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Lupo solitario: Harmony Collezione
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Lupo solitario: Harmony Collezione

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About this ebook

E' davvero un tempo da lupi, quello in cui Angie Rose si è involontariamente imbattuta, ma lei non immaginava di incontrarne uno... dalle sembianze umane! Prossima a una crisi di ipotermia per aver camminato ore sotto una tormenta di neve, Angie chiede alloggio nella prima casa che incontra, ma deve faticare per convincere Jason Kent a ospitarla. Eppure il suo sguardo sembra così dolce e sensibile. Non sarà un delinquente in fuga? Lei prova...

LanguageItaliano
Release dateJan 11, 2016
ISBN9788858944011
Lupo solitario: Harmony Collezione

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    Book preview

    Lupo solitario - Judith Lyons

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Lt. Kent: Lone Wolf

    Silhouette Special Edition

    © 2001 Julie M. Higgs

    Traduzione di Roberta Canovi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2002 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5894-401-1

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    D’accordo, quella non era stata l’idea più brillante che avesse mai avuto.

    Angie Rose mosse un altro passo sprofondando nella neve fino al ginocchio. I fiocchi di neve e ghiaccio che turbinavano nell’aria quasi le impedivano la visuale. Fortunatamente, la piccola strada secondaria lungo la quale stava guidando quando l’auto a noleggio aveva deciso di mettersi in sciopero era ben segnalata, per cui non correva il rischio di perdersi prima di raggiungere l’isolata residenza di Jason Kent. Ma morire assiderata prima di arrivarci? Questo poteva essere un problema.

    Stropicciò le mani nel tentativo di riacquistare la sensibilità e scosse la testa, avvilita per la propria stupidità. Avrebbe dovuto controllare le previsioni del tempo prima di lasciare l’albergo quella mattina, ma era troppo concentrata sul piano machiavellico che aveva elaborato, perciò non era affatto preparata alla tempesta di neve. Inoltre, la sera stava scendendo rapidamente. Se non fosse arrivata a destinazione entro breve tempo...

    Meglio non pensarci. Sollevando il capo si diede un’occhiata intorno, pregando che la dimora del signor Kent fosse subito dietro la curva.

    E per una volta fu fortunata. Il piccolo rifugio apparve ai suoi occhi non appena svoltato l’angolo. Solo che non aveva assolutamente niente di piccolo.

    Seminascosto dai fiocchi di neve che scendevano copiosi nella tempesta intravide un castello gotico di pietre scure, con ripidi spioventi e guglie rivolte al cielo. Un sorriso trionfante le incurvò le labbra.

    Le era sembrato di arrampicarsi sugli specchi, quella mattina, quando aveva stabilito di scrivere una storia sul recluso Jason Kent invece di quella che la rivista Excitement Today le aveva commissionato. Nutriva dei dubbi sulle possibilità che una storia del genere potesse funzionare, ma adesso ne era più che sicura. Anche se il signor Kent fosse stato un personaggio noioso la storia c’era, sempre che fosse riuscita ad arrivare all’asciutto prima di congelare.

    Avanzando finalmente nel porticato, alzò lo sguardo verso il battacchio al centro della pesante porta di quercia. Le sue dita erano troppo rigide per stringersi intorno all’anello di metallo per cui pigiò il campanello lì accanto e subito risuonò una melodia come quella che si può udire nelle antiche chiese, sia dentro sia fuori la casa. Si sentì pervadere dall’eccitazione e attese con ansia che qualcuno rispondesse.

    Silenzio.

    Pigiò ancora il campanello. «Andiamo, signor Kent! Rispondi, sto congelando qui fuori.»

    «CHI È?» Una voce adirata rimbombò nel porticato.

    Angie ebbe un sussulto. Ispezionando rapidamente la parete, trovò il citofono alla propria destra. D’accordo, Jason Kent evidentemente non accoglieva i visitato ri a braccia aperte. Anzi, sembrava che volesse spaventarli per dissuaderli, tra musica, tono brusco e tutto il resto. Ma lei non poteva tornare da dove era venuta.

    Avvicinò il viso al citofono. «Signor Kent? Sono Angie Rose. Mi aspettavano questa sera a Casa Kent, ma sembra che abbia preso la strada sbagliata.» Bugia.

    Era stata inviata nel Montana per scrivere un articolo su Casa Kent, una casa-famiglia che Jason Kent aveva fatto costruire per i bambini che avevano difficoltà a essere adottati; tuttavia sapeva dal principio che non avrebbe mai scritto quel pezzo. Non aveva alcuna chance di fronteggiare un gruppo di orfanelli e ritornare a casa senza avere il cuore in frantumi. Poi, quella mattina, l’idea: una storia su Jason Kent. Di certo l’editore sarebbe stato altrettanto contento.

    Se il signor Kent l’avesse lasciata entrare. Attese una risposta, il gelo che si insinuava nelle ossa.

    «Mi manda Excitement Today, signor Kent. Devo fare un servizio su Casa Kent

    Il citofono cominciò a gracchiare. «SO CHI È LEI, SIGNORINA ROSE. TORNI VERSO LE MONTAGNE E RESTI SULLA STRADA ASFALTATA

    Angie sussultò ancora. Il tono era decisamente seccato e inospitale, oltre che stentoreo. Chiuse gli occhi per respingere il terrore che Jason Kent potesse davvero non lasciarla entrare.

    «Non posso tornare indietro, signor Kent. La mia auto si è fermata. Ha guardato fuori nelle ultime ore? C’è una bella tempesta.»

    Silenzio.

    Oh, santo cielo! Poteva essere davvero nei guai. Provò ancora. «Signor Kent, quando ho lasciato l’albergo questa mattina non sapevo che sarei andata incontro a una tempesta di neve. E non avevo idea che l’auto mi avrebbe lasciata a piedi. Tutto quello che ho indosso sono un paio di jeans, un soprabito leggero e delle scarpe da tennis.»

    Silenzio.

    Lasciò cadere la fronte sulla parete. Okay. Questa era la peggiore idea che avesse mai avuto. Ma ormai c’era dentro fino al collo, e come lei il signor Kent.

    Si rivolse ancora al citofono. «Signor Kent, le ho detto che la mia auto ha esalato l’ultimo respiro a circa due miglia da qui? Ho camminato nella tempesta per più di quarantacinque minuti. Le mie scarpe sono fradicie. I miei pantaloni sono fradici. E non ho guanti. Tra dieci secondi cadrò in ipotermia. Potrebbe per cortesia aprire la porta?» Non fu sorpresa nell’udire la disperazione nella propria voce né il battere dei denti.

    Il citofono gracchiò di nuovo. «UN MOMENTO

    Angie tirò un sospiro di sollievo. Le avrebbe aperto. Ne era tutt’altro che felice, ma le avrebbe aperto. Rimase in attesa e alla fine la porta si aprì.

    La prima cosa che Angie notò fu il bastone. Era di prezioso mogano, rifinito da un’impugnatura dorata che ritraeva un’aquila ad ali spiegate, il becco aperto in un grido d’attacco.

    Poi Angie sollevò gli occhi su Jason Kent.

    Trentacinque anni, trentotto al massimo. La mascella dura e decisa, i corti capelli di un nero corvino. Zigomi alti e marcati. E occhi del colore dello zaffiro. Aveva un profilo che le mandò il cuore in fibrillazione.

    Il resto non era da meno. Fasciato da pantaloni con la piega e da una polo bianca attillata, doveva raggiungere il metro e novanta di altezza, aveva spalle larghe e fianchi stretti e un portamento militare che sprizzava potenza e pura mascolinità da tutti i pori.

    Dimentica il castello, la storia è qui di fronte a te.

    «Pensavo fosse a dieci secondi dall’ipotermia, signorina Rose. Intende restare lì fuori fino a quando soccomberà?» la provocò lui.

    Angie si riscosse ed entrò nell’atrio prima che l’ospite le richiudesse la porta in faccia. Il tepore della casa le scaldò il volto ma lo notò a malapena. Era appena entrata nel Medioevo.

    O in un vecchio film dell’orrore.

    Le pareti, il pavimento, gli altissimi archi rampanti del soffitto, persino le due ampie scalinate che conducevano simmetricamente al piano superiore erano cesellati nella pietra grigia. La sala sarebbe stata di una maestosa bellezza se ci fosse stato un minimo sforzo di addolcire la dura freddezza della pietra. Ma, fatta eccezione per un appendiabiti di ottone accanto alla porta, il grande ingresso era vuoto.

    La porta si chiuse alle sue spalle negando l’accesso alla luce naturale che aveva fornito gran parte dell’illuminazione della stanza. Angie si voltò verso Jason Kent e rimase agghiacciata. Prima di riuscire a controllarsi, annaspò per l’orrore e indietreggiò di un passo. Una lunga cicatrice correva lungo la guancia del signor Kent, partendo dall’orecchio fino a perdersi nel colletto della maglia.

    Una fredda risata sfuggì dalle labbra dell’uomo.

    «Cosa c’è, signorina Rose? Non è il bel quadretto che aveva immaginato?»

    Imbarazzata dalla propria reazione, lei strinse i pugni e resistette alla tentazione di indietreggiare ancora.

    «È sicura di voler restare? Può sempre tornare indietro nella tempesta.»

    Angie tentò di rallentare il battito del cuore. Era solo una cicatrice. Poteva sembrare orribile, ma non lo rendeva certo un mostro. E se stava infierendo su di lei, era soltanto colpa sua. Era comparsa non invitata alla sua porta e ora lo stava fissando come se fosse il diavolo in persona.

    Se tutti reagivano in quel modo alla vista della cicatrice non c’era da stupirsi che quell’uomo non desiderasse visite. Radunando tutto il proprio coraggio incontrò il suo sguardo e lo sostenne. «Mi dispiace, signor Kent. Non avrei dovuto reagire a quel modo.»

    Lui la fissò in silenzio, e lei proseguì a disagio.

    «So di non essere la benvenuta, ma con la tempesta che infuria là fuori temo proprio di essere bloccata.»

    Gli occhi di lui si strinsero sospettosi. «Quello che mi chiedo è come ha fatto a rimanere bloccata qui, si gnorina Rose. Questa strada è ben nascosta, la maggior parte della gente passa di qui senza neanche notarla.»

    Ma lei la stava cercando... cosa che non poteva certo confessargli. Se gli avesse rivelato di voler scrivere un articolo su di lui, era quasi certa che sarebbe stata rispe dita nella neve a calci. Tempesta o non tempesta.

    Cercò una scusa plausibile. «Ha ragione ma... mi piace esplorare posti nuovi.»

    Lui sembrò valutare la risposta per un istante, poi fece un cenno col capo. «Metterei da parte questa inclinazione quando si trova nel Montana, se fossi in lei. Vagare nelle proprietà altrui senza essere invitata potrebbe anche attirare qualche colpo di fucile.» Il tono era asciutto come l’erba delle praterie a settembre.

    Con un breve sospiro di sollievo, lei annuì vigorosamente. «Lo farò. Promesso.»

    L’uomo le indicò una doppia porta alla sua sinistra. «C’è un camino in quella stanza. Vada a riscaldarsi mentre le preparo qualcosa di caldo. Se il colore violaceo che hanno assunto le sue labbra significa qualcosa, aveva ragione riguardo all’ipotermia. Sta tremando come una foglia.» Si voltò e si allontanò da lei senza aggiungere altro, lasciandola a combattere contro il nodo di nervosismo che le stava chiudendo lo stomaco.

    Jason Kent si diresse in cucina con la frustrazione che gli serrava la gola. Non la voleva lì. Quello era il suo rifugio.

    Originariamente aveva acquistato l’edificio per avere un posto tranquillo dove rilassarsi dopo le missioni, un posto dove dimenticare i delicati equilibri di potere tra le nazioni e gli uomini avidi che volevano governare il mondo ed erano pronti a sacrificare persone innocenti per raggiungere i propri scopi. Ma quando la sua ultima missione era fallita miseramente, il castello era diventato un altro tipo di rifugio, un luogo dove nascondersi, dove non avrebbe dovuto fronteggiare il disgusto e la pietà di coloro che vedevano soltanto la cicatrice e le ferite, proprio come aveva fatto la signorina Rose.

    Sfortunatamente, era costretto a ospitarla.

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