gli esami si avvicinano. E domani abbiamo quella conferenza alle otto...» Maya si aggrappava a ogni scusa pur di non restare allo Swerve Nightclub.

    «Mio Dio, ma sei diventata agorafobica!» esclamò Abby disperata.

    «Non sono agorafobica. Sono semplicemente introversa, e adesso è molto di moda.» È carino essere introversi, pensò sulla difensiva non osando esternare il proprio pensiero all'amica. La rete abbondava di articoli a riguardo. È bello essere un po' misteriosi. E chi è più misterioso di una che non esce mai da casa?

    «Comunque sia, tu non vai da nessuna parte!» Abby tirò Maya per il polso finché non si fu avvicinata a lei. «E non ti preoccupare per la conferenza di domattina. Il relatore è stato invitato dal professor C., quindi sarà un suo vecchio e barboso collega. Spegneranno le luci e potremo farci una bella dormita.»

    Maya aprì la bocca per protestare, ma Abby la fulminò con lo sguardo, mentre si passava le dita nella corta zazzera bionda. «Siamo qui per divertirci. Negli ultimi cinque anni ti ho guardata chiuderti in camera, ibernarti in biblioteca senza mai sollevare gli occhi dai libri. Tra due settimane ci laureiamo...» allungò una mano per prendere quella di Maya, «... e voglio vedere che ti comporti come la creatura meravigliosa, esotica e vivace quale sei, prima che le nostre strade si dividano e che diventiamo due vecchie streghe.» Abby bevve un lungo sorso di birra. «Questa è la nostra ultima occasione per fare le pazze e magari anche le irresponsabili. Insomma, per divertirci. Ti prego...»

    Maya scoppiò a ridere. «Ehi, sembra che tu stia parlando a una che non sa spassarsela. Ma io so bene come si fa.»

    Abby inarcò un sopracciglio, per niente convinta. «Starsene il venerdì sera rinchiusa in casa a vedere una serie televisiva dopo l'altra non è il genere di divertimento ambito da una venticinquenne single. Soprattutto se è una bella ragazza come te. Da quanto tempo non fai sesso?»

    Maya restò a bocca aperta. «Che cosa?»

    Abby la guardò con un sorrisetto diabolico. «Lo sapevo» commentò. «E da quanto tempo non vieni baciata?» Maya restò in silenzio. «Da quanto tempo non esci con un uomo?»

    Maya sospirò. Abby aveva ragione. Era una vita che non aveva un appuntamento, non andava in discoteca o si concentrava su qualcos'altro che non fosse lo studio. Ma ormai era così vicina alla meta... Aveva trascorso ogni singolo istante degli ultimi cinque anni a lavorare per raggiungere il suo obiettivo, ottenere la laurea in Business Administration. Da anni sognava di poter entrare nel settore alberghiero, di poter giungere alla gestione di un albergo a cinque stelle. Magari su una spiaggia. Il suo sogno era Miami, o le Bahamas, o qualsiasi altra località esotica dei Caraibi. E ormai era a un passo da quella vita.

    Abby continuò a parlare, determinata come sempre a ottenere ciò che voleva. «Faremo presto parte dell'industria dell'ospitalità. Per raggiungere il successo e sbaragliare la concorrenza dobbiamo monitorare le mode. E per farlo, mia cara, dobbiamo visitare anche i locali notturni e divertirci! Provare nuovi drink, potenziare le nostre capacità relazionali, socializzare e imparare a parlare con la gente per scoprire ciò che piace o meno. Riuscire a percepire ciò che fa tendenza e ciò che è da sfigati. E questo posto, ascoltami bene, è molto fico. Non vuoi raggiungere la vetta, Maya?» Abby terminò con un sorriso, palesemente orgogliosa di se stessa per avere trasformato una serata di svago in una sorta di necessità per il loro futuro, ben sapendo che Maya avrebbe reagito in modo positivo.

    E a dire la verità, quella era la sua unica speranza per riuscire a tenerla in quel posto.

    Maya ricambiò il sorriso. Voleva davvero bene ad Abby, anche se a volte avrebbe voluto strozzarla. «Sei diabolica» disse ridendo. Ancora una volta, l'amica aveva ragione. Maya sospirò e, portatosi alle labbra il bicchiere, buttò giù una lunga sorsata, quasi a volersi fare coraggio. Quando il bicchiere fu vuoto, lo sbatté sul tavolino. «Okay. Hai vinto. Divertiamoci.» Poi tacque e fissò Abby con espressione interrogativa. «Ma come?»

    «Per prima cosa ci facciamo un altro drink.» Abby si alzò e recuperò il bicchiere vuoto di Maya e la sua bottiglia, altrettanto vuota. «Questo primo giro è durato troppo poco.»

    Mentre Abby si allontanava, Maya estrasse il cellulare per controllare le e-mail e, non essendoci nuovi messaggi, passò a Facebook. Sfogliò le foto postate da alcuni amici, ragazzi e ragazze della sua età immortalati in discoteca o a feste private. Gente che in qualche modo riusciva a destreggiarsi tra gli studi e la vita sociale. Continuò a fare scorrere le pagine e vide altri conoscenti seduti nei bar e ristoranti, impegnati a giocare a paintball, a tennis, a divertirsi nei modi più strani.

    Aprì la pagina del suo profilo. Non c'era nemmeno una foto.

    Che Abby avesse ragione? Si era lasciata scivolare via tra le dita gli anni più spensierati della sua vita senza provare niente di eccitante?

    Maya, hai venticinque anni. Non sei mai andata a fare il bagno nuda nel parco e non hai mai bevuto una bottiglia di vino in riva all'oceano.

    Guardò disgustata il suo patetico profilo e storse la bocca in una smorfia. Basta, Maya. A costo di restarci secca, questa sera ti devi divertire.

    «Sei stata veloce» commentò quando Abby tornò un attimo dopo con i due drink.

    «Lo so, ma c'è il trucco. Prima mi ero già lavorata il barista, quello carino. E adesso, non appena mi ha vista, mi ha fatto saltare la fila e mi ha servita subito.»

    «È orribile. Ma bella mossa.» Maya sollevò il bicchiere e Abby avvicinò la sua bottiglia di birra per un brindisi. «Allora, che cosa facciamo?» domandò infine.

    Abby si mordicchiò le labbra, concentrata. Maya la guardò scrutare il locale, in cerca di ispirazione. «Un giro di obbligo o verità, ti va?»

    «Che cosa?» esclamò Maya. «Non abbiamo dodici anni. Non ho nessuna intenzione di dirti chi mi piace.» Ridacchiò divertita. A quanto pareva la vodka cominciava a fare effetto.

    «Va bene. Allora facciamo solo obbligo?»

    «Mhm... Abby, non so» esitò Maya.

    «Hai detto che volevi divertirti» insistette Abby. «Forza, farò tutto quello che vuoi.»

    «Grazie, per te è facile. Tu non ti vergogni di niente» affermò Maya posando una mano sul braccio dell'amica.

    Quest'ultima scoppiò a ridere. «Vero.» Continuò a lasciare vagare lo sguardo per il locale. «Ah, ce l'ho.»

    «Che cosa?»

    Abby puntò un dito verso il bar. O meglio, verso un figo spaziale in piedi accanto al bancone, impegnato a chiacchierare con il barista. «Lo vedi quello?»

    Pensi sia cieca? Scommetto che non c'è una donna qua dentro che non l'abbia notato. «Sì, certo.»

    Abby si stampò in viso un sorriso malizioso e lo rivolse a Maya. «Bene. Perché adesso andrai da lui, gli metterai le braccia al collo e lo bacerai come se non avessi mai baciato un uomo in tutta la tua vita.»

    «Scordatelo» fu la pronta risposta di Maya.

    «Non fare la codarda. Cos'hai da perdere?»

    «Il mio orgoglio, la mia dignità...» La voce di Maya si spense. Guardò quell'uomo. Sembrava il classico tipo che aveva raggiunto il nightclub dopo avere finito di lavorare. Indossava pantaloni sartoriali che gli disegnavano un sedere strepitoso. Si era slacciato i primi due bottoni della camicia e aveva arrotolato le maniche. Lo osservò ridere quando il barista gli disse qualcosa. Che cosa potrebbe mai succedermi se adesso andassi da lui e lo baciassi? In una città così grande non lo rivedrò mai più.

    Ripensò al suo profilo su Facebook, triste, noioso, privo di vita, e infine sbatté nuovamente il bicchiere sul tavolo, rovesciando parte del drink anche sulle dita. Che diamine! Abby aveva ragione. Da quanto tempo faceva solo quello che ci si aspettava da lei? «Okay.» Guardò l'uomo con espressione decisa. «Lo faccio.»

    «Sì!» Abby sollevò le braccia in segno di giubilo, mentre Maya lasciava il tavolo.

    Jamie Sellers lasciò vagare uno sguardo soddisfatto nel locale affollato. Se c'era una persona da ringraziare per la popolarità del Swerve, era lui. Infatti, era il proprietario di tutti i dodici Swerve Nightclub sparsi per il paese, da Vancouver a St. John. I suoi locali erano frequentati da celebrità e atleti professionisti, e persino qualche testa coronata vi si faceva vedere di tanto in tanto. E molto spesso le sue foto comparivano su blog di gossip accanto a loro, con titoli quali Jamie Sellers conquista una principessa, Sellers e la duchessa, e ancora Il magnate proprietario di nightclub festeggia con la squadra di hockey.

    Scosse la testa, ridacchiando per l'ultimo pettegolezzo che lo voleva impegnato con la figlia di un politico di spicco.

    Era giovane, single e bello. Ed era tutto ciò che la gente vedeva quando lo guardava. Bastava che venisse immortalato accanto a una bella ragazza che automaticamente quest'ultima diventava la sua nuova fiamma. Se fosse andato davvero a letto con tutte le donne che la stampa gli aveva affibbiato... be', di certo non avrebbe avuto il tempo per diventare il magnate dei nightclub, come lo avevano soprannominato. Per quanto sarebbe stato piacevole trovarsi spesso nel letto di attrici ed esponenti dell'alta società, la verità, ahimè, era tutt'altra.

    Compariva una sua foto con in mano una bottiglia di birra o un bicchiere di whiskey? Il giorno dopo veniva descritto come un alcolizzato, un tossicodipendente, un degenerato che ogni notte animava i festini più folli.

    Inizialmente aveva riso per le stupidaggini che i giornalisti riuscivano a scrivere, ma adesso cominciava a non poterne più. Le quindici ore al giorno che solitamente dedicava al lavoro iniziavano a farsi sentire, e le giornate erano diventate ancora più lunghe e faticose da quando il suo assistente si era licenziato. Ormai trovava a stento il tempo per mangiare, farsi una doccia, infilarsi in palestra e dormire almeno qualche ora.

    Certo, dieci anni prima quella reputazione sarebbe stata giustificata. Jamie era cresciuto senza possedere niente e il primo assaggio di successo era stato dolce. Allora aveva sicuramente esagerato con l'alcol, le donne, le stravaganze. Ma era stato quello stronzo di un giornalista, John Power, la miccia che aveva acceso il suo cambio di vita. Power aveva pubblicato la foto di Jamie insieme a una modella in un momento, ehm, intimo e aveva cominciato a scavare nella sua vita, scoprendone le pessime abitudini. Aveva reso pubblici i dettagli dell'infanzia tutt'altro che idilliaca di Jamie, segnata dall'assenza del padre e da una madre tossicodipendente, un passato che fino ad allora lui aveva protetto gelosamente. Dire che era stato imbarazzante era poco.

    Jamie era diventato carne da macello per il giornalista, che aveva raggiunto la notorietà raccogliendo informazioni su di lui.

    Da allora, aveva deciso di cambiare vita. Non si lasciava più andare agli stravizi. Non partecipava più alle feste. Pensava solo agli affari e a raccogliere i frutti delle sue fatiche. Tuttavia, per quanti nightclub aprisse, per quanto denaro devolvesse in beneficenza o per quanto il suo nome comparisse nell'elenco dei più noti imprenditori del Canada, la gente continuava a vederlo solo come il playboy viziato e milionario.

    «Non male per un giovedì» commentò, sorseggiando una coca-cola e rivolgendosi a Trevor, uno dei suoi migliori amici e sicuramente il miglior barista che avesse mai avuto.

    Trevor terminò di preparare due Martini e li porse a una cameriera. «Sì, deve essere la temperatura mite. Di solito a fine semestre gli studenti spariscono, chini sui libri. Ma questa sera il locale esplode» disse, lanciando un'occhiata di apprezzamento alle ragazze che affollavano la pista da ballo.

    «Ricordati che sei qui per lavorare, Trev» lo ammonì Jamie prima di scoppiare a ridere. Sapeva che non aveva motivo di preoccuparsi di Trevor, che era un vero professionista e che, oltre a rifiutarsi di servire altri drink a chi ne aveva già buttati giù a sufficienza, non avrebbe mai sfruttato la sua posizione per approfittare delle ragazze che frequentavano il locale. Ma ciò non gli impediva di ammirare la bellezza intorno a lui.

    Jamie soffocò uno sbadiglio e Trevor lo osservò con attenzione. «Perché non vai a casa? Ci penso io qua.»

    «Lo so. Ma ho ancora un paio di cose da finire. Da quando Martin se n'è andato, è un delirio.» Jamie aggrottò la fronte ripensando al suo ex assistente. «Domattina ho un paio di riunioni e poi dovrò andare all'università a tenere una lezione sull'imprenditorialità, il business dell'ospitalità, dell'intrattenimento eccetera, eccetera.»

    «Davvero? Non è da te fare una cosa simile» commentò Trevor inarcando un sopracciglio. «C'è di mezzo una professoressa giovane e strafiga?»

    Jamie scosse la testa. «Niente del genere. Mi ha invitato il professor Carmichael.»

    «Ah.»

    «Glielo devo. È il minimo che possa fare per lui.»

    «Certo, capisco» annuì Trevor. «Il professor C. E così anche stanotte dormirai un paio di ore, se ti va bene.»

    «Dormirò quando sarò morto.» Jamie bevve un altro sorso di coca e si girò per scrutare il locale.

    Era sempre un piacere vederlo pieno zeppo, e ultimamente accadeva sempre più spesso. Tutti i suoi club stavano superando le più rosee aspettative. Ma il suo cervello era sempre al lavoro, ben sapendo che doveva offrire sempre qualcosa di nuovo se voleva che i clienti ritornassero. Ogni volta che si guardava intorno, scopriva settori in

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