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Un desiderio da esplorare: Harmony Destiny
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Un desiderio da esplorare: Harmony Destiny
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Un desiderio da esplorare: Harmony Destiny

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About this ebook

Quando un uomo d'affari come Adam Quinn si ritrova tutore del nipotino ha una sola possibilità: cercare rinforzi! Adam chiede aiuto a Sienna West, ex moglie di suo fratello ed esperta fotografa, proponendole un accordo che lei non può rifiutare. Il problema è che Sienna è sempre stata attratta da Adam, lui non è mai stato insensibile alla sensualità di Sienna, e trovarsi a stretto contatto non fa che aumentare il reciproco desiderio. E quando si ritrovano a letto insieme, scoprono entrambi sensazioni mai provate prima...
La passione che li muove l'uno verso l'altra sarà abbastanza forte da contrastare il loro passato comune e l'opposizione della famiglia di lui?
LanguageItaliano
Release dateFeb 20, 2019
ISBN9788858994221
Un desiderio da esplorare: Harmony Destiny
Author

Maureen Child

Maureen Child ha al suo attivo più di novanta tra romanzi e racconti d'amore. È un'autrice molto amata non solo dal pubblico ma anche dalla critica, infatti è stata nominata per ben cinque volte come migliore autrice per il prestigioso premio Rita.

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    Un desiderio da esplorare - Maureen Child

    successivo.

    1

    «Cinquantamila dollari e il bambino è tuo.»

    Adam Quinn trattenne un moto di rabbia e osservò la sua avversaria. Kim Tressler era vicina ai trenta, con i capelli biondo platino dal taglio scalato che le sfioravano le guance. Indossava un aderentissimo tubino nero che lasciava ben poco all'immaginazione. Gli occhi azzurri, pesantemente truccati, erano fissi su di lui e la sua bocca era una sinistra lama rossa. Era in piedi, con il figlio appoggiato sul fianco.

    Volutamente, Adam cercò di non guardare il piccolo. Il figlio di suo fratello Devon ormai defunto. Doveva tenere lo sguardo fisso davanti a sé per trattare con quella donna, e non ci sarebbe riuscito se avesse osservato suo nipote.

    Adam era abituato ad affrontare ogni genere d'avversario. Possedere una delle più grandi imprese di costruzioni lo metteva in contatto con molte personalità diverse. E trovava sempre il modo di prevalere. Questa volta, però, non si trattava di affari. Era una questione personale.

    Il test del DNA sulla sua scrivania provava che Devon Quinn era il padre del bambino. Ma non era necessario: il piccolo era il ritratto del fratello.

    Adam non lo avrebbe mai lasciato alla madre.

    Accidenti, non le avrebbe affidato nemmeno un cane. Kim sembrava insensibile e venale. Suo fratello aveva sempre avuto pessimi gusti in fatto di donne.

    Con un'unica eccezione. L'ex moglie di Devon, Sienna West.

    Adam provò un'emozione che non voleva ammettere nemmeno con se stesso, poi scacciò ogni pensiero riguardante Sienna. Al momento doveva trattare con una donna ben diversa e aveva bisogno di concentrarsi.

    «Cinquantamila» ripeté, sollevando lentamente lo sguardo.

    «È una cifra ragionevole.» Kim diede un'incurante alzata di spalle, e quando il bambino cominciò a innervosirsi, prese a cullarlo furiosamente per cercare di calmarlo. Invece di badare al figlio, si guardò attorno.

    L'ufficio di Adam era enorme, con una massiccia scrivania di mogano. Ampie vetrate offrivano una vista spettacolare del Pacifico, dove surfisti e diportisti solcavano la superficie dell'oceano. Foto incorniciate di alcuni dei progetti più famosi della società erano allineate lungo le pareti grigie, e i pavimenti di legno erano ingentiliti da tappeti rosso rubino.

    Aveva faticato tanto per portare la società al livello che aveva raggiunto e non sopportava che lei si guardasse attorno come se su ogni oggetto brillasse il simbolo dei dollari.

    Quando il piccolo smise di piagnucolare, la donna riportò l'attenzione su Adam e disse: «Ascoltami. Questo è il figlio di Devon. Lui ha promesso di prendersi cura di me e del bambino. È lui che voleva un figlio. Adesso che è morto, è tutto finito. La mia carriera sta per decollare e io non ho tempo per badare a lui. Non lo voglio, questo bambino. Tuttavia, visto che è di Devon, immagino che lo vorrai tu».

    Una gatta randagia ha più istinto materno, si disse Adam, provando subito pena per quel piccino. Allo stesso tempo, non poté fare a meno di chiedersi che diavolo avesse trovato il fratello in quella donna. Anche considerando la superficialità di Devon, perché decidere di fare un figlio con una così chiaramente avida? Non le importava un accidente del piccolo... né di Devon.

    Devon aveva un sacco di difetti, ma per la miseria, meritava di meglio del trattamento ricevuto dalla sua ex amante.

    Era morto più di sei mesi prima in un terribile incidente in barca nel sud della Francia. Quella ferita era ancora piuttosto fresca. Quando Devon era morto, lui e Adam non si parlavano da un anno. E adesso non avrebbe più avuto modo di rimediare.

    «Ha un nome?» Visto che continuava a dire il bambino, Adam non si sarebbe meravigliato del contrario.

    «Certo. Si chiama Jack.»

    Come il loro padre. Adam non sapeva se commuoversi o infuriarsi. Devon aveva tagliato i ponti con la famiglia, e poi aveva deciso di chiamare il figlio mai conosciuto con quel nome.

    «Perché ci hai messo tanto prima di venire da me?» Adam si appoggiò allo schienale della sedia e iniziò a osservarla, continuando a ignorare il bambino.

    «Ho avuto da fare.» Si scostò i capelli dal viso e fece una smorfia quando il figlio la colpì sulla guancia con una manina. «Dopo tutto il clamore suscitato dalla morte di Devon, ho avuto un sacco di ingaggi in Francia.»

    Soldi guadagnati sulle ceneri di suo fratello.

    Kim stava sfruttando il fatto di essere stata l'ultima amante di Devon e chiaramente il bambino era un peso per lei. La rabbia gli ribolliva alla bocca dello stomaco e sapeva di non poter permettere che quella donna se ne accorgesse. Non aveva intenzione di darle un centesimo, ma non era il tipo da lasciare un bambino indifeso in balia di una persona tanto anaffettiva.

    Lei sospirò e prese a battere il piede sul pavimento di legno. «Hai intenzione di pagarmi o devo...»

    «Cosa?» Si alzò di colpo, piantò le mani sulla scrivania e la guardò dritto negli occhi. Moriva dalla voglia di smascherare il suo bluff. Ricordarle che era lui a comandare lì. Era stata lei a venire a cercarlo, non viceversa. Aveva il coltello dalla parte del manico e lo sapevano entrambi. «Cosa farai esattamente? Lo abbandonerai in un orfanotrofio? Cercherai di venderlo a qualcun altro?»

    Scintille le ardevano negli occhi, ma saggiamente continuò a tacere.

    «Sappiamo entrambi che non farai niente del genere. Soprattutto perché ti scatenerei contro i miei avvocati, e loro ti renderebbero le cose talmente difficili che saresti fortunata a comparire in uno spot di cibo per cani.»

    Kim lo guardò con odio e prese a respirare sempre più in fretta.

    «Vuoi dei soldi, e li avrai.» Non poteva sopportare il pensiero che quella donna toccasse il bambino un istante di più. Girò attorno alla scrivania, le prese il piccolo dalle braccia e lo tenne goffamente. Il bambino lo fissò con gli occhioni sgranati, come se stesse cercando di valutare se la cosa gli andasse a genio.

    Adam non poteva biasimarlo. Era stato trascinato in giro per il mondo, e poi scaricato a un estraneo. C'era da meravigliarsi che non stesse strillando come un ossesso. Accidenti, c'era da meravigliarsi che Adam non stesse urlando come un ossesso. Non era abituato a stare con i bambini. Per scelta.

    A quanto pare le cose stavano per cambiare.

    E in fretta.

    «Bene. Allora chiudiamo l'accordo e me ne vado.»

    Le rivolse un'occhiata glaciale, poi pigiò l'interfono sulla scrivania. Il suo assistente, Kevin, impiegò qualche secondo a rispondere, così immaginò che avesse origliato vicino alla porta. Senza dubbio, era già pronto a cacciare Kim Tressler.

    «Kevin» disse lui brusco. «Chiama l'ufficio legale. Ho bisogno che stilino un contratto.»

    «Lo faccio immediatamente.»

    «Un contratto?» Kim lo stava fissando con gli occhi spalancati.

    «Credi che ti darò cinquantamila dollari senza avere la certezza che è l'ultima volta che verrai a chiedermi dei soldi?»

    Adam conosceva quelle come lei. Prima della morte di Devon, aveva liquidato decine delle donne di cui il fratello si era stancato. Con l'eccezione di Sienna West. Quando lei e Devon avevano divorziato, Sienna aveva rifiutato qualunque accomodamento...

    «E se non firmo?» domandò Kim.

    «Oh, firmerai» ribatté Adam. «Desideri troppo questi soldi per rifiutare. E ti avviso subito: se cercherai di fare qualcosa – per esempio, rinegoziare l'accordo – chiederò la custodia esclusiva. E vincerò. Posso permettermi di tenerti in tribunale per anni. Chiaro?»

    La bocca di Kim si contrasse come se stesse trattenendo a fatica le parole. Alla fine, disse: «Chiaro».

    Non avrebbe osato sfidarlo.

    Adam guardò il piccolo che teneva in braccio e si chiese cos'avrebbe dovuto fare adesso. Non sapeva niente sui bambini. Non aveva nessun familiare cui rivolgersi per un aiuto. Suo padre era morto e sua madre viveva in Florida con il nuovo fidanzato... e comunque non aveva di certo l'istinto della nonna.

    Avrebbe dovuto assumere qualcuno. Una tata. Ma per il momento... Allungò una mano e premette di nuovo il tasto dell'interfono. «Kevin, ti dispiace venire un attimo qui?»

    Qualche secondo dopo, la porta dell'ufficio si aprì ed entrò Kevin Jameson. Alto, con i capelli castano chiaro e gli occhi azzurri della stessa tonalità della cravatta che indossava quel giorno, Kevin sostò abbastanza per rivolgere alla donna un'occhiataccia, poi si avvicinò ad Adam. «Di cosa hai bisogno?»

    Adam gli affibbiò il bambino all'istante e riuscì a trattenere un sospiro di sollievo. Se la situazione fosse stata diversa, si sarebbe messo a ridere per l'espressione di puro panico apparsa sul volto di Kevin, ma la sua non doveva essere stata molto diversa pochi minuti prima. «Occupati di lui mentre io e Kim vediamo di risolvere questa situazione.»

    «Io?» Kevin teneva il bambino come se fosse un candelotto di dinamite acceso.

    «Sì. Le sue cose sono in quella borsa» aggiunse Adam, poi fece cenno ai due uomini in completo scuro sulla soglia di entrare. «Grazie, Kev.»

    Lui e Kevin erano stati compagni di stanza al college, quindi lo conosceva abbastanza da sapere che più tardi lo avrebbe informato di non aver gradito la retrocessione al grado di babysitter.

    Con le porte chiuse, Adam guardò Kim e disse: «Le cose stanno così. Pagamento in unica soluzione e rinuncerai a ogni diritto genitoriale. Siamo intesi?».

    Non sembrava soddisfatta... probabilmente perché aveva immaginato di tornare a chiedere altri soldi ogni volta che voleva. Adam non era tanto stupido da permettere una cosa simile.

    «D'accordo.»

    Con un cenno d'assenso, Adam concluse: «Signori, mettete tutto nero su bianco. Voglio un documento che mi garantisca la custodia esclusiva del figlio di Devon. E voglio che sia incontestabile in qualunque tribunale.»

    Kim lo guardò in cagnesco. «Sul serio? Non ti fidi della mia parola?»

    «Stai vendendo tuo figlio» le ricordò Adam con voce tesa. «Perché mai dovrei fidarmi di te?»

    Un'ora più tardi, Kim Tressler se n'era andata e Kevin era di nuovo nell'ufficio di Adam, con i piedi appoggiati sul bordo della scrivania. «Te la farò pagare per avermi scaricato quel marmocchio.»

    «Immaginavo che lo avresti fatto» disse Adam, mettendo anche lui i piedi sulla scrivania. Si appoggiò allo schienale della sedia, bevette un sorso di caffè desiderando che fosse uno scotch. «Hai sentito tutto, no? Prima di venire a prendere il bambino, intendo.»

    «Eccome.» Kevin sorseggiò il proprio caffè. «Non appena l'ho vista entrare con quel bambino, ho capito che ci sarebbero stati problemi.» Scosse la testa. «Il piccolo è il ritratto del padre. Adam, sappiamo entrambi che Devon aveva un debole per le donne spregevoli, ma questa le batte tutte.»

    «Se ci fosse un premio per chi vende il proprio figlio, di sicuro sarebbe suo.»

    «Dio, è proprio in giornate come questa che sono felice di essere gay.»

    Adam rise, poi si bloccò. Si guardò attorno. «Dov'è il bambino?»

    Kevin appoggiò la testa allo schienale e chiuse gli occhi. «L'ho lasciato con Kara. Ha tre figli, e mi sono detto che l'esperienza deve pur contare qualcosa.»

    «Così non hai dovuto badare tu a lui.»

    Kevin aprì un occhio per guardare Adam. «Ho notato che nemmeno tu eri ansioso di spupazzartelo.»

    «Be', che cavolo ne so io di bambini?»

    «E credi che per magia io ne sappia qualcosa?» Kevin rabbrividì. «Kara si sta occupando di lui e ho mandato Teddy della contabilità a comprare pannolini e pappine

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