Un barone sotto il vischio: Harmony Jolly
By Margaret Way
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About this ebook
Che Natale sarebbe senza un albero addobbato, il caldo fuoco di un camino e un romantico bacio sotto la neve?
Una vacanza in Inghilterra, un incontro travolgente e la vita di Cate Hamilton è sconvolta per sempre. Julian Carlisle, il giovane affascinante di cui si è innamorata, però, eredita il titolo di barone e la madre di lui si affretta a convincere Cate a tornare a Sydney e a dimenticare il figlio per sempre: una ragazza della classe media non è adatta per un giovane barone. Lei sa di non avere scelta, ma appena arrivata in Australia si rende conto che il suo cuore è rimasto in Inghilterra. Tornare indietro e lottare o andare avanti con la propria vita? Cate sceglie la seconda strada, ma il destino ha deciso altrimenti e dopo sette anni il barone Julian Carlisle arriva a Sydney. Lei comprende che la storia tra loro non è ancora finita.
Margaret Way
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Book preview
Un barone sotto il vischio - Margaret Way
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The English Lord’s Secret Son
Harlequin Mills & Boon Romance
© 2012 Margaret Way Pty Ltd
Traduzione di Paola Picasso
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5891-810-4
www.eHarmony.it
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1
Quando Cate Hamilton riuscì a parcheggiare la sua auto nello spazio ristretto lasciato libero da una motocicletta, suo figlio Jules di sette anni sbatté il pugno sulla mano aperta.
«Bel colpo, mamma!» gridò.
«Tempismo perfetto» convenne lei, ormai convinta di essere un’esperta parcheggiatrice.
«Sei stata forte. Adesso Noah dovrà ammirarti» dichiarò il bambino con orgoglio. Noah, il suo migliore amico, era molto colpito dall’abilità di Cate alla guida. Sua madre, una signora graziosa, non si faceva alcun problema a urtare le fiancate delle altre vetture, o a tamponarle. Sarebbe dovuta andare in giro con un cartello per avvertire gli automobilisti di stare attenti. La loro Volvo mostrava sempre delle ammaccature e degli sfregi. Noah diceva che sua madre non riusciva a capire come fosse possibile. Nemmeno suo padre ci riusciva.
E neppure Cate. Beveva spesso un caffè insieme alla madre di Noah, una donna che a parte il modo in cui guidava era simpatica, intelligente e di mentalità aperta.
Spegnendo il motore, osservò le strade che come sempre a quell’ora erano congestionate dal traffico, domandandosi fino a che punto fossero al sicuro i pedoni che attraversavano agli incroci.
In quei giorni sembravano tutti in preda a una fretta spaventosa. Dove andavano? Che cosa c’era di così vitale da non poter perdere un secondo? Di certo niente lo era di più della sicurezza di un bambino.
Il problema maggiore era trovare un parcheggio. Nessun alunno andava più a piedi. I più piccoli erano accompagnati dai genitori. La gente aveva paura e i media non facevano che amplificarla diffondendo delle notizie atroci.
Era di quel periodo la denuncia del tentato rapimento di una studentessa tredicenne. La polizia aveva inviato molte squadre di ricerca finché uno psicologo del plesso scolastico che le aveva parlato dopo che era stata ritrovata aveva detto che la ragazzina aveva bisogno di attirare l’attenzione.
Alcuni ragazzi erano più inventivi di altri.
Cate guardò il visetto felice del figlio, la faccia più bella del mondo per lei. E Jules non era solo bello, ma anche molto intelligente. Il suo unico figlio, puro e innocente. Il suo sole, la sua luna, le sue stelle. Cate si sentì sommergere da un’ondata di gioia.
Era una giornata luminosa, piena di promesse. Un bel periodo per essere vivi.
Il caldo rendeva ancora più intenso il profumo dei fiori che si mescolava all’odore salmastro del Sydney Harbour.
Quel porto naturale era il più bello del pianeta e dava un tocco di perfezione allo scenario. Non stupiva che Sydney fosse considerata una delle città più amene e più vivibili al mondo. Poche altre città potevano vantare dei dintorni così incantevoli, con centinaia di baie, spiagge candide, magiche insenature e corsi d’acqua per la gioia dei cittadini. I suoi abitanti avevano il privilegio di vivere a poca distanza dall’Oceano Pacifico.
Persino il tragitto fino alla scuola era una magnifica esperienza.
Gli alberi di jacaranda che fiancheggiavano entrambi i lati della strada erano in piena fioritura. Quando era una studentessa, Cate aveva sentito dire che se uno di quei fiori cadeva su un ragazzo, quel fortunato avrebbe superato l’esame. Una bella teoria, ma come tutte le teorie, poco affidabile. I fiori cadevano ogni momento sulle teste dei passanti e quella mattina intorno a ogni tronco c’era un tappeto circolare color lavanda.
Mancava poco alla chiusura delle scuole.
Tra poco sarebbero iniziate le lunghe vacanze natalizie.
Natale.
All’improvviso tornarono i ricordi. Non poteva mai prevedere il loro arrivo, una vera, inarrestabile invasione che quasi le oscurava la vista. Non era il momento per abbandonarsi a quell’onda nera che tuttavia la trascinò inesorabilmente indietro, in luoghi in cui a Natale nevicava, imbiancando i tetti e i giardini e rivestendo i rami degli alberi di ricami candidi. Il paesaggio si trasformava e diventava un mondo da favole.
Lei aveva appena compiuto diciotto anni, il periodo più innocente e felice della sua vita, quando il futuro era pieno di promesse. Ma era stato allora che il suo angelo custode si era distratto e lei si era innamorata perdutamente. Per qualche mese aveva sognato, poi la felicità le era stata strappata via.
In una notte.
Il suo cuore era stato spezzato e calpestato. A lei non era rimasto altro da fare che lenire il dolore e svanire come uno sbuffo di fumo.
Regalate soldi, corone e ghinee ma non donate il vostro cuore, recitava un poema.
Invece, lei aveva donato invano il suo cuore. La lezione che aveva appreso era che non esisteva alcuna garanzia quando due persone s’innamoravano. Ma che cos’era l’amore tra un uomo e una donna? Una follia? Un incantamento? Una voglia pazza di provare delle sensazioni nuove senza preoccuparsi di cercare nell’altro doti durevoli? Quante coppie ricevevano il dono di un amore senza fine? Un amore per la vita? Era chiedere troppo, data la limitatezza della natura umana? Troppa gente vedeva morire un amore appena nato.
Com’era successo a lei all’improvviso.
Adesso amava di nuovo il Natale e le festività. L’arrivo di Jules aveva rimesso in moto il suo mondo. Dal momento in cui glielo avevano messo tra le braccia, era diventato la persona più importante del mondo per lei. Nessuna passione era tanto forte. Jules aveva sconvolto la sua esistenza. Non si concentrava più su se stessa e la sua sofferenza. Aveva un figlio a cui pensare.
Sapeva bene che i bambini allevati da un solo genitore, di solito la madre, avevano bisogno che quest’ultima coprisse due ruoli, il suo e quello del padre.
Studiosi e personaggi eminenti avevano concluso che i figli di genitori appartenenti alla classe media, con abbastanza soldi per vivere, nella vita riuscivano meglio di quelli cresciuti da un genitore solo. Eppure lei aveva visto dei ragazzi allevati solo dal padre o dalla madre in condizioni di semipovertà ottenere dei grandi successi. Il desiderio di migliorarsi costituiva un potente incentivo. Perciò a suo modo di vedere la medaglia aveva due facce e lei era dalla parte di quella dei genitori single con tutte le loro sfide.
Il rapporto tra lei e Julian era stato ottimo. Si erano amati a prima vista e avevano sempre cercato di non ferirsi, o prevaricarsi. In pratica avevano realizzato un programma di supporto reciproco che aveva funzionato perfettamente.
Altre auto avanzavano adagio, cercando un posto libero. Una Mercedes aveva parcheggiato prepotentemente in seconda fila, a pochi metri dai cancelli del Kingsley College, una delle scuole migliori della città.
L’edificio di pietre era considerato molto bello. I prati che lo circondavano erano curati meticolosamente e ombreggiati da alberi stupendi. I genitori erano orgogliosi di potervi mandare i loro figli anche se spesso il costo li sbancava.
Per fortuna, Cate era riuscita a trovare un parcheggio quando ormai il tempo che aveva a disposizione stava scadendo. Aveva ricevuto un messaggio che le comunicava un appuntamento con un potenziale cliente che non aveva lasciato il suo nome.
Baciò in fretta la testa di Jules, coperta da una selva di morbidi capelli biondi. «Ti voglio bene, tesoro...» mormorò.
Come volava il tempo! Ricordava Jules neonato e bellissimo. Jules che barcollava compiendo i primi passi. Le sembrava fosse successo il giorno prima.
Era avvenuto di domenica e lei si era convinta che Jules avesse atteso quel momento per potersi precipitare incespicando e lanciando gridolini di gioia tra le sue braccia. Ricordava la festa per i suoi quattro anni, con i clown e la corsa sui pony. Il primo dentino che lui aveva perso e che aveva mostrato con malcelato orgoglio, aspettando l’arrivo della fatina.
Il tempo era prezioso ma passava troppo velocemente. Il suo bambino cambiava sotto i suoi occhi e ormai faceva delle domande e guardava il mondo dal suo punto di vista.
«Anch’io ti voglio bene, mamma» rispose Jules.
Il bambino impiegò molto tempo a slacciarsi la cintura di sicurezza e ad aprire la portiera.
«Va tutto bene, tesoro?» domandò lei, drizzando le antenne materne.
Molto protettivo nei suoi riguardi, il bambino parve valutare l’effetto che le avrebbe fatto la sua domanda, poi buttò fuori di colpo: «Perché io non posso avere un papà come tutti gli altri?».
Cate si sentì stringere il cuore. In cuor suo, per quanto fosse amato dalla madre, Jules sembrava desiderare un padre, una figura con cui identificarsi e lei non poteva interpretare entrambi i ruoli.
La bocca le si inaridì.
Non hai sempre saputo che prima o poi ti saresti sentita rivolgere questa domanda?
Abituata a nascondere le sue emozioni, rispose con calma: «Biologicamente è impossibile non avere un padre».
Era un pietoso tentativo di tergiversare. Jules aveva raggiunto l’età della ragione e presto le avrebbe posto delle altre domande.
I suoi segreti sarebbero stati rivelati. Doveva essere pronta fin da quel momento.
«Sii seria, mamma» la pregò Jules, inchiodandola con i suoi occhi azzurri, l’unico tratto che non le somigliasse. «Tu non sai com’è. I bambini cominciano a pormi delle domande. Prima non lo facevano. Chi è il mio papà? Dov’è? Perché non sta con noi?»
Cate rispose con la maggiore sincerità possibile. «Te l’ho detto, Jules. Lui vive in Inghilterra. Non può stare con noi.»
Non sa nemmeno che sei nato, aggiunse tra sé. Sarebbe disposto a riconoscerti? O non c’è posto nella sua vita per un figlio illegittimo? Forse il termine illegittimo non