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La sposa imprevedibile
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La sposa imprevedibile

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About this ebook

Inghilterra, 1803 - Tutti in città si chiedono perché uno come l'affascinante conte Sebastian di Meridan abbia scelto come sposa una donna come Lady Lucinda Belvil. Lui è un giovane nobile senza scrupoli, ricco e con la fama di attirare le donne con un solo sguardo, lei è una ragazza di provincia, ribelle e poco incline alla vita di società. La spiegazione è semplice: Sebastian vuole entrare a far parte di un prestigioso club e ha bisogno di una moglie, mentre il padre di Lucinda, giocatore accanito, ha un enorme debito che intende ripagare donando la figlia in sposa. La posizione della ragazza non è delle più invidiabili, ma invece di perdersi d'animo lei accetta la sfida impegnandosi per diventare la donna che tutti amano e vorrebbero accanto, soprattutto il suo irresistibile marito

LanguageItaliano
Release dateSep 21, 2015
ISBN9788858934913
La sposa imprevedibile
Author

Barbara Cartland

Nata a Edgbaston, nei pressi di Birmingham, il 9 luglio 1901, negli anni Venti e Trenta fu una delle personalità più celebri dell'alta società londinese, acclamata oltre che per la bellezza e il fascino anche per gli audaci ricevimenti che organizzava e per la sua innata capacità di "fare tendenza" nel campo della moda. Nel corso della sua lunghissima vita ha dato il proprio sostegno a numerose cause umanitarie e caritatevoli, e nel 1981 è stata nominata dalla Regina Elisabetta Dama dell'Ordine dell'Impero britannico proprio per il suo impegno in ambito letterario, politico e sociale. Autrice di numerosi romanzi storici, biografie, commedie e persino saggi, è diventata famosa in tutto il mondo per aver scritto più di 700 romanzi rosa, impresa per la quale nel 1983 ha meritato un posto d'onore nel Guinness dei primati. Si è spenta alla veneranda età di 99 anni il 21 maggio del 2000.

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    La sposa imprevedibile - Barbara Cartland

    Immagine di copertina:

    Simona Reggimenti

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Unpredictable Bride

    Hutchinson & Co. (Publishers) Ltd

    © 1964 Barbara Cartland

    Traduzione di Marina Boagno

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5893-491-3

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    «Non lo sposerò... mai e poi mai!»

    La voce di Hester salì in un appassionato crescendo, e i suoi occhi celesti si colmarono di lacrime.

    Il sole del mattino che entrava dalle finestre della saletta della colazione trasformava in un’aureola i suoi riccioli biondi e faceva brillare le lacrime sulle lunghe ciglia scure. Era così incredibilmente bella che suo padre, alzando gli occhi dalla lettera che aveva in mano, la fissò come se la vedesse per la prima volta.

    «Non lo sposerò, papà... mai!» ripeté Hester. «Sapete che sono impegnata con Colin, e che aspettiamo solo che lui compia ventun anni e che quel suo orribile tutore gli dia il permesso di annunciare il nostro fidanzamento. E adesso quest’uomo... questo animale... osa suggerire...»

    «Da’ un fazzoletto a tua sorella, Lucinda» intervenne Lady Belvil, secca. «E smetti di strepitare, Hester!» Poi, accorgendosi che la figlia minore non poteva obbedire perché neppure lei aveva un fazzoletto, aggiunse, impaziente: «Ecco, prendi il mio».

    Hester prese il fazzoletto, fece un tentativo per asciugarsi le lacrime, poi chiese con voce tremante: «Non mi costringerete a sposarlo, papà?».

    Sir Edward si raschiò la gola.

    «Vi prego... vi prego, caro papà» supplicò Hester nel tono che di solito lui trovava irresistibile. «Sapete che il mio cuore è già impegnato.»

    Lui attraversò nervosamente il tappeto persiano, in direzione del caminetto, e poi tornò indietro.

    «Questa è una faccenda molto seria» affermò.

    «Smettete di tergiversare, Edward» intervenne Lady Belvil. «Sedetevi e cominciate dall’inizio.»

    «Benissimo.» Sir Edward sospirò, rassegnato. Prese posto sulla sua sedia a braccioli ed evitando lo sguardo supplichevole della figlia maggiore si rivolse alla moglie: «Margaret, mia cara, non dovete pensare che vi abbia ingannata. Intendevo informarvi di ciò che mi è capitato la settimana scorsa, quando ero a Londra, ma a dire la verità ero talmente preoccupato e turbato che non ho trovato le parole con cui darvi la notizia di un simile disastro».

    «Edward, avete di nuovo giocato!» esclamò Lady Belvil. «E io che pensavo si trattasse del vostro fegato! Siete sempre un po’ disturbato, quando tornate da Londra. È qualcosa di più grave?»

    «Molto, molto più grave.»

    «Quanto?» chiese lei in un sussurro.

    Per un momento ci fu silenzio, poi, nello stesso tono, Sir Edward rispose: «Trentacinquemila sterline».

    «Edward!» ansimò Lady Belvil. Poi, portandosi una mano al petto come se temesse di poter avere un attacco di cuore, domandò, con un filo di voce: «Siete in grado di... pagare?».

    «Solo... solo se tutto va bene» rispose lui. «Per questo non osavo parlarvene.»

    «Oh, Edward, come avete potuto? Le ragazze... Il matrimonio di Hester e la Stagione di Lucinda...»

    «Lo so, lo so» la interruppe Sir Edward. «Sono stato sciocco, un pazzo, se preferite. Il fatto è che Meridan mi ha innervosito. Ho avuto l’impressione che mi prendesse in giro, mentre mi guardava con quell’aria di sufficienza, come se mi ritenesse un campagnolo. Volevo dimostrarmi alla pari con lui.»

    «Meridan?» esclamò Lady Belvil. «Intendete dire... il Conte di Meridan?»

    Il marito annuì. «Sì, mia cara, questa lettera è sua.»

    «Non... non capisco.»

    «Forse è meglio che continui la storia» replicò Sir Edward.

    «Sì, continuate, papà. Che gioco era?» si intromise Lucinda.

    Sua madre le scoccò un’occhiata severa, come se ritenesse inutile l’interruzione, ma Sir Edward, deciso a chiarire tutto, rispose: «Faro».

    «Oh, papà, dev’essere stato emozionante... anche se avete perso!»

    «Zitta, Lucinda. Lascia che tuo padre finisca» ordinò Lady Belvil.

    La giovane obbedì, con un profondo sospiro.

    «Abbiamo giocato da Brook’s» continuò Sir Ed-ward. «Quando mi sono reso conto di quanto avevo perso ero troppo stordito per dire o fare qualsiasi cosa. Fino a quel momento non avevo pensato alle conseguenze. E poi, mentre Meridan si alzava dalla sedia, mi è passato come un lampo nella mente che forse non sarei stato in grado di onorare il mio debito.»

    «Non gliel’avete detto, papà?» non poté trattenersi dal chiedere Lucinda.

    «No... no, certo. Spero di essermi comportato da gentiluomo. Tuttavia, ero troppo confuso per rifiutare quando lui ha detto: ″Venite, Belvil, andiamo da Almack’s, qui di fronte″.»

    «Lo capisco» asserì Lucinda, pensierosa. «Joe mi ha detto che si sente come in una nuvola, quando riceve un colpo alla testa sul ring...»

    «Lucinda!» scattò Lady Belvil. «Sono stanca di ripeterti che non devi parlare di queste cose con i garzoni di scuderia. La prossima volta...» Si interruppe di colpo e si voltò verso il marito. «Non avremo più garzoni di scuderia, vero?»

    Sir Edward si passò una mano sulla fronte. La mattinata era fresca, ma lui sudava.

    «Lasciatemi continuare, Margaret» la pregò. «Sono andato da Almack’s con Meridan. Mentre salivamo i gradini, è arrivata una carrozza con il Principe di Galles. Lui è sceso, e ha detto a Meridan, in tono un po’ risentito: ″Vi aspettavo a Clarence House″. Il conte non si è scomposto. ″Perdonatemi, Altezza, ma ho dovuto rinunciare a questo onore per quello che mi sembrava un affare importante.″ Uno dei gentiluomini che accompagnavano il principe ha ridacchiato.″ Stavate spennando un altro pollo, eh, milord?″ gli ha chiesto. Potete immaginare come mi sono sentito.»

    «Oh, povero papà!» esclamò Lucinda. «È stato davvero un colpo basso!»

    Lady Belvil la guardò male, poi ordinò, secca: «Continuate, Edward».

    «Siamo entrati tutti da Almack’s

    «Almack’s?» ripeté Lucinda. «È un club, vero?»

    «Non esattamente. È il luogo di riunione più importante che si possa immaginare. È controllato da un Comitato di dame patronesse, e possono entrare solo coloro che riscuotono la loro approvazione.»

    «Non importunare tuo padre con queste domande irrilevanti, Lucinda» la interruppe Lady Belvil. «Andate avanti, Edward.»

    «Purtroppo non sono irrilevanti» rispose lui. «Comunque, il principe e i suoi amici sono entrati per primi, naturalmente, e Meridan e io li abbiamo seguiti. Nel vestibolo, un valletto si è fatto avanti e ha detto: ″Se Vostra Signoria può aspettare un momento, la Contessa di Jersey desidera parlarvi″. Meridan ha inarcato le sopracciglia, ma ha dovuto aspettare mentre il valletto andava in cerca di Lady Jersey, e così ho atteso anch’io.»

    «E gli avete detto qualcosa, mentre aspettavate?» volle sapere Lucinda.

    «No, niente. Era evidente che Meridan era irritato. Anzi, sembrava un po’ in apprensione. Lady Jersey è arrivata qualche minuto dopo, tutta scintillante di diamanti. È una gran bella donna, e non c’è da stupirsi che il principe...»

    «Edward!» Lady Belvil era indignata. «Non davanti alle ragazze!»

    «Scusate, mia cara.»

    Sir Edward respirò a fondo e riprese la storia. Raccontò di come Lady Jersey, guardando Meridan con i grandi occhi scuri, avesse detto: «Mi meraviglio, milord, che abbiate la sfrontatezza di venire qui».

    Lui, inarcando le sopracciglia con un mezzo sorriso, aveva ribattuto: «Vi ho offesa, Vostra Signoria?».

    «Offesa non è la parola giusta» aveva risposto lei. «Il vostro comportamento è stato oltraggioso e se non fosse stato per il personale intervento di Sua Altezza Reale il Comitato di Almack’s vi avrebbe escluso immediatamente dalla lista dei membri e non vi sarebbe più stato permesso di entrare in questo club.»

    «Via, via» aveva replicato Meridan, «i miei delitti non sono tali da meritare una simile punizione. È stata una scommessa, e Vostra Signoria sa bene quanto me che è impossibile rifiutare una scommessa.»

    «Quando è tale da offendere la decenza, una scommessa non può essere considerata sportiva né divertente» aveva ribattuto Lady Jersey, gelida.

    «Non è stato niente di così grave!» aveva esclamato Meridan. «Se volete saperlo, ho scommesso mille sterline che avrei portato in questo club una persona che sarebbe stata accettata senza fare domande...»

    «Avete fatto passare quella donna... quell’attrice... per una principessa del Liechtenstein in visita nel nostro paese!» si era indignata lei. «Siete arrivato perfino a presentarla come vostra ospite.»

    Lord Meridan aveva sorriso. «In effetti lo era.»

    «Siete incorreggibile!» aveva esclamato Lady Jersey. «Stavolta, però, vi siete spinto troppo oltre. Come ho già detto, era nostra intenzione espellervi da Almack’s per sempre.»

    «Non potete essere così crudele» aveva protestato lui. «E inoltre, pensate a come trovereste noioso non avere me da rimproverare e disapprovare ogni singolo giorno dell’anno.» C’era stato un momento di silenzio, poi Lord Meridan aveva aggiunto, in un tono molto diverso: «Vi mancherò, sapete».

    Per un momento era sembrato che Lady Jersey si ammorbidisse, poi, come se si imponesse un’insolita durezza, aveva decretato: «La nostra decisione è presa. L’ingresso da Almack’s vi sarà proibito, milord, fino a quando non sarete nuovamente introdotto da una persona che possiamo approvare. Vostra moglie».

    «Mia moglie? Buon Dio! Ma io non ho moglie!»

    «Esatto. E finché non ne troverete una resterete fra coloro che chiedono invano di essere ammessi.»

    «Non potete farlo!» aveva protestato Meridan.

    «La decisione del Comitato è stata unanime.»

    «È insensato. Sapete che sono sempre con il principe, e sapete che lui ama venire qui due o tre sere alla settimana...»

    «Il principe ha convenuto che avevate bisogno di una lezione.»

    Il viso di Lord Meridan si era incupito. «Questa è opera vostra» aveva accusato.

    La gentildonna aveva scosso il capo. «Niente affatto. Se fosse stato per me sareste stato cacciato per sempre.»

    «Ma... buon Dio! Dove posso trovare una moglie?» aveva chiesto Meridan. «Non conosco nessuna ragazza. Come ben sapete, non le ho mai potute sopportare.»

    «Allora sarà meglio che cominciate a frequentarne una» aveva ribattuto Lady Jersey, fredda.

    Sir Edward fece una pausa. Le tre donne non si mossero e non fiatarono, ma attesero che continuasse.

    «Mentre si voltava per andarsene, Lady Jersey mi ha visto» proseguì lui. «Probabilmente ero rimasto là a fissare la scena a bocca aperta come un idiota. Di sicuro era così che mi sentivo. ″Ah, Sir Edward!″ ha esclamato. ″Che piacere vedervi! Forse vorrete riaccompagnarmi nel salone da ballo.″ Poi, come colpita da un pensiero improvviso, si è voltata verso Lord Meridan. ″Sir Edward ha una splendida figlia, milord″ ha detto. ″Noi tutti abbiamo notato che giovane incantevole fosse, quando è stata a Londra, l’anno scorso. Forse Sir Edward ve la presenterà. Sono sicura che sarebbe un matrimonio molto ben assortito.″ Quindi ha preso il mio braccio e non ho potuto fare altro che accompagnarla nel salone da ballo, lasciando là Meridan.»

    «E lui che cosa ha fatto?» lo sollecitò Lucinda, curiosa.

    «Non ne ho la più pallida idea. Quando sono andato via, pochi minuti dopo, era sparito.»

    «E non lo avete più rivisto?» chiese Lady Belvil.

    «No... e non avevo alcun desiderio di vederlo.»

    «Ma... e il debito?»

    «Ho più di una settimana per trovare il denaro» rispose Sir Edward. «Quando ci siamo alzati dal tavolo, Lord Meridan ha detto: ″Per voi vanno bene i soliti sette giorni, Belvil?″ e io ho risposto: ″Suppongo di sì, milord″. Mi ha lanciato un’occhiata tagliente, come se sapesse che ero in difficoltà, e ha aggiunto: ″Be’, facciamo quattordici, allora″.»

    «Che individuo malvagio!» esclamò Lucinda. «Avrebbe potuto concedervi più tempo.»

    «Non sarebbe servito a nulla» replicò Sir Edward. «E comunque è noto per non aver compassione di nessuno.»

    «È proprio il Conte di Meridan di cui ho sentito dire... certe cose?» domandò Lady Belvil, esitante.

    «Certo che ne avete sentito parlare» confermò il marito. «È intimo del Principe di Galles e...»

    «Intendo dire, non è lui che ha avuto una relazione con...» Lady Belvil abbassò la voce, in modo che le figlie non potessero sentire il nome.

    Sir Edward annuì.

    «Oh!» esclamò Lady Belvil. «Allora è davvero un mostro... un uomo che non tollererei in casa mia. Quella storia mi ha scandalizzata profondamente.»

    «È stato uno scandalo, è vero» ammise Sir Edward, «tuttavia Meridan è accolto dalla migliore società. E inoltre è uno degli uomini più ricchi d’Inghilterra.»

    «Se è così ricco, che bisogno ha del vostro denaro?» chiese Lucinda. Poi rise e rispose lei stessa alla propria domanda. «Che stupida! Certo, so che i debiti di gioco sono debiti d’onore e devono essere pagati prima di tutti gli altri.»

    «Sembra un uomo orribile... Non lo sposerò» dichiarò Hester in lacrime.

    Tutti la fissarono per un istante, poi Sir Edward prese la lettera che aveva davanti.

    «Stavo cercando il modo per dirvi ciò che era successo e darvi la notizia che avevo perso una così grossa somma, mia cara» cominciò, rivolto alla moglie, «e poi è arrivata questa lettera.»

    «L’ha portata uno staffiere» intervenne Lucinda. «È venuto a cavallo da Londra in meno di quattro ore! Gli ho detto che era quasi un record.»

    «Lucinda, quante volte ti ho detto di non spettegolare con dei domestici sconosciuti!» protestò Lady Belvil, esasperata.

    «Oh, mamma, non c’era nessuno per aprire la porta. Durham era andato alle scuderie, e ho visto arrivare quell’uomo con una splendida livrea. E dovevate vedere gli stivali! Giurerei che erano stati lucidati con lo champagne, come fanno i dandy!»

    «Vuoi tacere un momento, Lucinda?» sbottò Lady Belvil. Mise la mano sul braccio del marito. «Leggete la lettera, caro. Dobbiamo sapere il peggio.»

    Ignorando un piccolo singhiozzo di Hester, lui cominciò a leggere, con voce un po’ malferma.

    Meridan House

    Berkeley Square

    Londra

    Giovedì 3 aprile 1803

    Signore,

    ho l’onore di richiedere la mano di vostra figlia. Questo dovrebbe risolvere tutte le pendenze che esistono fra noi, dopo il gioco dell’altra sera. I miei legali si metteranno in contatto con voi per la stesura di un contratto di matrimonio. Al momento non posso lasciare Londra per farvi visita, ma sarebbe molto opportuno per me se il matrimonio potesse aver luogo alla fine di aprile, preferibilmente dopo le corse di cavalli di Newmarket.

    Ho l’onore di rimanere, signore,

    il vostro più devoto servitore.

    Meridan

    Tre paia di occhi fissarono Sir Edward con sbalordimento. Poi Hester emise un suono soffocato e scivolò dalla sedia sul pavimento.

    «Buon Dio!» esclamò Sir Edward, balzando in piedi.

    «Non è niente. È solo svenuta» dichiarò Lady Belvil. «Lucinda, prendi dell’acqua e una piuma da bruciarle sotto il naso.»

    «Si sta riprendendo, mamma» rispose Lucinda, già inginocchiata accanto alla sorella.

    Il mancamento di Hester non doveva essere grave. Lucinda l’aiutò a tornare a sedersi, massaggiandole delicatamente le piccole mani bianche. «Andrà tutto bene, cara. Papà non ti costringerà a sposare quell’uomo. Saresti terribilmente infelice.»

    «Sposerò Colin» mormorò Hester.

    «Sì, certo» la rassicurò Lucinda.

    «Sapete che cosa significa?» chiese Sir Edward. «Saremo costretti a vendere la casa, la tenuta, i cavalli... tutto ciò che possediamo. E dovremo vivere in uno dei cottage vicino al fiume... se non venderemo anche quelli. Pensa, Hester, come sarà avere tutto ciò che hai sempre desiderato... una casa a Londra, una antica dimora nel Sussex. Entrerai a far parte della migliore società, frequenterai il principe...» Si interruppe, vedendo l’espressione della figlia maggiore. Era

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