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Cuore temerario: Harmony History
Cuore temerario: Harmony History
Cuore temerario: Harmony History
Ebook244 pages3 hours

Cuore temerario: Harmony History

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About this ebook

Francia, 1793
Fuggire dalla Francia non è affatto un'impresa facile per una fanciulla sola, ed Emma lo scopre a sue spese quando vede la scialuppa dei genitori allontanarsi dalla banchina del porto di Tolone, messa a ferro e fuoco dai rivoluzionari. Per fortuna, al suo fianco compare Simon Avedon, un misterioso individuo a capo di un'organizzazione clandestina che aiuta i fuggiaschi a lasciare il paese. Nonostante l'antipatia immediata che prova per lui, la giovane decide di seguirlo, ma scopre ben presto di non essere stata reclutata per caso e capisce di essere in pericolo. Che cosa vuole veramente da lei quell'enigmatico gentiluomo inglese?
LanguageItaliano
Release dateApr 10, 2020
ISBN9788830513631
Cuore temerario: Harmony History

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    Cuore temerario - Meg Alexander

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Her Gentleman Protector

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2005 Margaret Crosland

    Traduzione di Silvia Zucca

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-363-1

    1

    Francia, 1793

    Emma rabbrividì nel sentire le esplosioni scuotere il porto e si aggrappò alla manica della camicia di suo padre.

    «I cannoni sembrano così vicini» mormorò. «I monarchici riusciranno a difendere la città?»

    «Tolone è perduta, cara.» Frederick Lynton sospirò, richiudendo il libro e infilandoselo nella tasca. Le Meditazioni di Marco Aurelio gli davano ben poco conforto, in quella situazione. Prese Emma in disparte, perché fosse l’unica della famiglia a sentire ciò che doveva dire. «Queste non sono esplosioni dovute alla battaglia» le spiegò a bassa voce. «I difensori della città stanno dando fuoco alle ultime munizioni sparando per aria perché non cadano in mano del nemico. Devi essere coraggiosa, tesoro mio. Non dobbiamo far preoccupare tua madre o i bambini.»

    Emma annuì. Era stanca, affamata, assetata e molto impaurita, ma sapeva che suo padre aveva ragione. Mise un braccio intorno alle spalle di sua madre e l’abbracciò per darle conforto.

    «Non manca molto» la rassicurò lui. «Presto saremo a bordo di una nave britannica che ci riporterà in Inghilterra.»

    Mrs. Lynton non disse nulla ed Emma la guardò con ansia. Era difficile riconoscere in lei la donna calma e riflessiva che aveva condotto la loro casa con efficienza fino allo scoppio dei disordini. La sua pelle chiara, caratteristica di famiglia, aveva assunto una sfumatura grigiastra e alcune gocce di sudore le solcavano il labbro superiore. Le lunghe ore d’attesa avevano avuto il loro effetto, ma era il crescente pericolo per la famiglia che le succhiava via tutto il coraggio.

    La minaccia era fin troppo reale. Per giorni interi la flotta britannica aveva caricato migliaia di rifugiati sulle sue navi, ma la coda di disperati non accennava a diminuire, estendendosi dai viottoli della città vecchia fino al mare e alla salvezza.

    La folle urgenza del momento si era trasformata in una tragedia: alcuni di coloro che erano più vicini ai bastioni del porto avevano perso l’equilibrio ed erano caduti in acqua. Nessuno aveva tentato di aiutarli. I pochi che sapevano nuotare erano riusciti a guadagnare la riva, altri avevano tentato di salire sulle imbarcazioni poco distanti, ma erano stati colpiti senza pietà dai legni dei remi.

    Emma voltò la schiena a quella terribile scena, cercando di fare da scudo ai bambini, ma non poteva impedire alle urla di raggiungere le sue e le loro orecchie. I gemelli iniziarono a piangere mentre Julia, la più piccola, era troppo terrorizzata anche per le lacrime. Emma gettò un’occhiata disperata al padre, ma l’attenzione dell’uomo era rivolta altrove.

    La ragazza seguì il suo sguardo e vide il distaccamento delle truppe siciliane marciare verso il porto per attendere un passaggio.

    Si voltò verso il padre, sorpresa. «Quegli uomini non sono feriti!» esclamò. «E hanno delle armi con loro. Non potrebbero difendere la città?»

    «Temo che non ci sia più speranza, piccola mia.»

    «No, nessuna al mondo!» sbottò una voce ironica accanto a loro, intromettendosi nella conversazione. «Oh, ma che ipocriti siete, voi britannici! Non siete voi quelli che gridano di salvare sempre prima le donne e i bambini?»

    Emma si voltò a guardare l’uomo che stava parlando. Era alto e ben vestito, sulla quarantina. Furiosa, stava quasi per lanciarsi in una strenua filippica in difesa dei propri connazionali, quando il padre le posò una mano sul braccio.

    «Mio caro signore, questo momento è terribile per tutti quanti noi» replicò Mr. Lynton senza la benché minima traccia di irritazione nella voce. «Sfortunatamente, i nostri alleati avranno bisogno di quanti più uomini possibili negli anni a venire. Credo che l’Ammiraglio Hood stia solo eseguendo degli ordini.»

    «E noi siamo sacrificabili?» ribatté l’uomo con amarezza.

    «Spero di no. L’evacuazione sta procedendo bene, finora...» aggiunse Frederick Lynton.

    «Ma continuerà?»

    Non ci fu il tempo di rispondergli. Un’altra spinta della folla costrinse la famiglia Lynton a procedere verso i bastioni. C’era un’imbarcazione attraccata vicino a loro e Frederick non perse tempo. Prese per mano i suoi due figli e chiamò Emma, Julia e la moglie, ordinando loro di seguirlo e di scendere i gradini sdrucciolevoli della scaletta.

    Il vascello era già affollato, ma alcune braccia caritatevoli aiutarono i bambini a salire. Poi anche Mrs. Lynton e Julia vennero imbarcate, sotto lo sguardo corrucciato del nostromo.

    Quando fu il turno di Emma, però, successe qualcosa d’imprevisto.

    Tre giovani sbucati dalla folla tentarono di saltare a bordo e la fanciulla venne spinta da parte.

    Il nostromo entrò subito in azione. «State indietro!» gridò. Quindi afferrò un remo e lo usò per allontanare la barca dalla riva.

    Emma lottava per riguadagnare gli scalini della passerella e per rimanere in piedi sul bordo dei bastioni, pericolosamente vicina al pelo dell’acqua. Ignorava il pericolo che stava correndo e concentrava la propria attenzione sulla barca, in attesa che il nostromo ordinasse ai suoi uomini di tornare verso riva. Questi però scosse il capo e gridò nella sua direzione: «Non correte rischi inutili, signorina. Siamo della Reculver, ricordatevi questo nome e prendete la prossima scialuppa». Poi ordinò ai suoi uomini di allontanarsi.

    Emma li guardò mentre il cuore le si riempiva di terrore. Come avevano potuto lasciarla? Riusciva ancora a scorgere suo padre mentre discuteva con il nostromo, pregandolo di tornare, ma senza risultati. Colse lo sguardo atterrito di sua madre, ma poi l’imbarcazione fu troppo lontana per riconoscerli.

    Cercò d’inspirare alcune boccate d’aria fresca. A nulla le sarebbe valso farsi prendere dalla disperazione. Sarebbe arrivata un’altra scialuppa e lei sarebbe stata pronta a saltarvi dentro. Mesta, riguadagnò la fila.

    Poco dopo, incredula, scorse la nave da guerra che levava l’ancora e scompariva all’orizzonte.

    «Ebbene, signorina? Pensate ancora che mi stessi sbagliando?» L’uomo che aveva apostrofato lei e suo padre poco prima le sorrideva con una calma irreale. «Dopo il massacro di Marsiglia sappiamo bene che cosa ci aspetta... Gli inglesi ci hanno abbandonato al nostro destino.»

    «Vi sbagliate!» gridò lei con forza. «Altre navi verranno a prenderci.»

    «Io penso di no. In ogni caso sarà troppo tardi. Non avete sentito? È iniziato il Terrore...» Lo sconosciuto si fermò ad ascoltare il ruggito degli spari che provenivano dalla città dietro di loro. «Per favore, mademoiselle, ora state indietro.»

    Emma lo guardò smarrita ma, ugualmente, gli obbedì.

    Ciò che l’uomo fece, però, la colse del tutto impreparata. Fu solo quando vide il riflesso del sole sulla lama che capì quali fossero le sue intenzioni. Con un gesto rapido e sicuro, l’uomo si recise le vene del polso, scusandosi debolmente mentre lo faceva.

    Emma gridò mentre il fiotto chiaro di sangue schizzava verso di lei, inzuppandole l’abito.

    Prontamente si inginocchiò in aiuto dell’uomo che era caduto a terra, ma venne subito afferrata da un paio di mani sicure.

    «Restate in piedi!» le ordinò una voce rude. «Altrimenti verrete schiacciata dalla folla.»

    Emma si sentì vacillare. Per qualche istante, le pietre del selciato le sembrarono terribilmente vicine e la voce dell’uomo che l’aveva sollevata da terra le parve provenire da un luogo remoto.

    Sconvolta, non riuscì a mantenersi in equilibrio e incominciò a oscillare.

    L’uomo accanto a lei l’afferrò per le braccia. «Venite via. Questo non è posto per voi.»

    Alla fine, Emma riuscì a ritrovare la voce.

    «Per favore, aiutate quel poveretto!»

    «Non sarebbe un’azione caritatevole» replicò l’altro con durezza. «E in ogni caso, non possiamo fare più niente per lui.»

    «Non potete esserne sicuro!» Emma tentò di divincolarsi dalla stretta.

    «So riconoscere un uomo morente quando ne vedo uno, d’accordo? Ora, Miss Lynton, volete venire via? Siete in pericolo, qui!» L’uomo era sul punto di perdere la pazienza.

    «No!» Per un attimo, Emma non fece caso al fatto che si fosse rivolto a lei chiamandola per cognome. «Lasciatemi stare! Devo aspettare qui. Le navi torneranno indietro!»

    «Non lo faranno, ve l’assicuro. La Marina britannica è richiesta altrove. L’Ammiraglio Hood ha già trasgredito nel prorogare i suoi ordini» ribatté lui.

    «Non vi credo!» Emma cercò di spingerlo lontano. «La Marina non ci abbandonerà...»

    «La Marina non ha scelta, mademoiselle. Comunque, se non posso persuadervi...» L’uomo si strinse nelle spalle e fece per andarsene.

    «Aspettate!» Emma comprese che era la sua ultima speranza. «Siete inglese, non è vero? Come sapevate il mio nome?»

    «È un segreto, Miss Lynton?» Un paio di occhi grigi la squadrarono dall’alto in basso.

    «No, certo.» La sua mente iniziava a schiarirsi mentre lei studiava il suo strano compagno più da vicino.

    Non era molto più alto della media e i suoi abiti non avevano nulla di particolare. Sarebbe potuto passare tra la folla senza essere notato, se si fosse dato la pena di nascondere l’innegabile piglio autoritario del suo portamento, del modo in cui muoveva la testa e della ruvidezza della sua voce.

    Emma esitò. L’uomo aveva ragione: le navi non sarebbero tornate e lei era rimasta sola. Era divisa tra il desiderio di rimanere ad aspettare qualcuno che poteva anche non arrivare mai e la strana riluttanza che provava all’idea che quello sconosciuto la lasciasse.

    Dopotutto era inglese, sapeva il suo nome e, anche se l’aveva appena conosciuto, istintivamente sentiva che avrebbe potuto contare su di lui. Decise di prendere tempo. «Ci siamo già incontrati? Non ricordo...»

    «Buon Dio, ragazza! Questo non è il momento di fare le presentazioni! Forse volete fare la conoscenza di Madame Guillotine, ma io no. Mi chiamo Avedon, Simon Avedon, anche se non vedo in che modo questo potrebbe interessarvi.» Le voltò le spalle.

    Emma si guardò intorno. Anche altre persone avevano capito che le navi non sarebbero tornate e stavano cedendo al panico. Le urla e i pianti riempivano l’aria e molti, intorno a lei, cadevano a terra.

    Un’ondata di nausea la travolse. L’uomo che si era tagliato il polso non era stato l’unico a pensare al suicidio. Ora la folla iniziava ad assottigliarsi mentre i profughi scappavano in tutte le direzioni.

    La giovane prese una decisione improvvisa. «Volete aiutarmi, signore?» lo supplicò. «Ho del denaro con me. Forse potremmo noleggiare una barca.»

    Sentì la risata amara dell’uomo. «Siete pazza? Qualsiasi cosa galleggiasse è stata requisita molto tempo fa e i mercanti se ne sono andati. Guardatevi attorno, Miss Lynton! Davvero vi affidereste a qualcuno di loro?»

    Emma seguì con lo sguardo la direzione indicatale. Il porto era immerso nel disordine più completo. Tutto ciò che non era stato reputato utile era stato gettato in mare e alcune imbarcazioni tentavano ostinatamente di allontanarsi dalla riva, condotte da uomini che non avevano mai remato prima di allora e che, inevitabilmente, andavano a scontrarsi con altre barche, facendo cadere in acqua la gente che portavano.

    «Non so cosa fare» mormorò lei a bassa voce.

    «Posso suggerirvi di tenere per voi il fatto che possedete del denaro? Questa gente è disperata e farebbe qualsiasi cosa per sopravvivere, incluso derubarvi» le spiegò Simon Avedon.

    «Mi dispiace, io non pensavo...»

    «Allora è tempo che iniziate a farlo. Volete venire con me? Non c’è tempo da perdere.»

    Dal suo tono di voce, Emma intuì che l’uomo stava perdendo la pazienza e, dopo aver gettato un’ultima occhiata all’orizzonte, si voltò per seguirlo.

    «Dove mi porterete?»

    «Presto lo vedrete da voi. Sbrigatevi e state vicina a me. Se venissimo fermati, vi prego di non parlare. Lasciate fare a me.»

    Emma strinse i pugni, risentita. Non era abituata a essere trattata così rudemente. Che uomo arrogante! E la sua antipatia verso Simon Avedon non fece che aumentare via via che si addentravano in città.

    Anche lì le strade erano affollate di persone e il puzzo di sporcizia e sudore si innalzava come un miasma dagli stracci della gente. Era chiaro che i negozi e i magazzini erano stati depredati in cerca di vino e gli ubriachi gremivano le strade.

    Quelli ancora in piedi oscillavano abbracciati alle loro donne, tagliando la strada a Emma.

    Un uomo grande e grosso l’afferrò per la manica. «Oh, qui c’è una donzella molto carina!» gridò con voce volgare. «Vuoi tenertela tutta per te, cittadino?»

    «No, amico, non è cosa per me. La sto portando al Comitato. Che le piaccia o meno sarà un’altra che perderà la testa domani.»

    Emma dimenticò l’orrore di quelle parole, stupita dal fatto che Simon si fosse rivolto all’uomo parlando in patois, il dialetto locale. La sua aria autorevole era scomparsa, sostituita da un sorriso di amichevole familiarità.

    «Che peccato! Era un bocconcino di prim’ordine!» Una mano sporca si allungò verso il seno della ragazza, ma Simon, con noncuranza, fece un passo avanti e si frappose tra lei e l’uomo.

    Si allontanarono in fretta, quindi lui, tirandola per un braccio, la trascinò in un vicolo. Si fermò davanti a una porta e batté una serie di colpi scanditi.

    Emma sussultò quando l’uscio venne aperto, rivelando un ingresso immerso nell’oscurità, ma Simon la obbligò a entrare.

    «Al piano di sopra!» le ordinò. «La prima porta sulla vostra destra.»

    Non poté fare altro che obbedirgli. La sua vita aveva preso la piega di un incubo. Era davvero lei, Emma Lynton, abituata a una vita piuttosto ordinaria e tranquilla nella Francia che amava, che si nascondeva come un animale braccato in una baracca di Tolone?

    E quella era certamente una baracca, poco migliore di una stalla. Non era mai entrata in un luogo del genere e gli uomini che si alzarono per salutarla non fecero che confermare le sue paure.

    Per uno spaventoso istante pensò che Simon Avedon l’avesse ingannata. Quegli uomini vestiti di stracci non sembravano migliori di quelli che l’avevano accostata per strada. Fece un passo indietro, con il cuore pieno di terrore, solo per essere rassicurata da un inchino di squisita cortesia e un sorriso che sembrò illuminare la stanza.

    «Miss Lynton, non è vero?» Un uomo piuttosto alto si fece avanti porgendole la mano. «Dovete essere molto stanca, mademoiselle. Perché non vi sedete un po’ accanto al fuoco per riposare? Potremmo offrirvi qualcosa che vi faccia sentire meglio...»

    Schioccò le dita e dopo pochi secondi un enorme uomo di colore si fece avanti, portando un vassoio sul quale erano disposti dei bicchieri e una bottiglia.

    «Lui è Joseph» le spiegò l’uomo. «Come potremmo vivere senza di lui proprio non lo so.»

    L’omone abbozzò un sorriso compiaciuto mentre versava il vino.

    Emma esitò. Quegli uomini si comportavano come se la conoscessero, ma sapeva bene che era impossibile. Ignorò il bicchiere che le veniva offerto. «Chi siete?» domandò. «Come fate a sapere il mio nome?»

    L’uomo gentile alzò un sopracciglio e guardò Simon, che scosse la testa.

    «Non gliel’ho detto» confermò l’altro bruscamente. «Non ce n’è stato il tempo.»

    «Che cosa è andato storto? Gli altri sono in salvo, perlomeno?»

    «Sì, ma Miss Lynton è stata spinta via dalla folla mentre cercava di salire sulla scialuppa. Non potevo lasciarla...»

    «Certo che no!» L’uomo gentile tornò a rivolgersi a lei. «Mia cara, probabilmente vi state domandando che cosa stia succedendo. Credetemi, non vi abbiamo rapita.»

    Emma non gli rispose e lui tornò a porgerle il bicchiere con il vino. «Per favore, bevete questo. Vi darà un po’ di conforto.» Le fece un altro inchino ed Emma, quasi isterica, non seppe se mettersi a piangere o scoppiare a ridere.

    Fece appello a ciò che rimaneva del proprio autocontrollo. «Non avete risposto alla mia domanda, signore. Vi ho chiesto chi siete.»

    L’uomo aggrottò la fronte. «Vi chiedo scusa, mademoiselle. Noi non ci aspettavamo... Voglio dire, pensavamo che foste sana e salva su una delle navi della flotta inglese.»

    «Perché dovrebbe importarvene? Io non vi conosco e la mia salvezza non può significare niente per voi.»

    «Al contrario, Miss Lynton, è della massima importanza. Permettete che mi presenti: Piers Fanshawe. Simon lo conoscete già e anche Joseph...»

    «Ma il vostro nome non mi dice niente.» Emma gettò la prudenza alle ortiche. Quegli uomini non sembravano volerle fare del male, ma percepiva un alone di mistero intorno alla loro reticenza. «Come fate a sapere chi sono?»

    Sentì un’esclamazione d’impazienza da parte di Simon Avedon. «Per l’amor di Dio, Piers, diglielo. Non ti darà pace finché non l’avrai fatto.»

    Piers esitò un momento, poi sorrise, si lasciò andare su una sedia vicino a quella di Emma e le prese una mano. «Voi potete anche pensare che siamo solo una banda di briganti, ma la nostra missione è quella di salvare le persone che possono essere importanti per l’Inghilterra nello scontro che si sta preparando. Sfortunatamente, per quanto riguarda la vostra famiglia, pare che non abbiamo avuto successo...»

    «I miei genitori ce l’hanno fatta a scappare e anche i miei fratelli, ma di certo non grazie a voi!» esclamò lei con

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