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Un anno di fortuna: Harmony Destiny
Un anno di fortuna: Harmony Destiny
Un anno di fortuna: Harmony Destiny
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Un anno di fortuna: Harmony Destiny

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About this ebook

La giornata non promette bene, visto l'inizio disastroso! Prima si rompe il tostapane, poi l'asciugacapelli. E ora che può indossare per andare al lavoro? Jayne si è dimenticata di fare il bucato e dovrà recarsi alla gioielleria Colette vestita come un arlecchino. Vedendola uscire disperata, la padrona di casa le presta una preziosa spilla portafortuna. E in effetti qualcosa di insolito capita. Il miliardario Erik Randolph le chiede di diventare sua moglie. Solo per un anno... È una questione d'affari!

LanguageItaliano
Release dateDec 10, 2015
ISBN9788858941706
Un anno di fortuna: Harmony Destiny
Author

Elizabeth Bevarly

Elizabeth Bevarly é nata e cresciuta a Louisville, nel Kentucky e si é laureata con lode in letteratura inglese all'università di Louisville nel 1983. Nonostante abbia sempre desiderato diventare una scrittrice, prima di riuscire a coronare il suo sogno, ha lavorato con contratti a termine in sale cinematografiche, ristoranti, boutiques e grandi magazzini.

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    Un anno di fortuna - Elizabeth Bevarly

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    When Jayne Met Erik

    Silhouette Desire

    © 2001 Harlequin Books S.A.

    Traduzione di Domenica Franzini

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2003 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5894-170-6

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    Decisamente quello non era stato un buon inizio di giornata per Jayne Pembroke.

    Primo, aveva dormito troppo. Secondo, aveva dovuto interrompere bruscamente il miglior sogno che avesse fatto da molto, molto tempo.

    Al contrario di quello che stava avvenendo nella realtà, aveva trascorso la nottata in compagnia di un uomo. Non uno qualunque, ma uno sconosciuto alto e affascinante, dagli occhi scuri e penetranti, il quale l’aveva intrattenuta piacevolmente con pratiche sensuali ed eccitanti.

    O meglio, Jayne era quasi certa che fossero sensuali ed eccitanti. Possedeva una TV via cavo, leggeva parecchie riviste femminili e si trovava spesso coinvolta nelle chiacchiere delle amiche, più esperte di lei.

    Non che ci volesse molto, rifletté mentre gettava indietro la coperta e posava i piedi a terra, calcolando mentalmente quanto tempo le rimanesse per fare colazione e vestirsi. Lei era ancora vergine. Ma vergine o no, ciò che il bel tenebroso le aveva fatto l’aveva portata al settimo cielo. Era un vero peccato che la realtà non si avvicinasse nemmeno lontanamente alla frenetica attività onirica di quella notte.

    Piantala, stupida!, si rimproverò, dirigendosi in fretta verso il bagno e sbattendo l’alluce contro lo stipite della porta.

    Il dolore che provò la fece urlare, ma fu soltanto quando Mojo le si parò davanti, facendola inciampare, che Jayne si permise un’imprecazione.

    «Maledetto gatto!» sbottò, osservando l’animale che si precipitava in cucina, ansioso di essere nutrito. «Non vedi che sono in ritardo? Dovevo essere fuori di testa quando ho promesso a Chloe di occuparmi di te mentre lei è all’università.» Per nulla offeso, Mojo la seguì in bagno, si sistemò sulla lavatrice e si mise a osservarla sornione, deciso a godersi ogni attimo di quella disastrosa mattinata.

    «Cos’hai da fissarmi?» gli sibilò mentre apriva il rubinetto della doccia e constatava amaramente che l’acqua calda era finita. «Ti diverte tanto vedermi nei guai?» Non la faceva sentire meglio ammettere che lei era l’unica persona da biasimare. Se si fosse alzata in tempo, proprio come avevano fatto le altre abitanti di Amber Court, ora non sarebbe stata costretta a lavarsi in fretta, battendo i denti dal freddo.

    A peggiorare le cose, l’unica camicetta pulita che le riuscì di trovare non si intonava affatto con l’ultima gonna pulita appesa nell’armadio. La combinazione che ne risultò le fece fare una smorfia d’orrore. Nessuno mai avrebbe osato combinare un top color frutti di bosco con una gonnellina color mattone. Nessuno tranne lei, ovviamente.

    Da quel momento in poi tutto ciò che poteva andare storto lo fece.

    L’asciugacapelli smise di funzionare trenta secondi esatti dopo che lo ebbe acceso, lasciandola davanti allo specchio a osservare sconsolata i lunghi, dritti e fradici capelli rossi. Li tamponò meglio che poté con una salvietta e inspirò a fondo.

    Soltanto una buona tazza di caffè bollente poteva aiutarla ad allontanare la crisi isterica che, lo percepiva, la stava assalendo.

    Seguita da un affamato Mojo, Jayne andò in cucina, mise la spina del bollitore nella presa e aprì un’anta della dispensa per prendere il caffè istantaneo. Finito.

    Soffocando a stento un’imprecazione, prese una bustina di tè, la mise nella tazza, vi versò sopra l’acqua e attese che la bevanda acquistasse un po’ di colore. Nel frattempo si avvicinò alla finestra, e con sua grande sorpresa si accorse che stava cominciando a piovere.

    Stizzita, gettò il tè nel lavandino senza berne nemmeno una goccia e si preparò per uscire. Chiavi, borsetta, ombrello... Dove diavolo era l’ombrello?

    Accidenti! L’ultima volta che aveva piovuto lo aveva dimenticato da Colette, la lussuosa gioielleria in cui lavorava come commessa.

    Non c’era nulla da fare. La mattinata era nata male e c’era soltanto da sperare che il resto della giornata non fosse peggio.

    Ignorò Mojo che miagolava furente perché nessuno lo aveva nutrito e uscì. Stava per chiudere la porta quando, dall’altra parte del corridoio, Rose Carson uscì dal suo appartamento. Rose era la sua padrona di casa, e non appena la vide Jayne piegò le labbra in un ampio sorriso, il primo della mattinata. Si trattava di una reazione inevitabile. La persona che le aveva affittato l’appartamento e che ora le stava venendo incontro aveva il potere di mettere chiunque di buonumore. Era gentile e disponibile, e Jayne si riteneva molto fortunata, soprattutto perché era grazie a lei che aveva ottenuto il posto di commessa da Colette.

    A giudicare dalle striature grigie nei suoi capelli corti, dalle rughe d’espressione che le circondavano gli occhi scuri e la corporatura matronale, la donna doveva essere sulla cinquantina. La stessa età della mamma, rifletté tristemente, ripensando con dolore all’incidente aereo che era costato la vita a Doris Pembroke e a suo marito quattro anni prima.

    Nonostante abitasse ad Amber Court da un mese soltanto, conoscere Rose e confidarsi con lei era stato inevitabile. Quale sollievo poterle raccontare di come, a diciotto anni, aveva dovuto abbandonare gli studi per occuparsi di Chloe e Charlie, i quali all’epoca avevano solo quattordici anni. O dei salti mortali che aveva fatto per permettere ai fratelli d’iscriversi all’università.

    Eppure il sacrificio non le pesava. Si era sempre sentita responsabile per i gemelli, e loro l’avevano ripagata con immenso affetto e gratitudine. Nessuno dei due dava per scontati gli sforzi della sorella ed erano decisi a completare gli studi il più presto possibile, in modo da permettere a Jayne di fare lo stesso.

    Ho appena ventidue anni, pensava spesso con ottimismo. Ho ancora un sacco di tempo davanti a me. Come al solito l’ottimismo si affievoliva di fronte alle bollette e alle tasse universitarie. Gi ultimi tre anni, infatti, erano stati difficili dal punto di vista economico. La vendita della casa dei genitori, la loro modesta assicurazione sulla vita e l’assistenza previdenziale per i gemelli avevano permesso di tirare un sospiro di sollievo, ma con il raggiungimento della maggiore età la previdenza aveva interrotto i pagamenti. La borsa di studio copriva solo in parte le spese universitarie, così che Jayne pregava di continuo il buon Dio che la mantenesse in salute e le conservasse il posto di lavoro da Colette.

    «Buongiorno, mia cara. Vedo che siamo un po’ in ritardo.» Rose la stava osservando con espressione cordiale, ma lo sguardo che aveva lanciato all’orologio la gettò nel panico.

    «Un pochino» mormorò la ragazza ricambiando il sorriso. «Questa è una di quelle mattine in cui tutto va storto» si lamentò suo malgrado.

    Rose annuì. «È lunedì e piove. Ce n’è di che rovinare la giornata a molti.»

    «Fosse soltanto quello! Non ho sentito la sveglia, l’asciugacapelli è andato in tilt, il caffè era finito e Mojo mi stava continuamente tra i piedi.»

    «Povera cara!» esclamò Rose, comprensiva. «Ma non temere, sono certa che la giornata migliorerà.»

    «Lo spero proprio» ribatté Jayne, improvvisamente distratta da uno strano bagliore proveniente dalla camicetta di Rose. Stupita per non averla notata prima, si mise a fissare la grossa spilla indossata dalla donna, ipnotizzata suo malgrado dalle pietre nelle varie tonalità del giallo, incastonate in metalli diversi tra loro. Si trattava di un oggetto bellissimo e inusuale. «La tua spilla è bellissima» commentò ad alta voce.

    «Ambra e metalli preziosi» spiegò la donna, gentilmente.

    «Ambra, lo vedo... Ha qualcosa a che fare con Amber Court?»

    A quella domanda l’espressione della padrona di casa si fece improvvisamente malinconica. «No, ce l’ho da molto tempo, ormai. Da prima che io venissi ad abitare qui. Quest’oggetto ha una storia piuttosto interessante alle spalle.»

    «Non vedo l’ora di sentirla» replicò la giovane. «Magari un giorno in cui non sono in ritardo per il lavoro. Ora devo proprio andare...» Stava per imboccare le scale quando Rose la fermò.

    «Aspetta.» Si portò le mani alla camicia, sganciò il gioiello e lo mise in mano alla giovane inquilina. «Indossala tu, oggi» le suggerì in tono misterioso. «In passato mi ha spesso portato fortuna e mi farebbe molto piacere se avesse lo stesso effetto anche su di te.»

    «Non ne sono sicura, visto il modo in cui la mia giornata è iniziata, ma grazie di cuore.» Jayne se l’appuntò sopra il seno e sorrise.

    «Perché non la tieni tutto il mese? Me la restituirai quando sarà il momento.»

    «Rose, non posso...»

    «Certo che puoi!» insistette l’altra. «Non s’intona granché al tuo abbigliamento, ma non credo sia importante.»

    Rassegnata, si lasciò sfuggire una risatina. «Non lo credo nemmeno io.» Scoccò un sonoro bacio sulla guancia di Rose e si avviò in fretta verso la gioielleria.

    Dall’altra parte della città di Youngsville, Indiana, nemmeno Erik Randolph stava avendo la migliore delle mattinate, anche se per motivi totalmente diversi da quelli di Jayne.

    Aveva dormito come un sasso e il suo sonno era stato privo di sogni. La sveglia non aveva suonato, ma la cosa non era importante, visto che nessuno lo aspettava al lavoro.

    Erik, infatti, non aveva alcun lavoro.

    Non era un segreto per nessuno che alla Randolph Trasporti Marittimi c’era un lussuoso ufficio creato apposta per lui, ma era altrettanto risaputo che il primogenito della facoltosa famiglia Randolph era allergico a qualsiasi tipo di occupazione.

    Il lavoro richiedeva senso etico e del dovere nonché il desiderio di produrre e migliorare, mentre Erik non possedeva alcuna di quelle caratteristiche. Era comunque

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