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Il Natale del milionario: Harmony Jolly
Il Natale del milionario: Harmony Jolly
Il Natale del milionario: Harmony Jolly
Ebook150 pages2 hours

Il Natale del milionario: Harmony Jolly

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About this ebook

Quando Kristen Anderson chiede al milionario Dean Suminski di sovvenzionare il suo progetto di aiuti nel Terzo mondo, lui accetta di buon grado, ma vuole una contropartita: lei dovrà accompagnarlo a un esclusivo party di Natale. Dean, sotto i suoi modi bruschi, ha un animo ferito e valide ragioni per detestare quella ricorrenza, ma Kristen spera di poter fare breccia tra le sue difese con un magico bacio sotto il vischio.
LanguageItaliano
Release dateDec 20, 2017
ISBN9788858974766
Il Natale del milionario: Harmony Jolly
Author

Susan Meier

Americana dell'Iowa, riesce a conciliare i suoi interessi con la famiglia e l'attività di scrittrice.

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    Il Natale del milionario - Susan Meier

    successivo.

    1

    Sentendo il campanello dell'ascensore che arrivava al piano terra del prestigioso hotel di Parigi, Kristen Anderson si sentì battere forte il cuore. Si voltò verso la porta, preparandosi a parlare.

    Ne uscirono due americane di mezza età.

    Kristen non ebbe nemmeno il tempo di sentirsi delusa, perché qualcuno le toccò la spalla e le disse qualcosa in francese, una lingua che non conosceva.

    Si girò e vide un uomo vestito in completo blu, senza dubbio l'impiegato della reception.

    «Mi spiace, non parlo francese» disse in inglese, perché la sua lingua madre, il grennediano, non era parlata da quasi nessuno, all'estero.

    Il campanello dell'ascensore suonò di nuovo e Kristen si voltò di scatto verso di esso.

    «Signorina, posso chiederle chi sta aspettando?» le chiese l'impiegato, in perfetto inglese.

    Lei indicò l'uomo alto dalle spalle larghe che stava uscendo dall'ascensore. «Lui.»

    Fece due passi verso Dean Suminski, direttore esecutivo e presidente della Suminski Stuff, ma l'impiegato tentò di trattenerla per un braccio. «Non può disturbare i nostri ospiti.»

    Attraversando la hall verso l'uscita, Dean Suminski si infilò un cappotto grigio scurissimo. Guardava verso il basso e lei ebbe l'impressione che fosse un modo per ignorare chiunque gli stesse intorno.

    Ma non si sarebbe fatta intimidire da così poco. Convincerlo a venire a Grennady e valutare se trasferirvi la sua azienda era la missione che si era prefissata. Inoltre, avvicinarlo e parlargli le sarebbe servito come esercizio per il futuro, quando avrebbe contattato ogni giorno persone come lui per la sua associazione benefica.

    «Mi spiace» disse, liberandosi con calma ma con decisione dalla stretta dell'impiegato. «Un giorno dovrò costruire scuole in Paesi in via di sviluppo. Devo imparare a chiedere quello che voglio.»

    Fece un altro passo verso l'uomo in grigio.

    «Signor Suminski!»

    Lui la ignorò completamente.

    «Signor Suminski» ripeté, seguendolo verso la porta. «Mi servono solo due minuti del suo tempo.»

    Con la coda dell'occhio, vide l'impiegato della reception fare un cenno a un uomo grande e grosso che si trovava in fondo alla sala. Nel frattempo, però, Suminski uscì dall'ingresso e lei lo seguì, raggiungendolo quando si fermò accanto a una limousine.

    «Soltanto due minuti, per favore.»

    Nel silenzio di quella fredda mattina di dicembre, davanti all'ingresso di un hotel centrale ma situato un po' in disparte dal traffico di Parigi, lui sospirò.

    Poi si voltò verso Kristen. «Chi è lei?»

    Quando gli occhi scuri di lui si soffermarono sul suo viso, Kristen si sentì mancare il respiro. Suminski aveva la fronte alta, il naso diritto e zigomi pronunciati, che davano qualcosa di affilato e implacabile al suo viso, e non una ciocca dei suoi capelli corvini era fuori posto.

    Vedendo che lei non rispondeva, lui disse: «Bene», e fece per voltarsi verso l'auto.

    «Mi chiamo Kristen Anderson» si affrettò a dire lei, interrompendosi per prendere una boccata d'aria quando si accorse che il suo tono era un po' stridulo. Poi ricominciò, con voce più tranquilla e decisa. «Grennady vorrebbe che lei prendesse in considerazione di trasferire da noi la sua azienda.»

    Lui la guardò di nuovo. «Il principe Alex sa già che non sono interessato.»

    Il principe Alex era il marito della datrice di lavoro di Kristen, la principessa Eva. Come assistente esecutiva della futura regina di Grennady, Kristen sapeva già che Alex non aveva voluto includere la Suminski Stuff nell'elenco delle società hi-tech che stavano contattando per risollevare l'economia del Paese. Tuttavia, a questo punto, non restavano molte candidate.

    «È per questo che non figurava nell'elenco?»

    Lui le rivolse un sorriso che non aveva niente di amichevole. «C'è un elenco?»

    «C'era.»

    «Immagino che siate arrivati inutilmente in fondo all'elenco, se hanno mandato lei a intercettarmi qui.»

    Kristen deglutì. Quegli occhi scuri troppo intensi la scrutavano come se fossero in grado di leggerle nel pensiero. Aveva sentito dire che quell'uomo era abilissimo a valutare i suoi interlocutori. Rimasto orfano a quattro anni, allevato da una nonna che lo considerava un peso, aveva cominciato a giocare ai videogiochi per distrarsi. Si era diplomato a soli quattordici anni e poi si era laureato in economia, perché aveva già studiato programmazione da autodidatta. Era brillante e arrogante.

    Ed era anche la loro ultima possibilità.

    Kristen si fece coraggio. «Se potesse dedicarmi due minuti del suo tempo, potrei convincerla a prendere in considerazione l'idea di trasferirsi a Grennady.»

    «Non ho in programma di trasferire la mia società.»

    «Sbaglia e se mi lascerà parlare gliene spiegherò i motivi.»

    Lui aggrottò la fronte e per un attimo Kristen si sentì intimorita. Forse il principe Alex aveva avuto buoni motivi per non volerlo includere nell'elenco. Forse lei stava commettendo un errore, parlando con lui. Forse, anche se Grennady aveva bisogno di sviluppare il settore hi-tech per dare impiego ai suoi giovani altamente qualificati, la Suminski Stuff non era la risposta.

    Indietreggiò di un passo. «Bene, mi spiace di averla disturbata. Buona giornata.»

    Lui inclinò il capo di lato. «Si sta arrendendo? Pensavo che avrebbe resistito di più.»

    Kristen aggrottò la fronte, confusa. «Co... cosa?»

    «È venuta fin qui a Parigi» le disse lui. «Ha trovato il coraggio di corrermi dietro gridando in una hall di un albergo di lusso. E poi, quando finalmente ha la mia attenzione, si arrende?» Le sorrise. «Peccato.»

    Si voltò per andar via, ma lei lo trattenne per un braccio. «Cosa avrebbe fatto, al mio posto?»

    Gli occhi scuri di Dean incontrarono i suoi e lei deglutì di nuovo. Accidenti, era sciocco sentirsi intimorita da lui solo perché era ricchissimo. E alto. E affascinante. E la guardava in un modo che le metteva i brividi.

    «Okay» gli disse, cercando di usare un tono deciso. «Vorrei che mi ascoltasse per quindici minuti.»

    «Non erano due minuti?»

    «Mi riferivo alla versione senza le fotografie.»

    Lui alzò il viso verso il cielo azzurro e poi guardò di nuovo Kristen. «Va bene. Salga in automobile. Sto andando all'aeroporto. Avrà a disposizione tutto il tragitto per parlarmi.»

    Lei si sentì animare di nuova speranza. Forse Suminski non era poi tanto male. «Davvero?»

    Lui indicò la limousine nera che lo aspettava. «Lezione numero uno: non metterti mai a discutere quando ti capita un colpo di fortuna.»

    L'autista aprì la portiera e Kristen entrò senza esitare, prendendo posto sui comodi sedili di pelle.

    Dean Suminski le si sedette accanto. Passò qualche secondo di silenzio mentre l'autista prendeva posto dietro al volante. Nel frattempo, Dean aveva estratto il cellulare e stava digitando un messaggio.

    Mentre l'automobile partiva, Kristen disse: «Immagino che sappia già qualcosa su Grennady».

    «Signorina Anderson, ho una grande azienda internazionale e conosco chi gestisce le risorse mondiali. Ho conosciuto il principe Alex di Xaviera qualche anno fa e quando si è sposato ho fatto qualche ricerca.»

    «Perché le interessava chi ha sposato?»

    Lui ridacchiò. «Lei investirebbe in una regione instabile?»

    «Ma questo non c'entra con il matrimonio di Alex. E poi, quella regione è sempre instabile.»

    «È un'instabilità controllata, grazie a persone come il padre del principe Alex, re Ronaldo. Volevo assicurarmi che il matrimonio di Alex non intaccasse la sua posizione.»

    Lei annuì. «Quindi sa che il nostro Paese è ben governato.»

    «All'inizio dell'anno, un colpo di stato ha quasi rovesciato re Mason.»

    «Ma il golpe è fallito. Il re ha sempre avuto la situazione sotto controllo.» Poi, vedendo l'espressione di Dean, si corresse: «Be', adesso l'ha sotto controllo».

    «Questo è vero.»

    «Stiamo vivendo una specie di Rinascimento e lei potrebbe avvantaggiarsene.»

    «Gli affari mi vanno già a gonfie vele. Non mi serve altro.» Il suo cellulare squillò e lui lo prese subito. «Mi scusi, ma pochissime persone hanno questo numero. Deve essere importante.» Si portò l'apparecchio all'orecchio. «Pronto?» Una pausa. «Bonjour, Maurice! Je suis désolé. Je dois partir plus tôt que prévu...»

    Kristen aggrottò la fronte, sentendolo parlare in francese. Lei conosceva solo l'inglese, oltre al grennediano, ma avrebbe dovuto studiare altri idiomi, se voleva gestire un'associazione benefica internazionale.

    Mentre lui parlava, Kristen si guardò intorno nell'automobile. Era abituata a viaggiare in limousine con la principessa, ma stavolta era diverso: non era la segretaria di una persona importante, ma un'interlocutrice.

    Se non altro, Dean la stava prendendo sul serio e lei provava una grande soddisfazione a fare il primo passo verso la vita e il lavoro che desiderava davvero. Anche se le piaceva l'incarico che le aveva affidato la principessa Eva, aveva una laurea in economia e un grande sogno.

    Quando era al liceo, aveva un'amica di penna: Aasera era sua coetanea che viveva in Iraq. I suoi tre fratelli erano andati a scuola, ma lei e le sue due sorelle no. Aasera non si era persa d'animo e aveva studiato come autodidatta, usando i libri dei suoi fratelli.

    Era una ragazza coraggiosa e decisa. Aveva sempre pensato che il suo Paese sarebbe stato diverso se le donne fossero state istruite e aveva sognato di contribuire alla loro istruzione. Quando era morta tragicamente in un bombardamento, Kristen aveva giurato a se stessa di trasformare quel sogno in realtà.

    Si stava preparando da anni e ora cominciava finalmente a pensare che ce l'avrebbe fatta.

    Dean riagganciò. «Mi scusi.»

    «Non c'è problema.»

    Non aveva nemmeno finito di parlare, quando il cellulare di lui suonò di nuovo. Lui le fece un gesto di scuse.

    «Mi spiace, devo rispondere.»

    Stavolta, lei lo sentì parlare fluentemente spagnolo. Per ingannare il tempo, guardò fuori dal finestrino, ammirando la bellezza di Parigi, i caffè all'aperto dai tavolini affollati nonostante il freddo della mattina.

    Non riusciva quasi a credere di aver avuto il coraggio di utilizzare i propri risparmi per venire a cercare Dean Suminski, ma adesso era a Parigi e stava parlando con lui alla pari. Dopo tre anni come segretaria di Eva, si sentiva pronta a passare a qualcosa di nuovo.

    Lui continuava a conversare al telefono, mentre gli edifici si diradavano sempre più intorno a loro. All'improvviso, apparve un piccolo aeroporto privato, con qualche hangar grigio e azzurro. Sulle piste c'erano cinque aerei, da uno piccolissimo a uno abbastanza grande da ospitare l'intero parlamento di Grennady.

    Dean Suminski era ancora al telefono quando la limousine si fermò di fronte a uno degli aerei più piccoli. Continuò a parlare mentre l'autista apriva la portiera e, sempre col cellulare appiccicato all'orecchio, le fece segno di scendere dall'auto.

    Solo quando l'ebbe raggiunta, chiuse la comunicazione. «Non

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