Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

La lista del duca: Harmony History
La lista del duca: Harmony History
La lista del duca: Harmony History
Ebook223 pages4 hours

La lista del duca: Harmony History

Rating: 3.5 out of 5 stars

3.5/5

()

Read preview

About this ebook

Londra, 1817
Lord Dominic Beauchamp ha un unico scopo: diventare l'erede del Duca di Cheriton. Per riuscire nel suo intento però gli manca una moglie; non una sposa qualsiasi, ben inteso, ma la sposa perfetta, e la deve trovare al più presto. Per questo ha stilato una lista di sette candidate appartenenti all'aristocrazia londinese, che ha intenzione di corteggiare in egual misura nelle settimane successive. A sovvertire i suoi piani arriva però Liberty Lovejoy, che accusa la famiglia del duca di esercitare una pessima influenza sul fratello. Liberty non ha nessuna delle caratteristiche che Dominic cerca, e certo non può competere con le candidate al ruolo di duchessa, eppure il suo temperamento battagliero esercita su di lui un fascino irresistibile. Ma aggiungere il nome di Liberty all'elenco potrebbe significare per il gentiluomo rinunciare per sempre al suo sogno.
LanguageItaliano
Release dateSep 20, 2019
ISBN9788830503939
La lista del duca: Harmony History

Read more from Janice Preston

Related to La lista del duca

Related ebooks

Historical Romance For You

View More

Related articles

Related categories

Reviews for La lista del duca

Rating: 3.5 out of 5 stars
3.5/5

2 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    La lista del duca - Janice Preston

    successivo.

    1

    Marzo 1817

    La pioggia picchiettava sul tetto della carrozza a bordo della quale Miss Liberty Lovejoy e sua sorella Hope stavano attraversando le strade di Londra.

    «Liberty, ti prego, fermati!» la supplicò Hope. «Gideon non ti perdonerà mai.»

    Liberty scacciò il dubbio che stava sbocciando in lei. Non voleva farlo, ma doveva. Qualcuno doveva salvare Gideon da se stesso.

    «Non posso, Hope. Gideon è ormai fuori controllo, ed è tutta colpa di Lord Alexander Beauchamp. Nostro fratello mi ringrazierà per averlo salvato da questa follia. Prima o poi.»

    «Be', trovo ingiusto che tu mi abbia coinvolta senza avvertirmi. Mi hai detto che saremmo andate da Hookham's. Non ti avrei accompagnata se avessi saputo che intendevi andare a casa del padre di Alexander. È un duca, Liberty! La gente come noi non va in visita da un duca.»

    La reazione di Hope non sorprese Liberty, che aveva smesso di aspettarsi sostegno dalle due sorelle, quando c'era da affrontare una difficoltà. Da quando i genitori erano morti avevano sempre contato su di lei e sul fratello gemello, Gideon, affinché si prendessero cura di loro. Zio Eustace, che era stato nominato loro tutore, era un vero inetto, troppo egoista per alzare un dito. «Se hai paura di entrare, puoi restare in carrozza mentre parlo con il duca. Io non posso permettermi il lusso della paura.» Oh, ma quanto avrebbe voluto poter ordinare a Bilk, il cocchiere, di far girare i cavalli e di ricondurle alla residenza che avevano affittato a Londra! «È mia responsabilità, come sorella maggiore...»

    «Sei la maggiore per soli cinque minuti, Liberty Louisa Lovejoy» la interruppe Hope, «e Gideon adesso è un conte

    «Peccato che si comporti come uno scolaretto, invece che come un Pari del Regno.»

    Dal giorno in cui il fratello gemello aveva inaspettatamente assunto il titolo di Conte di Wendover, l'autunno precedente, il suo comportamento era divenuto sempre più esasperante. Era troppo chiedere che l'aiutasse ad assicurare un futuro per le sorelle, invece di gozzovigliare per la città sperperando quell'inattesa ricchezza in vino, carte, cavalli e donne poco perbene? Inoltre Liberty provava nostalgia del periodo in cui insieme al fratello si era adoperata per assicurare la sopravvivenza della loro famiglia.

    «Be', direi che essere conte lo rende superiore a te, no?» la rimbeccò Hope. «Non dimenticare che adesso dipendiamo dalla sua benevolenza, se non vogliamo tornare a essere esiliate a Eversham con zio Eustace. È generoso da parte sua farsi carico delle spese di una Stagione per tutte e tre allo stesso tempo.»

    Liberty strinse i denti. Se solo Hope avesse saputo quanto aveva faticato a convincere Gideon a portare le sorelle a Londra. Fosse stato per lui, non gli sarebbe dispiaciuto se fossero rimaste a Eversham per sempre, mentre lui conduceva la bella vita che credeva ormai gli spettasse di diritto.

    Guardò fuori del finestrino, ignorando le strade grigie e la gente con l'ombrello avvolta nei cappotti e nei mantelli. Se non fosse stato per Hope e Verity, avrebbe preferito continuare a gestire la casa di zio Eustace – il fratello scapolo della madre, che era sempre vissuto con i Lovejoy – e a vivere in tranquillo anonimato.

    Hope e Verity, però, rispettivamente di ventuno e diciannove anni, meritavano di condurre un'esistenza migliore. Dopo la morte dei genitori non avevano nemmeno avuto l'opportunità di sognare un debutto, non fino alla morte inaspettata di un lontano cugino in un incendio e l'improvvisa acquisizione del titolo da parte di Gideon.

    «E non dimenticare ciò che ha detto Mrs. Mount.» Le parole di Hope irruppero nei pensieri di Liberty. «È irrispettoso recarsi in visita da una persona superiore al nostro rango prima che sia stata lei a lasciare un suo biglietto da visita.»

    Mrs. Mount era la dama di compagnia che avevano assunto per il loro soggiorno a Londra. Figlia di un visconte e vedova del secondogenito di un conte, aveva molte conoscenze all'interno del ton, ed era quindi la persona ideale per svelare alle sorelle Lovejoy i misteri della buona società. Be', ideale se Liberty avesse scelto di seguire il suo consiglio...

    «Di sicuro il Duca di Cheriton non lascerà mai il suo biglietto da visita a casa nostra» ribatté Liberty, «perciò non ho altra scelta, se voglio convincerlo a controllare il comportamento disdicevole del figlio.»

    «Dubito che un duca accetterà di buon grado la predica della figlia di un signorotto di campagna sul modo in cui dovrebbe controllare il proprio figlio.» Hope sospirò. «Libby, non è troppo tardi. Per favore, torniamo a casa, e ti prometto che ti aiuterò a far ragionare Gideon.»

    «Ci abbiamo già provato, ma ci ignora. Temo che la sua nuova posizione gli abbia dato alla testa e che non sarà mai più lo stesso.»

    Non le piaceva che il fratello fosse diventato riservato e irriguardoso, e che il legame che li aveva uniti per tutta l'infanzia fosse ormai appeso a un filo fragilissimo.

    Mi spezza il cuore la distanza che si è creata fra noi.

    Liberty infilò una mano inguantata sotto il mantello e se la premette sul petto, ma la dolorosa sensazione di vuoto permase. Ormai era così da cinque anni, dal giorno in cui il suo amore, Bernard, era morto.

    Essere tornata a Londra aveva risvegliato orribili ricordi e, insieme a loro, il senso di colpa.

    Se solo non fosse stata tanto egoista da accettare l'offerta di una Stagione londinese da parte della ricca madrina... Se solo fosse rimasta a casa, Bernard e i genitori forse non sarebbero morti. Quantomeno, avrebbe potuto dire addio all'uomo che doveva diventare suo marito. L'inquietudine non l'aveva abbandonata un istante da quando erano arrivati in città, un ricordo continuo del suo egoismo e del suo fallimento.

    Be', non avrebbe fallito con Gideon, né con le sorelle. E se per farlo era costretta a recarsi a casa di un duca senza essere invitata, be', non avrebbe esitato.

    Hope le prese la mano. «Non puoi proteggerci sempre, Liberty. So che ti manca il vecchio Gideon, ma lui ormai è un adulto. E poi tornerà in sé, vedrai.»

    «E se non accadesse? Se lui finisse per distruggersi, mentre io me ne sto qui a guardare? Per non parlare del danno che il suo comportamento disdicevole porterà a te e a Verity.»

    I loro natali erano già un ostacolo. Erano figlie di un gentiluomo, ma il nonno materno era un mercante di carbone, e quel legame con il commercio era una barriera difficile da superare, a detta di Mrs. Mount.

    In quel momento la carrozza si fermò.

    «Dev'essere questa» osservò Hope, stupita. «Bontà divina!»

    Liberty fu distratta dal rombo di un tuono in lontananza, duro ricordo del giorno più terribile della sua vita, quello in cui aveva scoperto che non solo i suoi amati genitori, ma anche Bernard, erano rimasti vittime dell'epidemia di colera che si era propagata nel loro villaggio, mentre lei si era divertita a provare gli abiti a Londra in vista del debutto. Era stata richiamata a casa prima ancora di aver intravisto l'interno di una sala da ballo.

    Scacciò l'orribile ricordo, guardò attraverso la pioggia che colava lungo il finestrino e trasalì. Era quella la residenza dei Beauchamp? Era enorme. Magnifica. Intimidatoria. Non era una casa, ma un maniero che avrebbe contenuto diverse case come quella modesta che i Lovejoy avevano affittato in Green Street. Fu di nuovo assalita dal dubbio, ma si fece coraggio, spalancò lo sportello, afferrò l'ombrello e l'aprì sotto il diluvio. Scesa con l'aiuto di Bilk, salì di corsa la gradinata che portava al portone di Beauchamp House.

    Sollevò il picchiotto e lo lasciò ricadere. Rimase quindi in attesa, l'irritazione che prendeva il sopravvento sull'agitazione che provava al pensiero di dover affrontare un nobile tanto potente. Perché ci stavano mettendo tanto? Dove...?

    «Posso aiutarvi?»

    Si girò di colpo. Una carrozza si stava allontanando. Liberty posò lo sguardo sul volto dell'uomo che aveva appena parlato, il quale, con tutta evidenza, era diretto verso la stessa porta. Il suo volto era mezzo riparato da un ombrello, e Liberty rimase senza fiato, lo stomaco stretto in una morsa di rabbia. Raddrizzò le spalle, benché le ginocchia le tremassero. Quando lui le fu vicino – fin troppo – si sentì acutamente consapevole della presenza imponente di Lord Alexander Beauchamp, la cui altezza e l'ampiezza delle spalle dimostravano quanto fosse potente.

    «Sono venuta a parlare con il duca riguardo al vostro comportamento» lo apostrofò senza mezzi termini.

    Lui si irrigidì, e le sue sopracciglia scure si curvarono in un cipiglio torvo. «Come dite?»

    Quando Liberty aprì la bocca per rispondere, lui sollevò una mano per zittirla. «A parte il fatto che non ci siamo mai incontrati, signora, mi dispiace informarvi che il duca non è in casa.» Quindi le passò accanto per raggiungere la porta.

    «Non ci saremo mai incontrati, milord, ma io so bene chi siete» insistette lei. «E poi sulla porta c'è il picchiotto, il che sta a significare che la famiglia è presente all'interno della dimora.»

    «Qualche membro della famiglia, è possibile, ma non mio padre» ribadì lui. «Adesso, se volete scusarmi. A voi magari piacerà rimanere sotto la pioggia, ma a me no.» La porta cominciò ad aprirsi. «Vi suggerisco di annotare le vostre rimostranze per iscritto. Se invierete la lettera qui, sarà inoltrata all'attenzione di mio padre, vi do la mia parola.»

    La parola di un volgare scapestrato!

    La porta si aprì di colpo, svelando un valletto in livrea. «Perdonatemi... milord» si scusò il domestico, senza fiato. «Ero di sotto quando ho sentito bussare.»

    «Non devi scusarti, William. Questa...» Liberty si irrigidì nel notare la piega delle labbra di Sua Signoria quando la osservò da capo a piedi, «... persona desiderava parlare con mio padre. Le ho consigliato di scrivergli.» Consegnò l'ombrello grondante al domestico ed entrò nell'ingresso.

    I tentacoli della disperazione mozzarono il fiato di Liberty. Andare a casa del duca era stato un rischio, ma almeno avrebbe avuto la possibilità di usare le proprie capacità di persuasione di persona. Una lettera sarebbe stata ignorata con troppa facilità. Era vero che non aveva mai incontrato Alexander, ma forse, se lui avesse saputo chi era... se avesse potuto appellarsi alla sua gentilezza...

    «Lord Alexander!» Liberty cercò di schivare il valletto, che la fermò usando l'ombrello ancora aperto del padrone. «Aspettate, vi prego.»

    Una volta scostato quell'ombrello, notò che l'uomo si era fermato e si era girato verso di lei, un'espressione rassegnata in volto. Abbandonò quindi il proprio ombrello sull'uscio e gli si avvicinò, incurante delle rimostranze del valletto. «Vi prego. Possiamo parlare? Sono la sorella di Gideon.»

    «Gideon? Chi è Gideon?»

    «Lord Wendover.»

    «Le mie condoglianze.»

    Liberty si irrigidì. «Se avete così poca stima di lui, perché trascorrete tanto tempo in sua compagnia?»

    L'uomo guardò oltre le spalle di lei. «William, per favore, prendi il mantello e il cappellino della signora. Chiedi a Mrs. Himley di portare del vino e dei dolcetti in salotto e trova una cameriera che si sieda con noi.» Fissò Liberty da capo a piedi, e il gelo nei suoi occhi chiari la fece rabbrividire. «Per il decoro. Forse voi non avete scrupoli a far visite non soltanto senza invito, ma anche senza chaperon, signora, ma come uomo non posso certo fidarmi.»

    Che faccia tosta! «Mia sorella è rimasta sulla carrozza» ribatté Liberty, sfilandosi il mantello bagnato. «Aveva troppa paura di entrare e parlare con vostro padre.»

    «Paura, o buonsenso?» Lui fece una smorfia. «Opterei per il secondo. Forse dovreste prestare maggior attenzione all'istinto di vostra sorella.» Si rivolse al valletto. «Invitala a entrare, William, per favore. Non può rimanere in attesa fuori. E desidero comunque che venga anche una cameriera» ordinò al domestico che si stava allontanando.

    Tornò quindi a studiarla. Liberty provò un certo imbarazzo. Aveva indossato il suo abito da giorno migliore, in seta verde, ma lo scrutinio imperturbabile di lui la fece sentire come se fosse ricoperta di stracci. Il vestito non era all'ultima moda – non aveva voluto sprecare denaro in abiti nuovi quando aveva un baule pieno di vestiti e accessori di cinque anni prima quasi mai indossati – ma era rispettabile.

    «Meglio prestare attenzione» ribadì lui.

    Sta parlando di sé! Non si preoccupa della mia reputazione, ma del fatto che potrei intrappolarlo!

    Liberty sollevò il mento. «Il salotto, avete detto?» Fu orgogliosa dell'altezzosità che aveva impresso al suo tono di voce.

    Del tutto imperturbato, lui si diresse a una porta vicina e l'aprì. «Da questa parte, signora.» Il suo tono di voce mostrava invece un divertimento annoiato.

    Liberty superò la soglia a testa alta. Come osava trattarla come se fosse... nessuno? Dovette tuttavia ammettere che era l'umiliazione ad attizzare quella rabbia.

    Lui la seguì all'interno di una stanza arredata elegantemente, con pareti color vermiglio sopra una pannellatura in legno bianco, con il soffitto alto e tre finestre decorate da tende a fiorami.

    «Siete incappata in un equivoco.»

    Liberty trasalì nell'udire la voce alle sue spalle. Si girò e trovò l'uomo più vicino di quanto avesse immaginato. Provò un brivido quando fissò per la prima volta i suoi occhi di un grigio argentato, nonché la piena sicurezza di sé che comunicavano. Cosa si era aspettata? Non solo quello era il figlio di uno dei duchi più potenti del paese, ma era anche peccaminosamente bello, con il naso perfetto, gli zigomi scolpiti e una bocca modellata alla perfezione sopra un mento deciso. I suoi occhi argentei la penetravano.

    Liberty indietreggiò, abbassando lo sguardo. Il fazzoletto da collo del giovane era decorato da una semplice spilla d'oro a forma di frusta, e la giacca verde oliva gli abbracciava le spalle ampie e le braccia muscolose. Sotto la giacca attillata portava un panciotto a righe grigie e bianche che non riusciva a nascondere i muscoli del petto. Scendendo, le sue cosce possenti erano strette in pantaloni color crema. Aveva l'aspetto di un corinzio, il titolo dato a quei gentiluomini dediti alle attività fisiche quali l'equitazione, il pugilato e la scherma. Aveva il volto di un dio greco e il corpo di un guerriero, ed era figlio di un duca. Come poteva, un solo uomo, aver ricevuto tanti vantaggi in vita sua? Liberty riportò lo sguardo sul suo volto e si accorse che la stava guardando. Dalla piega delle sue labbra, sembrava divertito da quello scrutinio. Mortificata di essere stata sorpresa a fissarlo, trasse un respiro profondo che tuttavia non fu sufficiente a calmarla. Virile e speziato, il profumo di lui le riempì le narici, e nel suo stomaco si levò all'istante un volo di farfalle.

    Si accigliò. Quello era Lord Alexander Beauchamp, il mascalzone che stava portando suo fratello Gideon alla perdizione. Sollevò il mento, ma lo sguardo che di solito atterriva anche il più persistente dei commercianti non impressionò Sua Signoria.

    «Un equivoco, milord?»

    «Proprio così. Permettetemi di presentarmi.» Lui si inchinò, il gesto quasi beffardo. «Avon, al vostro servizio. Miss...?»

    «Come avete detto? Avon?»

    «Alexander è mio fratello. Il mio fratello minore. Io sono il Marchese di Avon, quindi Lord Avon.» Lui piegò il capo. «Devo spiegarvi come funzionano i titoli di cortesia? A quanto ne so, voi e vostro fratello non siete stati cresciuti nella cerchia dell'aristocrazia.»

    Liberty arrossì. Mrs. Mount li aveva avvertiti che le loro origini sarebbero presto diventate di dominio pubblico tra il ton. «Non sono così ignorante, milord. Se Gideon avrà mai un figlio, otterrà il secondo titolo più elevato di mio fratello, Visconte di Haxby, come titolo di cortesia da usare fino alla morte del padre, quando diventerà a sua volta Conte di Wendover.»

    «Mi solleva vedere che avete imparato qualcosa, da quando vostro fratello ha assunto un titolo nobiliare. Tuttavia, sembra esservi sfuggita la più fondamentale delle regole. È infatti buona abitudine presentarsi a propria volta.»

    Infuriata dal fatto che lui avesse ragione, Liberty arrossì ancor di più. Lord Avon poteva anche assomigliare a una delle statue di marmo che aveva ammirato al British Museum, ma

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1