Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Notte francese: Harmony Collezione
Notte francese: Harmony Collezione
Notte francese: Harmony Collezione
Ebook162 pages2 hours

Notte francese: Harmony Collezione

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

Per fuggire dal suo infelice matrimonio, Alice Marchington si rifugia sulla costa della Bretagna.



In terra francese Allie conosce l'irresistibile Remy de Brizat. La scoperta da parte dell'uomo del segreto di lei finisce per dividerli, e l'unico conforto di Alice per quel doloroso rifiuto sarà il bambino che scopre di portare in grembo.

Ora che è tornata di nuovo in Francia, due anni dopo, Alice sa di non avere scelta: Remy deve sapere di aver avuto un figlio da lei. L'uomo le offre ciò che lei ha desiderato fin dal loro primo incontro: il matrimonio. Ma per quanto Alice sia tentata di accettare, sa che nel cuore di lui non può esserci amore, o almeno così sembra.
LanguageItaliano
Release dateMar 10, 2016
ISBN9788858947029
Notte francese: Harmony Collezione
Author

Sara Craven

E' nata nel Devon ed è cresciuta in mezzo ai libri, in una casa nei pressi del mare. Ora vive nel Somerset.

Read more from Sara Craven

Related to Notte francese

Related ebooks

Romance For You

View More

Related articles

Reviews for Notte francese

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Notte francese - Sara Craven

    pace...

    1

    Mentre scendeva l'ampia scalinata, Allie si fermò un momento ad ammirare la vista dalla grande finestra sul pianerottolo. Non c'era nulla di nuovo, soltanto i vasti terreni di Marchington Hall con i prati perfetti che si estendevano giù fino al lago che luccicava in distanza. Alla sua destra, s'intravedevano le mura in mattoni del Cortile della Fontana, mentre a sinistra cipressi verde scuro riparavano il Giardino Italiano. Era una giornata tersa, l'aria era frizzante dopo la pioggia della notte, e quella vista le sollevò il cuore, facendole sembrare più accettabile la sua vita alla villa.

    Doveva convincersi che valeva la pena sopportare tutte quelle umiliazioni per amore di Tom. Sospirò e si voltò dall'altra parte, ma nel farlo colse il riflesso della propria immagine allo specchio e si fermò. Sembrava un fantasma, pensò, un fantasma pallido, dagli occhi infossati, senza più né vita, né sostanza. Inoltre, era tesa come se avesse toccato i fili dell'alta tensione: in parte per la notte agitata, ma soprattutto per la quotidiana battaglia che doveva sostenere per l'educazione del suo bambino di quattordici mesi. Era una vera e propria guerra di logoramento.

    Allie era appena stata nella nursery e aveva avuto la consueta discussione con la bambinaia, che sembrava disapprovare ogni suo intervento nella routine quotidiana di suo figlio.

    «Sta facendo colazione, lady Marchington.»

    «Questo lo vedo» aveva ribattuto lei. «E vorrei essere io ad aiutarlo a mangiare, come ho già detto diverse volte.»

    «È meglio che abbia meno distrazioni possibili alle ore dei pasti» aveva spiegato la bambinaia.

    Se avesse avuto fegato, pensò Allie cupa, avrebbe tenuto testa a quella vecchia strega, ma sapeva bene che dietro quell'autorevolezza in realtà c'era la fragile figura della sua anziana suocera: Grace, o meglio lady Marchington, vedova e conosciuta al villaggio come la Castigamatti.

    Qualunque scontro con la bambinaia scatenava subito un'atmosfera tesa e faceva sì che Allie divenisse oggetto della glaciale disapprovazione dell'anziana nobildonna. Per amore di Tom, lei subiva in silenzio. Lui era l'erede di Hugo e quindi Allie non aveva altra scelta.

    Almeno in apparenza, Marchington Hall aveva tutto il necessario per dargli un'infanzia idilliaca. Lei avrebbe desiderato solo potersi godere il suo piccolo, senza quella rigida bambinaia sempre di guardia, che sembrava considerarla più una nemica che sua madre. Tom aveva pronunciato la sua prima parola a quella donna, invece che a lei, e non era stata mamma, il che la feriva. Non aveva neppure assistito al momento in cui lui aveva mosso i suoi primi passi. Era come se lei non figurasse nello schema delle cose, lo aveva dato alla luce e ora era stata messa da parte. Era una situazione assurda. La maggior parte delle sue amiche erano giovani spose che dovevano lottare per riuscire a crescere i loro figli, mantenendo il proprio lavoro. Probabilmente tutte pensavano che, a parte la tragedia di essere rimasta vedova a soli ventuno anni, lei fosse davvero caduta in piedi. Dopotutto aveva un'enorme casa dove vivere, personale che la serviva e nessun problema di denaro o gestione del bambino. Alcune di loro, sebbene non l'avessero mai confessato apertamente, pensavano perfino che anche la fine prematura del suo matrimonio fosse stata una benedizione. E in effetti, pensò Allie sospirando, lei poteva forse negarlo?

    Attraversò lentamente il corridoio ed entrò in sala da pranzo. Grace Marchington era seduta, o meglio insediata, a capotavola e appena lei entrò rivolse uno sguardo cupo al suo abbigliamento, seguito subito dopo da un'occhiata all'orologio.

    «Buongiorno, Alice. Hai dormito bene?» non aspettò una risposta, ma afferrò la piccola campana d'ottone accanto a sé e la suonò vigorosamente. «Chiederò alla signora Windom di portarti qualche toast.»

    Allie sedette e si versò del caffè. «Mi dispiace di essere in ritardo, ma mi sono fermata a vedere Tom scendendo.»

    «Non è un'ora molto conveniente, mia cara, come credo che la bambinaia ti avrà fatto notare.»

    «Oh, certo» rispose Allie. «Quindi, forse, potrebbe suggerirmi lei quando sarebbe più conveniente che veda mio figlio. In un modo o nell'altro sembra sempre che l'orario sia sbagliato.»

    Lady Marchington posò la sua tazza con gesti misurati. «Temo di non capirti, Alice.»

    «Vorrei vedere Tom al mattino, senza che sia ritenuta una richiesta irragionevole. Vorrei essere con lui quando si sveglia, cambiarlo, fargli il bagnetto e dargli la colazione. Non chiedo molto.»

    «Stai forse sottintendendo che la bambinaia sia, in qualche modo, incapace di soddisfare i suoi bisogni? Ti ricordo che, quando nacque, ebbe cura di Hugo in modo eccellente» fece notare la suocera.

    «Me ne rendo perfettamente conto» rispose Allie esasperata. Non mi è mai stato permesso dimenticarlo, avrebbe voluto aggiungere.

    «E sono certa che ricordi anche che c'è stato un tempo, dopo la nascita di Tom, in cui la sua presenza si è rivelata indispensabile, vero?»

    «Sì, quando ho sofferto di depressione post-partum.»

    «Naturalmente, tu sei ancora afflitta per il nostro amato ragazzo, il che potrebbe spiegare questi tuoi sbalzi d'umore, ma sono certa che il dottor Lennard sarebbe felice di raccomandarti uno specialista che potrebbe aiutarti a superare questo difficile periodo» commentò la donna decisa.

    «Ritiene che volersi occupare del proprio figlio significhi aver bisogno di uno psichiatra?» ribatté Allie.

    «Ci sono diversi livelli di terapia, Alice. E, dopotutto, si tratta solo di un consiglio.»

    Questo significava che la questione era chiusa, e la donna rivolse la propria attenzione alla pila di posta poggiata accanto a lei, come accadeva tutte le mattine. Allie scorse la busta azzurra con il francobollo francese e soffocò un gemito. Una lettera di zia Madelon! Era quella la ragione del sogno della scorsa notte? Forse perché, in qualche modo, tutti i tristi ricordi che aveva disperatamente cercato di seppellire stavano per essere rivissuti? Il cuore le martellava nel petto, ma sapeva che non poteva reclamare la sua lettera. Le cose in quella casa non funzionavano in quel modo. Tutta la posta doveva essere controllata da Grace, prima di arrivare al destinatario. E se lei avesse colto un interesse eccessivo, sarebbe stata capace di portarsi la lettera in questione nel suo salottino privato, lasciando il malcapitato a struggersi per ore, prima di porgergli l'oggetto del suo interesse e osservare con voce melliflua: «Questa dev'essere per te».

    «È una pazzia» si era lamentata una volta Allie con Hugo. «Tua madre è una despota.»

    Suo marito si era limitato a guardarla, sorpreso. «La mamma si è sempre occupata della posta, non vedo quale sia il problema.»

    In realtà Hugo non vedeva nulla come un problema, a parte l'assoluta necessità di avere un erede per la sua adorata proprietà. Quell'idea fissa era stata l'ossessione della sua vita disgraziata. Allie non poteva fare a meno di ritenere tale anche la propria, anche se ormai rammaricarsi non avrebbe certo cambiato le cose. In verità, nel suo intimo, lei dubitava di stare ancora piangendo il marito.

    La sua morte improvvisa e inaspettata era stata uno shock, ma lei sospettava che il proprio smarrimento fosse stato provocato soprattutto dal rimorso di non avere mai amato veramente il marito. Per lungo tempo era rimasta come insensibile, paralizzata nei sentimenti. Poi, lentamente, aveva iniziato a ritrovare se stessa. Ora doveva fare in modo che Grace non la trattasse più come una nullità. Non sapeva ancora come vi sarebbe riuscita, perché sua suocera sembrava possedere tutte le carte vincenti.

    In quelle tragiche settimane dopo la morte di Hugo e la nascita di Tom, Allie si era temporaneamente calata in una sorta di desolato, oscuro limbo. Era stato allora che Grace Marchington si era riappropriata completamente del proprio ruolo di padrona di casa che, in realtà, non aveva mai smesso. Allie, in fondo, non era stata altro che una temporanea usurpatrice, che aveva dato alla famiglia l'erede tanto desiderato. Assolto il proprio compito, era stata messa da parte per permettere a Grace e all'esperta bambinaia di crescere Tom, l'ultimo prezioso rampollo Marchington.

    Ma tutto questo doveva finire, lei non l'avrebbe più permesso.

    Si rese conto che aveva bisogno di conservare le proprie energie per le battaglie che l'attendevano, quindi lasciò che sua suocera si comportasse come la tiranna che era con la posta e rimase immobile, mangiando il suo toast e osservando la donna che esaminava ogni lettera con esasperante lentezza. Per mantenere la calma, si mise a osservare il quadro sulla parete di fronte. Era un ritratto di Hugo commissionato per il suo venticinquesimo compleanno, cioè due anni prima dell'incidente.

    Lady Marchington non era rimasta soddisfatta del risultato, trovandolo solo vagamente somigliante. Allie, invece, riteneva che fosse proprio lui come sarebbe diventato se avesse avuto più tempo. Improvvisamente, sovrapposto, vide un altro viso e il suo cuore sembrò fermarsi. Era più magro, più scuro di carnagione, con un naso marcato e occhi blu gelidi come il mare. Una voce in lei sussurrò un nome che aveva disperatamente cercato di dimenticare, Remy...

    «Questa dev'essere tua, Alice.»

    Sussultò, mentre si rendeva conto che lady Marchington, con le labbra serrate, le stava porgendo la busta azzurra. «Presumo sia da parte di quella tua zia francese. Spero non si tratti di brutte notizie.»

    «Lo spero anch'io» rispose lei, «ma almeno è viva, visto che scrive.»

    Udì un sospiro e si preparò a un rimprovero per la sua frivolezza, ma invece la porta della sala da pranzo si aprì ed entrò la governante.

    «Mi scusi, signora, ma lady Farlow è impaziente di comunicare con lei al telefono. C'è un problema al Garden Club

    «Vengo subito.» Lady Marchington si alzò con espressione risoluta e battagliera sul viso.

    Appena rimase sola, Allie uscì in terrazza e corse ad aprire il cancello che dava sul Cortile della Fontana. Era uno dei suoi luoghi preferiti, con i sentieri di ghiaia, le aiuole di rose e la bellissima fontana centrale, che dava il nome al giardino, con il potente getto d'acqua che ricadeva a cascata sulla statua del feroce Tritone e sulle ninfe. Era strano trovare una statua simile in una casa di campagna inglese, ma era stata disegnata e fatta installare da un precedente sir Hugo che si era innamorato dell'Italia durante un viaggio, e aveva voluto averne un ricordo perenne.

    Allie amava quel luogo appartato, con il suo rassicurante getto d'acqua che faceva sembrare fresca anche la giornata più calda. Sedette su una delle panchine in pietra e aprì la lettera della zia. La scorse in fretta, poi tornò all'inizio e ne rilesse il contenuto con maggiore attenzione.

    Non erano buone notizie, la scrittura era tremante e non sempre facile da decifrare, ma la sostanza era che zia Madelon stava tutt'altro che bene.

    Questa sarà la mia ultima estate a Les Sables d'Ignac. Sono stata felice qui e il mio unico rimpianto è di non avere più potuto godere della tua compagnia. Ormai è passato molto tempo e sarei davvero felice di rivederti, mia carissima bambina. Spero con tutto il cuore che tu possa venire a trovarmi. Ti prego, cara Alys, non dirmi di no e porta anche il tuo bambino. È l'ultimo dei Vaillac e non vedo l'ora di conoscerlo.

    Mio Dio, pensò Allie sgomenta, cosa può esserle mai accaduto? Zia Madelon era sempre stata piena di salute, ma erano trascorsi quasi due anni dall'ultima volta che l'aveva vista. Ormai doveva avere settant'anni, sebbene per aspetto e vigore non li dimostrasse. Solo l'argento nei suoi capelli testimoniava l'inevitabile passare del tempo. L'ultima volta che erano state insieme, i suoi occhi scuri erano ancora pieni di vita e di amore per lei, sua nipote, la sua unica parente vivente. «Non andare, ma chérie» aveva insistito allora. «Non c'è niente per te in Inghilterra. Rimani qui con me.»

    La sua voce si era spezzata e Allie aveva risposto, esitante: «Io... non posso».

    Ora sospirò e rilesse il poscritto alla fine. Le parole correvano in giù sulla pagina, come se la zia fosse stata troppo stanca per riuscire a tenere la penna.

    Alys, ti assicuro che non hai ragione di temere questa visita, non c'è nulla qui che dovrebbe tenerti lontana.

    Con parole schiette, la zia le stava offrendo la

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1