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Indagine ad alto rischio (eLit): eLit
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Indagine ad alto rischio (eLit): eLit

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About this ebook

New York Confidential 3



Kieran Finnegan viene suo malgrado coinvolta in un fatto poco chiaro – una donna le ha lasciato una neonata tra le braccia e poi è morta assassinata in una strada trafficata di Manhattan – e non può fingere che nulla sia accaduto. Decide di iniziare a indagare da sola e ben presto dalla pista che segue emerge il nome di un centro per persone in difficoltà, che visita e dove riceve le confidenze di due donne che ammettono di essere a conoscenza di un traffico di essere umani. Atterrita e preoccupata per l'enormità della scoperta, Kieran si fa aiutare dall'ormai inseparabile Craig e insieme si addentrano nel ventre di New York, fucina di segreti e malvagità, cercando di raccogliere maggiori informazioni. Ma qualcuno sembra intenzionato a non permettere che certe notizie vedano la superficie...
LanguageItaliano
Release dateDec 5, 2018
ISBN9788858995563
Indagine ad alto rischio (eLit): eLit
Author

Heather Graham

New York Times and USA Today bestselling author Heather Graham has written more than a hundred novels. She's a winner of the RWA's Lifetime Achievement Award, and the Thriller Writers' Silver Bullet. She is an active member of International Thriller Writers and Mystery Writers of America. For more information, check out her websites: TheOriginalHeatherGraham.com, eHeatherGraham.com, and HeatherGraham.tv. You can also find Heather on Facebook.

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    Book preview

    Indagine ad alto rischio (eLit) - Heather Graham

    Immagine di copertina:

    sj0509 / iStock / Getty Images Plus

    Titolo originale dell'edizione in lingua inglese:

    A Dangerous Game

    Mira Books

    © 2018 Heather Graham Pozzessere

    Traduzione di Elena Lombardi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2018 HarperCollins Italia S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-556-3

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall'editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile.

    Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l'alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell'editore e dell'autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell'editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l'opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    «Kieran? Kieran Finnegan, giusto?» chiese la donna.

    Era avvolta in un trench nero, un foulard dello stesso colore le nascondeva quasi completamente il viso e stringeva al petto un fagottino scuro come se fosse la cosa più preziosa al mondo.

    Kieran si chiese come avesse fatto a entrare; lo studio degli psichiatri Fuller e Miro era ormai chiuso, i dottori erano già usciti e anche lei era sul punto di andarsene. Jake, il receptionist, di solito chiudeva a chiave la porta di ingresso uscendo, ma a quanto pare stasera se ne era dimenticato. D'altra parte, magari Jake era già andato via quando l'ultimo paziente di Kieran era uscito poco prima. Ma sia che Jake se ne fosse già andato, sia che avesse dimenticato di chiudere a chiave, il fatto era che la porta era rimasta aperta.

    E così la donna si era avvicinata a Kieran.

    «Sono Kieran ma sono solo una terapista, non uno dei dottori, mi dispiace. In realtà lo studio è già chiuso per oggi. Dovrebbe tornare un'altra volta, i dottori sono bravissimi e sono certa che saranno lieti di aiutarla.»

    E senza dubbio la donna sembrava aver bisogno di aiuto. Aveva occhi enormi e scuri come i suoi vestiti e fissava Kieran con uno sguardo colmo di disperazione.

    «Va bene, vediamo cosa posso fare. Sembra sconvolta» disse alla fine, sentendosi un po' sciocca per aver affermato una tale banalità. «Posso portarla in ospedale. Posso chiamare i soccorsi...»

    «No. No.» All'improvviso la donna spinse con forza tra le braccia di Kieran il fagotto che teneva così stretto. «Tieni!»

    Kieran d'istinto lo prese. Un riflesso? Non sapeva bene perché.

    Il fagottino iniziò a piangere. E ad agitarsi. Ovviamente, perché nel fagotto c'era un neonato.

    «Signora, la prego... Ehi!» protestò Kieran.

    La donna stava già imboccando di corsa l'uscita. «Aspetti! Ehi!» gridò Kieran. Prese subito il telefono, nella speranza di riuscire a chiamare in tempo l'addetto alla sicurezza del palazzo.

    Ralph Miller rispose al telefono dell'atrio. «Ciao, bellezza. Che ci fai ancora al lavoro? Io ho ancora un paio d'ore, poi me ne vado. Ho sentito che i Danny Boys suonano al Finnegan stasera. È incredibile che tuo fratello sia riuscito a ingaggiarli. Pensavo che saresti uscita presto...»

    «Ralph, ascoltami, per favore! C'è una donna, era qui adesso ed è corsa via. Non farla uscire!»

    Il neonato piangeva a pieni polmoni.

    «Come?»

    «Una donna, vestita di nero...»

    «Di nero, sì. È appena uscita.»

    «Fermala... Prendila! Subito.»

    «Non ti sento, Kieran. C'è un bambino che piange. Un bambino! Di chi è?»

    «Ralph! Esci e ferma quella donna!»

    «Come?»

    «Devi fermare quella donna!»

    «Ah! Capito! Vado.»

    Riagganciò il telefono, poi chiamò il 911.

    Con ogni probabilità gli agenti non sarebbero arrivati in tempo, perché, per quanto facessero in fretta, la donna era già in fuga.

    Stava scappando per le strade brulicanti di New York, dove l'ora di punta era una fiumana di persone in cui sparire senza lasciare traccia. Ma Kieran spiegò comunque la situazione e dove si trovava. L'operatore fu efficiente; la polizia sarebbe arrivata a breve. E anche i servizi sociali.

    Ma era inutile. La donna sarebbe riuscita a scappare.

    Kieran cercò di abbracciare, cullare e calmare il neonato mentre chiamava Craig Frasier.

    Dato che viveva con un agente dell'FBI, le sembrò ovvio chiamarlo in quella situazione, soprattutto perché anche lui, come Ralph, avrebbe voluto sapere come mai stava lavorando fino a tardi quando i Danny Boys suonavano al Finnegan. Per lui era ancora una sera qualunque, anzi, un venerdì sera! Un bel venerdì sera tranquillo, che entrambi non vedevano l'ora di godersi, viste le loro professioni.

    «Ciao, Kieran» disse Craig. «Sei già al pub?»

    A quanto pare non era molto brava a cullare e parlare al telefono contemporaneamente. Il bebè piangeva ancora. A dirotto.

    «No, sono...»

    «Di chi è il bambino? Non sento niente!»

    «Sono ancora al lavoro. Puoi venire qui, subito, per favore?»

    «Io... sì, certo.»

    Kieran riattaccò. Non sapeva cosa stesse facendo Ralph; non sapeva dove fosse la polizia. Guardò il bebè mentre usciva in fretta dallo studio, pronta a correre in strada. Quanto tempo avrà avuto la creaturina? Così piccola!

    E comunque, che polmoni!

    La donna in nero era la madre?

    Sembrava più vecchia. Sui cinquanta. Troppo vecchia per un neonato.

    Ralph non era alla sua scrivania; Kieran sentiva delle sirene, ma la polizia ancora non si vedeva.

    Uscì di corsa sul marciapiede, nonostante l'ora di punta guardò a destra e a sinistra. Laggiù, quasi in fondo all'isolato, le sembrò di vederla.

    «Ehi!» urlò Kieran.

    Nonostante la massa pulsante di persone che le separava, la donna la sentì. Si girò.

    Sembrava diversa.

    Come si muoveva. Il suo aspetto e l'espressione sul suo viso.

    Non cercò di scappare. Fissava Kieran e sembrava che camminasse barcollando verso di lei.

    Kieran si strinse al petto il neonato urlante e avanzò sgomitando tra la gente; per fortuna era una newyorkese e sapeva come aprirsi un varco tra la folla quando ce n'era bisogno.

    La donna continuava a venirle incontro, barcollando. Kieran stava per raggiungerla.

    «Ascolti, la aiuto io, aiuterò anche il bambino! Va tutto bene...»

    Non andava per niente tutto bene, invece.

    La donna si accasciò in avanti, come se volesse buttarsi tra le braccia di Kieran, se solo le fosse stata abbastanza vicina. Ma non lo era.

    La donna cadde a faccia in giù.

    Fu allora che Kieran vide il coltello che le spuntava dalla schiena e i rivoli di sangue che si stavano formando all'improvviso intorno a lei andando a unirsi in una pozzanghera color porpora.

    I bebè di solito erano adorabili e questo lo era in particolare. In effetti, Kieran pensava di non aver mai visto un neonato brutto, ma gli amici le avevano detto che ce n'erano eccome.

    Questa piccola, però, aveva una testina di riccioli ramati e occhioni azzurri. Kieran aveva sentito dire che tutti i bambini appena nati avevano gli occhi azzurri, ma non sapeva se era vero. Purtroppo, non ne sapeva molto di bebè in generale; lei veniva da una famiglia numerosa, erano quattro fratelli, certo, ma lei e il suo gemello Kevin erano solo due anni più giovani del fratello maggiore e di uno più grandi di quello più piccolo.

    A dire la verità, questa bambina stupenda poteva benissimo essere una di loro. Ognuno dei fratelli Finnegan aveva i capelli di una diversa sfumatura di rosso e occhi azzurri o verdi o verdeazzurri. Quelli di Kieran erano azzurri e i capelli di un ramato scuro.

    «Dicono che è l'Irlanda» disse dolcemente alla piccola tra le sue braccia, «ma non credo che tu sia irlandese!»

    Al momento, parlare alla bambina le sembrava la cosa giusta da fare; l'agente speciale dell'FBI Craig Frasier, l'amore della sua vita e suo complice – nel combattere i crimini, non nel compierli! – era arrivato poco dopo la polizia. Il medico legale aveva esaminato il corpo della donna assassinata. Mentre aspettavano i servizi sociali, Kieran teneva in braccio la bambina nello studio.

    Gli psichiatri Fuller e Miro collaboravano con la polizia e altre forze dell'ordine. Anche se non erano ufficialmente parte dell'FBI, spesso lavoravano come profiler e consulenti per il loro ufficio di New York. Gli specialisti di scienze comportamentali dell'agenzia governativa erano a Washington e, anche se potevano essere convocati, spesso la polizia e l'FBI si avvalevano di aiuti locali. A volte gli specialisti servivano per cercare di giocare d'anticipo su qualche criminale, altre fornivano valutazioni psicologiche su delinquenti e testimoni, o, in altri casi, erano presenti quando un bambino o una persona sotto shock avevano solo bisogno di parlare con qualcuno che facesse le domande giuste e li tranquillizzasse. Kieran faceva molte di queste valutazioni per poi sottoporle ai dottori e si occupava delle vittime di abusi domestici e genitori e figli che avevano a che fare con i servizi sociali, come un'adolescente che era stata violentata dal padre, o un anziano in convalescenza per le ferite d'arma da fuoco che gli aveva procurato la moglie. La sua ultima paziente di quel giorno, Besa Goga, rappresentava un caso toccante: per anni, da quando era appena immigrata negli Stati Uniti, aveva subito abusi e ora aveva la tendenza a diventare violenta. A Besa la terapia era stata imposta dal tribunale, perché aveva morso un tecnico della tv via cavo. Kieran la seguiva da poche settimane.

    Ma lo studio non lavorava solo con polizia, FBI o altri uffici simili, lì seguivano anche pazienti che capitavano nelle loro mani per altre vie, come ad esempio l'ex alcolista che era anche un politico e che stava facendo ottimi progressi con il dottor Fuller.

    Kieran aveva chiamato i suoi capi per informarli dell'accaduto. Entrambi avevano detto che l'avrebbero raggiunta immediatamente.

    Aveva risposto loro che non ce n'era bisogno: la polizia si stava occupando dell'omicidio e i servizi sociali sarebbero venuti a prendere la bambina.

    Il dottor Fuller, un tipo da sogno, proprio come i dottori dei telefilm, era a un evento con l'altrettanto affascinante moglie e il figlio di sei anni. La dottoressa Miro era nel New Jersey per tenere il discorso di apertura di un convegno.

    Kieran li aveva convinti che stava bene, che era solo tutto un po' strano e spaventoso.

    La povera donna uccisa non le aveva fatto paura; le aveva toccato il cuore. Aveva così tanto bisogno d'aiuto. Ma l'aveva chiamata per nome. E questo le dava da pensare.

    Si mise a sedere nella sala d'attesa, proprio dove la donna l'aveva avvicinata e dove le aveva messo la bambina tra le braccia. Pensò che a breve la bambina avrebbe ricominciato a piangere. I neonati facevano così. Avevano fame o bisogno di essere cambiati o aria in pancia o... chissà. Non era abbastanza esperta. E non aveva idea dell'età della bambina. Ma visto che non aveva altro da fare – e probabilmente era sotto shock, anche se era nell'arena della lotta contro il crimine ormai da tempo e di cose traumatiche ne aveva viste un bel po' – continuava a parlarle. Le faceva versini rassicuranti, le raccontava i propri dubbi con voce allegra e faceva qualche smorfia ogni tanto.

    Avrebbe giurato che la bambina le sorridesse.

    Sorridevano i bambini così piccoli?

    Le pareva di ricordare che quelli che ne sapevano qualcosa – genitori esperti, nonni, eccetera – sostenessero che i bambini non sorridevano prima di una certa età.

    Questa, Kieran ne era certa, sorrideva. Agitava i pugnetti per aria e sorrideva senza denti. Faceva anche dei gridolini.

    «Ehi!» Craig era rientrato nello studio dopo aver esaminato la scena del crimine in strada.

    Fece un cenno col capo al poliziotto sulla porta. Dato che non aveva idea di cosa stesse succedendo e dato che la donna che era venuta a cercarla era stata appena uccisa a coltellate, per Kieran avere un poliziotto di guardia era molto rassicurante e ne era contenta.

    Guardò Craig, speranzosa. Anche se, chiaramente, dubitava che la polizia o chiunque altro, se non l'assassino, sapesse chi aveva accoltellato la donna e perché.

    «Stai bene?» domandò Craig.

    «Sì. Mi ha dato la bambina. Non credo che qualcuno mi stia cercando, ma... oddio. Craig, non pensi che sia colpa mia, vero? Cioè, se non l'avessi rincorsa...»

    «Kieran» disse lui, accovacciandosi vicino, «no.» La sua voce era risoluta e, come sempre, piena di convinzione e autorità. Craig era un agente speciale dell'FBI da più di dieci anni. Sembrava emanare sempre un'aura rassicurante di fiducia e forza, cosa che lei adorava, doveva ammetterlo. Certo, che adorava insieme agli addominali scolpiti, al suo bel metro e novanta di statura e al fatto che l'espressione bel tenebroso probabilmente era stata coniata proprio per lui. Aveva occhi di marmo color nocciola, che sembravano vedere sempre troppo e che comunque... insomma, per lei erano semplicemente stupendi.

    «È successo tutto così in fretta» mormorò Kieran.

    Craig sistemò la copertina intorno alla piccola. A Kieran sembrava che facesse gridolini e sorrisi anche a lui, ma era difficile a dirsi.

    Un sorriso... forse un po' d'aria in pancia. Chissà.

    «Kieran, quella donna cercava di salvare la bambina. L'ha portata da te. Non hai nessuna responsabilità. Ho l'impressione che il suo sia stato un gesto eroico, che abbia dato la vita per la bambina. Magari l'ha portata via da qualche situazione terribile. Non lo so, ancora non possiamo neanche lontanamente immaginare cosa sia successo. Ma credo che avesse le ore contate dal momento esatto in cui ha portato via la bambina da chiunque l'aveva prima.» Rimase un momento in silenzio e la guardò negli occhi. «Comunque, il caso non sarà dell'FBI. Chiunque fosse la tua visitatrice, è stata uccisa sulle strade di New York. Riguarda la polizia locale.»

    «Hai parlato con Ralph nell'atrio?» chiese preoccupata. «Doveva essere alla reception e i visitatori devono firmare il registro per entrare nel palazzo.» Avveniva nella maggior parte dei grandi uffici in città. Era così dall'11 settembre.

    «Sì, ci ho parlato. La polizia ci ha parlato. Era in stato confusionale. Pensa che sia tutta colpa sua. C'era un corriere UPS con una consegna importante per la ditta di informatica al diciottesimo piano. Crede che la donna sia passata mentre lui era andato ad aiutare il fattorino con l'ascensore» disse Craig.

    «Posso immaginare che sia sottosopra. È riuscito ad andare via alla fine? Anche lui voleva sentire i Danny Boys.»

    «Non credo sia andato al concerto» disse Craig. «I poliziotti l'hanno lasciato andare più o meno un'ora fa.»

    «Ah» mormorò Kieran.

    Proprio un bel modo di finire la settimana. Ralph Miller era un tipo da orari regolari, giorno dopo giorno. Non vedeva l'ora che arrivasse il venerdì sera: la musica era la sua passione, soprattutto i gruppi rock irlandesi. Doveva essere veramente sconvolto dal fatto che fosse stato commesso un omicidio a due passi dalla sua postazione di lavoro.

    L'omicidio di una donna che gli era passata sotto il naso.

    Una donna che aveva lasciato una bambina tra le braccia di Kieran.

    Una bambina. Sola. Tra le sue braccia.

    «Craig, vorrei... capire. E l'agente che si sta occupando del caso non mi convince...»

    «Kieran, non importa da quanto tempo facciamo questo lavoro, l'omicidio è difficile da comprendere. Quel poliziotto aveva bisogno di tutte le informazioni che sei riuscita a dargli.»

    «Lo so. Ci ho parlato. Mi ha chiesto di provare a immaginare perché quella donna abbia scelto me tra tutti. Si preoccupa più di quello che della bambina!» protestò Kieran.

    «È un investigatore, Kieran. Fare domande è il suo mestiere, lo sai. Non ti viene in mente nulla?» le chiese Craig.

    Kieran fece segno di no con la testa. «Probabilmente conosceva lo studio. Ed è abbastanza semplice risalire a tutti i nostri nomi.»

    «Forse, e poi...»

    «E poi cosa?» Craig le sorrise. Durante il caso dei furti di diamanti, quando si erano conosciuti, Kieran aveva salvato una ragazza che stava per cadere sui binari della metropolitana, con il treno in arrivo. Quando un giornalista l'aveva avvicinata, lei aveva risposto d'impulso: «Chiunque lo avrebbe fatto». Per un bel po' di tempo, era stata un'eroina per la città. «Magari ti ha vista in tv.»

    «È stato un sacco di tempo fa.»

    «A volte la gente ha buona memoria.»

    Qualcuno bussò alla porta e il poliziotto di guardia aprì per far entrare una signora tozza, con il viso rotondo e un sorriso dolce da angelo. Indossava un'uniforme e Kieran capì subito che doveva essere dei servizi sociali.

    «Buonasera, sono Sandy Cleveland» disse la donna. «Servizi...»

    «Sociali, sì, certo!» disse Kieran.

    Kieran si rese conto che non voleva consegnarle la piccola. Non che avesse un debole per i bambini: sposarsi e fare famiglia non erano mai stati il suo obiettivo primario. Li voleva, prima o poi, ma non era ancora il momento. Sapeva che un giorno, sì, avrebbe voluto sposare Craig. Era veramente, profondamente, follemente innamorata di lui.

    Ma niente matrimonio in vista. Forse tra un anno. Non ne avevano veramente parlato ancora.

    Non impazziva per i bebè ai picnic con le famiglie, ma era contenta per le amiche incinte o quelle che avevano già dei figli e se la cavava bene con i bambini, piccoli o grandi.

    Ma non ne faceva certo un'ossessione.

    Lì, in quell'attimo, nello studio, mentre teneva quel fagottino prezioso – che fino a poco prima era stato tenuto teneramente in braccio da una donna che adesso era morta con un coltello nella schiena – Kieran fu improvvisamente restia a separarsene. E non che la signora dei servizi sociali non sembrasse assolutamente perfetta per quel lavoro. Un'espressione così carica di empatia non si poteva simulare.

    «Va tutto bene» disse Sandy Cleveland con tono dolce. «Vi prometto che con me sarà al sicuro. Dove lavoro abbiamo molto a cuore i piccolini, non la abbandonerò in una culla a piangere. Sono un'esperta» aggiunse, come se capisse esattamente le emozioni confuse che passavano nel cuore e nella testa di Kieran. Sorrise e disse ancora: «Signorina Finnegan, la strada qui sotto è piena di poliziotti, e giornalisti. Hanno già chiamato il capo della polizia. A vegliare su questa piccolina ci saranno non solo gli angeli custodi dei servizi sociali, ma anche un agente. Starà bene. Lo prometto personalmente».

    «Ne sono certa... Sono certa che siate bravi» disse Kieran e sorrise a Sandy Cleveland.

    «Questo significa che devi darle la bambina» disse Craig, ma Kieran pensava che anche lui avesse capito, in qualche modo.

    «Sì, sì, certo» mormorò.

    Si fece forza finalmente e si mosse per consegnare la bambina.

    Ma quanto era difficile!

    «Signorina Cleveland, mi può dire più o meno quanto tempo ha?» chiese Kieran.

    «Direi circa sei settimane a giudicare dalle funzioni motorie. E per favore, chiamami Sandy» disse lei. «Riesce a seguirti con gli occhi e quando le parli... quello è davvero un sorriso. Di solito iniziano a sorridere tra le sei settimane e i tre mesi e io credo che questa sia una bella bambina intelligente. Non vi preoccupate! La farò sorridere anch'io, promesso.»

    In effetti sembrava che la piccola si stesse calmando tra le braccia di Sandy Cleveland.

    Craig mise un braccio intorno alle spalle di Kieran.

    «Sandy, sono dell'FBI. Craig Frasier. Non vi dispiacerà se veniamo a trovare la piccola?»

    «Certo che no!» assicurò Sandy. Scosse la testa tristemente. «Ho sentito che la donna che le ha consegnato la bambina è stata uccisa. Non aveva documenti con sé. Spero solo che riusciremo a scoprire l'identità della bimba. Però è sana come un pesce. Qualcuno si è preso cura di lei. Sì! Sei così dolce!» facendo smorfie con la bocca e il naso, che lei ricambiò facendo un suono che assomigliava a una risata. «Speriamo che abbia una madre o altri parenti, da qualche parte. Altrimenti...» Esitò, osservando Kieran e Craig. «Be', altrimenti... un bebè così adorabile... La gente farà a gara per adottarla. Comunque, fatemela portare via di qui, lontana da quello che è successo.» Mentre teneva con abilità la bambina con la mano destra, con la sinistra prese un biglietto da visita dalla tasca. «Potete chiamarmi quando volete» disse. «Potrei non rispondere, ma vi richiamerò se lasciate un messaggio.»

    Se ne andò. Il poliziotto che faceva la guardia a Kieran uscì dalla stanza.

    Lei e Craig rimasero soli.

    Kieran si sentiva ancora molto scossa.

    «Kieran, ehi!» Craig si accovacciò di nuovo accanto a lei, che era sprofondata in una delle comode poltrone imbottite della sala d'attesa. La guardò preoccupato. «I poliziotti sono capaci, lo sai.»

    «Craig, devi occupartene tu. Quel detective...»

    «Lance. Lance Kendall. È in gamba, Kieran, davvero. Sta facendo tutto come si deve.»

    «Come no! Proprio come si deve... faceva il terzo grado a me!»

    «Va bene, ne parlo con Egan domani, che ne dici?»

    Annuì. «Grazie. Potete mettere insieme una di quelle vostre squadre investigative congiunte... così magari puoi farne parte?»

    «Certo.» Esitò. «Penso... be', insomma.»

    Bussarono alla porta, si voltarono entrambi a guardare e Craig si alzò.

    Entrò un agente. Non era il primo poliziotto che era intervenuto sul posto, ma l'investigatore che era arrivato mentre gli altri recintavano la scena del crimine con il nastro, arginavano la folla dell'ora di punta intorno al cadavere e insistevano che portasse la bambina nello studio e via dalla strada.

    Il detective Kendall era un uomo robusto, afroamericano. Sul metro e ottanta, capelli corti castani, occhi castano chiaro e lineamenti proporzionati e armoniosi. Deve avere quarantacinque anni, pensò Kieran. Non era carino e amichevole, ma nemmeno scortese.

    «Detective» disse Craig, «avete finito con la scena del crimine per oggi?»

    «Sì, ci sono ancora dei tecnici al lavoro, ma per me non c'è altro da fare. A meno che lei non mi possa aiutare, signorina Finnegan? Non le viene in mente niente?»

    «Non ho idea del perché la signora sia venuta da me» disse Kieran, «nessuna idea.»

    «E non l'aveva mai vista prima?» chiese Kendall.

    «Mai.»

    «Neanche la bambina?»

    Cosa? Pensava che una neonata facesse visite di cortesia, andasse al pub, o si facesse vedere da psichiatri e psicologi?

    «No» riuscì a dire in tono neutro. «Non avevo mai visto la bambina. Non avevo mai visto la donna.»

    «Bene, allora.» Di colpo sembrò ammorbidirsi. «Deve essere molto scossa. Lo capisco e mi dispiace. Per ora, non ho altre domande. Ma capirà che probabilmente avremo bisogno di interrogarla di nuovo.»

    «Non lascerò la città» disse ironica.

    Non apparve divertito.

    Kieran continuò: «Ho parlato con il dottor Fuller e la dottoressa Miro. Ho detto loro tutto quello che potevo e cercheranno di determinare se può esserci qualche motivo, oltre al loro nome e alla loro professione, per cui la donna è venuta qui».

    «Anch'io ho parlato con i dottori» disse serio l'investigatore Kendall. «E sono certo che parleremo ancora.»

    «Certamente» mormorò Kieran.

    «Buonanotte, agente Frasier, signorina Finnegan» disse l'investigatore. «Potete... potete andare.»

    Se ne andò. Craig tirò Kieran a sé, tra le sue braccia e la guardò negli occhi. «Siamo liberi. Non c'è altro da fare per ora. Vuoi andare a casa?»

    «Volevamo tanto vedere la band stasera» disse, «mi dispiace.»

    «Kieran, non è colpa tua. Sono sicuro che non avevi messo in conto che una sconosciuta ti abbandonasse un bebè tra le braccia per poi correre in strada e finire morta accoltellata.»

    «Sto impazzendo, Craig! Non sappiamo chi era. Non ha un nome. Non sappiamo niente della bambina. Era troppo vecchia per essere la madre, ma non ne sono sicura. E altrimenti... cercava di salvare la bambina, non di farle del male. Ma chi farebbe del male a una bambina?»

    «Non lo so. Andiamo via, va bene?»

    «Possiamo comunque andare al pub. Magari riusciamo a vedere il finale dei Danny Boys?» disse lei.

    «Lo sai anche tu che non vuoi andare da nessuna parte.»

    Kieran esitò. «Non è vero. Voglio andare da qualche parte. Sto morendo di fame... e non so se abbiamo qualcosa da mangiare in casa.»

    «Già. È un po' che non stiamo da me... E se c'è del cibo, di sicuro non è il caso di mangiarlo.»

    «Allora andiamo al pub» disse sottovoce.

    Kieran non si era resa conto di quanto fosse tardi finché lei e Craig non uscirono dal palazzo. I poliziotti erano ancora al lavoro in strada, molti di loro impegnati a tenere a bada i curiosi. Il corpo era stato rimosso, ma la scientifica stava ancora cercando di determinare cosa potesse rappresentare o meno un indizio sulla strada affollata.

    Erano a Midtown e i palazzi delle grandi aziende si alternavano a negozietti e piccole boutique. La maggior parte dei negozi era chiusa ed era tardi anche per gli uffici, ma c'era ancora gente sui marciapiedi che camminava in fretta per poi rallentare a guardare la polizia incuriositi.

    Kieran guardava verso l'alto, mentre Craig

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