Scandalo reale: Harmony Destiny
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Michelle Celmer
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Scandalo reale - Michelle Celmer
Capitolo
1
PER ESSERE UNA scienziata, Olivia Montgomery era una donna attraente.
Anche se non rientrava nei canoni stereotipati della bellezza, quanto meno vista da lontano, e appariva del tutto diversa da come se l’era aspettata il principe Aaron.
Dalla finestra del suo ufficio, la osservò mentre fissava il castello, con un’espressione stupita sul volto a forma di cuore, la bella bocca atteggiata in una O perfetta e i grandi occhi sgranati.
Immaginava che a una donna non capitasse tutti i giorni di sentirsi chiedere di sconvolgere la propria vita, trasferirsi in un castello per un periodo di tempo indeterminato e fare ricorso alla propria erudizione per salvare un intero paese da una totale rovina finanziaria.
Naturalmente, da quello che aveva letto, la vita della loro nuova ospite esulava dalla norma. Non era da tutti conseguire il diploma di quinta liceo a quindici anni, laurearsi a venti e, a ventiquattro, essere già un’apprezzata pioniera nel campo della genetica botanica. Da parte sua, non le avrebbe dato un giorno di più di diciotto anni, in parte grazie ai lunghi capelli castano scuro raccolti in una coda di cavallo, e allo zaino che portava appeso a una spalla.
Rimase a osservare mentre Derek, il suo assistente, l’accompagnava nel castello, quindi andò ad aspettarli seduto alla sua scrivania, in preda a un’inconsueta trepidazione. Gli avevano assicurato che, nel campo della genetica botanica, lei era la migliore, e questo significava che poteva essere benissimo la loro ultima speranza.
Una successione infinita di specialisti non era riuscita a individuare, o a eliminare, il batterio che infestava i loro raccolti. Una malattia che aveva colpito per primi i campi del settore orientale, e si era diffusa non soltanto a buona parte dei terreni appartenenti alla famiglia reale, ma di recente era stata riscontrata anche in alcune delle fattorie circostanti. Se l’epidemia fosse cresciuta incontrollata, gli effetti avrebbero potuto provocare la rovina finanziaria della loro economia, basata soprattutto sull’agricoltura.
La sua famiglia, diamine, l’intera Thomas Isle, faceva affidamento su di lui perché trovasse una soluzione.
Quando si diceva essere sottoposti a pressione... Aaron era abituato a pensare che il fratello maggiore, Christian, il principe ereditario, avesse vita dura, con la prospettiva di dovere un giorno assumere il governo del paese, oltre alla responsabilità di sposarsi e di mettere al mondo un erede. Invece, era rimasto sorpreso perché, dopo un inizio un po’ traballante, Chris sembrava trovarsi del tutto a suo agio nel nuovo ruolo di marito.
Ad Aaron il pensiero di legarsi a un’unica donna per il resto della sua vita metteva i brividi. Non che non amasse le donne. Anzi, amava un sacco di donne diverse. E quando una perdeva lo smalto della novità, gli piaceva avere la possibilità di passare a un’altra. Anche se, adesso che Chris era felicemente sposato, la loro madre, la regina, dimostrava un interesse attivo e snervante per la sua vita sentimentale. Non si era mai reso conto che ci fossero così tante giovani di sangue reale in età da marito, e sua madre sembrava decisa ad accasarlo con una qualunque delle molte.
Alla fine avrebbe capito che, per quanto tramasse e complottasse, lui non si sarebbe lasciato trascinare davanti a un altare. Quanto meno se lo augurava. Sua madre avrebbe fatto meglio a occuparsi di sistemare le sue sorelle gemelle, Anne e Louisa.
Passarono diversi minuti prima che bussassero alla porta del suo ufficio. Derek aveva senza dubbio spiegato alla loro ospite l’etichetta a cui attenersi quando si incontrava un membro della famiglia reale.
«Avanti!» gridò.
La porta si aprì e Derek entrò, seguito dalla signorina Montgomery. Aaron si alzò dalla poltrona e, andandole incontro, notò che era piuttosto alta. Tenendo conto che lui superava il metro e ottanta, i loro occhi erano quasi al medesimo livello. Quanto alla sua figura, era difficile intuirla, nascosta com’era da un paio di larghi pantaloni beige e un maglione sformato, anche se dava l’impressione di essere snella. Troppo snella. Perfino spigolosa.
Mancavano il camice da laboratorio e gli occhiali dalle spesse lenti che si associavano di solito a uno scienziato. Non era truccata e non aveva gioielli, insomma era alquanto normale, anche se molto femminile. Di una bellezza semplice, di una grazia da adolescente. Comunque, a venticinque anni era decisamente una donna.
«Altezza, mi permetta di presentarle la signorina Olivia Montgomery, dagli Stati Uniti» esordì Derek, quindi si rivolse a lei. «Signorina Montgomery, mi permetta di presentarle il principe Aaron Felix Gastel Alexander di Thomas Isle.»
La signorina Montgomery tese la mano ma, accorgendosi dell’errore, la ritirò di scatto e si esibì invece in un inchino, alquanto goffo e barcollante, con le guance che assumevano una deliziosa sfumatura rosea. «È un onore essere qui, signore... cioè, Altezza.»
La sua voce era più melodiosa di quanto si fosse aspettato. Bassa, flautata, un po’ sexy.
Aaron aveva sempre trovato affascinante l’accento americano.
«L’onore è mio» rispose, tendendo la mano. Dopo un attimo di esitazione, lei l’accettò e gliela strinse. La sua mano era affusolata, con lunghe dita, che si avvolsero intorno alle sue in una stretta decisa.
Lo fissava con occhi di una sfumatura intrigante, non del tutto castani, non del tutto verdi, e così grandi e curiosi da dare l’impressione di occupare metà volto.
Tutto in lei era un po’ eccessivo e sorprendente.
In ogni caso non era il suo tipo. Lui preferiva le donne minute e morbide in tutti i punti giusti. Non particolarmente intelligenti perché non gli interessava fare conversazione. Meno cervello avevano, meno erano le probabilità che si affezionasse a loro. A patto che sapessero giocare a golf o a squash. Meglio ancora se sapevano andare in barca a vela o erano esperte scalatrici.
La signorina Montgomery non gli sembrava un tipo atletico.
«Se ha bisogno di me, Altezza, sono nel mio ufficio» disse Derek prima di eclissarsi.
Aaron era pronto a giurare di aver visto la signorina Montgomery trasalire quando la porta si era richiusa con un colpo secco alle sue spalle.
«La prego, si accomodi» la invitò, indicandole la sedia di fronte alla sua scrivania.
Lei posò lo zaino sul pavimento al suo fianco e si sedette sul bordo della sedia, stringendo le mani in grembo, per poi aprirle e farle scivolare ai lati delle cosce e sotto le gambe. Era tutt’altro che a suo agio.
«Chiedo scusa per essere arrivata in ritardo.»
Aaron si sedette su un angolo della scrivania. «Ho saputo che le condizioni atmosferiche non erano delle migliori.»
«Già, è stato un volo pieno di scossoni. E io non amo volare, neanche con il bel tempo. Tanto che potrei decidere di tornare a casa via mare.»
«Posso offrirle qualcosa da bere, signorina Montgomery?»
«No, grazie. E la prego, Altezza, mi chiami pure Liv, come fanno tutti quanti, peraltro...» mormorò lei.
«D’accordo, Liv. Considerando che passeremo parecchio tempo insieme, dovremmo darci del tu. Il mio nome è Aaron.»
Lei esitò un attimo prima di chiedere: «È... è consentito?».
«Ti posso assicurare che non infrangiamo nessuna legge.»
Liv annuì. La sua testa era sorretta da un collo lungo ed esile. E la sua gola era di quelle fatte per essere accarezzate e mordicchiate. Aaron non avrebbe saputo spiegarsi perché, ma non la vedeva come un tipo che si lasciasse mordicchiare. Tutto in lei diceva che era timida e repressa. Avrebbe potuto insegnarle una o due cosette .
Non che intendesse farlo. O che ne provasse il desiderio.
Be’, forse un po’, ma solo per pura e semplice curiosità.
«La mia famiglia si scusa per non aver potuto essere qui ad accoglierti. Sono in Inghilterra, dove mio padre deve farsi visitare dal suo cardiologo. Saranno di ritorno venerdì.»
«Sono impaziente di conoscerli» disse Liv, anche se il suo tono era più diffidente che entusiasta. Non aveva nessun motivo di essere apprensiva. Nella storia del regno di suo padre, la visita di Olivia era forse la più attesa e apprezzata. Non che lei offrisse i suoi servizi gratis. Avevano stabilito di fare una donazione generosa per finanziare le sue ricerche. Per sé, lei non aveva chiesto niente più di vitto e alloggio.
«Ho saputo che hai già esaminato tutti i campioni che ti abbiamo spedito.»
Liv annuì. «L’ho fatto. Come anche i dati raccolti dagli altri specialisti.»
«E a quali conclusioni sei arrivata?»
«Il vostro è una varietà di batterio molto insolito e resistente, che non ho mai visto prima. E devi credermi quando dico che li ho visti praticamente tutti.»
«Le tue referenze sono eccezionali. Mi hanno assicurato che se c’è qualcuno in grado di diagnosticare il problema, quella sei tu.»
«Non è una questione di se» ribatté lei, guardandolo dritto negli occhi. «È semplicemente una questione di quando.»
La sicurezza e l’energia del suo tono sorpresero Aaron.
Era come se qualcuno le avesse fatto scattare dentro un interruttore, facendo emergere una donna del tutto diversa. Sedeva un po’ più eretta e la sua voce suonava più forte, cose che la fece salire di diversi scalini nella stima di Aaron.
«Hai riflettuto sul mio consiglio di sospendere tutte le esportazioni di prodotti agricoli?» chiese Liv.
Era stato il suo pensiero fisso. «Compresi