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Il capitano innamorato: Harmony History
Il capitano innamorato: Harmony History
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Il capitano innamorato: Harmony History

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About this ebook

Inghilterra, 1819

Ferito nella battaglia di Waterloo, il capitano Jem Ford trascorre la convalescenza a casa del suo superiore Harry Fanton, Conte di Shalford, dove si innamora di sua sorella Olivia. Consapevole del fatto di non essere all'altezza della giovane, una volta guarito Jem accetta un incarico in Australia, da cui fa ritorno solo quattro anni dopo, in seguito al lascito di una grossa eredità. La situazione però è molto diversa da come l'aveva lasciata: ora Olivia frequenta George Manning, un abile seduttore di cui Jem stenta a fidarsi. Quando lei viene rapita in una locanda, riuscendo fortunosamente a liberarsi, Jem è deciso ad andare in fondo alla faccenda. Il tentativo di smascherare George riavvicina i due giovani, ma qualcuno trama ancora nell'ombra.
LanguageItaliano
Release dateApr 19, 2019
ISBN9788858996478
Il capitano innamorato: Harmony History

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    Book preview

    Il capitano innamorato - Catherine Tinley

    successivo.

    Prologo

    Londra, settembre 1815

    «Volete sposarmi?»

    Olivia pronunciò la domanda ad alta voce, emozionata dal suono delle parole, poi la formulò in un altro modo. «Lady Olivia, volete diventare mia moglie?»

    Oh, era meraviglioso! Sorrise allo specchio della sua stanza, felice che non ci fosse nessuno ad assistere a quella piccola follia.

    Forse l'avrebbe baciata. Lo sperava con tutto il cuore. Erano settimane che il pensiero di un bacio occupava la sua mente. Il cuore ebbe un sussulto mentre immaginava il suo bel volto che si avvicinava, le labbra che si incontravano, le sue braccia che la stringevano. Chiuse gli occhi, assaporando le sensazioni. Oh, come sarebbe stato bello! Era possibile che accadesse? Forse, in tutto quel tempo, anche lui aveva coltivato sentimenti teneri nei suoi confronti. Avrebbe potuto dirle: «Lady Olivia, vi amo profondamente, con ardore. Volete sposarmi?».

    Naturalmente lei avrebbe risposto . Non desiderava altro che diventare sua moglie. Meglio un timido , o uno entusiasta? O forse civettuolo?

    Onestamente, non le importava. Quel che contava era che lo adorava e che lui aveva dichiarato che doveva parlarle. L'aveva detto in quel suo modo solenne, e Olivia aveva accettato di incontrarlo in giardino dopo pranzo.

    Non sapeva bene quando si fosse innamorata di Jem Ford. Forse era accaduto la prima volta che aveva visto il suo sorriso sbieco, il giorno in cui si erano incontrati? Jem era stato trasportato nella casa di città dei Fanton da due valletti; la ferita alla gamba subita a Waterloo stava ancora guarendo. Dopo il lungo ed estenuante viaggio dalla Francia, aveva dovuto subire il calvario di incontrare la famiglia Fanton al completo, compreso il Conte di Shalford, il fratello maggiore di Olivia. Impossibilitato a camminare, esausto e chiaramente a disagio di fronte a tutte quelle persone accorse ad accoglierlo, si era comportato in modo impeccabile. Aveva ringraziato per l'invito il suo ex comandante, l'altro fratello di Olivia, Harry, ma aveva insistito che il giorno dopo si sarebbe trasferito in albergo.

    Naturalmente Harry non aveva voluto saperne. «Dal momento che ho dato le dimissioni dall'esercito, non sono più il tuo capitano» aveva obiettato, «e quindi non posso darti ordini, tuttavia spero che resterai con noi finché non ti sarai ripreso.» Avevano concordato di discutere la questione in seguito, ma già allora, dopo pochi minuti che lo conosceva, Oliva aveva provato l'intenso desiderio che restasse.

    L'aveva osservato attentamente, notando la polvere del viaggio sui vestiti e i segni del dolore e della stanchezza sul volto, eppure aveva pensato che era bellissimo. Era stato in quel momento che era sbocciato l'amore? Come un rivolo d'acqua che scendeva sul pendio di una collina in primavera, era iniziato quasi in silenzio, ma durante i mesi della sua convalescenza era cresciuto in modo lento e costante, fino a straripare. Jem era il suo primo pensiero al mattino e l'ultimo la sera. Olivia viveva per i momenti che trascorrevano insieme, specialmente le rare volte in cui erano soli.

    Jem si era sempre comportato da gentiluomo, ma l'espressione dei suoi occhi le faceva sperare che potesse ricambiare i suoi sentimenti. Cercava spesso la sua compagnia e sembrava sinceramente interessato alle sue opinioni.

    E adesso desiderava parlarle. A tu per tu.

    Con il cuore che le martellava nel petto, Olivia scese le scale, attraversò la casa e uscì in giardino. Eccolo! Seduto sulla solita panchina, la stava aspettando. Quel giorno non portava il bastone, notò. Erano passate tre settimane da quando aveva abbandonato le stampelle per il bastone, ed era meraviglioso assistere a un altro progresso.

    Olivia sorrise, felice di vederlo. Lo studiò a fondo, notando gli stivali lucidi, i pantaloni di buon taglio che aderivano alle cosce muscolose, l'elegante giacca della divisa. Era solo la seconda volta che lo vedeva in uniforme, e lo trovava splendido.

    Risalì con lo sguardo al viso amato. Non sorrideva. Aveva un'aria grave, solenne. Ovvio. Era un momento importante.

    Dopo lo scambio di saluti, Jem la invitò a sedere accanto a lui. Mentre obbediva, la mente di Olivia correva a quello che le avrebbe detto.

    «Lady Olivia» cominciò lui incatenandola con i suoi occhi di un azzurro profondo. «Desideravo vedervi perché c'è qualcosa di importante che devo dirvi.»

    Lei annuì. Di solito non era impacciata, ma la gravità del momento l'aveva lasciata senza parole.

    «Sono tornato da poco dal quartier generale in Horse Guards Parade. Come sapete, c'ero stato anche due giorni fa per comunicare la mia guarigione.» Olivia aggrottò la fronte: non era quello che si era aspettata. «Sono tornato oggi e ho avuto una notizia sorprendente.» Fece una pausa, come se volesse raccogliere le idee, e riprese: «Sono stato assegnato in Australia».

    «Australia?» Che cosa stava dicendo? Non poteva andare in Australia! «Per quanto tempo?»

    «Per almeno due anni.»

    Era pallido, notò Olivia distratta mentre sentiva il sangue defluire dal volto. «Due anni?» gli fece eco meccanicamente.

    «Almeno. In realtà è probabile che resterò più a lungo. Mi trasferiscono alla Quarantottesima, e sono promosso tenente.»

    «Tenente?» Olivia deglutì. «Ma è una splendida notizia! Una promozione ben meritata, tuttavia... Dev'essere proprio l'Australia?»

    Lui annuì con aria cupa. «Conoscete la mia situazione. Anche se vengo da una famiglia rispettabile, quando morì, mio padre non aveva soldi. Per fortuna aveva acquistato la mia commissione militare prima di essere travolto dai debiti di gioco, e mia sorella Lizzie ha una piccola rendita dalla famiglia di nostra madre. Ma...» La fissò negli occhi. «... non ho scelta. Questa è un'occasione per diventare qualcuno. Oggi non sono nessuno. Un giovane aiutante di campo, mezzo zoppo, privo di mezzi, senza un posto nella società, senza niente. Sono molto grato alla vostra famiglia per avermi offerto una casa, negli ultimi mesi, ma questo periodo non ha fatto altro che rafforzare la mia determinazione a farmi strada.»

    «Ma non è importante!» protestò Olivia. «Il denaro e la posizione sociale non sono ciò che conta davvero!» Gli occhi le si riempirono di lacrime mentre alla sorpresa iniziale seguiva lo sgomento della consapevolezza che lui stava uscendo dalla sua vita. «Non potete lasciarci!» Per poco non aveva detto lasciarmi. Lo sapevano entrambi.

    Jem si alzò. «Sono profondamente dispiaciuto. Ho permesso che... nascesse un'amicizia tra noi, pur sapendo che una separazione sarebbe stata inevitabile. Non era mia intenzione ferirvi, Lady Olivia.»

    Lei non riusciva nemmeno a parlare. Aveva il cuore a pezzi. Lo guardò in un muto appello e lo vide serrare la mascella. Poi Jem fece un inchino, le augurò ogni bene e un attimo dopo se n'era andato.

    1

    Surrey, maggio 1819

    «Perché Adam deve dirmi sempre cosa devo fare? La vita è così uggiosa, qui a Chadcombe!» Olivia si lasciò cadere su un'elaborata poltroncina francese. «Tutti sono convinti che io abbia ancora dieci anni!»

    La prozia Clara posò il lavoro a maglia. «Oh, mia cara, non sapevo che fossi così infelice, qui con noi!» Il volto segnato dalle rughe era pieno di angoscia. «Comunque capisco che ci trovi terribilmente noiosi.»

    Olivia si affrettò ad alzarsi e a sedersi accanto all'anziana gentildonna. «Oh, no! Cara zia, non mi riferivo certo a voi!» Prese la mano della prozia. «Sapete che vi amo teneramente e che adoro Adam e Charlotte, ma ho passato la maggior parte della mia vita qui a Chadcombe e a volte mi sento... Oh, non lo so! Mi giudicherete una sciocca!»

    «Chi è sciocca?» Charlotte, la cognata di Olivia, entrò nel soggiorno. «Olivia? Tu non potresti mai essere sciocca!» Si chinò a baciarla sulla guancia. «Buongiorno!» aggiunse in tono allegro.

    La gonna leggermente drappeggiata dell'elegante abito di seta verde rivelava l'avanzato stato di gravidanza di Charlotte. I primi mesi aveva sofferto di spossatezza e di nausea, ma il giorno prima aveva dichiarato di sentirsi molto meglio.

    Olivia, tuttavia, non ne era convinta. «Charlotte! Ti sei già alzata... Come hai dormito?»

    «Benissimo, grazie!» La cognata liquidò le sue preoccupazioni con un cenno della mano. «Posso sapere perché affermi di essere una sciocca?»

    Olivia non sapeva come rispondere. Tutt'a un tratto la sua frustrazione le sembrava infantile. Sapeva che chiunque avrebbe giudicato perfetta la sua vita. Viveva in una bella casa, con una famiglia amorevole. Solo che... si sentiva come se fosse in trappola. Aveva bisogno di avventura!

    «La nostra povera Olivia si annoia a restare sempre a Chadcombe» mormorò in tono esitante zia Clara.

    Charlotte la studiò attentamente. «Sei giù di morale, mia cara? Ricorda che Miss Ford e suo fratello arriveranno domani. Aspettavi con ansia la loro visita, non è così?»

    Olivia fece un sospiro di frustrazione. «Sono sempre felice di vedere Lizzie, e sarà bello rivedere... Jem» rispose, pronunciando a fatica il suo nome. «Non so perché mi sento così inquieta. È solo... Ho l'impressione che tutti mi trattino ancora come una bambina!»

    «Mia cara Olivia!» La maglia della prozia Clara scivolò al suolo. Olivia la raccolse, e l'anziana gentildonna le accarezzò gentilmente la mano. «Mi rendo conto che debba essere frustrante, per te. Dopotutto, hai quasi vent'anni.»

    «Ne ho compiuti ventidue lo scorso dicembre, zia Clara. Non ricordate?»

    «Ventidue? Davvero?» L'anziana gentildonna sembrava stupita. «Che Dio mi benedica! Mi sembra che tu sia ancora in età da andare scuola! Ma sì, ora ricordo che hai avuto il tuo debutto l'anno scorso, o era l'anno prima?»

    Olivia si scambiò una breve occhiata con Charlotte. «È stato quattro anni fa, se ricordate» chiarì in tono gentile. «Dopo che Charlotte e Adam si sono sposati. Era il periodo in cui Juliana venne a stare da noi, e poco dopo sposò Harry.»

    «Ma certo! Sono passati davvero quattro anni?» La prozia sospirò. «Sì, immagino sia così, perché abbiamo preso il forno nuovo, e Charlotte è stata di grande aiuto... Poi c'è stato Napoleone e quella terribile battaglia... Non mi sono mai sentita così sollevata come quando ho visto Harry tornare a casa sano e salvo da Waterloo, e poi sposarsi. E ora lui e la cara Juliana vivono così vicini, con il loro caro figlioletto... Tutto è andato bene...» La donna si era persa in un groviglio di ricordi. «Quindi, sì» concluse con fermezza, «è stato tre anni fa. O forse quattro. Quanti anni hai detto di avere, Olivia?»

    «Ventidue» rispose lei paziente.

    «Ventidue!» La prozia Clara si animò. «Cielo, ricordo quando eri così piccola e la tua cara mamma si sedeva qui, in questa stessa stanza, con te in braccio...»

    Se la zia aveva avuto intenzione di distrarla, be', c'era riuscita, almeno temporaneamente. Era un argomento molto delicato, per Olivia. Sua madre era morta di parto quando lei aveva solo otto anni. Nessuno le aveva mai spiegato cosa fosse successo, quel giorno, e lei, disorientata, aveva continuato a chiedere quando la mamma sarebbe tornata. Ora che era abbastanza grande da conoscere la verità, non aveva mai trovato il coraggio di chiedere. Ancora adesso, non aveva mai superato il dolore della perdita e il senso di abbandono che aveva provato.

    Poi, a diciott'anni, era stata abbandonata di nuovo da qualcuno che amava.

    Distolse in fretta il pensiero dalla vecchia ferita. Il passato era andato, finito. Adesso era una persona diversa, più matura, più saggia.

    Dopo la morte della madre, era stata allevata dal padre, dai due fratelli maggiori e dalla prozia, ma non era stato mai più lo stesso. Così adesso tempestava Clara di domande, e l'anziana gentildonna obbediva diligentemente, raccontando storie che Olivia aveva sentito ormai centinaia di volte. Aveva molti ricordi chiari del padre, morto solo pochi anni prima, ma faceva fatica a mantenere vivi quelli nebulosi della madre.

    Quel giorno, però, nemmeno le vecchie storie le furono di conforto. Non riusciva a dedicarsi ad alcuna attività, e alla fine Charlotte sbottò: «Olivia, per favore, vai a fare una passeggiata, o cavalca Dahlia! Mi rendi nervosa, con la tua agitazione. Ho ricominciato tre volte la lista per la cuoca!». Stava sorridendo, ma sembrava un po' preoccupata.

    «Andrò a fare una cavalcata» annunciò Olivia. «Se non altro ha smesso di piovere, ed è un sollievo vedere il sole.» Suonò il campanello e poco dopo arrivò una cameriera. «Per favore, vai a dire che sellino Dahlia e chiedi a Susie se può venire nella mia stanza.» La domestica fece un cenno di assenso, e Olivia lasciò il soggiorno, mormorando un saluto.

    Charlotte era tornata alle proprie faccende ancor prima che Olivia uscisse. Sembrava calma, ma Olivia sapeva quanto le mancasse poter cavalcare, da quando aveva saputo di essere di nuovo in attesa. Le lunghe cavalcate erano alla base della loro amicizia. Entrambe erano abili amazzoni, e niente le appassionava più di una galoppata sfrenata attraverso i campi, con grande disapprovazione di Adam e Harry.

    Naturalmente era fuori discussione cavalcare durante una gravidanza, e Charlotte, dopo due aborti, un bambino nato morto e nessuno in vita, era particolarmente prudente. Grazie al cielo, tutto sembrava procedere per il meglio, ma Olivia condivideva la preoccupazione dei familiari.

    La stanza di Olivia era molto bella, affacciata sul parco di fronte alla casa e arredata con tappezzeria e tende di una delicata sfumatura di lilla, ma in quel momento lei non riusciva ad apprezzare la bellezza di ciò che la circondava. L'inquietudine che la divorava si accumulava da tempo, ma quel giorno era particolarmente intensa.

    Rimase in silenzio mentre Susie, la sua cameriera, l'aiutava a indossare un abito da equitazione blu con bottoni d'argento in stile militare, una camicia di mussola bianca e un soprabito.

    Guardò il proprio riflesso allo specchio. Occhi grigi tempestosi, riccioli scuri, abito alla moda. A cosa serve indossare bei vestiti, si chiese, se non mi vede nessuno, oltre alla mia famiglia?

    Domani qualcuno ti vedrà, le rispose una vocina. Jem verrà qui. Dopo quattro anni, lo rivedrai.

    Mettendo da parte quel pensiero, Olivia si concentrò sulla frustrazione attuale. Quell'anno non erano andati a Londra per la Stagione, a causa delle condizioni di Charlotte. Era duro avere ventidue anni e restare confinata in campagna! Almeno a Londra c'erano balli, feste e serate a teatro, tutti la trattavano come una giovane gentildonna e non come una bambina. Esisteva il modo di evitare certe persone, se non volevi vederle, mentre in campagna non si poteva evitare un ospite.

    Dopo aver ringraziato distrattamente Susie, si diresse verso le scuderie, godendo la sensazione del sole di maggio sulle spalle. Come al solito, provò un impeto d'amore quando vide la sua bella giumenta, Dahlia.

    «Ciao, bellezza!» Strofinò il muso del cavallo e le diede uno zuccherino. Dahlia cominciò a scalpitare, impaziente, e lo stalliere dovette ordinarle di star ferma mentre aiutava Olivia a montare in sella.

    «Non avrò bisogno di voi, Joseph!» gridò Olivia al capo stalliere, che si era offerto di accompagnarla. «Non uscirò dai nostri confini, lo prometto!»

    Joseph non sembrava approvare, ma si astenne dal rimproverarla. «Dove pensate di andare, signorina?» Era sempre preoccupato quando Olivia cavalcava da sola, anche se lei non capiva perché. Non succedeva mai niente, lì. Be', a parte la volta in cui i bracconieri erano entrati nel capanno di legno, ma era stato quasi cinque anni prima.

    «Andrò al fiume» rispose, «e al boschetto delle campanule.» Poteva sentire l'uomo che la osservava mentre usciva dal cortile delle stalle. Quel giorno si sentiva particolarmente protetta, controllata. Le sembrava che fosse stato così per tutta la sua vita. I fratelli. I domestici. La prozia Clara. Le cognate. Perché non capivano che non era più una bambina? E come poteva mostrarsi diversa, alle altre persone, se in famiglia la trattavano ancora come una debuttante?

    Sei ingiusta, si rimproverò. Questa casa non è una prigione, e tutti ti vogliono bene, desiderano solo proteggerti.

    Tale consapevolezza non riuscì a placare l'inquietudine, così Olivia spinse Dahlia al galoppo attraverso il parco. La guidò verso est, oltrepassando i campi coltivati, fino a raggiungere il boschetto delle campanule. In quel periodo dell'anno i fiori erano dappertutto, lungo le siepi, intorno alle case dei contadini e perfino intorno al capanno di legno, ma era lì, al margine più orientale della tenuta di Chadcombe, che crescevano più abbondanti.

    Olivia si inoltrò nel boschetto. Facendo rallentare Dahlia al passo, assaporò l'aria fresca, l'odore delle fronde e della terra fertile, i magici colori del bosco. La cupola formata da frassini e olmi, querce e aceri filtrava la luce del sole, riscaldando il sottobosco di felci e fiori. Alla sua sinistra, uno scoiattolo spaventato si rifugiò su un albero, facendo guizzare la folta coda color bronzo. Gli uccelli lanciavano i loro richiami, e piccole creature frusciavano nel sottobosco.

    Olivia sentì la tensione abbandonare le spalle. Quel posto riusciva sempre a calmarla.

    Si diresse verso il fiume e lasciò che Dahlia bevesse. Smontò da cavallo, lasciando il soprabito, e legò la giumenta all'ombra di un alberello.

    La mezz'ora seguente fu deliziosa. Olivia vagò per il bosco, lungo il corso del fiume, raccogliendo campanule per Clara. La giornata era calda, così decise di togliere gli stivaletti e le calze di seta e sedette con i piedi nell'acqua scintillante. Si lasciò cullare dalla pace che la circondava e mise da parte le preoccupazioni per il domani. Il sole le scaldava dolcemente le spalle, il fiume gorgogliava e gli alberi frusciavano ondeggiando, ignari della loro bellezza.

    A questo punto dovrebbe comparire un eroe, pensò con una punta di malinconia. Era quello che sarebbe accaduto in uno dei romanzi che lei e Lizzie amavano leggere.

    Il fiume era poco profondo e perfettamente limpido. Da bambina ci veniva spesso a sguazzare con i fratelli maggiori. Adam e Harry recitavano storie di draghi, giganti e cavalieri, molto più eccitanti del greco e della matematica su cui insisteva la sua istitutrice. All'inizio Olivia si accontentava di fare la parte della damigella in pericolo, ma alla fine aveva insistito per diventare un cavaliere come loro. Quando i suoi fratelli avevano riso, aveva cercato di prenderli a pugni, e alla fine le era stato permesso di diventare uno scudiero.

    Lei si era lasciata persuadere, finché non aveva scoperto che il suo ruolo si limitava a portare spade di legno e andare a riprendere frecce rozzamente intagliate dopo che erano state scagliate contro gli alberi.

    Poi erano cresciuti tutti e tre, e Adam e Harry si erano sposati. Olivia amava le loro mogli

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