Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Al servizio della Corona
Al servizio della Corona
Al servizio della Corona
Ebook257 pages6 hours

Al servizio della Corona

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

Inghilterra, 1819

Quando Charlotte Gregory incontra il fratello del Duca di Winterbourne a casa dell'amica Ann, non riconosce l'uomo di cui è da sempre innamorata sua sorella Elizabeth. Gabriel Pearce, agente segreto della Corona, invece sa benissimo chi ha di fronte: lei è la misteriosa dama velata che lo ha stregato quattro mesi prima. Nonostante l'immediata attrazione che prova per Gabriel, Charlotte è comunque consapevole di avere il cuore impegnato. Il suo amato marito è infatti morto qualche anno prima e lei non è mai riuscita a dimenticarlo. Tuttavia, complice il maltempo che li obbliga a una convivenza forzata, Charlotte e Gabriel iniziano a lasciarsi andare, finché, in un'ultima, impetuosa notte, danno libero sfogo alla passione che li consuma. Ma quando lei scopre l'identità dell'uomo di cui si è innamorata, e il lavoro che svolge, capisce che per loro non esiste alcun futuro.
LanguageItaliano
Release dateFeb 20, 2019
ISBN9788858994313
Al servizio della Corona

Read more from Laurie Benson

Related to Al servizio della Corona

Related ebooks

Historical Romance For You

View More

Related articles

Related categories

Reviews for Al servizio della Corona

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Al servizio della Corona - Laurie Benson

    successivo.

    1

    Mayfair, Londra, 1819

    Non era possibile fraintendere l'espressione ammiccante della vedova mentre studiava Lord Andrew Pearce al di là della bara del defunto marito.

    Con una manovra furtiva Andrew spostò la gamba e piantò il tacco degli stivali nel piede di suo fratello Gabriel, intenzionato a graffiare l'elegante pelle nera. Era quello che si meritava per averlo trascinato lì. Gabriel, con aria da vero duca, a parte serrare leggermente la mascella, non mostrò alcuna reazione.

    Era tutta colpa sua se Andrew si trovava in quella situazione. Essendo il maggiore, Gabriel aveva informato i fratelli che la famiglia aveva il dovere di porgere i propri rispetti, anche se tutti avevano odiato il defunto.

    Andava fatto. Era semplicemente doveroso.

    Andrew contava i minuti che mancavano alla fine.

    Trovarsi così vicino a un cadavere era già abbastanza difficile, risvegliava in lui ricordi che avrebbe preferito cancellare dalla mente. Se a ciò aggiungeva anche l'attenzione che la fresca vedova del dodicesimo Duca di Skeffington sembrava riservargli, la situazione diventava davvero intollerabile.

    Elizabeth, la fresca Duchessa di Skeffington, era più giovane di Andrew di soli due anni. Con la sua folta chioma corvina, i grandi occhi marroni e la figura aggraziata, era considerata da molti una vera bellezza. Tuttavia, Andrew non ne era attratto. Nemmeno la consapevolezza che era diventata una vedova molto facoltosa riusciva a renderla in alcun modo più attraente ai suoi occhi.

    Era una donna che sembrava ossessionata dal rango sociale e dal prestigio. In quanto fratello di un duca, Andrew aveva la sua buona dose di persone che gli avevano mostrato interesse solo per le amicizie su cui la sua famiglia poteva contare. Supponeva che il pregiudizio di Elizabeth – duchessa a tutti gli effetti – nei confronti degli esponenti dei ceti inferiori fosse una delle ragioni per cui era sempre apparsa interessata a lui. Non c'erano molte famiglie ducali in Gran Bretagna, dunque il suo ventaglio di scelte era limitato. A ogni modo, lui non desiderava una moglie.

    La duchessa si sistemò un ricciolo nero ribelle dietro l'orecchio e gli sorrise timidamente. Benché fosse ben consapevole che l'attenzione della donna era puntata su di lui dal loro ingresso nella stanza, suo fratello maggiore parve non accorgersene. Al contrario Monty, che come Gabriel stava di fianco ad Andrew, premette forte il ginocchio sulla sua gamba. Almeno uno dei suoi fratelli era consapevole della difficile situazione che stava vivendo.

    «Le nostre condoglianze, Elizabeth» pronunciò Gabriel nel brusio delle voci nella sala da ballo, oscurata per la veglia con teli neri attorno alle finestre.

    L'attenzione di lei alla fine si spostò da Andrew a Gabriel, al quale sorrise in modo educato. «Vi ringrazio per essere venuto a porgere i vostri rispetti. Non è un segreto che voi e Skeffington vi siete trovati su fronti opposti in molte occasioni, nel corso degli anni.»

    «È così. La notizia della sua morte è giunta del tutto inaspettata, sebbene fosse avanti con l'età. Aveva tenuto un discorso in Parlamento solo lunedì.»

    Monty piegò la testa per osservare il profilo femminile che si intravedeva dietro il velo. «Perdonatemi, Vostra Grazia, ma ignoro la causa della sua scomparsa. Soffriva forse di una qualche malattia?» domandò.

    «È morto soffocato da un osso di pollo durante la cena. I domestici non hanno potuto far niente per salvarlo.» La vedova aveva parlato con una tale calma che Andrew non poté fare a meno di chiedersi se lei avesse assistito personalmente a quello che doveva essere stato uno spettacolo spaventoso.

    Il suo cuore cominciò a battere più forte. Sapeva cosa significasse assistere alla morte di qualcuno. Istintivamente fece un passo indietro, allontanando lo sguardo dalla salma che aveva di fronte e provando a scacciare i ricordi dalla sua mente. Nel corso degli anni, era diventato abile nel tenerli sotto controllo, ma quella situazione li stava facendo riaffiorare tutti. Non sarei dovuto venire, si disse.

    Non appena si rese conto che Andrew era pronto a scappare dalla stanza, Gabriel mise fine alla conversazione e alla tortura del fratello. «Ebbene, sono sicuro che molti altri desiderano porgervi i loro rispetti. Non vi tratterremo oltre.»

    Andrew si sentiva sempre più a disagio nell'essere circondato da un'atmosfera così cupa. Vedendolo in procinto di raggiungere l'uscita insieme ai suoi fratelli, la duchessa fece un giro intorno alla bara e lo chiamò a bassa voce.

    Lui strinse gli occhi prima di girarsi ad affrontarla. «Sì, Vostra Grazia?»

    Lei abbozzò un sorriso, mentre iniziava ad arrossire. «Potete chiamarmi Elizabeth. Ci conosciamo da dodici anni.»

    «Non ho mai pensato che fossimo intimi a tal punto» ribatté lui. Era di primaria importanza che lo puntualizzasse, dato che non aveva alcuna intenzione di intrattenere rapporti confidenziali con la vedova di Skeffington.

    «Non c'è ragione per cui non possiamo esserlo adesso.» Le si leggeva un barlume di speranza negli occhi. Avrebbe dovuto fingere di non sentirla mentre lo chiamava, pensò Andrew.

    «Avete ricevuto l'invito al funerale?» Per fortuna la vedova aveva cambiato argomento, dopo che lui aveva rifiutato la sua proposta. «La funzione avrà luogo questa sera alle dieci, nella Cattedrale di St. Paul. Skeffington teneva alle tradizioni, e desiderava una sepoltura notturna.»

    Non c'era da stupirsi che a quell'uomo non importasse della sicurezza delle persone che avrebbero preso parte al suo funerale. A Londra, durante le esequie notturne, le carrozze venivano spesso rapinate mentre sostavano fuori dalle chiese. Andrew non capiva bene perché fosse stato invitato. Gabriel, in quanto Duca di Winterbourne, era perfettamente in grado di rappresentare l'intera famiglia. «L'ho ricevuto.»

    Le dita inguantate della mano destra di Elizabeth giocherellavano nervosamente con le perline nere del rosario. «So che non piaceva a molti, nel ton, ma sarebbe un disonore se fossero in pochi a pregare per la sua anima. Mi auguro che ci sarete.»

    Per fortuna, non era consuetudine che le signore del beau monde partecipassero alle cerimonie funebri, rifletté Andrew. In chiesa quindi sarebbe stato al riparo dalle sue attenzioni. «Ci sarò, insieme ai miei fratelli.»

    Lei abbassò la testa e sollevò lo sguardo. «Vi ringrazio per la visita» mormorò. «Immagino che ci rivedremo presto.»

    Doveva proprio rivolgersi a lui come se si trattasse di un incontro galante?, si stizzì Andrew. Era una veglia funebre, dopotutto. «Non troppo presto. Passerà un anno prima che ci rivedremo.» Era appena diventata vedova, il periodo di lutto l'avrebbe tenuta lontana da ogni evento a cui anche lui avrebbe potuto partecipare.

    «A differenza di Skeffington, io non sono così legata alle tradizioni» obiettò lei mordendosi il labbro.

    Andrew aveva l'impressione che le pareti della stanza si stessero chiudendo intorno a lui. Si sentiva come una preda braccata e avvertiva il bisogno di allontanarsi dalla duchessa e dalla salma di suo marito. «Ebbene, vi auguro una buona giornata.» Furono le uniche parole – per di più inappropriate – che riuscì a farfugliare prima di farsi largo tra la folla e uscire dalla sala.

    Era talmente assorto nella fuga che, quando girò l'angolo che portava all'atrio, urtò una donna tutta vestita di nero. Lei sussultò sotto il velo che le copriva il viso, ma riuscì a fermarlo con la mano inguantata giusto prima che lui le finisse addosso. Andrew venne raggiunto da un gradevole profumo floreale quando la piuma nera di struzzo del suo cappellino, piegandosi, gli sfiorò la fronte con un tocco leggero.

    Andrew indietreggiò e piegò la testa per porgerle delle scuse silenziose prima che entrambi andassero per la loro strada. Dopo qualche passo, però, qualcosa lo indusse a voltarsi e a seguire con gli occhi la camminata frettolosa della donna in direzione della sala da ballo. Forse era la consapevolezza di non essersi nemmeno preso il disturbo di guardare che aspetto avesse, o il fatto che lei sembrasse ansiosa di evitarlo. Non riusciva a immaginare che qualcuno fosse impaziente di vedere un cadavere.

    Quando raggiunse l'atrio, entrambi i suoi fratelli lo stavano aspettando accanto a una larga scalinata di marmo. Assomigliavano a due fermalibri coordinati, pensò, con i capelli castano chiaro, i lineamenti così simili, la giacca e i pantaloni neri. Avevano anche la stessa espressione divertita mentre guardavano Andrew avanzare verso di loro.

    Gabriel trattenne un sorriso mentre si sistemava i guanti. «Vedo che Elizabeth è riuscita a trovare un modo per scambiare qualche parola da sola con te. Stavamo per andare da White's, ma alla fine abbiamo deciso di aspettarti per vedere quanto ci avresti messo a liberarti.»

    Andrew sospirò infastidito e si sfregò il mento. «Se non foste andati via mentre mi stava chiamando, avrei potuto evitare del tutto quell'incontro.»

    «Ha chiamato te, non noi» precisò Monty con un sorrisetto compiaciuto. «Come avremmo potuto interferire tra te e una vedova addolorata? Posso chiederti cosa voleva, o corro il rischio che la mia fanciullesca innocenza venga turbata dalla tua risposta?»

    «Sei il figlio che nostra madre ama di meno. Me lo ha detto lei stessa molte volte» ribatté Andrew con il solo desiderio di vendicarsi. «Sua Grazia voleva sapere se questa sera andrò al funerale. Tutto qui.»

    «Non pensi che lei intenda partecipare, vero?» domandò Monty, sbigottito. «Ha mostrato parecchio interesse per te.»

    «Ha sempre avuto un debole per Andrew» sottolineò Gabriel indossando il cappello, «anche se proprio non riesco a capire perché. In ogni caso, dato che le gentildonne non partecipano ai funerali, credo proprio che nostro fratello non corra il rischio di rimanere intrappolato dietro una delle colonne di St. Paul, stasera. Anche se non posso negare che sarebbe stato uno spettacolo divertente.»

    Charlotte si stava affrettando a raggiungere la sala da ballo, sebbene Skeffington House fosse l'ultimo posto in cui avrebbe voluto essere, quando per poco non finì addosso a una montagna d'uomo. Non ebbe nemmeno la prontezza di guardarlo e scusarsi con lui. Quel piccolo incidente l'aveva lasciata ancora più turbata di quanto già non fosse, e il suo stomaco iniziò ad agitarsi come un uccello in gabbia. Quanto avrebbe voluto andarsene insieme a lui anziché entrare in quella stanza così piena di morte... e di persone che avrebbero fatto le loro condoglianze, anche se non a lei.

    Da quando Jonathan era morto, sentire simili parole di compassione le dava la nausea, perché le ricordavano quelle che lei stessa aveva udito per mesi, costretta a rivivere all'infinito il dolore della perdita.

    Per fortuna il suo stomaco era già tornato in sesto quando varcò la soglia della sala da ballo, allestita per un'elaborata veglia che ben si confaceva al più vecchio duca della Gran Bretagna. In fondo alla stanza c'era un catafalco su cui era stata adagiata la bara. Dal cornicione sovrastante, decorato con angeli dorati, tende nere ricadevano sui quattro angoli dell'impalcatura. Era senza dubbio una struttura maestosa, sebbene lei trovasse bizzarra la presenza degli angeli, conoscendo il temperamento e la natura poco generosa dell'uomo che giaceva sotto di loro.

    Superò alcuni gruppetti di persone, provando ad allontanarsi dal brusio delle loro voci. Il feretro del duca era a poche iarde da lei. Charlotte non aveva mai visto il corpo di suo marito. I resti di Jonathan erano sepolti in Belgio. L'unica prova della sua morte erano i resoconti degli altri ufficiali su quanto gli era accaduto e i pochi effetti personali che le avevano restituito. Allungò la mano verso il nastro nero che aveva al collo e strinse l'anello con il sigillo d'oro che il marito era solito portare e che adesso lei indossava come un ciondolo. L'unico motivo della sua presenza lì era che sua sorella aveva bisogno di lei.

    In piedi, a sinistra della bara, vide Lizzy che parlava con un gentiluomo ben vestito e dai capelli grigi. Come se avesse percepito la presenza della sorella maggiore, la duchessa sollevò lo sguardo e incontrò gli occhi di Charlotte. Si liberò dalla conversazione con garbo e si precipitò verso di lei.

    Quel gesto carico di urgenza fece sentire Charlotte ancora più in colpa per essere arrivata in ritardo. «Mi dispiace non essere arrivata prima, Lizzy» si scusò. «Comunque non dovevi interrompere la conversazione a causa mia. So quanto alla gente piaccia porgere le proprie condoglianze, in queste circostanze.»

    «Non è affatto un problema» ribatté Lizzy con un cenno frettoloso della mano. «Lord Liverpool ha la tendenza a divagare. Skeffington lo ha nominato esecutore testamentario del suo patrimonio. Il testamento esige che tutte le parti debbano essere presenti per poterlo leggere, e i tentativi di localizzare il suo erede hanno avuto scarso successo. Lord Liverpool mi stava mettendo al corrente dei dettagli. Non essere preoccupata, la dipartita di Skeffington mi lascerà in condizioni finanziarie molto confortevoli.»

    Prese la sorella per un braccio e la condusse a una finestra che dava su Green Park, poi la strinse in un abbraccio affettuoso. Dalla finestra entrava una piacevole brezza, e Charlotte inalò a fondo. Si sentiva soffocare, tra quelle mura.

    «È un tale sollievo averti qui, Charlotte» riprese Lizzy. «So che odi Londra, ma zia Clara e Juliet si trovano a Parigi. Non sarebbero mai arrivate in tempo e, anche se ci fossero riuscite, sei tu la persona di cui ho davvero bisogno. La zia non mi ha mai capito, e nostra sorella ha buone intenzioni, ma è ancora troppo giovane.» Le tre sorelle Sommersby erano sempre state unite, ma Lizzy e Charlotte erano particolarmente legate.

    «Juliet ha ventidue anni» le fece notare Charlotte. «Non è più così giovane.»

    «Sì, ma tu sai cosa significa essere vedova.»

    Charlotte cercò lo sguardo della sorella per tentare di capire come stesse affrontando la perdita. «Sono partita subito dopo aver ricevuto la tua lettera, ma abbiamo trovato una pioggia terribile che ha intralciato il viaggio.» Sospirò. «Sì, so quanto può essere dura. Come ti senti in questo momento?»

    Sua sorella fece un cenno con la mano, come a intendere che la perdita del marito non era poi così rilevante. E probabilmente lo pensava davvero. «Sollevata» rispose. Osservò il vestito nero di Charlotte e poi studiò il suo cappellino.

    In silenzio, Charlotte iniziò a contare entro quanti secondi Lizzy avrebbe espresso la propria opinione sulla sua mise. Si fermò a sette.

    «Mi piace il tuo cappellino» commentò infatti la sorella. «La piuma di struzzo gli dà un tocco di stile. È bello. Magari me ne farò confezionare uno. Non risale a quattro anni fa, vero?» Era evidente che apprezzare qualcosa che poteva non essere giudicata all'ultima moda la preoccupava.

    «Ho comprato il cappellino pochi mesi fa, e ho aggiunto la piuma prima di partire.»

    Un senso di sollievo illuminò l'espressione di Lizzy. «Sei diventata brava, con le decorazioni. Se avessi sposato un duca, come ho fatto io, e non un terzogenito, non avresti alcun bisogno di modificare cappellini e abiti, potresti comprartene di nuovi. Che ne pensi di questo vestito? È di Madame Bouvier. Non sono sicura delle balze sull'orlo, però.»

    «È adorabile, Lizzy. Forse ti piacerebbe prendere in prestito il mio fichu. Quell'abito sembra fatto apposta per indossarlo con uno di questi.»

    «Sciocchezze!» La sorella agitò una mano per liquidare la questione. «Adesso sono nella posizione di cercarmi un marito, non vedo perché dovrei nascondere gli attributi che Dio mi ha donato.»

    Charlotte sgranò gli occhi per lo stupore. «Perché tuo marito è laggiù, ed è appena morto.»

    «Appunto» convenne Lizzy. «Non può vedermi.»

    «Ma tutti gli altri sì.»

    «Se vuoi acciuffare un marito devi gettare l'esca.» Lizzy lanciò uno sguardo di disapprovazione al fichu di Charlotte. «Come vorrei che facessi sparire quel guardaroba da vedova! Sono anni che ti vedo vestita a lutto.»

    Nessuno può capire come ci si sente quando l'uomo che ami ti viene strappato via, rifletté Charlotte. Quando era arrivava la lettera che la informava che Jonathan era caduto con onore durante la battaglia di Waterloo, il dolore per averlo perso era più di quanto avesse mai pensato di riuscire a sopportare. Era un aiutante di campo, e un uomo in quella posizione non correva il rischio di morire. Un uomo in quella posizione avrebbe dovuto far ritorno dalla guerra e condurre una vita tranquilla insieme a lei. Altri uomini erano tornati, perché lui non c'era riuscito?

    «Per la centesima volta, ti ripeto che non mi sposerò, a meno che non diventi indigente e sia costretta a farlo» dichiarò quindi. «Una persona non può innamorarsi due volte in una vita e, se non è per amore, non c'è alcun motivo per sposarsi.»

    Nel momento in cui le parole le uscirono dalla bocca, desiderò non averle mai dette. Charlotte era stata fortunata ad avere avuto il permesso di sposare l'uomo che amava, perché la loro unione aveva cementato un'alleanza di vecchia data tra le rispettive famiglie. A Lizzy, invece, era stato ordinato di diventare la moglie di un uomo vecchio e altezzoso solo per il suo titolo. Non era necessario ricordarglielo.

    «Sei sempre stata una sentimentale!» ribatté la sorella. «Non tutti si sposano per amore, anzi. Comunque ti assicuro che la prossima volta che le mie pubblicazioni di matrimonio verranno lette in chiesa, le persone non mi guarderanno con compatimento.» Sorrise trionfante. «Nei loro occhi vedrò solo invidia, ci puoi giurare.»

    Charlotte inarcò un sopracciglio. «Come mai ho l'impressione che tu abbia già adocchiato l'uomo che ti piacerebbe avere per marito?»

    «Perché è così» confermò Lizzy sorridendo. «E a proposito, adesso devi andare al piano di sopra.» Quindi cominciò a sospingere Charlotte verso la porta.

    «Non ho bisogno di una pausa» le assicurò lei. «Violet sta già disfacendo le mie valigie. Voglio restare qui con te per affrontare tutto questo insieme, proprio come tu hai fatto con me. So quanto può essere doloroso.»

    «Charlotte, ti sembro addolorata?»

    «Non ho nemmeno porto i miei rispetti al duca!»

    «Ti posso garantire che non sentirà la tua mancanza. Ho bisogno che ti assicuri che Marie mi faccia trovare pronto un vestito per stasera. E, magari, potresti andare da Lock and Company e comprarmi un cappellino come il tuo. Oppure potresti prestarmelo direttamente. Oh, ti prego! Più lo guardo e più mi piace, e probabilmente in negozio non ne troverei uno uguale.»

    «Hai detto stasera?» si stupì Charlotte. «Dove vai, stasera?»

    «Al funerale.»

    Charlotte la fermò. C'erano delle regole e, in quanto sorella maggiore, le era toccato spesso di doverle rammentare a Lizzy. «Non puoi andarci» le sussurrò in tono severo. «È sconveniente.»

    «Sono una duchessa. Posso

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1