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Catene di velluto: I Romanzi Storici
Azioni libro
Inizia a leggere- Editore:
- HarperCollins Italia
- Pubblicato:
- Mar 10, 2014
- ISBN:
- 9788858920190
- Formato:
- Libro
Descrizione
Inghilterra, 1360 - Bellissima e caparbia, ingenua e ribelle, Elizabeth Clayburn si ritrova sposata con un uomo che conosce appena e che non fa mistero di nutrire una profonda avversione per il matrimonio. È però un uomo che l'attrae irresistibilmente, benché, a differenza di tutti gli altri, sembri insensibile al suo fascino. In realtà Raynor Warwicke non lo è affatto, ma le difese che ha innalzato intorno al suo cuore gli impediscono di ammetterlo perfino con se stesso. Elizabeth però è decisa a vincere la sua diffidenza, anche se una dura battaglia l'attende. Perché nessuno finora ha mai sconfitto il valoroso Warwicke.
Informazioni sul libro
Catene di velluto: I Romanzi Storici
Descrizione
Inghilterra, 1360 - Bellissima e caparbia, ingenua e ribelle, Elizabeth Clayburn si ritrova sposata con un uomo che conosce appena e che non fa mistero di nutrire una profonda avversione per il matrimonio. È però un uomo che l'attrae irresistibilmente, benché, a differenza di tutti gli altri, sembri insensibile al suo fascino. In realtà Raynor Warwicke non lo è affatto, ma le difese che ha innalzato intorno al suo cuore gli impediscono di ammetterlo perfino con se stesso. Elizabeth però è decisa a vincere la sua diffidenza, anche se una dura battaglia l'attende. Perché nessuno finora ha mai sconfitto il valoroso Warwicke.
- Editore:
- HarperCollins Italia
- Pubblicato:
- Mar 10, 2014
- ISBN:
- 9788858920190
- Formato:
- Libro
Informazioni sull'autore
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Anteprima del libro
Catene di velluto - Catherine Archer
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Velvet Bond
Harlequin Historical
© 1995 Catherine J. Archibald
Traduzione di Federica Isola Pellegrini
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 1997 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5892-019-0
www.eHarmony.it
Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.
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1
Elizabeth Clayburn sedeva accanto al fratello su una panchetta incassata sotto una finestra. Nonostante il cuscino di velluto, stava tutt’altro che comoda.
Con un sospiro, desiderò per l’ennesima volta di trovarsi a casa sua. Ma aveva promesso a Stephen di restargli accanto finché Lady Helen non avesse rivolto altrove le sue attenzioni e intendeva mantenere la promessa fatta. Per quanto poco le piacesse accompagnarlo al castello di Windsor.
Non che lei avesse l’abitudine di interferire nelle sue relazioni amorose, ma Lady Helen si stava dimostrando particolarmente difficile da scoraggiare e il fratello l’aveva supplicata di dargli una mano, nella speranza che se non fosse mai rimasto da solo con la sua ex amante, questa si sarebbe arresa e avrebbe scelto qualcun altro da assillare.
Nemmeno Helen era tanto sfrontata da rinfacciargli la sua evidente mancanza di interesse di fronte a sua sorella.
Giocherellando con una delle nappe dorate che tenevano scostate le pesanti tende di broccato rosso, Elizabeth fece vagare lo sguardo sul locale gremito.
Benché i tre finestroni lasciassero entrare una luce sufficiente a illuminare la vasta sala, vide ben poco che fosse di suo gusto.
Uomini e donne si pavoneggiavano nei loro abiti più eleganti. Molti degli uomini più maturi indossavano una sopravveste lunga fino ai piedi al di sopra di un farsetto, ma i più giovani preferivano la versione più corta che tanta disapprovazione suscitava da parte della Chiesa.
Le donne indossavano delle sopravvesti aperte sui lati che mettevano in mostra aderentissimi abiti di seta o di damasco. Gioielli di ogni genere facevano bella mostra di sé mentre coloro che li portavano passeggiavano nella sala per vedere ed essere visti, aspettando, alcuni pazientemente, altri meno, il momento di presentare al sovrano le loro petizioni.
Con un sussulto, Elizabeth abbassò lo sguardo sul trovatore improvvisato che, seduto ai suoi piedi, aveva fatto vibrare una corda del liuto che teneva sulle ginocchia. Si era completamente dimenticata di Percy.
Due occhi azzurri la fissarono con adorazione mentre il giovane intonava un madrigale che parlava di labbra scarlatte e sguardi scintillanti di passione.
«Gesù, Beth» le bisbigliò suo fratello all’orecchio. «Questo vostro spasimante è terribile, più ancora del suo predecessore.»
«Ssh» lo zittì lei per impedirgli che ferisse l’amor proprio del povero Percy.
Fu inutile, poiché Sir Percy Hustace aveva udito l’osservazione di Stephen. Lasciò cadere il liuto così di colpo che una corda si spezzò allorché sbatté contro il pavimento. Con un grugnito, Percy scoccò un’occhiata risentita all’altro cavaliere.
Al diavolo Stephen, pensò Elizabeth. Non aveva la benché minima voglia di assistere a un loro bisticcio.
Allorché Stephen si limitò a fissarlo con sguardo ironico, Percy gli voltò le spalle sdegnato e, inginocchiandosi, prese nella sua la mano sottile di lei. «Trovate sgradevole il mio madrigale, milady?»
Sincerità e compassione lottarono in lei. Vinse la compassione. «Affatto, Sir Percy. È chiaro che vi siete impegnato a lungo per comporre le parole e la melodia. Sono lusingata che abbiate fatto tanta fatica per me.»
Questa volta, una luce di trionfo si accese nello sguardo di Percy nel riportarlo su Stephen.
Elizabeth sentì il fratello emettere un suono disgustato. Lo fulminò con un’occhiataccia. «Se non vi comportate bene, me ne tornerò a casa e vi lascerò da solo alle prese con Lady Helen.»
«Suvvia, Beth. Stavo solo scherzando. Percy non dovrebbe essere così suscettibile.» Stephen si girò verso l’altro cavaliere per nasconderle la faccia, ma conoscendolo bene, lei avrebbe potuto giurare che la sua espressione non fosse affatto indulgente. Tuttavia rimase in silenzio. Percy poteva risultare assai fastidioso con il suo atteggiamento lamentoso. E vestiva in modo ridicolo. Il suo farsetto era così corto da rasentare l’indecenza, la sopravveste dorata era ornata da una mantellina che gli arrivava ai polpacci e le punte delle sue scarpe erano almeno due volte più lunghe dei piedi. Se non fosse stato per il fatto che quell’assurda ostentazione era destinata a far colpo su di lei, Elizabeth sarebbe stata molto meno propensa a compatirlo.
Un sorriso risoluto le curvò le labbra. «Vogliamo dimenticare questo piccolo incidente?»
Stephen si guardò intorno per vedere se qualcun altro avesse notato lo stupido comportamento di Percy. Essendo uno dei messaggeri più fidati di Edoardo III, aveva una certa dignità da difendere.
Comunque, ben pochi dei presenti prestavano loro anche una distratta attenzione. Non nutrivano alcun interesse per le buffonate dell’ultimo ammiratore di Elizabeth. Percy era nuovo a corte, e come molti altri prima di lui si era innamorato della sorella di Stephen. E Stephen non poteva certo fargliene una colpa. Elizabeth era stupenda, coi suoi occhi blu, la carnagione d’avorio e i folti capelli neri.
Era la sua unica sorella ed era stata spaventosamente viziata dai tre fratelli, compreso Peter, che aveva quattro anni meno di lei. Stephen, però, sapeva bene che era una ragazza buona e generosa. E si mostrava infinitamente paziente con ogni nuovo corteggiatore, finché questi non cedeva le armi dopo essersi reso conto che da lei non sarebbe riuscito a ottenere altro che gentilezza. A vent’anni, sarebbe dovuta essere ormai sposata, ma nessuno le aveva mai fatto battere forte il cuore e i suoi fratelli si rifiutavano di costringerla a contrarre un matrimonio indesiderato.
Se avesse sospettato che Percy costituiva una seria minaccia per la felicità di Elizabeth, Stephen non avrebbe esitato a strozzarlo. Ma essendo innocuo, lui poteva permettersi di mostrarsi magnanimo con quel babbeo. Purché non diventasse troppo seccante. Perciò accontentò la sorella e, in silenzio, lasciò vagare lo sguardo sulla sala. A un tratto, si immobilizzò.
Elizabeth lo sentì irrigidirsi accanto a sé. Seguendo la direzione del suo sguardo atterrito, scorse Lady Helen Denfield.
Lady Helen era ritenuta una bellezza, e a ragione. A trentadue anni, riusciva a non dimostrarne più di diciassette. C’era una grazia da cerbiatta in lei mentre avanzava verso di loro. Per accentuare quell’impressione di leggiadra fanciullezza portava i capelli biondi sciolti sulla schiena, coperti soltanto da un leggerissimo velo. I suoi occhi castani osservavano quanto la circondava con un’espressione di meraviglia e un sorriso timido le aleggiava sulle labbra.
Elizabeth studiò divertita quella rappresentazione e dovette mordersi il labbro per impedirsi di scoppiare in una risata. Poiché quell’atteggiamento timido nascondeva ben altro. Lady Helen era più simile a una volpe che a una cerbiatta.
Sbirciando il fratello per spiare la sua reazione, lo vide tendersi come se si preparasse a dare battaglia. Si ravviò i capelli ramati con dita nervose, un’espressione vigile negli occhi verdi. Erano ormai tre giorni che lei lo accompagnava quando saliva al castello per attendere un’eventuale chiamata del sovrano. Era suo dovere rendersi sempre disponibile, anche se questo lo metteva sulla strada della persona che desiderava evitare più di chiunque altra, ossia quella che fino a poco tempo addietro era stata la sua amante. La loro relazione era finita nel medesimo istante in cui lui si era accorto che la bella vedova non mirava che al matrimonio.
Lady Helen si fermò davanti a loro. Quasi intuendo una minaccia rivolta alla dama dei suoi sogni, Percy balzò in piedi e le si piazzò al fianco. Una evidente quanto inutile dimostrazione della sua devozione.
«Lady Elizabeth» annuì Helen senza guardarla, tutta la sua attenzione concentrata sulla sua preda. «Lord Clayburn.»
Stephen fece scorrere una mano sulla calzamaglia che gli fasciava la coscia. «Lady Denfield.»
Helen seguì quella mano con sguardo avido. Studiando la manovra con interesse, ancora una volta Elizabeth si costrinse a soffocare una risata.
Era oltremodo divertente che Stephen si desse tanta pena per metter fine alla relazione che solo quindici giorni innanzi lo aveva tanto entusiasmato. Vedova da un anno, Helen Denfield era stata come un frutto maturo. Ma era Stephen che avrebbe finito per essere colto, se lei l’avesse spuntata. Appariva chiaro che non intendeva restare vedova a lungo e che aveva scelto Stephen come suo sposo. Non avendo messo al mondo un erede nei quindici anni del suo matrimonio con Lord Denfield, le terre e il patrimonio del marito erano andati a un lontano cugino, lasciandola pressoché in miseria. Quando Stephen aveva cominciato a corteggiarla, la donna aveva fatto ricorso a tutte le sue notevoli grazie per indurlo ad abboccare.
Non solo suo fratello era un uomo attraente, pensò Elizabeth, ma possedeva anche un cospicuo reddito lasciatogli dalla loro madre. E, come ciliegina sulla torta, stando ai pettegolezzi della corte, sembrava che fosse riuscito a soddisfare Helen per la prima volta in vita sua. Per la verità, lei non poteva contare su un’esperienza personale in questioni del genere, ma sapeva che le dame di corte attribuivano un’enorme importanza all’abilità che un uomo dimostrava nell’alcova.
A suo avviso, si trattava di esagerazioni belle e buone. Non aveva mai conosciuto un uomo capace di suscitare in lei il benché minimo fremito. E a giudicare da quanto aveva udito, non era nemmeno sicura di desiderarlo. Non riusciva a capire come una donna potesse rendersi così ridicola per una cosa insignificante come un amplesso.
Negli occhi di Helen apparve un’espressione disperata mentre fissava Stephen. Era inconcepibile, si disse Elizabeth, che una donna si umiliasse in quel modo, per quanto piacere potesse ricavare da un uomo. Quasi quasi quella poveretta le faceva pena. Suo fratello era sempre stato il tipo da correre dietro a una femmina con inestinguibile ardore. Poi, una volta ottenuto ciò che desiderava, il suo interesse si raffreddava, soprattutto quando spuntava lo spauracchio del matrimonio. Se Lady Helen fosse stata più furba, avrebbe continuato a fargli credere di essere il cacciatore della situazione.
Ma, pur non dubitando dell’effetto di simili astuzie, Stephen era sangue del suo sangue e innanzitutto era a lui che doveva la sua lealtà. A quel pensiero, Elizabeth si indurì il cuore e ricordò a se stessa che Helen aveva in mente un piano ben preciso per quanto riguardava suo fratello. Il fatto che si fosse innamorata di lui era stato incidentale.
In quel momento, Elizabeth si accorse che un improvviso silenzio era calato nella sala. Alzando lo sguardo, notò stupita che tutti quanti si erano girati in direzione della porta d’ingresso. Era insolito che una persona suscitasse la curiosità di quella gente, abituata a veder entrare e uscire gli uomini più importanti del regno. Assai perplessa, si chiese vagamente chi fosse il nuovo venuto.
In quel medesimo istante, un varco si aprì tra la folla e lo vide.
Era un uomo alto, che indossava una sopravveste marrone, il farsetto e la calzamaglia scuri, apparentemente ignaro di come il tessuto degli indumenti gli modellasse le spalle ampie e le cosce muscolose. Non si era preso la briga di vestirsi in modo vistoso, cosa che lo faceva spiccare come un lupo fra uno stuolo di cagnolini da salotto. I capelli scuri gli sfioravano le spalle e gli occhi neri osservavano con indifferenza lo sfarzo che lo circondava. Si muoveva con una sorta di grazia felina e nella sua espressione lei percepì una strana circospezione, quasi fosse abituato a guardarsi da costanti pericoli.
L’uomo appariva inconsapevole dell’agitazione che stava causando. Quasi la sua mente fosse occupata da questioni molto più importanti di quelle che aveva davanti agli occhi. Si voltò verso l’uomo biondo che aveva al fianco e che, al pari di lui, vestiva indumenti nelle tonalità della foresta.
Benché fossero entrambi aitanti, Elizabeth notò a stento quello biondo. Fu l’altro ad attrarla, anche se non sarebbe riuscita a spiegarne il motivo nemmeno se ne fosse andato della sua vita.
C’era qualcosa di selvaggio in lui, violento come il vento durante una tempesta. Uno strano brivido le serpeggiò lungo la spina dorsale.
Chi era e perché non lo aveva mai visto prima di allora?
Senza fermarsi a riflettere, Elizabeth si alzò e avanzò verso di lui fra due ali di folla. Fermandoglisi di fronte, gli percorse con lo sguardo i lineamenti marcati. Qualcosa le si agitò alla bocca dello stomaco, simile a un volo di farfalla. L’uomo abbassò gli occhi su di lei e si affrettò a distoglierli per frugare la sala alle sue spalle.
Stizzita da quell’indifferenza, Elizabeth non si mosse. Mai in vita sua un uomo l’aveva trattata come se fosse invisibile.
«Clayburn!» lo udì esclamare. Chiuse gli occhi, incapace di arrestare il formicolio alla nuca che l’aveva colta al suono di quella voce. Una voce piena, profonda. Subito dopo, realizzò che aveva pronunciato il suo cognome e, girandosi di scatto, vide Stephen in piedi alle sue spalle.
«Warwicke! Come state?» esclamò questi, sorridendo allo sconosciuto.
L’uomo scrollò le spalle. «Potrei star meglio. Sapete bene che detesto venire a corte.»
«Lo so. Quindi cosa vi ha portato a Windsor?»
Elizabeth riuscì soltanto a fissare il fratello a bocca aperta. Parlava come se quell’uomo incredibile fosse una sua vecchia conoscenza. E non le aveva mai parlato di lui! Sapeva, ovviamente, che gli incarichi che gli venivano affidati come messaggero del re lo mettevano in contatto con molta gente. Ma gli sarebbe potuto venire in mente di parlarle almeno di quello.
L’uomo dagli occhi scuri si guardò intorno accigliato. «Preferirei non rispondervi in mezzo a tutta questa gente. Si tratta di una questione molto delicata.»
«Capisco. Desiderate vedere il re? Forse, in tal caso, potrei esservi di aiuto.»
«Vi ringrazio, Clayburn, ma è stato lo stesso Edoardo a convocarmi a palazzo per un’udienza. Immagino quindi che mi chiamerà non appena sarà a conoscenza del mio arrivo.»
Stephen si limitò ad annuire.
Elizabeth ne aveva avuto abbastanza. Voleva essere presentata a quel Warwicke e intendeva provvedere in merito.
«Non vi comportate molto bene, Stephen.» Gli sorrise. «Avete dimenticato le buone maniere? Dovete presentarmi.»
I due uomini la guardarono, come se solo allora si fossero accorti di lei.
«Lord Raynor» si affrettò a rimediare Stephen. «Permettetemi di presentarvi mia sorella, Lady Elizabeth.»
Il cuore le saltò in petto allorché il suo sguardo si posò su di lei. «Lady Elizabeth.» Questa volta vi apparve un guizzo, quasi l’avesse riconosciuta, ma i suoi occhi non indugiarono su di lei come quelli degli altri uomini.
«Lord Raynor...»
Ma lui era già tornato a rivolgersi a Stephen. «Forse potreste aiutarmi a trovare un valletto che avverta il re che sono qui.»
«Certamente.»
Lei li seguì un istante con lo sguardo mentre si facevano strada tra la folla. Poi abbassò gli occhi su di sé, chiedendosi se la villania di Lord Raynor fosse dovuta a un qualche difetto del suo abbigliamento. Ma la sopravveste scarlatta era splendida. I due spacchi laterali mettevano in mostra l’abito nero, che le modellava in modo seducente la vita sottile, la rotondità del seno e dei fianchi. Sulle ampie maniche erano ricamati degli strumenti musicali con fili rossi e oro. Passandosi una mano sul velo dorato, si accertò che fosse appuntato a dovere.
No, non era stato il suo abbigliamento a indurre Lord Warwicke a non degnarla della sua attenzione. Nei suoi vent’anni di vita, non era mai stata liquidata in modo così sbrigativo. L’aveva ignorata. Anche suo fratello sembrava essersi dimenticato di lei. E dire che era venuta al castello per dargli una mano.
Ma quello che rendeva l’offesa doppiamente intollerabile era il fatto che non aveva mai reagito alla presenza di un uomo come le era capitato con Warwicke.
Un intenso rossore le colorì le guance al ricordo. Era stata attirata da quell’uomo come una falena dalla fiamma della candela, gli era andata incontro senza un attimo di esitazione. E così facendo si era resa ridicola.
Si guardò intorno di soppiatto, ma nessuno sembrava badarle. Ora che Warwicke aveva lasciato la stanza, i presenti erano tornati a occuparsi dei fatti loro. Perfino Percy si affaccendava per riparare la corda del liuto.
Fu allora che l’occhio le cadde su Lady Helen, la quale la stava osservando con espressione di scherno da non più di due passi di distanza. Anche se avvampò di nuovo, Elizabeth si impose di alzare la testa il più possibile.
«Un uomo notevole, non è vero?» Helen le sorrise.
Lei aggrottò le sopracciglia. «Chi?»
«Lord Warwicke, naturalmente. Ho avuto l’impressione che lo aveste notato con un particolare interesse» aggiunse maliziosa.
«Nessun particolare interesse, vi assicuro. È un buon amico di mio fratello, come avrete sentito di certo.»
«Oh, sono sicura che non si tratti solo di questo.»
Pur intuendone la causa, il tono astioso di Helen le procurò un senso di frustrazione. Elizabeth non era tanto sciocca da non sapere che molti la trovavano bella. Non era colpa sua se il suo aspetto suscitava tanta ammirazione, ma era innegabile che ciò le aveva procurato non poche nemiche. E ce n’erano diverse che avrebbero fatto salti di gioia nel venire a conoscenza della situazione imbarazzante in cui era andata a cacciarsi. Essendo di carattere riservato, non le piaceva l’idea che spettegolassero su di lei. Questa era appunto una delle ragioni per cui lei e Stephen abitavano al villaggio invece di risiedere al castello. Se adesso non faceva qualcosa per chiudere la bocca a Helen, era probabile che prima di sera il suo fuggevole incontro con Lord Raynor diventasse una relazione in piena regola. I pettegoli di corte non esitavano mai a infiorettare un banale incidente fino a renderlo irriconoscibile.
«Mia carissima Lady Helen, sono sicura che abbiate frainteso la situazione. Dopotutto, sembrate troppo interessata a quello che fa o dice mio fratello per accorgervi di qualsiasi altra cosa» buttò là in tono soave.
Boccheggiando, Lady Denfield alzò una mano con la chiara intenzione di schiaffeggiarla. Poi, mentre Elizabeth continuava a fissarla senza batter ciglio, parve realizzare che quel gesto avrebbe offuscato l’immagine di leggiadria che teneva tanto a creare. Girando sui tacchi, corse fuori dalla sala.
Lei aggrottò un sopracciglio nel vederla sollevare una mano per asciugarsi delle lacrime inesistenti, nel caso qualcuno avesse notato il loro battibecco. Non che le importasse un gran che, per la verità. Si era già dimenticata della vedova mentre si voltava verso l’altra estremità della stanza, dove si trovava la porta che dava accesso alla sala delle udienze. Non essendoci traccia né di suo fratello né degli altri due uomini, poteva solo supporre che fossero già entrati.
Nella sua mente turbinava una ridda di domande senza risposta su Raynor Warwicke. Era l’uomo più affascinante che avesse mai visto. Serrò le labbra nel ricordare l’indifferenza con cui l’aveva trattata. Una cosa che non avrebbe dovuto ripetersi. A causa dell’interesse che nutriva nei suoi confronti, voleva che lui dimostrasse una qualche reazione alla sua presenza.
Mai in vita sua si era vista rifiutare una cosa che desiderava. E non intendeva permettere che Lord Warwicke costituisse un precedente.
Mentre attraversava la sala delle udienze, Raynor notò a stento lo sfarzo con cui era arredata. Su gambe rigide come bastoni, si costrinse ad avanzare fra due ali di religiosi e cortigiani. Tutta la sua attenzione era concentrata sul suo re, che sedeva sul trono in fondo alla
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