Un amore senza confini: Harmony Collezione
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About this ebook
C'è qualcosa in quegli occhi azzurri e limpidi, un misto di malinconia e dolore che arrivano da lontano... Da quando l'ha soccorso dopo un incidente stradale, Megan Brightwell non riesce a evitare di rivedere Simon Reynolds, come se un destino li attirasse l'uno verso l'altro. Nemmeno la paura di turbare la vita di sua figlia le impedisce di pensarlo. Il mistero si svela una sera, quando lui la invita a cena e le rivela quello che non ha mai raccontato a nessuno, cioè che...
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Book preview
Un amore senza confini - Teresa Southwick
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Midnight, Moonlight & Miracles
Silhouette Special Edition
© 2003 Teresa Ann Southwick
Traduzione di Cecilia Bianchetti
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2004 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5894-567-4
www.harlequinmondadori.it
Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.
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1
Squadra Emergenza a Pronto Soccorso. Codice tre. Tempo stimato di arrivo cinque minuti.
Megan Brightwell lesse il messaggio sul cercapersone e sentì scorrere l’adrenalina nelle vene. Codice tre significava ambulanza in arrivo con un ferito grave. Afferrò il panino e corse fuori dalla mensa.
Aveva tre minuti per ingurgitare il pranzo e uno per digerire, quindi gliene restava un altro per assumere un’aria distaccata e professionale.
«In trauma due» ordinò ai paramedici che trasportavano un uomo con gli occhi chiusi e la camicia strappata sporca di sangue. «Che cos’abbiamo?»
«Incidente di moto, sui trentacinque anni. Segni vitali normali, incosciente al nostro arrivo. Ha cercato di alzarsi ma le gambe hanno ceduto. Momenti di lucidità durante il viaggio. Ferite superficiali, un brutto taglio alla spalla, un bernoccolo in testa, abrasioni al viso. Somministrata una flebo di fisiologica.»
«Aveva un documento?»
Il paramedico le porse un portafogli.
«Simon Reynolds.»
«Signor Reynolds, mi sente?» Il ferito socchiuse gli occhi e gemette. «Dov’è il suo casco?»
«Non l’aveva» rispose l’altro paramedico.
Scuotendo la testa seccata, Megan gli tagliò con le forbici la camicia e la parte superiore dei pantaloni; poi, con un rasoio, gli depilò il torace in cinque punti per attaccare gli elettrodi dell’apparecchio che gli avrebbe controllato il battito cardiaco, la respirazione e la pressione.
«Che cosa c’è, Megan?» chiese il dottor Sullivan arrivando di corsa. Palpò l’addome del paziente, in cerca di eventuali lesioni interne.
Megan lo mise al corrente. «Radiografia e TAC» ordinò il medico. «I segni vitali sono normali... non mi pare ci sia traccia di emorragia addominale. Peccato che sembri un hamburger.»
«Signor Reynolds, andiamo in radiologia» annunciò Megan avviandosi in corridoio. «Il suo angelo custode stasera ha fatto gli straordinari» sospirò.
«Signor Reynolds, se mi sente apra gli occhi.»
Simon voleva zittire quella femmina petulante e avvisarla che non valeva la pena di sprecare tempo ed energie per lui, ma quando obbedì al suo ordine vide un viso angelico, un paio di occhi azzurri e capelli biondi.
Doveva essere morto. Viveva già all’inferno, la morte non faceva che ufficializzare la sua condizione.
«Bentornato, bell’addormentato» lo salutò la donna.
«Non dovrebbe svegliarmi con un bacio, allora?» mormorò lui con voce debole.
«Sono un’infermiera, non una principessa.»
«Ah, non è un angelo?» Poco prima non aveva parlato dell’angelo custode?
Lei scosse la testa. «Neanche per sogno.»
«Così non sono morto?» Domanda retorica: il dolore era un segno evidente del fatto che era ancora vivo.
«Appartiene ancora alla razza umana, mi dispiace» confermò l’infermiera.
Simon ne dubitava. «Dove sono?» chiese confuso.
«Al Pronto Soccorso del Saint Joseph. Stiamo facendo i controlli di routine.» Megan guardò il monitor. «La prossima volta si metta il casco. È obbligatorio ed evita bernoccoli grossi come uova.»
Il male alla testa era insopportabile. Simon alzò a fatica una mano e sussultò quando si sfiorò la fronte.
«Chi è lei?»
«Mi chiamo Megan Brightwell, e lei?»
«Simon Reynolds.»
«Bene. Sa che giorno è?»
Ricordare la data fu come ricevere una pugnalata al cuore. «Sì, lo so.» Simon la guardò. Purtroppo la nebbia che lo avvolgeva si era dissolta rapidamente. «Lei è infermiera? Bernoccolo grosso come un uovo è il termine scientifico, vero?»
«No, è contusione. Ma io non uso definizioni tecniche con chi si beve il cervello.»
«Che cosa mi è successo? Ricordo solo che ero in moto.» Simon scosse la testa e se ne pentì immediatamente.
«È inutile dirle di restare immobile, vero?» Nonostante il tono severo, gli occhi di Megan erano colmi di comprensione, ma lui non aveva bisogno della sua pietà. Voleva soltanto essere medicato e andarsene al più presto.
«A quanto pare a un certo punto si è messo a fare una specie di gimcana.»
«L’asfalto era scivoloso.»
«Certo, pioveva» ammise Megan. «E lei ha dimostrato che nella California del Sud la gente non sa guidare sulle strade bagnate.»
«Non mi farà la predica, vero?»
«Lungi da me! Il verbo rallentare le dice qualcosa, o è chiedere troppo?»
Nonostante il dolore e il bruciore che tormentavano ogni singola cellula e terminazione nervosa del suo corpo, Simon provò un barlume di rispetto per quella donna dal pungente sarcasmo.
Cercò invano di girarsi sul fianco.
«Credo di aver fatto un paio di capriole.»
«Infatti è pieno di ferite variopinte.»
«Qualcuna di loro è mortale?»
«Sembra quasi che se lo auguri.»
Simon alzò le spalle e rabbrividì. «Volevo solo sapere quando potrò andarmene.»
Sulla fronte perfetta di Megan apparve una piccola ruga. Se si era accorto della sua bellezza non doveva essere in condizioni molto gravi.
«Dobbiamo avvisare qualcuno? Sua... moglie?»
«No» rispose lui con un peso sul cuore.
«Amici? Famigliari?»
«Mio fratello vive a Phoenix. Visto che non sono morto, non è il caso di avvertirlo. Dica al medico di dimettermi. Anzi, prima mi spieghi che cosa ho, per favore.»
«No, glielo spiegherà il medico. Solo che adesso si sta occupando di un altro paziente più grave di lei.»
«Allora sopravviverò.»
«Sembra quasi deluso.»
Nonostante il suo aspetto, l’infermiera non si comportava da angelo. Ma in fondo nessun angelo degno di questo nome gli avrebbe dato retta, a parte il fatto che lui non credeva più nell’intervento divino da quando Marcus...
Simon chiuse gli occhi, improvvisamente esausto.
«Resti sveglio, bell’addormentato!» lo riscosse subito Megan. «Signor Reynolds, mi sente?»
Gli sfiorò la guancia e gli strinse la mano, uno dei pochi punti privi di abrasioni, forse perché portava i guanti. Come mai si era protetto le mani e non la testa?
«Un idiota che vuole morire» mormorò quindi caustica. «Ma durante il mio turno non ci riuscirai.»
«Non dormo. Chi è un idiota?» chiese Simon.
Sospirò sollevata. «Che cos’era, uno scherzo?»
«Non scherzo mai.» Non più.
Megan l’osservò. Non era male. Un po’ acciaccato, ma piuttosto belloccio, e purtroppo stava soffrendo. A parte la commozione cerebrale, il suo malessere doveva essere soprattutto di tipo spirituale. Che sciocca! Da quando psicanalizzava i pazienti del Pronto Soccorso?
«Non provi a spaventarmi di nuovo!» lo minacciò.
Inaspettatamente lui sorrise, le ombre scomparvero dal suo viso e sembrò ancora più bello. Megan ebbe un tuffo al cuore.
I segni vitali erano buoni, ma il buio nei suoi occhi e la mascella serrata indicavano che aveva bisogno di un calmante. Purtroppo lei non poteva somministrarne fino all’arrivo del medico, ma quell’uomo era coraggioso e le sue risposte infondevano un certo ottimismo. Simon Reynolds era forte, sano, tormentato e... bello. Non era un’osservazione professionale, ma non poté trattenersi. In fondo era una donna, no?
Aveva i capelli mossi e scuri, occhi intensi di un azzurro brillante, ciglia nere e folte, un vero spreco per un uomo, un corpo snello e muscoloso. Ormai era passata l’ora delicata, i preziosi sessanta minuti che potevano far la differenza fra la vita e la morte, e Megan ebbe il tempo di osservarlo meglio.
«Mi ritiene un idiota?» chiese lui divertito.
«Non avrebbe dovuto sentirmi, comunque sì, la ritengo un idiota. Persino i ragazzini si mettono il casco... A meno che lei non sia Superman, devo concludere che non ha un briciolo di buonsenso.»
«Il casco mi rovina la pettinatura.»
«Ancora meglio, un idiota vanitoso.»
«Insultare i pazienti rientra nelle sue mansioni?»
«No, è un optional.»
«Qui dentro le infermiere sono tutte come lei?»
«No, peggio. Io ho appena finito la scuola e faccio cinque o sei turni al mese, in attesa che si liberi un posto. Lavoro anche per un servizio di assistenza domiciliare, ho una figlia da mantenere e qui si guadagna bene.»
Il volto di Simon divenne una maschera inespressiva, e ancora una volta Megan pensò che qualcosa lo turbava profondamente.
Ma lì dentro non c’era posto per le emozioni. Chissà perché gli aveva raccontato tanto di sé. In genere scambiava due chiacchiere con i pazienti, ma non dava mai informazioni personali. Che cosa aveva di così diverso quell’uomo?
«Megan, te lo manda il dottor Sullivan.»
La segretaria del reparto comparve sulla porta con un tabulato in mano.
«Interessante» commentò Megan. «È la sua anamnesi. Lei è venuto qui la prima volta un anno e mezzo fa: frattura di una caviglia mentre si buttava con il deltaplano. Poi è stato operato per rottura della milza.»
«Facevo sci nautico, mi ricordo poco di quell’episodio. Deve avermi colpito uno sci dopo un salto.»
«È un cliente abituale.»
Gli osservò le pupille, in cerca dei sintomi della commozione cerebrale. Gli prese il polso: per qualche strana ragione aveva bisogno di toccarlo.
«Ha degli hobby pericolosi» continuò lei rileggendo i dati. «Motocicletta, deltaplano, sci nautico. Vuole una vita spericolata?»
«Non è poi tanto male, sa? È l’unico modo sicuro per non provare emozioni.»
Megan non poté manifestare la sua sorpresa perché arrivò il dottor Sullivan. «Vedo che è sveglio, signor Reynolds» esordì osservando le radiografie.
«È Megan che mi tiene sveglio.»
Il medico annuì. «È molto brava, la nostra Megan. Infatti vorrei che fosse con noi a tempo pieno. Ho buone notizie: lei non ha nulla di rotto, ma pare che dopo lo schianto abbia cercato di alzarsi e non ci sia riuscito.»
«Sì, ho sentito tirare il polpaccio e la coscia.»
«Indice di un danno ai tessuti molli, cioè muscoli, legamenti o tendini. Sarebbe meglio un osso rotto, che per assurdo guarisce. Tutto il resto è lungo e doloroso.»
Simon annuì e cercò di alzarsi.
«Okay, grazie. Adesso me ne vado e lascio il posto a chi ne ha davvero bisogno.»
Ma il medico gli mise una mano sul petto e lo costrinse a sdraiarsi di nuovo. «Non parlerà sul serio, spero? Se ha davvero una lesione ai tessuti molli, non potrà andare da nessuna parte senza stampelle. Per giunta la TAC indica una possibile commozione cerebrale. Ha avuto nausea nelle ultime ore?» chiese a Megan.
«No» ammise lei.
«Sto bene» intervenne Simon. «È stato un piacere, grazie di