Un tenebroso milionario: Harmony Destiny
By Olivia Gates
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Come gli altri membri della Black Castle Enterpri-ses, anche il milionario Ivan Konstantinov deve fare i conti con un oscuro passato, soprattutto quando si trova a decidere se mettere a rischio la propria vita per salvare quella di Anastasia Shepherd, la donna amata da sempre, persa anni prima.
La passione tra loro esplode di nuovo, inaspettata e potente, e porta con sé un progetto di futuro. Ma i trascorsi di Ivan riemergono violentemente in quello che dovrebbe essere il giorno più felice della loro vita. Il loro amore sarà sufficientemente forte, nonostante tutto?
Olivia Gates
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Un tenebroso milionario - Olivia Gates
successivo.
1
Il suono intermittente e monotono degli strumenti che controllavano i segnali vitali di Anastasia Shepherd divenne rapido e acuto non appena lei riprese conoscenza.
Nonostante il torpore fosse opprimente, non voleva svegliarsi. Preferiva l'oblio del sonno all'incubo in cui si era trasformata la sua esistenza dopo l'agguato di cui suo fratello era rimasto vittima.
Strinse le palpebre per allontanare le macabre immagini. I banditi mascherati, gli spari, la macchia rossa sulla camicia bianca di Alex che collassava al suolo dietro di lei. Il bruciore dei proiettili che attraversavano il suo corpo.
In quegli attimi di shock, Ana aveva percepito – non sapeva come – che non sarebbe morta. Non subito. Aveva compreso inoltre che doveva proteggere suo fratello da altre ferite con quel poco che rimaneva della propria vita. Così, si era gettata su Alex mentre i loro aggressori avanzavano minacciosi.
D'un tratto, li aveva visti crollare a terra uno dopo l'altro, come gli avversari in un videogame, per mano di un esperto giocatore. Il che la spiazzò. Finché non vide lui.
Ivan. L'uomo che l'aveva abbandonata sette anni prima senza dire una parola.
Era piombato su di loro, e prima che lei fosse inghiottita dall'oscurità, lo udì bisbigliare le parole che aveva sempre sognato che pronunciasse.
Sono qui adesso.
Da quel momento, era rimasto al suo fianco. Affrontando con lei le traversie delle ultime tre settimane. Sempre seduto accanto al suo letto come una sentinella, osservandola e provvedendo a ogni sua necessità. Senza rispondere ad alcuna domanda.
«La tua pietà non è più necessaria, Ivan.» Lo strazio e la frustrazione parlarono per lei ancor prima che aprisse gli occhi.
Ivan la ignorò, forse pensando che stesse farneticando. Poi lo sentì avvicinarsi. Sollevando le palpebre pesanti, fu ancora una volta sopraffatta dalla sua prestanza fisica.
Era sempre stato l'uomo più incredibile che avesse incontrato. L'esatta combinazione di qualità che appagavano i suoi gusti e rapivano i suoi sensi. Nel poco tempo in cui erano stati insieme, era stata incapace di togliergli gli occhi di dosso e, tantomeno, le mani e la bocca. Nessun uomo poteva reggere al suo confronto, né prendere il suo posto.
Tuttavia il magnifico trentatreenne che aveva conosciuto un tempo non era niente paragonato al dio greco in cui si era trasformato adesso, a quarant'anni. Ogni suo aspetto, ogni più piccolo dettaglio, ora appariva esaltato, accresciuto a tal punto da toglierle il fiato. Il viso e il corpo forse avevano perso morbidezza divenendo più duri, come se fossero costituiti da puro e impenetrabile acciaio. Non avrebbe potuto trovarlo più affascinante.
Rammentava il primo sguardo che aveva posato su di lui quando Alex glielo aveva presentato. Un nuovo amico, anche lui espatriato dalla Russia, come loro. E lei ne era rimasta attratta come la polvere di ferro da una calamita.
«Anastasia, sei sveglia?» sussurrò incerto, sebbene lei avesse gli occhi aperti, incollati ai suoi. Probabilmente, era accaduto spesso che avesse parlato nel sonno.
Gli rispose premendo il tasto che sollevava il letto per assumere una posizione reclinata. «Evitare le mie domande, senza darmi spiegazioni, non fa che peggiorare la situazione.» Quando aveva creduto che nulla potesse rendere più devastante la perdita di Alex.
Suo fratello, il suo mentore, la sua roccia, se n'era andato per sempre. Lo avevano ucciso. E che lei fosse sopravvissuta era irrilevante e ingiusto. Alex era importante per molte persone da diversi punti di vista. E non conoscere il perché di un tale efferato crimine, né chi fossero i responsabili, la torturava.
Ivan le aveva spiegato di aver portato via dalla scena lei e il fratello prima che le forze dell'ordine o i soccorsi giungessero sul luogo, stabilizzando le loro condizioni fisiche mentre li trasportava dal suo socio, Antonio Balducci, l'unico medico cui avrebbe affidato le loro vite.
Ana era al corrente che Ivan e i suoi partner della Black Castle Enterprises fossero estremamente ricchi e potenti, eppure una tale disponibilità di risorse era davvero sbalorditiva. Ivan era stato in grado d'intervenire prima delle autorità che, evidentemente, non erano state allertate, dato che nessuno era giunto per investigare sull'attentato. Quella clinica all'avanguardia, che surclassava qualsiasi struttura ospedaliera, era ben nascosta e introvabile. E che un'organizzazione di quel calibro fosse sconosciuta la diceva lunga sul loro incommensurabile potere.
Tuttavia, sebbene la fama del dottor Balducci avesse raggiunto persino coloro che non avevano conoscenze mediche, lui era riuscito a salvare solo lei. Antonio le aveva riferito che il provvidenziale intervento di Ivan aveva concesso loro un certo margine di tempo per i soccorsi. Solo Ana, però, era stata in condizione di sopravvivere, per Alex non c'era stata alcuna speranza.
Lei non comprendeva il motivo dell'accaduto. L'attacco, l'improvvisa apparizione di Ivan, tutto ciò che lui aveva fatto da quel momento in avanti. Ogni volta che gli aveva posto delle domande, non aveva fatto che ripeterle di riposare e recuperare le forze, evitando di risponderle.
Ivan – l'unico uomo che avesse mai amato – aveva attraversato la sua vita come una meteora, lasciando dietro di sé solo rovina e distruzione. La sua riapparizione, inattesa e sensazionale, aveva paralizzato le capacità razionali di Ana.
«Spiegami cosa succede, ti prego.»
Il suo sguardo ansioso si rabbuiò come un mare in tempesta nella fioca luce della stanza della clinica, mentre lottava con la propria riluttanza a sottostare al suo volere.
Alla fine, esalò un respiro rassegnato. «Desideravo solo che tu recuperassi le forze senza pensare a dettagli dolorosi e, inoltre, volevo risolvere la situazione prima di raccontarti ogni cosa.» Chinò la testa per un istante. «Mi dispiace se ho reso più pesante la tua angoscia.»
Non gli era passato per la mente che avesse fatto la stessa cosa sette anni prima, volatilizzandosi nel nulla senza una parola?
Forse sì, ma Ivan era sempre stato distaccato, lontano dal resto dell'umanità. Probabilmente, non si rendeva conto di come facesse sentire gli altri, di come le sue azioni influenzassero le persone. Non aveva idea di quanto l'avesse distrutta la sua inspiegabile sparizione, così come la torturava il suo attuale comportamento.
Non era certo risentita perché le aveva salvato la vita. Si era dedicato con tutto se stesso alla sua guarigione. Quella fisica. Ma non aveva considerato quella emotiva e psicologica. Come sempre.
Sollevando maggiormente il letto, Ana avvertì che la ferita sul proprio addome, ora che le avevano ridotto gli antidolorifici, le causava un leggero fastidio.
«Anche a me dispiace, Ivan. L'ultima cosa che voglio è sembrare ingrata dopo quello che hai fatto e fai per me. Ti devo la vita. Adesso, però, ho bisogno di conoscere la verità. Nulla può essere più atroce di quanto è già accaduto, perciò devo sapere per capire ed elaborare i fatti.»
Le sue parole lo lasciarono allibito. Ana aveva ragione. Non aveva considerato il suo punto di vista.
Stringendo i pugni, Ivan annuì. E lei osservò le sue mani forti. Le stesse mani che una volta avevano carezzato e posseduto il suo corpo. Tanto tempo prima, in un'altra vita. In questa nuova realtà, lui non l'aveva più sfiorata da quando le aveva annunciato che Alex era morto.
«Ti dirò ciò che vuoi sapere» acconsentì, infine, con evidente riluttanza. «Prima, però, mi devi fare una promessa.» Ana fece un cenno con il capo. «Non scusarti mai, né sentirti in debito con me. Mai.»
Sembrava quasi che la sua espressione di rammarico e gratitudine lo offendesse. Non avrebbe mai compreso l'enigmatico Ivan Konstantinov. E, in fondo, poco importava. Non si trattava di loro due, ma di Alex. Era importante che lei sapesse perché era stato ucciso e come avrebbe potuto vendicarlo.
Dopo averla scrutata a lungo negli occhi, lui sospirò. «Siete stati assaliti a causa delle scoperte di Alex e di quello che intendeva fare.» Tacque, in attesa che lei dicesse qualcosa. Di fronte al suo silenzio, proseguì. «Sono al corrente del progetto top secret riguardante l'energia alternativa che tuo fratello stava portando avanti per la FuturEn, in collaborazione con l'International Energy Organization, e che tu ne facessi parte come fisica di grande fama ed esperienza. Non è necessario che tu finga di non sapere di cosa parlo.»
Anastasia scosse la testa. «Non è mia intenzione farlo. Non mi sorprende che tu ne sia a conoscenza, ora che ho un'idea più chiara dell'entità del tuo potere. Ciò che, tuttavia, non comprendo è perché Alex sia stato scelto come bersaglio. Assassinato per il suo lavoro. Non era il primo che avesse compiuto progressi in quel campo.»
«Non ne sai niente, eh?» Al suo cenno di diniego, Ivan digrignò i denti. Era evidente che detestasse parlare più del dovuto. «Immaginavo che, come sua collaboratrice e sorella, ti avesse confidato di aver scoperto che i suoi risultati erano stati manomessi sia a livello privato, sia presso la IEA, l'International Energy Agency.»
La rivelazione la colpì come una pugnalata al petto. Si abbandonò all'indietro sui cuscini e lasciò che le lacrime le rigassero il viso.
Accigliato, Ivan si passò una mano tra i folti capelli neri. «Avrà preferito proteggerti e denunciare la frode senza coinvolgerti. Evidentemente non pensava che i responsabili di tale atto avrebbero deciso di farlo tacere per sempre.»
Le sfuggì un singulto. «Come hai scoperto tutto questo quando neppure io sospettavo nulla?»
La sua avversione a riferirle informazioni irrigidì i suoi lineamenti. «Ho i miei canali, Anastasia.»
Non ne dubitava. Era considerato il re della cibernetica, e questo significava che aveva occhi, orecchie e mani ovunque, in tutto ciò che faceva girare il mondo.
«Se avevi scoperto che intendevano liquidarlo, perché non hai avvertito Alex? O lo hai fatto e lui non ti ha creduto?»
«Alex è stato molto attento a coprire le proprie tracce mentre indagava sui colpevoli e raccoglieva prove contro di loro. Talmente attento, che persino io ho faticato a rintracciarlo finché non ha convocato una riunione con tutti i principali partecipanti al progetto, senza dubbio per smascherarli. Solo allora ho messo insieme tutti pezzi del puzzle.»
Ana si mordicchiò un labbro. «La riunione alla quale mi disse che si sarebbe recato da solo.»
«Voleva tenerti a distanza da possibili ripercussioni legali o professionali. È chiaro che non aveva valutato quanto fosse rischioso esporsi. Non immaginava che sarebbero arrivati a tanto.» Contrasse la mandibola e i suoi intensi occhi color smeraldo si fecero più torbidi. «Nel poco tempo a mia disposizione, avevo due opzioni. Avvertire la polizia con accuse infondate e costringerli a proteggere Alex il più rapidamente possibile. O intervenire io stesso, come unico in grado di offrirgli una copertura totale e permanente. Cercai di mettermi in contatto con lui per avvisarlo di non muoversi finché non fossi riuscito a tirarlo fuori dai guai. Gli ho spedito messaggi senza alcun risultato. E, sebbene sospettassi che tu non fossi con lui, ho tentato di chiamare anche te. Nemmeno tu mi hai risposto.»
«Lui teneva sempre il cellulare in modalità silenziosa, io in vibrazione. Quella mattina, però, non ho neppure guardato il telefono. Ero troppo occupata a raggiungerlo prima che lasciasse la riunione.»
«Ho rischiato d'impazzire quando non sono riuscito a contattare nessuno dei due per avvisarvi.»
«Come hai fatto a raggiungerci in tempo?»
La sua espressione si fece ancora più torva. «Non sono arrivato in tempo.»
«Quasi...»
«Il quasi non conta. Non sono riuscito a salvare Alex.»
Anastasia inghiottì un altro nodo di devastante angoscia. «Ciò che intendo è che tu dovevi essere molto vicino per raggiungerci così rapidamente.»
«La sede della Black Castle, con il mio appartamento sopra di essa, si trova a mezz'ora dal vostro laboratorio. Sono arrivato in elicottero.»
Era stata a un passo da lui e, per tutti quegli anni, aveva pensato che fosse tornato in Russia, o che stesse girando per il mondo, senza mai fermarsi come aveva sempre fatto. Era stato tanto vicino e non si erano mai incontrati? Magari era capitato e Ivan si era nascosto. Forse era quello il motivo per cui, a volte, aveva avvertito la sua vicinanza.
«Mentre stavo per raggiungervi, ho captato il segnale GPS dei vostri cellulari nello stesso punto» proseguì. «Mi si è gelato il sangue nelle vene quando ho visto che eravate insieme... sapevo che, durante questa fase della ricerca, lavoravate in laboratori diversi.»
Lei annuì, sbalordita dall'accuratezza della sua conoscenza della loro routine,