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Stregata dalla luna: Harmony History
Stregata dalla luna: Harmony History
Stregata dalla luna: Harmony History
Ebook220 pages2 hours

Stregata dalla luna: Harmony History

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About this ebook

Inghilterra, 1815
Considerata poco più che un'umile cameriera dagli zii con cui vive da quando è rimasta sola e senza un soldo, Kathryn Marchant è segretamente innamorata di Lord Ravensmede, un affascinante gentiluomo che neppure conosce e che vede soltanto da lontano. Una sera, in cerca di solitudine durante una festa da ballo, la fanciulla entra in una stanza buia e al chiar di luna trova l'uomo dei suoi sogni che sembra attendere proprio lei. Ma è davvero quella la verità, o il bel visconte sta cercando di nasconderle qualcosa di illecito? Non sembra affatto dispiaciuto quando la bacia con passione, eppure... I sogni di Kathryn stanno forse per diventare realtà?
LanguageItaliano
Release dateOct 10, 2019
ISBN9788830506428
Stregata dalla luna: Harmony History
Author

Margaret McPhee

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Stregata dalla luna - Margaret McPhee

    Immagine di copertina:

    Graziella Reggio Sarno

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Mistaken Mistress

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2006 Margaret McPhee

    Traduzione di Daniela Mento

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3050-642-8

    1

    Londra, maggio 1815

    «Kathryn, siete la sola donna che io abbia mai amato. Vi supplico, sposatemi!» Lord Ravensmede la prese fra le braccia e la baciò con passione, prima di ripeterle ancora una volta che non poteva vivere senza di lei. «Vi amo, Kathryn!» dichiarò, poi la baciò di nuovo senza curarsi di sgualcire il meraviglioso abito di seta gialla, all’ultima moda, che indossava quel mattino...

    «Kathryn! Kathryn!» strillò la cugina Lottie. «Smettila di sognare a occhi aperti! Non vedi che l’orlo del mio vestito è rimasto impigliato nella fibbia della scarpetta di Miss Dawson? Invece di guardarmi come un’idiota, cerca di liberarlo senza che si strappi.»

    Kathryn mise da parte le fantasticherie su Lord Ravensmede e si inginocchiò per risolvere il problema della cugina, mentre lei e la sua amica riprendevano a parlare di uomini.

    «Sono bellissimi tutti e due, Jane» sosteneva Lottie. «Non saprei quale scegliere.»

    «Mamma, però, mi ha detto che sono entrambi libertini incalliti e che non dovrei frequentarli.»

    «Non fare la sciocca, Jane» la rimproverò Lottie. «Che cosa importa se un uomo è un libertino, quando ha un titolo ed è ricco e bello come loro?»

    «Ci stanno guardando, Lottie» l’avvertì l’amica.

    «Allora voltati, non fare vedere che li abbiamo notati.»

    Miss Dawson si voltò, ma nel farlo pestò le dita di Kathryn, che ritrasse in fretta la mano soffocando un gemito di dolore e strappando inavvertitamente l’orlo dell’abito di Lottie.

    «Ecco, mi hai rovinato il vestito!» strillò la cugina. «Era la prima volta che lo mettevo e sei riuscita a strapparlo.» I suoi occhi azzurri si riempirono di lacrime e le sue guance si tinsero di rosso per la rabbia, rendendo ancora più carino il suo visetto delizioso.

    «Ma no, Lottie... Basterà qualche punto per rimediare» cercò di confortarla Jane Dawson.

    «L’hai fatto apposta!» Lottie accusò di nuovo la cugina che, ancora inginocchiata, cercava di nascondere in qualche modo l’orlo lacero. «Kathryn è così invidiosa» aggiunse poi, rivolta all’amica. «Invece di esserci grata per quello che facciamo per lei, fa di tutto per indispettirci.»

    «Ma, Lottie...» cercò di calmarla Miss Dawson.

    Lottie però non riusciva più a controllarsi.

    «Lasciami finire, Jane! È solo una stupida invidiosa e vorrei tanto che...»

    «Miss Marchant?»

    La calda voce maschile interruppe lo sfogo di Lottie, che si voltò verso il gentiluomo alto ed elegante che aveva parlato, cambiando immediatamente il proprio atteggiamento. Dimenticò la furia di pochi attimi prima e sorrise con tutta la dolcezza che riuscì a simulare, come un angelo innocente. «Lord Ravensmede» mormorò facendo una riverenza a lui e al suo amico, Lord Archibald Cadmount.

    Kathryn sarebbe voluta sprofondare. L’uomo che popolava i suoi sogni a occhi aperti, l’irresistibile Lord Ravensmede era lì davanti a lei, inginocchiata come una cameriera ai piedi di sua cugina. Si alzò subito, cercando di dominare l’imbarazzo, e riuscì perfino a sorridere mentre il cuore le batteva all’impazzata.

    Lord Ravensmede però non badò a lei. Dopo averla degnata di un rapido sguardo concentrò tutta la propria attenzione su Lottie, che agitava il ventaglio per far sparire dal viso ogni traccia del rossore causato dall’ira. Non le passò nemmeno per la mente di presentare la cugina ai due affascinanti gentiluomini né loro le chiesero di farlo.

    La stavano trattando davvero come una cameriera, pensò Kathryn con una stretta al cuore.

    Era orfana, povera, costretta ad accettare la carità di parenti che la detestavano, ma era pur sempre una Marchant, proprio come Lottie. Avrebbe dovuto essere la dama di compagnia di sua zia e di sua cugina, in realtà la trattavano come una domestica. Kathryn sentì che non sarebbe riuscita a sopportare più a lungo quella situazione.

    Sapeva benissimo perché Lottie non la presentava a Lord Ravensmede e al suo amico. I due gentiluomini l’avevano presa per una cameriera e lei non voleva fare nulla perché cambiassero idea.

    «Lottie, Miss Dawson, milord...» richiamò gelida la loro attenzione. «Vi prego di scusarmi.» Poi voltò le spalle a tutti quanti e se ne andò a testa alta, il ritratto della dignità offesa.

    Lord Ravensmede non era abituato a vedersi trattare in quel modo, soprattutto da una donna, e nemmeno il suo amico.

    «Buon Dio!» commentò Lord Cadmount scandalizzato. «Al giorno d’oggi ci si deve aspettare di tutto dai domestici.»

    Miss Dawson guardò Lottie con evidente imbarazzo, ma la cugina di Kathryn non aprì bocca per spiegare l’equivoco. Lord Ravensmede considerò molto strana la scena, ma aveva cose più importanti da fare che fermarsi a riflettere.

    «Vi prego di scusarci» disse alle due giovani dame. «Lord Cadmount e io dobbiamo andare.»

    Non era venuto a un ballo noioso come quello di Lady Finlay per fare la corte a due sciocchine come quelle.

    «Dove credi di andare?» le domandò autoritaria zia Anna, intercettandola mentre stava per uscire dal salone da ballo.

    Kathryn rispose con una gentilezza che imponeva sempre a se stessa quando parlava con i suoi parenti. Non poteva dimenticare che la nutrivano e la ospitavano, anche perché glielo ricordavano tutti i giorni.

    «Hai lasciato sola Lottie?» la incalzò la zia, in uno splendido abito di seta rosa che contrastava con il vestito grigio fuori moda che indossava la nipote.

    «C’è Miss Dawson con lei. Volevo solo andare un attimo a pettinarmi.»

    «Devi sempre rimanere con Lottie, quante volte te lo devo ripetere? Vai pure a pettinarti, ma poi torna subito da lei.»

    Kathryn non voleva andare a pettinarsi, ma solo allontanarsi per un po’ dalla detestabile cugina per riprendere fiato. Da tre anni sopportava la sua arroganza, aveva creduto di essere ormai allenata a ingoiare un’umiliazione dopo l’altra senza battere ciglio, ma poco prima era stata sul punto di perdere il suo stoico autocontrollo. La presenza di Lord Ravensmede, senza dubbio, ne era stata la causa. Non aveva sopportato che Lottie la umiliasse anche davanti a lui.

    Una volta fuori dal salone percorse un lungo corridoio, sperando di non incontrare nessuno. Aveva bisogno di stare sola per almeno cinque minuti, per ritrovare la calma. Non le sembrava che fosse troppo chiedere cinque minuti, solo cinque miserabili minuti tutti per sé!

    Camminò lungo il corridoio fino a quando arrivò in quella che doveva essere la galleria di Lady Finlay. Alle pareti erano appesi i ritratti degli antenati dei padroni di casa e Kathryn si fermò a osservare un dipinto che rappresentava forse il nonno di Lord Finlay, pensando ad altro.

    In quei tre anni, dopo la morte della sorella e dei suoi genitori, aveva sempre evitato di commiserarsi. Il padre e la madre l’avevano educata a essere forte, ad affrontare con coraggio tutte le prove della vita. Solo grazie ai principi che le avevano inculcato era riuscita a sopportare la carità che zia Anna e zio Henry le concedevano con tanta arroganza. C’erano momenti in cui, però, sentiva tutto il peso della povertà e si chiedeva cosa avesse fatto di male per meritarsi un simile castigo.

    Sentì dei passi in lontananza. Nemmeno lì riusciva a stare tranquilla, qualcuno stava arrivando, forse un servitore. Di certo si sarebbe stupito di trovare uno degli invitati così lontano dal salone da ballo, intento a osservare i ritratti degli antenati della sua padrona.

    Kathryn cercò con lo sguardo dove nascondersi. Non trovò di meglio che aprire la porta più vicina e infilarsi dentro la stanza, sperando che non ci fosse nessuno.

    La stanza era buia. Kathryn richiuse la porta e attese che i passi dello sconosciuto si allontanassero nel corridoio. Quando si furono allontanati, però, invece di uscire si voltò a guardarsi intorno.

    Dalle grandi finestre entrava il chiarore della luna. Una luna grande, argentata, che la fissava dal tranquillo cielo notturno.

    Doveva essere un locale dove non veniva mai nessuno: i mobili erano infatti coperti da grandi teli perché non vi si depositasse la polvere.

    Kathryn, stregata dalla luna, si avvicinò alle grandi finestre per guardarla affascinata... Proprio com’era rimasta affascinata quando aveva visto Lord Ravensmede per la prima volta, un mese addietro, a un ballo di Almack’s a cui aveva accompagnato sua cugina. Da allora non aveva fatto altro che sognarlo, di giorno e di notte. I sogni a occhi aperti erano il solo modo che aveva per sfuggire all’infelicità e alla noia delle sue giornate, e in quei sogni Lord Ravensmede era innamorato di lei, le chiedeva di sposarlo e la salvava da una vita di costanti umiliazioni.

    Dopo quella sera, però, non avrebbe più osato nemmeno sognarlo. Si sarebbe sforzata di non pensare più a lui perché, se lo avesse fatto, si sarebbe ricordata del modo ignobile in cui Lottie l’aveva trattata davanti al gentiluomo.

    «Amanda?» mormorò qualcuno alle sue spalle.

    Kathryn trasalì spaventata e si ritrasse dalla finestra, rifugiandosi nell’ombra. Un uomo aveva aperto la porta ed era entrato nella stanza, la sua figura si stagliava contro la luce che proveniva dal corridoio. Kathryn non riusciva a vederlo bene, era solo un’ombra scura nel riquadro luminoso della porta.

    «Amanda?» la chiamò di nuovo a bassa voce.

    Kathryn arretrò ancora di più, sperando che lo sconosciuto capisse che lei non era Amanda e se ne andasse, senza più importunarla.

    Invece l’ombra richiuse la porta e fece per avvicinarsi.

    «Amanda, perché vi nascondete?» le domandò, e solo allora Kathryn si accorse che era il Visconte di Ravensmede.

    Con il cuore in gola sperò che l’oscurità gli impedisse di riconoscerla. Chi era Amanda? Probabilmente una delle tante donne che allietavano la sua vita di libertino incallito, come lo aveva definito la madre di Miss Dawson. Forse avrebbe fatto meglio a rivelargli subito che non era Amanda, ma non fece in tempo a decidere se farlo, perché il visconte la prese fra le braccia e la baciò.

    Dopo il primo attimo di stupore, Kathryn venne colta dal panico. Lord Ravensmede, l’uomo dei suoi sogni, la stava baciando e non si limitava soltanto a baciarla. Sentì che le sue mani le accarezzavano il seno e allora aprì la bocca per gridare. Con il solo risultato che il visconte la baciò come lei non aveva nemmeno immaginato che un uomo potesse baciare una donna.

    Non capiva che cosa le stesse accadendo, sapeva solo che il sangue le era salito di colpo alla testa, che si sentiva inebriata come se avesse bevuto un’intera bottiglia di champagne. Si abbandonò al bacio, anzi si strinse a lui come per incitarlo a non smettere mai di baciarla.

    «Amanda...» sospirò ancora una volta lui, riprendendo fiato.

    Che cosa aveva fatto? Kathryn riprese per un attimo il controllo di sé e si rese conto di avere commesso un terribile errore.

    «No!» esclamò cercando di respingerlo.

    Lord Ravensmede però non voleva lasciarla andare.

    «Che cosa c’è che non va? Non vi è piaciuto il braccialetto che vi ho regalato?»

    Le accarezzò una guancia con la punta delle dita. Kathryn rabbrividì.

    «No, milord. Io non...»

    «Perché tremate come una vergine, Mrs. White? Eppure avete fatto di tutto per attirare la mia attenzione, non potete negarlo.»

    Kathryn capì che rimaneva soltanto una possibilità per lei, fuggire subito prima che il visconte potesse riconoscerla. Cercò di farlo, ma lui la fermò prima che potesse arrivare alla porta.

    «Si può sapere che cosa vi succede? Da mesi cercate di convincermi a diventare il vostro amante e adesso sembra che voi abbiate paura di me. Parlate, Mrs. White. Voglio una spiegazione.»

    Kathryn allora si arrese.

    «Io non sono Mrs. White» confessò con un filo di voce.

    Per un attimo lui rimase immobile, colpito dalla rivelazione. Poi la trascinò verso le finestre, per guardarla in viso alla luce della luna.

    I suoi occhi verdi la scrutarono severi, facendola tremare. Kathryn però si sforzò di rimanere a testa alta, fiera e dignitosa.

    «Sono Miss Kathryn Marchant» gli rivelò, sperando che la sua voce non si incrinasse per l’emozione. «La cugina di Miss Lottie Marchant.»

    Lui non disse nulla e continuò a fissarla senza parlare.

    «Stavo solo cercando di rimanere un po’ sola. Vi prego, non dite a mia zia che...»

    «Perché non avete parlato subito? Perché non mi avete detto che non eravate la persona che stavo cercando?» l’accusò lui.

    «Ho tentato, milord, ma non ci sono riuscita» mentì lei.

    «Non ci siete riuscita o non avete voluto avvertirmi, Miss Marchant?»

    Kathryn sentì un brivido lungo la schiena. Lui stava accarezzando le sue braccia nude.

    «Scusate, ma devo tornare da mia cugina» mormorò spaventata.

    Lord Ravensmede però non la lasciò andare.

    «Avrete di sicuro sentito parlare di me. Conoscete la mia reputazione» aggiunse con la sua voce calda e sensuale.

    Kathryn, immobile, non riusciva quasi a respirare mentre lui si avvicinava sempre di più.

    «Miss Marchant, qualcuno dovrebbe insegnarvi...» aggiunse il visconte accarezzandole di nuovo una guancia, «a non giocare con il fuoco.»

    Di nuovo le labbra di Lord Ravensmede si posarono sulle sue. Questa volta Nicholas Maybury, Visconte di Ravensmede, sapeva benissimo chi stava baciando.

    «Ravensmede! Dannato furfante!»

    Il grido della donna fece sobbalzare Kathryn. Lord Ravensmede la protesse accogliendola fra le proprie braccia.

    «Mi date appuntamento in questa stanza e vi fate trovare con un’altra donna! Siete un mascalzone!»

    «Miss Marchant e io stavamo solo ammirando la luna piena» rispose il visconte con la sfrontatezza del libertino consumato. «Se volete unirvi a noi, Mrs. White...»

    Mrs. White si fece avanti. Era una bella vedova dalle curve procaci, ben diversa da Kathryn sotto tutti i punti di vista. Com’era possibile che l’avesse confusa con una donna così poco somigliante a lei, anche nell’oscurità?

    «Miss Marchant... Di sicuro vostra zia non sarà molto felice di sapere come trascorrete il vostro tempo ai ricevimenti.»

    Kathryn tremò fra le braccia di Lord Ravensmede. Voleva soltanto andarsene al più presto da quella stanza, lontano da lui e da Mrs. White, che la fissava con disprezzo. Lui la lasciò andare, ma solo dopo averle baciato la mano.

    «Continueremo un’altra volta la nostra lezione di astronomia» le disse con un sorriso. Poi si voltò verso Mrs. White. Non poteva permettere che rovinasse la reputazione della fanciulla, solo per gelosia. «Mi scuso per quanto è successo, Mrs. White» le disse. «So che siete una donna intelligente e che posso fidarmi di voi» aggiunse senza pensare affatto né l’una né l’altra cosa, ma sperando che le lusinghe operassero il miracolo. «So anche che siete troppo nobile e gentile per riferire ad altri quello che avete visto questa sera. Vi assicuro che quello a cui avete assistito è stato solo

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