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Scintille in reparto: Harmony Bianca
Scintille in reparto: Harmony Bianca
Scintille in reparto: Harmony Bianca
Ebook148 pages1 hour

Scintille in reparto: Harmony Bianca

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About this ebook

Paddington Children Hospital 1/6
Benvenuti al PADDINGTON CHILDREN HOSPITAL, dove i migliori medici di Londra combattono ogni giorno per salvare i loro piccoli pazienti e trovare l'amore.

Mentre lottano fianco a fianco per salvare il Paddington Children Hospital, il paramedico Victoria Christie e il dottor Dominic MacBride non perdono occasione di stuzzicarsi l'uno con l'altro. Finché una sera scoprono un nuovo modo per allentare la tensione... trasformando un'accesa lite in un momento di appassionato abbandono.
Dominic è arrivato al Paddington Hospital per dimenticare un tradimento e non ha alcuna intenzione di innamorarsi di nuovo. Ma quando Victoria gli rivela di essere incinta, si sorprende a riconsiderare la propria condizione di single convinto.
Ora Dominic ha altri due buoni motivi per lottare: l'unica donna in grado di fargli perdere la ragione e il loro bambino!

LanguageItaliano
Release dateJun 19, 2018
ISBN9788858983119
Scintille in reparto: Harmony Bianca
Author

Carol Marinelli

Nata e cresciuta in Inghilterra, ha conosciuto il marito durante una vacanza in Australia.

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    Scintille in reparto - Carol Marinelli

    successivo.

    1

    «Ciao, carina!»

    Victoria sorrise amichevolmente mentre precedeva Glen nel soggiorno e si dirigeva verso il divano sul quale stava sdraiata la piccola Penelope Craig, chiamata familiarmente Penny.

    In altre circostanze due paramedici in camice verde che entravano in una casa avrebbero spaventato una bimba di sei anni, ma la piccola Penny era abituata a quelle visite.

    «Victoria!»

    Pur essendo malata, la bimba si sollevò un poco e i suoi grandi occhi castani brillarono di gioia. Era chiaramente felice per il fatto che fosse la sua infermiera preferita ad accompagnarla al Paddington Children Hospital, o il Castello, come veniva generalmente chiamato.

    «Sperava che la portassi tu» disse Julia.

    Victoria le sorrise, poi andò a sedersi sul bordo del divano per chiacchierare con la sua piccola paziente. «Sì, proprio l'altro giorno stavo pensando che non ti vedevo da un po' di tempo.»

    «Stava bene ultimamente» osservò Julia.

    La conversazione proseguì mentre Victoria ascoltava le informazioni di Julia e allo stesso tempo visitava Penny.

    Penelope Craig era nata con un raro difetto cardiaco e aveva passato gran parte della sua vita come paziente del Castello, ma da qualche tempo sembrava che godesse di buona salute. I suoi capelli neri erano raccolti in due treccioline e portava un pigiama sotto il piccolo tutù rosa, il suo indumento preferito.

    Un giorno sarebbe diventata ballerina. Lo raccontava a tutti.

    «La mamma ha detto che oggi non ti senti bene» commentò Victoria mentre le controllava il polso.

    «Sì, ho nausea e febbre.»

    Molti bimbi avrebbero detto semplicemente che si sentivano male, ma Penny aveva passato così tanto tempo in ospedale che sapeva descrivere i propri sintomi con precisione.

    In effetti aveva la febbre e il suo cuoricino batteva rapidamente mentre Victoria controllava i parametri vitali.

    «La stanno aspettando all'unità cardiaca» annunciò Julia.

    Il ricovero non era urgente, ma considerati i precedenti di Penny l'ospedale aveva mandato un'ambulanza, e Victoria stava eseguendo una visita preliminare.

    «Ma prima vorranno fare una radiografia al Pronto Soccorso» aggiunse Julia.

    Cosa che avrebbe potuto comportare un problema.

    Il Pronto Soccorso non amava essere usato come centro per l'ammissione dei pazienti all'ospedale, benché spesso Victoria praticasse quella procedura. Tre giorni prima si era ritrovata a discutere con Dominic MacBride, un chirurgo pediatrico.

    Sperò che quella sera non fosse al Pronto Soccorso, poiché tendevano a scontrarsi ogni volta che lei portava un paziente.

    Ma di solito al Paddington le cose andavano meglio che in quasi tutti gli altri ospedali. Il personale era gentile e i vari reparti comunicavano fra loro.

    E la piccola Penny era una star!

    «Hai dei bellissimi orecchini» osservò la bimba quando Victoria ebbe finito di misurarle la pressione.

    «Grazie.»

    Di solito Victoria non portava gioielli durante il lavoro. Non erano pratici, poiché non sapeva che cosa le avrebbe riservato la giornata. Ma i suoi lunghi capelli castani erano raccolti come sempre in una crocchia e non portava trucco. Così i minuscoli brillanti che luccicavano al lobo dell'orecchio risaltavano maggiormente.

    Penny era pronta per il trasporto. Quando i bambini erano piccoli, di solito Glen e Victoria li portavano in braccio per non spaventarli. Ma una volta Victoria aveva descritto la barella come un trono e Penny, che amava le favole, aveva deciso che le piaceva.

    Volle salire sulla lettiga da sola e Julia indugiò un momento per accertarsi di avere preso tutti gli oggetti preferiti della figlia. Sapevano per esperienza che un rapido salto al Paddington poteva divenire una lunga permanenza.

    «Sei pronta per partire?» domandò Victoria.

    Penny fece il consueto segno con il pollice alzato.

    La primavera era ancora lontana e, sebbene non fosse tardi, era già scesa la sera.

    «Stai cominciando o finendo il turno?» domandò Julia mentre Victoria si sedeva nel retro dell'ambulanza con loro.

    «Finendo» rispose lei.

    «Hai progetti per stasera?»

    «Niente di speciale» rispose Victoria, quindi si concentrò su Penny.

    Per la verità aveva un appuntamento.

    Un secondo.

    E si chiedeva perché l'avesse accettato, dato che il primo non l'aveva entusiasmata granché.

    Oh, sì, avevano chiacchierato e lui aveva detto che non si poteva pretendere troppo da un primo appuntamento.

    In ogni caso non intendeva parlarne a Julia. Victoria non parlava mai delle sue questioni private.

    Per quanto riguardava i suoi rapporti con la gente, aveva certi principi. Sicura di sé ma non inavvicinabile, amichevole ma non troppo.

    Ai pazienti non importava. Anzi, apprezzavano la sua professionalità.

    Gli stessi principi governavano la sua vita sociale, anche se preferiva ascoltare piuttosto che parlare.

    Victoria contava soltanto su se stessa.

    Lavorava con Glen da due anni e le era occorso molto tempo per aprirsi con lui. Glen era un padre di famiglia che non si offendeva per i modi a volte bruschi di Victoria e amava conversare. Felicemente sposato con Hayley, aveva quattrocento bambini...

    Be', in realtà erano quattro.

    Ma se a Glen piaceva parlare di sua moglie, dei bambini e dei piccoli eventi della giornata, Victoria, al contrario, non aveva quell'abitudine. Non avrebbe certamente parlato alla madre della sua paziente della propria vita sentimentale. O meglio, della mancanza di una vita sentimentale.

    Come faceva di solito, Julia raccontò a Penny una storia mentre l'ambulanza procedeva nel traffico di venerdì sera. Non usavano i lampeggianti e le sirene, non ce n'era bisogno e Penny non li chiedeva. C'era troppo abituata.

    «Sembra il castello di una fiaba» disse la bimba quando il Paddington fu in vista.

    In effetti il grande edificio vittoriano aveva una torre e Victoria si sorprese a sorridere per la descrizione di Penny.

    Aveva pensato la stessa cosa quando era piccola.

    Ricordava di essere stata seduta sul sedile posteriore della macchina di suo padre mentre lui guidava verso un impegno di lavoro.

    «Perché lo è» asserì, facendo sorridere la bimba.

    «È la sua seconda casa» osservò Julia.

    Era stato una seconda casa anche per Victoria.

    Ne conosceva ogni corridoio, ogni angolo. La torre che Penny stava guardando era accessibile mediante una porta nascosta dietro lo schedario dei pazienti alla reception. Un tempo era stata il suo luogo preferito.

    S'infilava nella porta quando nessuno la guardava e saliva la scala a chiocciola fino alla sommità della torre. Poi danzava o giocava a fingere di essere una principessa.

    A volte lo faceva ancora.

    Be', non faceva più giochi di finzione, ma a volte sgusciava via senza dare nell'occhio e dall'alto della torre guardava l'immensa distesa di Londra come una regina che contemplasse il suo regno.

    «È un vero peccato che vogliano chiuderlo» sospirò Julia.

    «La decisione non è ancora definitiva» ribatté Victoria, anche se non si sentiva molto convinta.

    Il progetto di fondere il Paddington con il Riverside, un moderno ospedale nei pressi della city, stava procedendo inesorabilmente verso la conclusione.

    Da qualche giorno un gruppo di oppositori si riuniva per protestare, agitando cartelli per salvare l'ospedale.

    Ora il padre di Victoria lavorava al Riverside. Le loro vere conversazioni riguardavano soltanto il lavoro. Il giorno precedente aveva ricevuto un premio e Victoria aveva assistito alla cerimonia. In seguito suo padre le aveva rivelato che la fusione dei due ospedali era ormai in dirittura d'arrivo.

    Certo, il bell'edificio del Paddington era un'ambita proprietà immobiliare.

    Come sempre, era una questione di soldi.

    «Non voglio che chiuda» dichiarò Penny mentre l'ambulanza si fermava sotto le vivide luci del parcheggio. «Qui mi sento sicura.»

    Le parole della bimba trovarono un'immediata eco nel cuore di Victoria.

    Era così che si era sentita quando veniva abbandonata in quel luogo.

    Sì, abbandonata.

    Le assenze di suo padre a volte si erano prolungate per ore. Ma sebbene sola, Victoria si era sempre sentita sicura.

    «Non voglio che chiuda» ripeté Penny.

    «Lo so, cara» rispose Victoria. «Ma il Riverside è un ospedale meraviglioso e anche là il personale è molto gentile.»

    «Non è la stessa cosa.»

    Penny scosse la testa e i suoi occhi grigi luccicarono di lacrime.

    «Non preoccuparti, non accadrà» replicò Victoria, cercando di rassicurarla.

    In realtà l'eventualità di una chiusura le sembrava ogni giorno più probabile. E il pensiero la faceva soffrire.

    «Penny!» Karen, un'infermiera di turno, riconobbe subito la bimba. «Spero che tu non sia venuta fin qui soltanto per vedermi.»

    «No, no.»

    Penny gorgogliò una risatina, ma mentre Victoria si accingeva ad affidarla allo staff, Karen ricevette una chiamata urgente.

    «Non importa, possiamo aspettare» disse Victoria.

    Attesero in corridoio mentre Glen chiacchierava con Julia e Victoria cominciava a compilare i moduli per l'ammissione.

    Lui era là. Lo sapeva.

    E sebbene avessero litigato, sebbene si fosse detta che quella sera preferiva non vederlo, Victoria aveva mentito con se stessa.

    Voleva vederlo.

    Dominic MacBride lavorava al Paddington da qualche mese.

    Veniva da Edimburgo e il suo accento scozzese le faceva tremare le gambe. O forse dipendeva dai suoi occhi azzurri e dai capelli neri arruffati?

    O soltanto da lui?

    Non riusciva a capire perché Dominic l'attirasse così tanto. Maltrattava i paramedici e litigava con lei.

    E pretendeva sempre di averla vinta.

    «Ci siamo» bisbigliò Glen, riferendosi alla discussione fra Dominic e Victoria di tre giorni prima.

    Il medico puntò diritto verso di loro.

    «Vi hanno già visti?» chiese a Victoria.

    «Sì, grazie» rispose lei. «Karen si occupa di noi. Tornerà fra poco.» Mentre riprendeva a compilare il modulo, aggiunse: «È un'ammissione diretta, ma

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