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A caccia di guai (eLit): eLit
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A caccia di guai (eLit): eLit

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About this ebook

Kate Ross, vivace e attraente, possiede tutto ciò che ogni donna desidera dalla vita, ma le manca un figlio. A tutto c'è rimedio, e se per Kate nessun uomo merita di essere sposato le rimane una sola scelta: l'inseminazione artificiale. Ma proprio il suo peggior nemico doveva essere il padre del bambino? Robert Devlin è il suo più acerrimo rivale nella scalata alla vicepresidenza della società per cui lavora, e se Kate ha fatto una cosa che può apparire originale, be', decisamente Robert non è da meno...
LanguageItaliano
Release dateApr 28, 2017
ISBN9788858968710
A caccia di guai (eLit): eLit

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    A caccia di guai (eLit) - Molly Liholm

    successivo.

    1

    «Il coniglio è morto.»

    Kate Ross, sentendo le parole che per anni aveva usato come codice segreto, si abbandonò nella poltrona di pelle chiara del suo ufficio. Incapace di replicare, sospirò. Aveva sperato con tutte le sue forze di ottenere esattamente l'informazione che la sua amica, la dottoressa Ellen Chase, le stava dando in modo scherzoso, usando la loro lingua privata.

    «Kate, sei ancora lì?» chiese la voce di Ellen che proveniva dal telefono.

    La giovane donna si raddrizzò e, ripreso il controllo, replicò: «Sì, sono qui. Mi sono lasciata prendere dall'emozione».

    «Un po' è colpa mia, avrei dovuto farti venire in clinica e darti la notizia di persona, ma so quanto sei impegnata e quanto ci tenevi a sapere subito la risposta. Così mi sono permessa di non osservare le regole per venirti incontro ed evitarti di perdere troppo tempo. Però ti avviso che dovrai rallentare il ritmo della tua vita da vicepresidente.»

    «Non sono vicepresidente, non ancora» spiegò Kate anche se era superfluo farlo, dato che la sua buona amica Ellen era naturalmente al corrente di tutto quanto la riguardava, in particolare della lotta che stava conducendo per quel ruolo prestigioso. Riflettendo sulla sua ambizione, fece ruotare la poltrona su cui sedeva e osservò il suo studio dove la carta da parati a fiori blu su sfondo giallo richiamava il divanetto e le sedie di pelle chiara. Cuscinetti verde smeraldo e lavanda aggiungevano colore all'ambiente, mentre la scrivania e i tavolini di mogano davano un tocco di professionalità e successo alla stanza, senza però appesantirla. Era stata Kate a decidere di arredare così l'ufficio, desiderando renderlo specchio della sua efficienza e femminilità.

    L'impero delle Industrie Carlyle, presso il quale Kate lavorava, era orientato in senso decisamente maschilista. Il nome stesso dell'impresa era stato formato da quello dei due figli maschi del fondatore, Carl e Lyle, mentre neanche una sillaba ricordava l'esistenza delle quattro figlie. Non era stato facile, ma Kate era riuscita a farsi apprezzare per la sua professionalità senza che la sua femminilità ne risentisse. Ricopriva il ruolo di direttore del marketing per la sezione occidentale e ora, nella corsa alla carica di vicepresidente, aveva un solo vero antagonista. Il suo avversario, però, la preoccupava così poco che Kate si vedeva già nel ruolo di vicepresidente del marketing delle Industrie Carlyle, il terzo più grosso complesso di tutto il Nordamerica nella produzione di manufatti per la casa.

    «Kate, ci sei?» chiese ancora la voce di Ellen, riportando l'amica alla realtà.

    Kate si mise una mano sul ventre e, rendendosi conto che l'altro suo grande sogno si stava avverando, esclamò: «Ellen, sei la migliore dottoressa del mondo! Quando vuoi vedermi?», chiese poi prendendo l'agenda fitta di impegni e appuntamenti.

    L'amica suggerì di fissare una visita di lì a due mesi. Kate vide che in quei giorni aveva in programma una serie di riunioni a Dallas, ma fu comunque d'accordo. Sapeva infatti che il suo stato avrebbe richiesto una riorganizzazione delle priorità nella sua vita, ma era certamente pronta ad apportare i cambiamenti necessari. Così, assicurando a Ellen che non sarebbe mancata, la ringraziò ancora e riappese.

    Si sentiva euforica e non lo represse, fece una giravolta con la poltrona e urlò: «Evviva!».

    Jennifer Givens si affacciò nel suo ufficio. «Il grande capo Anderson ha fatto il suo annuncio?» le chiese.

    Fin dal suo primo giorno alle Industrie Carlyle, Kate aveva apprezzato e ammirato Jennifer e, nel corso del tempo, erano diventate amiche, per quanto fossero diverse. Kate era un'entusiasta, Jennifer era molto riflessiva. La differenza risultava anche dall'abbigliamento, l'una era eccentrica quanto l'altra era sofisticata.

    Kate in realtà rimpiangeva un po' di non essere riuscita ad assimilare, almeno in parte, lo stile di Jennifer che quel giorno indossava un completo pantaloni e giacca color blu marina con raffinati intarsi dorati, riuscendo come sempre a combinare il classico con il nuovo in una sintesi elegante e personale. Lei invece portava una giacchetta di seta gialla su pantaloni arancione, intonati alle scarpe di pelle chiara.

    Kate adorava fare shopping, si lasciava andare agli acquisti più pazzi, sceglieva per istinto senza preoccuparsi se avesse dei capi da abbinare a quello appena comprato. In fondo aveva un armadio così stracolmo che avrebbe in ogni caso trovato qualcosa, altrimenti sarebbe semplicemente di nuovo uscita a fare spese.

    Dopo la sua prima settimana di lavoro alla Compagnia, Jennifer l'aveva invitata a unirsi a lei a fare un giro per i negozi di Chicago e poi a cena, dato che i colleghi maschi avevano un loro club del golf. Kate aveva accettato e da allora erano diventate sempre più amiche.

    Kate considerava Jennifer molto importante anche per la propria carriera, perché essendo molto più riflessiva di lei le impediva di lasciarsi andare all'entusiasmo del momento e le ricordava l'ordine con cui doveva svolgere i suoi diversi compiti. Era proprio quella la funzione di Jennifer, era una portavoce diplomatica e organizzata. Inoltre era l'immagine della coscienza della ditta, occupandosi lei anche dei vari comitati di beneficenza e delle donazioni ai diversi enti di carità. Insieme a Kate era perfino riuscita a convincere Anderson a devolvere ad altri scopi il denaro fino ad allora utilizzato per sovvenzionare il club maschile del golf.

    Era la vita privata della sua amica a preoccupare Kate. Infatti Jennifer, malgrado fosse controllata e sofisticata, aveva un gran cuore che le era già stato più volte spezzato. Dopo l'ultima disastrosa relazione amorosa con un uomo che era risultato essere sposato, Jennifer si era come costruita una corazza intorno a sé e si era buttata nella carriera dimenticandosi del resto.

    Ora Jennifer la guardava incuriosita. «Posso farti le congratulazioni?»

    «Sì, ma non si tratta di una promozione come credi» rispose Kate sibillina. Infine si decise a dirle di che cosa si trattava e, avendole in precedenza raccontato del suo codice segreto, lo fece con le stesse parole che aveva usato Ellen. «Il coniglio è morto.»

    Jennifer impallidì e affermò in un sussurro: «Sei incinta, sei davvero incinta». Scosse la testa facendo ondeggiare il caschetto biondo. «Non riesco a crederci. Voglio dire, so che volevi farlo, so che ci hai provato, ma ora...»

    Kate le versò un bicchiere d'acqua dalla caraffa che si trovava sul suo tavolo e glielo porse. Lei lo bevve d'un fiato, agitata come Kate non l'aveva mai vista. «Scusa, Kate, non mi sto comportando come una buona amica» commentò. Pertanto posò il bicchiere, spalancò le braccia e sorridendole esclamò: «Congratulazioni!».

    Felice, Kate si gettò tra le sue braccia cercando di non pensare che se Jennifer, che era una sua cara amica, reagiva così, cos'avrebbero mai detto gli altri, i suoi genitori, i suoi colleghi, il suo capo, Larry Anderson?

    Si impose di non preoccuparsi. Non erano più i tempi in cui una donna nubile che aspetta un figlio viene messa al bando dalla società, soprattutto se la donna in questione è matura e di successo come era lei. Kate aveva ormai trentasei anni e non poteva aspettare a lungo se voleva diventare madre. Certo essere una madre non sposata non era il massimo, ma non era stata comunque una scelta affrettata.

    Aveva sperato di sposarsi, era anche stata fidanzata e molto vicina al matrimonio, ma ora come single aveva preso quella che lei reputava una decisione responsabile. Era in quei termini che l'avrebbe spiegata ad Anderson.

    Inoltre poteva permettersi di avere un bambino, anche più di uno. Infatti credeva che la vita del figlio unico di un solo genitore fosse troppo solitaria e meditava segretamente, nel caso fosse andato tutto bene, di averne un altro in seguito.

    Un bambino! Una piccola soffice creatura che si sarebbe addormentata tra le sue braccia e si sarebbe svegliata cercando lei per prima cosa, la sua mamma. Le sembrò troppo bello per essere vero. Eppure in altri sette mesi e mezzo sarebbe nato. Ci sarebbe voluto meno tempo di quello necessario per concludere la sua campagna per il cibo per neonati. Sì, Kate era sul punto di realizzare tutti i suoi sogni.

    Decise che si sarebbe procurata la migliore assistenza medica e avrebbe assunto una bambinaia. I suoi genitori vivevano piuttosto vicino, ma non voleva pesare su di loro che, ormai in pensione, meritavano di godersi il loro tempo libero.

    Kate ne era certa, sarebbe riuscita a cavarsela benissimo da sola e senza che la maternità frenasse la sua carriera. Avrebbe ottenuto la vicepresidenza, ne era convinta. L'unica vera difficoltà al riguardo era costituita da Robert Devlin, direttore del marketing della sezione orientale. Era un antagonista da non sottovalutare, ma la sfida che lui rappresentava rendeva il gioco ancora più intrigante.

    La commozione di Jennifer riscosse Kate dai suoi pensieri. L'amica infatti, sinceramente colpita, esclamò: «Sono così felice per te!», prima di scoppiare in lacrime. Kate l'aveva vista piangere solo un'altra volta, quando Jennifer stessa aveva ottenuto la sua promozione alla carica di vicedirettore, prima donna ad avere quel titolo nella storia della Compagnia. Durante la cerimonia ufficiale Jennifer aveva mantenuto un atteggiamento imperturbabile, malgrado le colleghe fossero commosse da quel successo che consideravano collettivo. Solo al termine dei festeggiamenti, quando Kate era tornata a casa con lei, Jennifer si era lasciata andare all'emozione.

    Il fatto che lo facesse anche ora sconvolse Kate che, improvvisamente, si disse che diventare madre attraverso l'inseminazione artificiale era stata l'idea più stupida che avesse mai avuto, l'azione più pazza che avesse mai compiuto. Immaginò il viso sorpreso di Anderson quando ne fosse venuto a conoscenza. La soddisfazione di Robert Devlin. Lo shock di sua madre. Ma poi ripensò al bambino e quell'immagine cancellò le altre. La dolcezza che la assalì all'idea di diventare mamma le diede la forza di scacciare le preoccupazioni.

    Era stato l'istinto materno puro e semplice, forte com'era, ad averla guidata nella sua scelta. Sei mesi prima, quando lei e Todd si erano lasciati, Kate si era resa conto che non avrebbe potuto continuare ad aspettare l'uomo giusto con cui creare una famiglia per il semplice fatto che avrebbe potuto non incontrarlo mai. Certo, ci sperava ancora, ma non era il tipo di donna che si rassegna all'attesa passiva.

    Kate era stata fidanzata due volte. La prima con un suo compagno di università, ma non aveva funzionato perché lui non le avrebbe mai permesso di fare carriera. La seconda volta con Todd Miller, con cui aveva trascorso quasi tre anni. Tutti gli amici si aspettavano l'annuncio del loro imminente matrimonio da un momento all'altro e fu solo dopo che la data era già stata stabilita che si accorsero di essere più amici che amanti. Era stato Todd a rendersene conto per primo, Kate l'aveva capito solo dopo la fine della loro relazione.

    Kate ricordava la scena della rivelazione in ogni dettaglio. Le aveva detto di rispettarla, di provare per lei un profondo affetto, di essere convinto che loro due si capissero e si completassero alla perfezione. Purtroppo però, non era follemente innamorato di lei e sapeva che se si fossero lasciati non sarebbe stato disperato. Così aveva concluso che non potevano continuare.

    Kate era rimasta senza parole, non perché Todd la stesse lasciando, in fondo lui aveva ragione a descrivere la loro relazione come quieta e non indispensabile. Quello che

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